L’OPINIONE / Claudio Aloisio: Comune di RC abbassi i tributi

di CLAUDIO ALOISIOReggio Calabria non è più un Ente strutturalmente deficitario. Era stato annunciato le scorse settimane e, a fronte dei dubbi avanzati da rappresentanti della minoranza in Consiglio su alcune incongruenze documentali, è stato nuovamente confermato a chiare lettere e senza possibilità di altra interpretazione dall’assessore alle Finanze Irene Calabrò.

Stante così le cose, e non abbiamo motivo di credere il contrario, il Comune non deve più sottostare ai vincoli che ad oggi ne hanno ingessato l’azione amministrativa potendo, quindi, attuare una serie di azioni fino ad oggi precluse.

Tra i vari impedimenti che vengono a cadere anche quello riguardante l’obbligo di mantenere i tributi locali al massimo delle tariffe. Una condizione che ben conoscono imprese e famiglie costrette a pagare cifre spropositate per servizi sicuramente non all’altezza, giusto per usare un eufemismo.

Per tali motivi, ci aspettiamo che l’Amministrazione, dopo l’annuncio del superamento un traguardo così importante, sia consequenziale e provveda nell’immediato ad abbassare i tributi comunali: Tari, Imu, canone idrico, occupazione suolo pubblico e quant’altro, portandoli a livelli accettabili che tengano conto della “qualità dei servizi non certo eccelsa” e della drammatica situazione economica della città.

Proprio perché sui bilanci ciò che contano sono i numeri e non le interpretazioni, non si può non tenere in considerazione l’enorme mole di “crediti difficilmente esigibili” presenti nel rendiconto, equivalenti a oltre mezzo miliardo di euro che sono, al netto di coloro che non pagano pur potendolo fare e che devono essere perseguiti con efficacia e celerità, la rappresentazione plastica della difficoltà di imprese e famiglie nel sostenere una pressione fiscale intollerabile che frena economia e crescita.

Come Confesercenti Reggio Calabria chiediamo quindi che l’Esecutivo invii un segnale forte alla città per far si che agli annunci seguano fatti concreti: si abbassino i tributi, si supporti tangibilmente un tessuto imprenditoriale in enorme difficoltà, si dia una boccata di ossigeno alle famiglie già gravate dalla povertà endemica e dagli aumenti dovuti all’instabilità energetica e geopolitica. Si agisca ora che le norme lo consentono e lo si faccia in fretta. La nostra comunità non può più aspettare. (ca)

[Claudio Aloisio è presidente di Confesercenti Reggio Calabria]

REGGIO CALABRIA, UNA CITTÀ CHE BRILLA
MA IN NEGATIVO IN TUTTE LE CLASSIFICHE

di CLAUDIO ALOISIO – Ultima per Avvenire nella ricerca presentata in collaborazione con la Scuola di Economia Civile, al 95° posto nello studio realizzato da Italia Oggi con l’Università La Sapienza e al 101° nel più recente rapporto del Sole 24 Ore. 

Quest’anno, come lo scorso e l’altro ancora, sin da quando ho memoria, Reggio Calabria brilla in negativo in tutte le classifiche che analizzano la qualità della vita valutando diversi parametri: ricchezza, infrastrutture, servizi, sicurezza, opportunità lavorative, ambiente, cultura e innumerevoli altre categorie che caratterizzano, appunto, la qualità della vita di una comunità.

Le difficoltà che emergono da queste analisi non sono solo di Reggio, ovviamente, ma della Calabria, regione fanalino di coda in pressoché la totalità delle graduatorie e, più in generale, del Meridione che si trova da sempre escluso dalle prime venti o trenta posizioni. Il problema a mio avviso, quindi, non è nell’accuratezza di tali studi che può tranquillamente essere messa in discussione se ci si sofferma a considerare la posizione dell’uno o dell’altro territorio, ma in ciò che i dati contenuti in essi ci consegnano in termini tendenziali.

L’Italia è sempre più divisa, il gap tra Nord e Sud lungi dal ridursi, si amplia creando, di fatto, le condizioni perché coesistano cittadini di serie A e di serie B con gli stessi doveri ma differenti diritti. Questo scenario, indegno per una società che ama definirsi civile, ha nella sua genesi diverse motivazioni, esogene, endogene, antropologiche, culturali e storiche che, sicuramente, non possono essere banalizzate da sintesi spesso viziate da preconcetti, strumentalizzazioni o sterili piagnistei che tendono a nascondere l’abbondante polvere che produciamo sotto il tappeto.

Come collettività, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità che sono tante e pesanti, ad iniziare dal lassismo, dalla rassegnazione, dall’inazione, dal non voler metterci la faccia “sporcandosi le mani” e agendo in prima persona nel tentativo di cambiare le cose. Troppo spesso ci limitiamo a lagnarci senza nulla fare, non avendo neanche la capacità di esprimere una classe dirigente minimamente adeguata non tanto e non solo a governare i processi ma anche e soprattutto a tutelarci lì dove si prendono le decisioni.

Come spiegare altrimenti la vergogna di un federalismo che contribuisce, anno dopo anno, a rendere ricchi i più ricchi e poveri i più poveri. Che avrebbe dovuto essere cooperativo divenendo invece competitivo, generando così aberrazioni come quella della “spesa storica” che ancora oggi, al di là delle belle enunciazioni, continua a far sì che si dia di più a coloro che hanno già molto e di meno a chi non ha nulla? Com’è potuta passare una modifica costituzionale di tale portata senza che i nostri rappresentanti in parlamento si opponessero strenuamente, facendo fronte comune superando le distinzioni di appartenenza politica e indossando unicamente la maglietta di un Mezzogiorno bistrattato e umiliato? 

Ed ora si giocherà la partita del Regionalismo Differenziato, un’altra perversione normativa che, ove venisse messa in atto, darebbe il definitivo colpo di grazia ai territori meridionali. 

Non possiamo continuare con il refrain trito e ritrito di “piove governo ladro”. Non possiamo neanche aspettare che venga qualcuno a salvarci. Dobbiamo impegnarci tutti, in prima persona, per la crescita della nostra terra mettendo competenze e capacità al suo servizio, dandoci da fare per diventare gli unici artefici del nostro destino. Dobbiamo ritrovare l’orgoglio di essere una comunità, fieri di considerarci reggini, calabresi, meridionali. Perché non siamo secondi a nessuno anche se da secoli tentano di farcelo credere.

Altrimenti niente cambierà, anzi, la situazione peggiorerà ulteriormente e continueremo a leggere classifiche e studi che certificheranno la distanza sempre più ampia tra due Italie una delle quali, stante così le cose, non avrà più la forza e la capacità di risalire la china. (ca)

(Claudio Aloisio è il Presidente di Confesercenti Reggio)

Caro bollette: la rabbia e lo sfogo dei commercianti in Confesercenti Reggio

Contro il caro bollette esplode la rabbia degli imprenditori e dei commercianti reggini. Tante le problematiche che emrgono ogni giorno di più a totale sconforto della categoria che si è sfogata con la COnfesercenti reggina.

 emerse Spopolamento della città, cali di fatturato, aumento delle spese per la gestione dell’attività e l’acquisto dei prodotti, costi tributari insostenibili a fronte di servizi inefficienti, incertezza per il futuro che impedisce qualsiasi possibile programmazione ma anche una totale mancanza di assistenza ai turisti per quanto riguarda l’incoming alla quale gli esercenti tentano di sopperire sostituendosi con buona volontà ma senza alcun strumento a supporto, ai punti informativi evidentemente insufficienti. 

Queste le maggiori criticità riscontrate durante la “passeggiata” nel centro storico cittadino dalla delegazione di Confesercenti Reggio Calabria che ha voluto incontrare gli imprenditori direttamente presso le loro attività nell’ambito della campagna di ascolto avviata la scorsa settimana. Problematiche che disegnano un quadro preoccupante che va ben oltre la pur gravissima crisi innescata dal caro bollette. Deficit strutturali, acuiti dalle emergenze che tutti conosciamo, che hanno bisogno di risposte immediate, concrete e mirate.

«Abbiamo rilevato innanzitutto la voglia di non arrendersi degli imprenditori – dichiara il presidente Aloisio alla guida della delegazione formata dal vicepresidente Giuseppe Praticò, dal direttore Franco Rogolino, dal presidente della Fiepet Gianfranco Laganà e dal coordinatore della Faib Leandro Fisani – i quali, pur dovendosi scontrare con difficoltà quasi insormontabili continuano ad operare pensando al futuro e senza volersi piangere addosso. È emersa anche una necessità espressa da tutti coloro che abbiamo incontrato: quella di fare rete, di mettersi insieme per trovare sinergie e risorse così da migliorare le performance delle proprie attività valorizzando al contempo gli spazi pubblici dove operano. 

«Proprio per far fronte a questa necessità, imprescindibile per i negozi di vicinato che vogliono continuare a rimanere competitivi in un mercato che subisce continue trasformazioni senza però snaturare il loro ruolo commerciale e sociale, come Confesercenti Reggio Calabria, in perfetta assonanza con gli organismi regionali, stiamo elaborando un progetto che prevede la creazione dei DUC, i Distretti Urbani del Commercio, che presenteremo agli Enti Intermedi: Comuni, Città Metropolitana e Regione perché, come in altri territori economicamente ben più sviluppati di noi, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Puglia solo per citarne alcuni, si emanino norme che li riconoscano e li supportino. Riteniamo anche indispensabile – continua Aloisio – nell’ottica dello sviluppo turistico come concreto volano di sviluppo, la creazione di una DMO, (Destination Management Organization), un organismo pubblico/privato che ha come obiettivo la gestione coordinata di tutti gli elementi che costituiscono una destinazione turistica così da creare le condizioni per una corretta ed efficace gestione non solo della promozione ma anche del coordinamento dei flussi turistici, della rete degli operatori economici e delle risorse naturalistiche, artistiche e culturali, puntando alla valorizzazione delle peculiarità che caratterizzano il nostro territorio e lo rendono appetibile nel contesto di quella che oggi è la tendenza del mercato turistico internazionale: il turismo esperenziale».

Un’iniziativa proficua quindi, un altro tassello che si aggiunge alla campagna di ascolto fortemente voluta dai vertici di Confesercenti Reggio Calabria che, pur confermando la drammaticità del momento e la necessità di interventi immediati che possano fornire maggiore tranquillità e ulteriori certezze, mette le basi per operare pensando al futuro e allo sviluppo di un territorio dalle immense potenzialità ancora inespresse. 

COL CARO ENERGIA LE IMPRESE CALABRESI
SULL’ORLO DEL COLLASSO SENZA GLI AIUTI

di CLAUDIO ALOISIO – Da oggi, se non ci saranno misure di tutela da parte dello Stato, sono previsti nuovi rincari per famiglie e imprese su gas ed energia tra il 60% e il 100%.

Il tessuto imprenditoriale e i cittadini non riescono a far fronte agli attuali costi che per alcuni sono quadruplicati, figurarsi a sopportare un ulteriore aumento che raddoppierebbe i prezzi attuali. Com’è stato possibile arrivare a tutto ciò? Eppure gli indizi che questo accadesse erano chiari e visibili ben prima dello scoppio del conflitto ucraino. Ma al di là di qualche dichiarazione allarmata nulla è stato fatto, nemmeno iniziato, dal punto di vista sistemico e strutturale.
Per tale motivo oggi ci ritroviamo nel mezzo di uno tsunami economico e finanziario che non solo mette a rischio il tessuto imprenditoriale e produttivo italiano ma il nostro stesso sistema di vita che, molto semplicemente, non è più sostenibile. I costi di tutto: materie prime, produzione, servizi, trasporti non sono più gestibili e stanno aumentando giorno per giorno.
Stante così le cose diviene indispensabile una risposta forte dell’intera Europa che deve intervenire nell’immediato con un’iniezione di liquidità per far fronte agli aumenti senza che questi si ripercuotano su aziende e famiglie e contestualmente operare per calmierare un mercato evidentemente ostaggio di operazioni speculative.
Per ciò che riguarda specificatamente la situazione italiana (ogni membro europeo avrà le sue priorità non per forza uguali alle nostre) a mio parere, tra le altre cose, si devono tassare gli utili extra delle compagnie energetiche del 90% redistribuendo il gettito così ottenuto per abbassare gli importi delle bollette, si deve imporre un tetto sul prezzo del gas che comunque deve essere sganciato da quello dell’energia, si deve eliminare l’Iva sulle bollette o quantomeno ridurla al 4%, si devono ridurre notevolmente tutti i costi che non riguardano la materia energia, si deve portare il credito d’imposta almeno al 50% per tutte le imprese, implementandolo per quelle energivore, si devono semplificare ulteriormente le procedure per installare impianti di energia rinnovabile siano essi fotovoltaici, eolici o di altro genere aumentando e velocizzando l’erogazione di contributi, diretti o indiretti, per sostenerne le spese, si deve intervenire sulla tassazione e le cartelle esattoriali con una vera pace fiscale per dare respiro a chi ha dichiarato ma in questo momento, data la crisi devastante che stiamo attraversando, non può onorare i debiti verso lo Stato, si deve riformare l’intero settore dell’energia attingendo le materie prime da più Paesi produttori per evitare monopoli che creino distorsioni del mercato di questa portata così come oggi sta accadendo.
Inoltre si deve iniziare a ragionare seriamente sulla possibilità di investire, oltre che sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, anche sul nucleare di quarta generazione, più sicuro ed economicamente conveniente.
Per far questo servono risorse economiche che l’Europa può trovare sul mercato tramite l’emissione degli Eurobond, titoli di Stato europei garantiti da tutti i Paesi dell’Unione.
In questo momento il debito pubblico europeo è circa il 95% del suo Pil. Ben lontano da quello americano che è al 125% o da quello giapponese che arriva addirittura al 240%.
Per la seconda economia mondiale un aumento di qualche punto del debito, conseguito tramite uno strumento finanziario garantito dell’intera Unione, quindi, non sarebbe certo un problema ma, al contrario, darebbe la possibilità di reagire in maniera unitaria ad una situazione eccezionale che, altrimenti, potrebbe produrre contraccolpi disastrosi anche alle economie dei paesi più floridi, fino a oggi restii ad attuare strategie di questo genere.
Il rischio che corrono questi paesi continuando a mantenere una posizione di chiusura su tale possibilità, però, è di pagare un prezzo ben più alto di quello richiesto dall’intraprendere un percorso unitario di messa in sicurezza dell’economia europea. (ca)

Spegni le luci, accendi i tuoi diritti, Aloisio (Confesercenti RC): Abbiamo realizzato qualcosa di importante

«Abbiamo realizzato qualcosa di importante: ci siamo uniti con una sola voce per rivendicare i nostri diritti. Per chiedere di non essere abbandonati. Per non essere lasciati soli nell’affrontare una crisi di cui non abbiamo nessuna colpa», ha dichiarato con soddisfazione Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti Reggio Calabria, in merito alla manifestazione Spegni le luci. Accendi i tuoi diritti svoltasi nei giorni scorsi.

Una iniziativa di protesta che ha portato i suoi frutti: «le proposte che abbiamo presentato al Prefetto Mariani sono state portate all’attenzione del Governo durante l’ultimo Consiglio dei Ministri» ha riferito il presidente Aloisio.

«Nei giorni – ha aggiunto – in cui abbiamo lavorato con la fantastica squadra che mi ha supportato per preparare la manifestazione, ho avuto modo di ascoltare innumerevoli persone visitando molte attività commerciali e parlando con gli esercenti. Ho così potuto sentire tante opinioni, giudizi, critiche. Ci stanno tutte, ci mancherebbe. È normale e pacifico che ognuno abbia le proprie idee e convinzioni. Diversi imprenditori, ad esempio, hanno deciso di non aderire alla manifestazione per i motivi più svariati, alcuni assolutamente rispettabili, altri un po’ meno. Inoltre, ho avuto modo di leggere, soprattutto nei social, commenti e giudizi su come avremmo dovuto protestare, su di me, sulla mia associazione, sui commercianti: “Chiudere le luci per dieci minuti? Che serve?” “Avete voluto il green pass? Ora fallite!” “Confesercenti è serva del sistema” “Aloisio lo fa solo per interesse”». 

«D’altra parte – ha proseguito – quando ci si espone, quando si rischia mettendoci la faccia, quando si azzarda su una partecipazione per nulla scontata soprattutto alle nostre latitudini, ci si deve aspettare questo e altro. Io, quantomeno, me lo aspettavo e gli dò il giusto peso, niente di più e niente di meno». 

«Per tale motivo– ha detto ancora – l’unica cosa che reputo basilare, al di là di qualsiasi altra considerazione, è la partecipazione massiccia di imprenditori, esercenti, artigiani, finanche semplici cittadini che hanno voluto esternare il proprio disagio, le proprie difficoltà riconoscendosi in un’idea, un gesto, un simbolo che aveva come unico obiettivo la salvaguardia degli interessi del nostro territorio. Moltissimi lo hanno capito cogliendo il vero significato di questa protesta. Altri sono rimasti indifferenti. Alcuni hanno, più o meno palesemente, remato contro». 

«Anche questo è fisiologico – ha spiegato – specialmente nella nostra città dove spesso interessi “piccoli” hanno la meglio su quelli comuni. Rimane però un fatto: abbiamo avviato un percorso. La riuscita di questa manifestazione, infatti, non la considero assolutamente un punto d’arrivo ma d’inizio. Continueremo a rappresentare gli interessi del tessuto economico commerciale e imprenditoriale del territorio».

«Andremo per strada – ha concluso – in tutti i centri dell’area metropolitana e incontreremo gli operatori economici per ascoltare e capire. Proseguiremo nel confronto con gli Enti territoriali: Comuni, Città Metropolitana, Regione, rappresentando le istanze del tessuto economico reggino accompagnate da proposte concrete per il sostegno alle imprese. È solo l’inizio». (rrc) 

 

BELLA LEZIONE DI CIVILTÀ E DEMOCRAZIA
REGGIO PROTESTA MA VINCE COL DIALOGO

«La manifestazione di protesta e di proposta di Reggio Calabria è stata densa di contenuti e una lezione di civiltà e democrazia». Queste le parole dello storico reggino prof. Pasquale Amato, che riassumono e danno una chiara lettura della mobilitazione di Confesercenti, Imprendi Sud, Apar, il Comitato spontaneo dello sport e di Assodanza Italia andata in scena a Piazza Duomo, a Reggio Calabria.

500 gli imprenditori che, con lo slogan Fermiamo il virus, non l’economia, hanno riempito in «in modo ordinato e civile Piazza Duomo, dando un esempio all’Italia intera di come si può protestare anche con veemenza ma sempre con la massima correttezza» ha scritto su Facebook Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti Reggio Calabria, nel ringraziare gli imprenditori che hanno risposto all’appello.

Anche il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, ha apprezzato con soddisfazione il modo in cui i reggini hanno manifestato: «stiamo dimostrando, ancora una volta – ha dichiarato il primo cittadino – di essere una comunità matura e responsabile».

«Non è banale dirlo – ha aggiunto – non era scontato che accadesse. Mentre, infatti, da tutta Italia ci giungono immagini di violenza e devastazione, Reggio e i suoi operatori economici hanno risposto con manifestazioni ordinate e pacifiche; nonostante la paura per il futuro, nonostante tutti i sacrifici per poterlo assicurare un futuro. Per questo dico grazie ai commercianti, agli artigiani, agli imprenditori e alle associazioni sportive che stasera sono scesi in piazza. Grazie anche per aver avuto rispetto per le donne e gli uomini delle Forze dell’ordine, che stasera, come sempre, erano lì a fare il loro lavoro. Lo stesso lavoro per cui state lottando voi, lo stesso lavoro che oggi vi viene tolto».

«È un momento complicato per tutti – ha proseguito Falcomatà – Non è facile neanche per noi sindaci che siamo chiamati a responsabilità enormi. Cercherò di prendermele, come sempre, facendo del mio meglio, per provare a non lasciare indietro nessuno. Combattiamo una battaglia comune e siamo dallo stesso lato della barricata, fino in fondo fino alla fine, nella speranza che questo nuovo incubo passi al più presto».
«Una piazza piena di cappelli bianchi, è un orgoglio per noi – ha dichiarato Angelo Musolino, presidente nazionale dei pasticceri italiani e a capo dell’Apar –. Conosco quasi tutti gli imprenditori presenti e ne ho conosciuti tanti anche oggi. Questo vuol dire stare dentro l’associazione per condividere una protesta pacifica. Vogliamo la solidarietà e la presenza delle istituzioni perché al primo lockdown siamo già stati primi a subire limitazioni e perdite. Tutti abbiamo messo in sicurezza le nostre attività, quindi non siamo noi gli untori di questa pandemia. I trasporti sono meno sicuri delle nostre aziende, ma lo Stato non ci permette di lavorare. I ristoratori sono al lastrico. Perché fare disparità tra categorie? Lottiamo per essere uniti e chiedere domani il tavolo tecnico dove ognuno può dire ciò che serve. Non siamo noi cittadini di Serie B».
A chiudere la manifestazione, il presidente di Confesercenti Aloisio, che ha annunciato di aver fatto al prefetto «la richiesta di accoglierci per un tavolo di crisi Covid, vogliamo far sentire la nostra voce, insieme al Sindaco che può battere i pugni sui tavoli nazionali. In prefettura andremo per dire cosa c’è di sbagliato. Non possiamo intervenire sulla pubblica piazza al momento, ma solo sui nostri locali. Noi abbiamo fatto sentire la nostra voce, in maniera civile e costruttiva. Capisco la rabbia, ma la priorità resta la salute».
Quella andata in scena a Reggio, dunque, è stata una vera e propria lezione di civiltà, in cui la solidarietà, l’aiuto reciproco e il confronto ne sono stati il cuore pulsante.
«Sarebbe un grave segnale se questa protesta civile e democratica fosse ignorata» ha commentato il prof. Amato, riflettendo che «sarebbe giusto che sia dato lo stesso risalto delle proteste sfociate in manifestazioni di violenza in altre città d’Italia». (rrc)

COVID: REGGIO, L’URLO DEGLI ESERCENTI:
«L’ECONOMIA CALABRESE ANDRÀ A ROTOLI»

La manifestazione di oggi a piazza Duomo a Reggio Calabria è soltanto la prima di tante altre: a chiamare a raccolta artigiani, esercenti, commercianti, è la Confesercenti reggina affiancata dall’Apar, l’associazione pasticceri reggini guidata dal presidente nazionale Angelo Musolino, e l’associazione ImprendiSud, per far sentire la voce di chi si sente penalizzato nel proseguimento della sua attività dalle – sacrosante – misure anticovid varate dal Governo. Ma non è solo Reggio, non è solo la Calabria: tutta l’Italia che lavora trasmette un’ansia di non facile attenuazione. Nella nostra regione, poi la situazione economica già di per sé difficile rende tutto più complicato.

La chiusura parziale di ristoranti, bar, pizzerie, gelaterie e pub fa, difatti, tremare la Calabria. Con il nuovo Dpcm, infatti, se i pubblici esercizi possono restare aperti fino alle 18 (con possibilità di allungare fino a mezzanotte per i soli servizi di asporto), le palestre, i centri sportivi, le piscine e le attività legate allo spettacolo sono, invece, completamente chiuse.

Un quadro preoccupante, che taglia le gambe alla ripresa, che si stava conquistando a piccoli passi in Calabria, e che rischia di compromettere la già delicata quanto traballante economia regionale, se si considera che questi settori, come ha riportato Confcommercio Calabria, rappresentano l’8%  (18.175) delle localizzazioni di imprese attive nella nostra regione, che risultano essere 220.055 e impiegano il 10% (38.364) degli addetti complessivi, che rischia di lasciare un segno pesante sulla già fragile economia calabrese.

Particolarmente preoccupante, per Confcommercio, sono i pubblici esercizi, la cui chiusura imposta alle 18 «fa fuori la parte più rilevante del mercato»: quelli attivi, infatti, sono poco più di 15 mila, e «con i nuovi provvedimenti – si legge nel report – si stima una contrazione dei consumi compresa tra il 26,5% e il 32,6% che si tradurrà in una riduzione del fatturato superiore al 40% rispetto allo scorso anno», e  «più preoccupante è l’impatto che la chiusura comporta sull’intero indotto che rappresenta il 21% del tessuto economico complessivo della regione (45.348 localizzazioni) e impiega complessivamente 80.939 addetti (il 21% del totale). Tirando le somme, quindi, a risentire degli effetti di questi provvedimenti saranno, tra diretto e indotto, 63.523 localizzazioni (il 29% del totale) e 119.303 addetti (il 31% del totale)».

«La situazione è drammatica – ha dichiarato il presidente di Confcommercio Calabria, Klaus Algieri –. Le chiusure previste dal nuovo Dpcm rappresentano un peso insostenibile per pubblici esercizi, palestre, piscine e centri sportivi. Bisogna intervenire subito con misure concrete o il 40% delle imprese chiuderà definitivamente».

«È insensato – ha aggiunto – accanirsi contro questi settori. Se bar e ristoranti non rispettano le misure di sicurezza è giusto che vengano chiusi. Ma imporre la chiusura alle 18:00 per tutti indistintamente significa distruggere un’intera categoria, senza vantaggi per la collettività. Tuttalpiù significa ammettere di non essere in grado di fare i controlli.  Siamo sicuri che i problemi quindi siano i bar e ristoranti, le palestre, le piscine? Oppure i punti critici siano altri come i trasporti pubblici? Nelle città vediamo autobus, treni, metropolitane piene di gente che non rispetta alcun tipo di regola sul distanziamento. È lì che bisogna intervenire e ancora non lo si è fatto. Ma non è tempo di fare polemica, bisogna agire subito abbattendo i cavilli burocratici e garantendo in tempi stretti i sussidi necessari alle imprese che hanno chiuso e ai loro lavoratori per non scomparire».

«Servono, però – ha proseguito il presidente Algieri – indennizzi proporzionati alle perdite subite per mettere le aziende penalizzate dalla seconda crisi Covid nelle condizioni di superare il crollo di fatturato. Gli imprenditori di questi settori sono persone responsabili: hanno già fatto tanti sacrifici e rispettato tutte le regole e i protocolli sanitari. Ma non sono più in grado di reggere una situazione di questo genere. Basta mortificarli ulteriormente, facciamogli fare il loro lavoro».

«Va ripensato – ha concluso il presidente di Confcommercio Calabria – l’intero sistema di gestione dell’emergenza. Basta con provvedimenti generalizzati su tutto il territorio nazionale. È giunto il mondo di adottare misure territoriali che tengano conto del livello di contagio in ciascuna regione. Non trovo giusto che in Calabria, dove la situazione è sì, di emergenza, ma non ai livelli di altre regioni, si debba sottostare alle stesse imposizioni, pur essendoci condizioni per essere più flessibili».

Chiamati a raccolta dalla Fipe-Confcommercio, gli imprenditori sono scesi in piazza con una «protesta tanto ordinata e silenziosa quanto determinata»

Oltre 10 mila persone, nella giornata di ieri, si sono riunite nelle 24 piazze allestite in tutta Italia che, simbolicamente, hanno apparecchiato per terra, disponendo oltre 1000 coperti rovesciati a ricordare alla politica lo stato di emergenza nel quale versa il settore della ristorazione con 300mila posti di lavoro a rischio, 50mila aziende che potrebbero chiudere entro fine 2020 e 2,7 miliardi di euro bruciati solo per effetto dell’ultimo decreto.

Anche a Catanzaro è stata molto partecipata la manifestazione svoltasi a Piazza delle Prefettura: «la nostra categoria – ha dichiarato la presidente Fipe di Cosenza e Consigliera Nazionale Fipe, Laura Barbieri – vive un momento drammatico».

«In questi mesi – ha aggiunto – tre dei quali passati con le serrande abbassate, in balia di continui cambiamenti e decreti, il pubblico esercizio si è fatto carico di rendere sicure le proprie strutture e di adeguarsi ai protocolli sanitari, al momento non può sostenere un altro fermo di questo genere.  Il pubblico esercizio è un luogo sicuro, non è veicolo di contagi. Non è provata alcuna connessione tra la frequentazione di bar e ristoranti, luoghi di convivialità e non di assembramento e diffusione del virus. Non vi è alcuna connessione.»

«L’intera filiera del cibo, tra le più penalizzate dalle restrizioni di ieri e di oggi – ha concluso – ha bisogno di sostegno, credito e garanzie sull’autonomia finanziaria. Ha bisogno di lavorare».

Un piccolo passo avanti, di sicuro, è stato fatto dal Governo, con l’approvazione del Decreto Ristori, che contiene ulteriori misure per tutelare i settori colpiti.

Per il presidente della Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, «è un primo importante segnale che va apprezzato, ma dopo decine di provvedimenti che hanno avuto problemi a diventare realmente operativi, penso ad esempio ai ritardi della cassa integrazione, il fattore tempo è essenziale per recuperare un po’ di fiducia nelle istituzioni».

«Se le risorse promesse – ha aggiunto – non arriveranno sui conti correnti degli imprenditori entro i primi giorni di novembre, il Paese perderà una componente essenziale dell’agroalimentare e dell’offerta turistica che da sempre ci rendono unici al mondo». (rrm)