Augias: su Repubblica la lettera dell’ex sindaco di Rosarno

Nella sua rubrica su Repubblica, Corrado Augias, deposto l’inspiegabile livore nei confronti della Calabria, ospita oggi la lettera dell’ex sindaco di Rosarno Giuseppe Lavorato e titola “Rovesciare l’immagine e la realtà della Calabria”.

«La lettera che ho a lungo aspettato – scrive Augias – La storia, non il risentimento. Proprio il ricordo di questa storia conferma però quanto drammatica sia la situazione. Oggi ci sono le cooperative di giovani che mettono a frutto i terreni confiscati ai criminali, gli imprenditori che resistono, un polo di eccellenza tecnologica, isole di resistenza che non esito a definire eroiche. La Calabria però dà nel complesso l’idea che la criminalità sia dilagata. Più ancora che per le infiltrazioni nei Comuni, l’ampio controllo della sanità, le estorsioni, gli abusi sul territorio, la pericolosa vicinanza dei criminali ai politici, la criminalità pare aver fiaccato una voglia e capacità di resistere di tale dimensione da diffondere l’immagine di un territorio dominato. Rovesciare l’immagine in un’epoca come la nostra vuol dire cominciare a rovesciare anche la realtà».

Cos’ha scritto Lavorato ad Augias? Ecco il testo della lettera pubblicata da Repubblica: «Gentile Augias, lei è uno degli scrittori che ascolto e leggo con piacere. Ma le sue parole sulla Calabria non corrispondono alla realtà ed alla storia. Negli anni del secondo dopoguerra, braccianti e contadini poveri calabresi occuparono i latifondi incolti del Crotonese, della Sila, a Rosarno mille ettari del Bosco Selvaggio furono trasformati da sterpaglia in splendidi e fertili giardini che hanno prodotto reddito e permesso a tanti giovani di studiare. Negli anni ’70, le strade centrali dei paesi della Calabria furono attraversate da cortei di migliaia donne, giovani lavoratori e disoccupati che invocavano lavoro, sviluppo civile gridando il loro disprezzo ai più pericolosi boss della ‘ndrangheta che, con i loro complici (uomini delle istituzioni, imprenditori affaristi), rapinavano le risorse dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno. Negli anni ’80 e ’90 fu lotta di massa per impedire la costruzione di una mostruosa centrale a carbone che avrebbe compromesso il futuro dell’intero Mezzogiorno. Concludo con un cenno al problema di oggi: il dovere dell’accoglienza verso le moltitudini che fuggono da guerre, violenze, pestilenze, siccità. È Riace il paese simbolo di questo impegno. E Mimmo Lucano il calabrese conosciuto nel mondo per aver accolto nel suo piccolo borgo centinaia di profughi e costruito un rapporto di convivenza laboriosa. Certo, la Calabria è territorio nel quale infierisce la virulenza del sistema dei poteri criminali. I calabresi hanno il dovere di battersi consapevoli che tempi migliori non verranno dalla manna del cielo, ma dall’impegno e dalla lotta».  (rrm)

L’OPINIONE / Sergio Dragone: E se Augias avesse ragione?

di SERGIO DRAGONE – E se Corrado Augias avesse ragione? E se, al netto di frasi forti capaci di scatenare la proverbiale permalosità dei calabresi, la sua denuncia-shock avesse realmente il potere di provocare un moto di consapevole autocritica, tale da evitare l’infausta previsione (“la Calabria è una regione perduta, irrecuperabile”)?

La reazione sdegnata alle parole di Augias era largamente prevedibile. A nessuno piace vedersi rinfacciare i propri difetti. Ma se la Calabria occupa stabilmente l’ultimo posto in Europa come qualità della vita, se la sanità calabrese è classificata come la peggiore d’Italia, se la criminalità afferma la propria supremazia anche nei campi della politica, delle professioni e dell’imprenditoria, qualche dubbio sulla posizione di Augias è legittimo. Un conto sono l’orgoglio e l’identità, valori sicuramente preziosi; un altro conto è la presa di consapevolezza della gravità di una condizione che pone la nostra terra quasi ai margini.

Con questo, sia beninteso, non intendo minimamente giustificare Augias o, peggio, schierarmi al suo fianco. Dico solo che le sue dure parole fanno riflettere, oltre che fare male.

Peraltro, non è la prima volta che sulla Calabria vengono espressi giudizi taglienti. Agli inizi dell’Ottocento, un funzionario napoleonico, tale Augustin Creuzè de Lesser, scrisse che L’Europe finit à Naples et même elle y finit assez mal. La Calabre, la Sicile, tout le reste est de l’Afrique. Risparmiamoci la traduzione.

Mi vengono in mente almeno due circostanze più recenti. La prima è il reportage di Giorgio Bocca del 1992, intitolato “Calabria Aspra”, in cui il grande giornalista piemontese paragonava la Locride al Vietnam, con la sola differenza che «lì la guerra è finita, mentre qui la guerra sembra non finire mai». Anche in quell’occasione, ci fu una mezza rivoluzione contro la leggendaria “penna” di Repubblica.

La seconda è l’irriverente “comizio” di Antonello Venditti durante un concerto in Sicilia nel 2009, in cui l’autore di Sotto il segno dei pesci si chiedeva provocatoriamente: «Ma perché Dio ha creato la Calabria». Aggiungendo: “«speriamo che facciano il ponte sullo Stretto, così la Calabria ha una ragione di esistere». Apriti cielo! Le canzoni di Antonello sparirono dalla programmazione di tutte le radio libere della regione.

Disprezzo etnico? Razzismo? Oppure un colpo di frusta per “costringere” le coscienze a riflettere, a fare autocritica, a fare tesoro di errori imperdonabili? Lascio ad ognuno il peso di una risposta esaustiva. Le parole di Augias fanno male. Personalmente, pur facendo fatica ad accettarle, preferisco pensare e riflettere sui nostri errori collettivi, sulla pesante responsabilità di ognuno di noi di avere contribuito a questa immagine devastante della terra che diciamo di amare. Preferisco pensare (e sperare) che la profezia di Augias non si realizzerà, che la nostra terra – come ha scritto Leonida Repaci in Calabria grande e amara– raggiungerà la sua felicità, magari con più sudore, ma la raggiungerà. E preferisco applicare alla Calabria un passo della poesia rap letta da Amanda Gorman alla cerimonia di insediamento del presidente Joe Biden: «Sorgeremo dal Sud inondato di sole. Ricostruiremo, ci riconcilieremo, guariremo insieme». (sd)

Il compleanno di Corrado Augias: auguri dalla Calabria, tra polemiche e ringraziamenti

di FRANCESCO RAO – Da qualche tempo, nei confronti della Calabria e dei Calabresi piovono considerazioni destinate ad essere prevalentemente lette dagli stessi come giudizi poco edificanti. A tali circostanze, viene riservata una minore attenzione sottesa ad intravedere proprio nella critica la capacità di trarne una crescita.

Viviamo un Secolo particolare, animato da una comunicazione spinta da una velocità destinata a generare più disinformazione che informazione. La contrazione generata da tale dinamica, contribuisce perlopiù ad ingigantire il superfluo mediante la pervasività dei social, mentre annulla nel giro di  poche ore temi e fatti di forte rilevanza economica, politica e sociale.  Bastano pochissimo per dare forma ai soliti pretesti messi in atto per generare delegittimazione, inquietudine ed insicurezza. In contropartita, per raggiungere l’attenzione degli attuali fruitori dei sistemi di comunicazione, bisogna sperare soltanto in un miracolo.

In questi giorni, l’attenzione dei Calabresi e di molti politici è stata polarizzata da una affermazione di Corrado Augias. Il durissimo richiamo sulla Calabria, di conseguenza anche sui Calabresi, è stato manifestato dal noto giornalista e scrittore durante il programma “Quante Storie”, condotto da Giorgio Zanchini e trasmesso da Rai 3. C’è da dire la verità: l’espressione è stata davvero forte. In poche ore i social hanno visto fiorire le numerose richieste di scuse avanzate in tutte le salse – fatto che è mia intenzione rispettare ma non potrò condividere in virtù di una specifica visione che manifesterò in seguito-.  Al contempo, non ho registrato risposta alcuna e non è stato visto nessuno in pubblica piazza stracciarsi le vesti affinché l’attuale opportunità chiamata “Recovery Fund”, anziché essere materia che divide il mondo politico possa diventare opportunità per i Giovani e per l’Italia tutta, mettendo anche il Sud sui binari di una crescita tesa ad allineare la Calabria ai modelli di altre regioni della penisola.

A quanto pare, è ancora molto difficile alzare lo sguardo, fare squadra, lavorare in sinergia per individuare strade e strategie tese a governare e nel tempo poter azzerare quel maledetto divario Nord-Sud che abbiamo dovuto subire per ormai troppo tempo.

Il copione, anche questa volta, è stato identico al passato: chiudersi a riccio e continuare a difendersi, mantenendo la testa bassa ed incrementando livori e scontrosità con l’interlocutore. Mi dispiace, questo non può più essere il modello di una difesa d’ufficio, messa in campo per dimostrare l’attaccamento ed il bene per la Calabria. Per quanto mi riguarda, volere il bene della Calabria significa innanzitutto lavorare per farla crescere  qualitativamente e culturale iniziando dal basso e, cioè, dal tessuto sociale Calabrese e con esso si dovrà intravedere anche la crescita qualitativa degli esponenti politici pronti ad impegnarsi per promuovere un processo strutturale rivolto alla crescita ed indispensabile per poter uscire dall’isolamento, dalla fitta reti di affari e devianze quotidianamente portate alla luce dal complesso lavoro svolto dagli inquirenti.

Accanto a quanti non si perdono per restituire al mittente le “accuse”, ci sono anche le persone abituate a voltarsi dall’altra parte perché la questione non li riguarda ed infine, c’è un limitato numero di sognatori,  impegnati a riflettere su quanto viene detto sul conto della Calabria e dei Calabresi, sperando in un cambiamento.

Prima di entrare nel merito della riflessione, anche se è già chiaro il senso, ricordo a me stesso che oggi è il compleanno di Corrado Augias. Per tanti, quest’ultimo sarà quella persona che ha recentemente “offeso” i Calabresi con la sua esternazione, per altri sarà quel volto televisivo da sempre apprezzato per i sui pregevoli contributi culturali, diffusi mediante  televisione e carta stampata, per altri ancora potrebbe essere la sentinella che lancia l’allarme su qualcosa che a breve potrà diventare il punto di non ritorno.

Vista la coincidenza tra il compleanno del noto giornalista e la presente riflessione, senza livori e risentimento alcuno, vorrei porgere i miei più sinceri auguri. Inoltre, senza piaggeria, vorrei dire anche grazie per lo spunto reso mediante l’esternazione che ha fatto saltare i nervi a tanti miei conterranei.

In questa occasione, contrariamente ad altre circostanze dove autorevoli professionisti manifestavano gratuitamente palese disprezzo per il Meridione, prima di scrivere questa riflessione ho riflettuto a lungo. Non sono mancati i confronti con alcuni miei amici, tanto residenti in Calabria quanto con altri amici Calabresi residenti fuori regione. A dire il vero ho sentito di tutto. Ho ascoltato e riascoltato più volte le interviste televisive dello stesso Augias e dopo aver letto con debita attenzione le numerose note diffuse da giornali e social, sabato 23 gennaio, in tarda serata, ho inviato una pec alla Redazione di Rai 3 ed alla segreteria del programma “Quante Storie” chiedendo il diritto di replica in presenza del Dr. Zanchini, conduttore del programma e del Dr. Corrado Augias.

Con molta probabilità, la richiesta cadrà nel nulla e non potrò far sapere a chi ha pronunciato una sua convinzione cosa ne pensa un Calabrese. Per carità, confrontarsi per me non significa convincere l’altro a non pensare con la sua testa ma, al contrario, significa far conoscere un altro lato della medaglia potenzialmente utile per ampliare le idee degli interlocutori ed eventualmente aprire orizzonti molto più ampi per entrambi.

Con molta probabilità persistono ancora quei residui di una mentalità patriarcale, riversati ormai anche nell’agire quotidiano di molte persone, soprattutto in una parte di quanti assumono il ruolo di decisori politici ed intenti a scegliere ignoranti patentati come collaboratori, disposti a dire sempre “si, sono d’accordo” e continuando a mettere da parte quanti, nella diversità di pensiero avrebbero potuto arricchire di contenuti i percorsi di crescita.

In questi giorni, grazie a questa discussione, ho avuto modo di apprezzare una crescente condivisione d’intenti con molte persone dove l’esercizio del discernimento è pratica quotidiana sempre più diffusa. In passato vigeva il fallo di reazione, oggi si inizia ad intravedersi un maggiore ricorso alla ragione anche perché il livello culturale e la consapevolezza di moltissimi Calabresi non è più quello del passato dove l’asimmetria sociale obbligava i poveri a dire sempre si. Oggi, i poveri, nella loro umiltà, non sono facilmente raggirabili come in passato. Seppur persistano deprivazioni culturali e povertà educative, la televisione ha generato in alcuni segmenti sociali quella consapevolezza ed una capacità critica che sfugge alle generazioni più giovani, tempestati da migliaia di notizie postate e condivise sui social forum.

Contrariamente alle pregresse manifestazioni di disprezzo, rivolte alla Calabria ed ai Calabresi, alle quali non è mai mancata una garbata risposta, qualora avessi avuto modo di poter stare al cospetto del dott. Augias, innanzitutto lo avrei ringraziato per le affermazioni esternate nei confronti della mia terra e della gente di Calabria. Sicuramente non avrei esitato a chiedere all’illustre interlocutore quell’aiuto che da oltre 70 anni, questa terra ed i Calabresi non hanno ricevuto dalla politica nell’identica misura  utilizzata per il raggiungimento di ben altri obiettivi. Per chiarezza espositiva e per evitare confusione, ne chiarisco il senso: non da oggi, ma da un nutrito passato remoto, i collegi “blindati” della Calabria hanno rappresentato per le segreterie politiche la soluzione volta a consentire l’ingresso in Parlamento ai moltissimi deputati e senatori provenienti da altre regioni d’Italia, propinati al Corpo Elettorale Calabrese con la chiara coscienza che proprio quei rappresentati, eletti in Calabria, avrebbero dovuto conferire priorità al peso politico dei rispettivi partiti e non un impegno per il territorio e per gli Elettori che li avevano eletti.

Sulla scorta di questa realtà, reiterata nel tempo, unitamente alla constatazione intrisa da una quotidianità vissuta dal sottoscritto come analista di realtà territoriali complesse, insieme ad Augias, sottoscrivo la definizione resa dal giornalista “Calabria, terra perduta” intravedendo in questa affermazione non un disprezzo ma un accorato appello rivolto alle forze politiche sane, alla Calabria ed ai Calabresi onesti. Sia ben chiaro, questa volta non esistono giustificazioni plausibili e, per quanti leggendo ciò che scrivo storcono il muso, vorrei ricordare il capitolo sanità della Calabria, ed accanto ad esso la disoccupazione giovanile, i trasporti, la logistica, la qualità della connessione internet che rende difficile lo svolgimento delle attività scolastiche dei nostri studenti, il numero di Consigli Comunali sciolti per infiltrazioni mafiose, dove a pagare il prezzo più alto sono i Sindaci e gli Assessori mentre i burocrati continuano ad avere ed esercitare in maniera indisturbata un crescente potere. La questione ambientale è meglio non citarla: Dio ci ha regalato una bellezza rara e l’egoismo umano si è attrezzato al punto tale per poterla deturpare. Analoga circostanza vale per l’impiego di circa 700 km di coste, sui tre Parchi nazionali della Calabria, sulla bellezza dei Borghi e sulla straordinaria importanza dei saperi, dei sapori e dell’essenze custodite da questa terra.

Con il passare del tempo, abbiamo visto sciupare numerose occasioni ed opportunità con la stessa velocità di come l’acqua scorre sotto i ponti quando i fiumi sono in piena. Tutto ciò è avvenuto con l’assordante silenzio e con una complicità dettata dalla convenienza e non dalla convinzione.

Spesso, lo dico con amarezza, i Calabresi hanno dovuto chinare la testa scegliendo i viaggi della speranza per potersi curare nelle regioni del Nord Italia utilizzando i fondi della Sanità Calabrese; per garantire un lavoro ai loro figli, senza dover baciare le mani al politico di turno o al mafioso del quartiere e duplicando i sacrifici di natura economica, hanno preferito le Università del Nord a quelle Meridionali, perché oltre allo studio ed ai titoli conseguiti, nella loro semplicità le persone più umili avevano intuito l’importanza dei collegamenti tra Università ed aziende come ponte per accedere al mercato del lavoro senza dover essere per sempre in debito con qualcuno e, magari, per esercitare il loro diritto di voto dover attendere l’indicazione di chi aveva reso loro un diritto  trasformato in favore.

Con il passare del tempo abbiamo subito la presenza di autentici ignoranti, fatti divenire dal gioco delle varie segreterie politiche, i decisori politici di un sistema dove la mansione della guardiana è superata in quanto  sostituita dalla capacità di analisi, programmazione e realizzazione. Insomma, mentre la strada del sacrificio curvava la schiena di quanti sceglievano di studiare per potersi migliore e rendere migliore la bellezza di questa terra, legioni di incapaci, circondati da pappagalli pronti dire si consumavano le attese dei Cittadini rimanendo perennemente richiusi nelle loro stanze ad attendere la fine del mandato.

Amici miei, Vi chiedo scusa per lo sfogo illustrato in questa riflessione. Preferisco non andare oltre a quanto ho scelto di scrivere perché da tempo ho scelto di confidare nell’intelligenza dei miei gentili lettori e di quanti saranno disposti a comprendere il peso delle parole che una persona, culturalmente e professionalmente affermata come Corrado Augias ha voluto rappresentare con una esternazione apparentemente pesante ma indirizzata noi Calabresi con il chiaro pretesto di scuoterci affinché mantenendo dritta la schiena sia possibile avviare un forte cambiamento  senza dover più accettare invasioni, domini e soprattutto compromessi. Quest’ultimi, nel corso della storia, hanno ampiamente dimostrato lo scadere qualitativo del risultato bloccando di fatto la crescita. (fr)

[Francesco Rao è sociologo. Vive a Cittanova]

Gioacchino Criaco: Calabria, il sotterramento dell’amore, la lezione della resa

di GIOACCHINO CRIACO – È scocciante parlare di Augias, è vero. Ma al di là dei giudizi su di lui, del suo valore intellettuale, resta il fatto che parli dalla tv pubblica, che scriva su giornali di ampia diffusione. Quello che dice non ha nulla di straordinario o nuovo. “Terra perduta”, “irredimibile”, “immutabile”, sono sentenze che si sentono da sempre in Calabria, che pure moltissimi calabresi pronunciano. Mettete me, che sono di Africo: “riottosi, ribelli e irredimibili”, diceva di noi Stajano in Africo, Einaudi; “bestie che dormono e mangiano con le bestie”, Strati, la Teda; “di quali delitti si è macchiata questa gente per vivere in condizioni così miserabili?”, Zanotti Bianco, Fra la Perduta Gente; “pane di ghiande e vieccia mangiano gli africoti”, Giorgio Amendola, il pane nero di Africo; e Besozzi insieme a Tino Petrelli hanno immortalato la disperazione degli africoti con i ragazzi del 48. Ho cominciato a preparare la valigia dopo aver letto la sentenza di Stajano: avrei voluto essere riottoso e ribelle, ma irredimibile puzzava di zolfo, un preannuncio d’inferno. Dopo ci ho messo 35 anni a realizzare che non avrei mai voluto partire, che le capre, il sogno più bello le avevo già. Invece tutti mi hanno insegnato la bruttezza dei caprai.

Nessuno mi ha spiegato la loro sfida, il coraggio, l’amore incondizionato per la natura: che capre, lupi e pastori erano i contraenti di una società antica, nobile. Della Calabria si provvede da qualche secolo a insegnare il brutto, il di meno, a inculcare un disamore rovinoso, matricida. Le parole di Augias, inconsapevolmente o meno, proseguono in quella lezione tragica che è l’insegnamento della resa, il sotterramento dell’amore. Non va sottovalutata in quanto provenga da lui, va confutata in quanto proveniente da scoraggiatori di professione, spesso assoldati a loro insaputa da chi ha l’interesse che questa visione, geneticamente, si infigga nella genetica calabrese.

Sono risorte Regioni e popoli molto più afflitti dai drammi calabresi, si sono capovolte situazioni ben più tragiche. La Calabria è sul pizzo del burrone, lo sappiamo tutti noi calabresi; molto probabilmente salteremo nell’abisso. Ma sarà perché non abbiamo lottato, non perché al momento sia impossibile lottare. Stiamo facendo quello che un gruppo di potere vuole: abbandonare il campo e lasciare tutto al nemico. È una lotta che si combatte da più di un secolo: un popolo che ha resistito a terremoti portentosi, maremoti, alluvioni, malattie, dominazioni. Capitola sotto le unghie smaltate di un potere locale che si prende tutto, con complice uno Stato centrale ignavo. Le parole di Augias, non lui, sono pericolose perché continuano a costruire la resa. E a noi serve la guerra, che è vero, è difficilissima da fare: i migliori dei nostri sono già morti in battaglia, noi non saremo combattenti irresistibili, ma neppure il nemico è granché. (gc)

[Gioacchino Criaco è uno dei più apprezzati scrittori italiani. Calabrese di Africo ha firmato diversi best-seller tra cui Anime nere, Il Saltozoppo, La Maligredi, L’ultimo drago d’Aspromonte]

La lettera della scrittrice Giusy Staropoli Calafati: «Caro Augias sono io la Calabria»

Una vigorosa lettera aperta della scrittrice calabrese Giusy Staropoli Calafati in risposta agli insulti di Corrado Augias:

Caro Corrado Augias,
sono la Calabria, quella tanto discussa terra all’insud che non ha pace.
Dopo il suo ultimo squallido e vile delirio, ho deciso di voler replicare. Perché, mi creda signore, ho ancora una dignità anch’io.
I giudizi a iosa, che da tempo ormai vengono gratuitamente dati sulla mia pelle matura, da chi meramente mi conosce appena, e si concede (aggratis o dietro compenso poco importa), senza un minimo di ritegno, alle orge televisive e inconcludenti (di questa o quella emittente chi se ne frega), senza un minimo di precisa analisi, soffermandosi esclusivamente sulla conformità esteriore del mio corpo, non conoscendo neppure l’ode che per me scrisse il mio amato Leonida Repaci, in cui rammenta a quelli che non sanno, il giorno in cui io nacqui, indicando come soggetto imputabile esclusivamente il corpo frastagliato che ho, senza procedere ad un vero e serio screening che rimembri in primis l’anima mia, incominciano a scartavetrare ogni genere di materna pazienza, che sempre tenni dalla Magna Grecia fino a oggi.
Ho sopportato invasioni, furti, insulti, bestemmie, e anche maledizioni, ma la mia educazione, il mio credo e la mia grandezza, non vengano giammai scambiata per cazzoneria.
A parlar di me di certo non ci guadagno io, e lei lo sa bene. Chi lo fa, più male lo fa, meglio gli torna il conto. Credo che si guadagni davvero bene a mettere alla gogna l’unica terra che ancora porta gli strascichi dell’Unità d’Italia. Così si va giù duro, infilzandomi il muscolo del cuore, che è l’unico di tutto il corpo, e lei sa bene, che rischia di spappolarsi per primo.
IRRECUPERABILE e PERDUTA.
A chi, Augias? A chi?
Dice a me, lo so. Lo so bene che dice a me.
E scommetto che anche lei, assieme a tutta la compagnia dei NoCalabria, si è sempre domandato quale cazza di capa storta ha avuto la genialata di mettermi al mondo così puttana e perversa, perduta e irrecuperabile, ma troppo bella e coraggiosa per non esistere.
Augias, Augias, la sua esternazione non è la prima e non sarà l’ultima, ma a parte il fegato che ho che mi aiuta a resistere nei secoli, ai corpi e agli urti, il tempo è breve e le parole di taluni intellettuali, nella cui cerchia oggi lei stesso si classifica, sono più brevi ancora. Troppo per perderci il mio tempo.
È vero, sono una terra irrecuperabile. Maledettamente irrecuperabile. Ma sa cosa le dico? Ne vado fiera. Quaggiù, tra i boschi, in riva al mare, dall’Aspromonte al Pollino, chi fino a ieri si è permesso di farsi il fatto suo con la mia roba e sulla mia pelle, oggi non non va grasso più. E allora sì che sono IRRECUPERABILE. È per questo che lo sono. Con dignità e orgoglio, lo sono. E sono anche fortemente PERDUTA. Perduta dai reader di quell’Italia che mi ha sempre voluta serva del sistema, arricchendosi sulle mie spalle e privandomi delle mie cose. Dalle fabbriche a tutto ciò che qui, nella mia pancia, nacque. Pure alla gioia d’essere io la Prima Italia.

La mia è una lunga storia, Augias. Triste e bella, profonda e travagliata. Sono caduta innumerevoli volte, ma mi sono rialzata. Ho visto molti dei miei partire, altri li ho visti morire. Ho visto uomini farmi la guerra, e subito dopo trascinarmici dentro. Ho visto le mie famiglie fare sacrifici, chiedere aiuto e pane, proprio quando da quelli come lei, illusi di vivere nella vera Italia, gli veniva portato via.
Eppure, quando ho dato all’Italia il suo vero valore, l’UNITÀ su tutti, perdendo tutto ciò che avevo conquistato con il mio coraggio, il sacrificio e le forze, e i figli sono la cosa più cara che una madre ha, nessuno ha pianto con me, o è venuto a portarmi consolazione. Ma se lo ricordi, Augias, in questo mondo, nella nostra piccola Italia, nessuno si salva da solo.
Ma se proprio è certo di ciò che contro di me ha affermato, occhi negli occhi, lo dica anche al procuratore Nicola Gratteri che la Calabria è irrecuperabile e perduta. Ma mi raccomando, glielo dica dopo lo stremo di una delle sue sudate operazioni, per cui non gli è venuto giorno e neppure notte. E poi con la stessa facilità con cui mi giudica, gli tacci come inutile il suo lavoro, tanto per le cose perdute nessuno può far nulla, neppure lui. Infine, da buon Italiano meritevole, si faccia portavoce al mondo del mio lutto, e dica: la Calabria è morta. È Morta, lo urli. Perchè vede, è la morte, solo la morte che rende le cose e gli uomini definitivamente perduti e irrecuperabili.
Ma io, caro Augias, io sono viva e sono qui, alla punta dello stivale, a reggere una Patria intera con la forza delle mie gambe, e con quella delle braccia date da sempre al resto della Nazione.
Sono viva Augias, e sono qui perché non permetterò a nessuno, né oggi né mai, che quelli come lei vadano negando la speranza ai figli miei, a quelli nati ieri, a quelli venuti alla luce oggi, e a tutti quelli che nasceranno domani. Perché bambini che sognano, in Calabria, ne nascono ancora. E io sono la loro terra. Terra di malaffare? NO, Terra dei calabresi onesti, puntuali, lavoratori. E se cerca la terra di nessuno, non sono io. Nessuna terra lo è, Augias. Ogni terra ha la sua gente e ogni uomo la sua terra. Tutti lo stesso mondo. E lei è semplicemente vittima del suo ego.
Ma da buona terra accogliente quale sono, la invito, Augias, la invito a venire quaggiù a fare il suo prossimo viaggio. Si scoprirà sorpreso, vedrà. Dietro al grigiore con cui tutti fomentano la mia fine, e millantano di sapere come salvarmi, ci sono tanti colori che invece mi danno, anzi mi garantiscono la vita.
È vero, la ‘ndrangheta esiste, hai voglia se c’è. Conosco bene le mie debolezze, le mie grandi pene, ma la gente che lavora, che si sacrifica per sé e per me, e che lotta senza sosta per estirpare la malapianta dal mio grande giardino, esiste il doppio e anche di più.
Scoprirà, caro Corrado, che l’amaro in bocca che oggi ha e che forse anche la tormenta, con cui mi si scaglia contro ferocemente, potrebbe diventare dolce. Più dei fichi di fiore. Si ricordi che sui monti di pietra nascono i fiori, e anche dalla terra dura si può dissotterrare un tesoro.
Il mio invito è sincero, Augias, ma la prego, lasci ogni stereotipo fuori dai miei confini prima di arrivare, eviterà il giorno dopo di dire: scusate mi ero sbagliato.
Certa e sicura che il mio sarà per lei un gradito invito, la saluto affettuosamente dai due mari, ricordandole, per i suoi futuri interventi sulla mia pelle e sulle mie ossa che, “LA DIGNITÀ È IL LATO POSITIVO DEI CALABRESI. (Corrado Alvaro)

(rrm)

Tutti contro Augias, Spirlì chiede le scuse del giornalista

Le parole dette dal giornalista Corrado Augias a proposito della Calabria, definendola «una terra perduta» su Rai 3, hanno indignato i calabresi.

Il presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, ha chiesto che «Augias trovi, tra le pieghe del suo caos interiore, il tempo e i modi per chiedere scusa alla Calabria e ai calabresi, alla storia, al presente e all’avvenire di una terra che, prima del suo ultimo sproloquio televisivo, non conosceva l’esistenza di questo signore».

«Ho imparato dalla mia Fede – ha detto Spirlì – a essere compassionevole con la gente che soffre, soprattutto di disturbi mentali. Chi offende parte certamente da questa patologia: quando la mente patisce, la lingua aggredisce. Nemmeno Corrado Augias sfugge all’atroce destino di chi subisce gli assalti di un’età che galoppa e di una mente che arranca. Offendere la Calabria e tutti i calabresi, considerandoli irrecuperabili e fuori regola, significa non essere tanto lucidi da poter constatare quanto questa terra sia uguale, nei comportamenti e nei sentimenti, al resto del creato».

Il bene e il male – continua – lottano da quel primo giorno, in ogni angolo dell’universo: a volte vince l’uno, a volte l’altro. Chi perde sempre è la stupidità umana. Che, constato, è ben distribuita, purtroppo, su una buona parte di umanità».

Indignazione è stata espressa anche dalla deputata del Movimento 5 Stelle, Dalila Nesci, che ha dichiarato che «stupisce che Corrado Augias alimenti stereotipi miopi ed ottocenteschi».

«La Calabria è Italia – ha scritto su Facebook la Nesci – gli italiani sono tali anche perché in loro scorre il sangue dei calabresi, oltre che dei veneti, dei siculi, dei longobardi e di mille altri popoli. Esprimere giudizi su un popolo è una deviazione positivista che facilmente conduce a teorie deliranti e alle relative aberranti soluzioni naziste. Quello che c’è da fare, invece, è tutto il contrario: bisogna credere negli essere umani, coltivare il bello che abita in ognuno e di cui i paesaggi mozzafiato della Calabria sono metafora».
«Io credo nei giovani – ha scritto ancora la parlamentare – nelle donne e nelle comunità di calabresi che non si arrendono. Augias non si senta esonerato dalla grande responsabilità che ha – da giornalista, divulgatore ed ex politico – nel difendere le istituzioni democratiche e i valori della nostra Costituzione. Serve l’aiuto di tutti, fuori e dentro i confini della mia amata Regione, per costruire un sistema di legalità e giustizia sociale».
«Chi alimenta stereotipi – ha concluso – è corresponsabile del rallentamento dei processi di sviluppo economico ed emancipazione dalla ‘ngrangheta che sono in atto da tempo, ma forse Augias non se n’è accorto».
Giuseppe Nucera, de La Calabria che vogliamo, ha chiesto alla Rai e al presidente f.f. Spirlì di intervenire.

«L’intervento di Augias – ha dichiarato Nucera – purtroppo non il primo che osserviamo in televisione contro la Calabria da parte di giornalisti e opinionisti, è grave e inaccettabile. Non è possibile vedere, a intervalli regolari, la nostra regione attaccata senza pietà da parte di personaggi che non sanno nulla della nostra realtà e che pontificano in modo gratuito e ignorante sulla Calabria senza probabilmente esserci mai stati».

«La Calabria che vogliamo – ha sottolineato l’ex presidente di Confindustria Reggio Calabria – chiede ufficialmente alla Rai e al presidente f.f. Nino Spirlì di intervenire. La Rai, in quanto emittente pubblica di informazione, non può permettere che venga vilipesa l’immagine di una regione in questo modo e senza che ci sia possibilità di replica. Per questi motivi chiediamo alla Rai di rimediare a quanto accaduto dando spazio e lustro ad uno dei tanti calabresi di successo, cosi che possa replicare al gratuito attacco di Augias e allo stesso tempo raccontare tutte le positività della nostra terra».

«Mi rivolgo inoltre al presidente f.f. della Regione Calabria Nino Spirlì –ha aggiunto Nucera – auspicando ci sia un’azione legale nei confronti di Augias. È chiaro che questo tipo di affermazioni rappresentano un danno d’immagine per la Calabria. La reputazione della nostra regione, cavallo di battaglia del movimento ‘La Calabria che vogliamo’, ne esce inevitabilmente lesa. Per queste ragioni si evidenzia la necessità di procedere con un’azione legale».

«È necessaria, al contempo – ha concluso l’ideatore del movimento ‘La Calabria che vogliamo’ – un’azione di marketing territoriale che coinvolga le più importanti testate giornalistiche e le Tv nazionali, in modo da rappresentare la realtà della Calabria fuori dagli stereotipi e da pregiudizi che caratterizzano in modo negativo il pensiero dominante». 

Il senatore di Forza ItaliaGiuseppe Mangialavori, ha definito le dichiarazioni di Augias inaccettabili.

«Corrado Augias – ha detto Mangialavori – non perde occasione per offendere la Calabria e per distillare i suoi inaccettabili pregiudizi su una regione di sicuro problematica, ma che ha dentro di sé i germi del suo definitivo riscatto, con buona pace di tutti quegli opinionisti di sinistra i quali, troppo spesso, dimenticano di agitare la bandiera del politicamente corretto rivelando la loro reale cifra intellettuale».

«Secondo Augias – ha aggiunto – la Calabria è una “terra perduta e irrecuperabile”. Affermazione che fa il paio con quella resa, sempre da Augias, nel novembre scorso: “La Calabria non è terra normale, è una regione dove la criminalità coincide spesso con la restante società”. Si tratta di dichiarazioni inaccettabili, rispetto alle quali tutti i cittadini calabresi, stanchi di essere i protagonisti di stereotipi mortificanti, pretendono scuse ufficiali da parte di uno tra i massimi esponenti della ormai declinante intellighenzia progressista italiana, spesso rappresentata da ineguagliabili campioni del perbenismo e della doppia morale».

Franco Corbelli, leader del Movimento Diritti Civili,  ha “sfidato” il giornalista scrittore invitandolo «a vedere il video story di Diritti Civili, volto vero di questa nostra regione, ad ascoltare, su Fb e Youtube, il giudizio, su questa “leggenda calabrese”, di un grande uomo di cultura e autorevole personaggio del nostro tempo, come Vittorio Sgarbi, e a vergognarsi e a chiedere scusa ai calabresi, per quelle ingiuste e ignobili parole da lui pronunciate».

«Adesso basta! – ha dichiarato –. Continuare ad offendere, discriminare, umiliare una terra bella, ricca di arte, storia e cultura con tante intelligenze in ogni campo che a fatica cerca di superare vecchi e irrisolti problemi, storici ritardi, che non si arrende, che combatte ogni giorno per l’affermazione della legalità, della solidarietà, della Giustizia sociale, che non è certo solo quella, indirettamente, evocata, con il riferimento che ha fatto, dallo scrittore, che denota una sua palese cultura giustizialista che non gli fa onore, perché dimentica il pilastro di uno Stato di diritto che è la presunzione di innocenza».

«Ma alle offese di Augias alla Calabria – ha aggiunto – rispondo con i numeri impressionanti ed eloquenti di un Movimento, come Diritti Civili, che è sicuramente uno dei motivi di orgoglio di questa nostra regione. Oltre 1300 lettere ricevute in 25 anni, un migliaio i casi umani affrontati e in gran parte risolti. Quasi tutte le regioni italiane coinvolte in qualche battaglia di Diritti Civili. Una cinquantina i Paesi stranieri di ben 4 Continenti (Europa, Africa, Asia e Americhe) che hanno avuto un loro cittadino aiutato con una battaglia di Diritti Civili. Tante di queste battaglie e iniziative umanitarie vengono documentate in questo breve video, pubblicato su Fb».

«Un impegno straordinario, quello di Diritti Civili – ha proseguito Corbelli – che non ha mai usufruito di alcun contributo, né pubblico, né privato! Impegno, battaglie civili e iniziative umanitarie che sono sempre stati solo autofinanziati grazie al mio modesto stipendio di docente, continua Corbelli. Quel video vuole essere anche un messaggio di speranza in un momento particolarmente delicato e drammatico per la Calabria, l’Italia e il mondo, per dire che anche le battaglie più difficili si possono promuovere e vincere anche da una piccola, lontana, purtroppo discriminata regione, come la Calabria e la lunga storia di Diritti Civili lo testimonia, ma serve soprattutto a dimostrare il volto vero di questa regione che grazie alla grande opera umanitaria, il Cimitero internazionale dei Migranti, che stiamo realizzando a Tarsia, è riuscita a interessare il mondo intero e a far arrivare, in questo piccolo paesino del cosentino, giornalisti inviati da lontani Paesi del Pianeta: dal Brasile all’Inghilterra, dalla Francia alla Germania, dalla Svizzera al Qatar. La Calabria è questa, non una terra perduta e irrecuperabile»

«È, la nostra regione, per questa grande opera di civiltà – ha concluso – elogiata dal Vaticano ed apprezzata nel mondo, un motivo di orgoglio per un intero Paese e un esempio per tutti, soprattutto oggi per i giovani e le future generazioni». (rrm)

Corrado Augias: fanno indignare le sue parole sulla Calabria a Rai 3

Fino a quando i calabresi dovranno sopportare nel servizio pubblico (pagato dai contribuenti) le farneticanti dichiarazioni del giornalista Corrado Augias a proposito della Calabria. Non è la prima volta, speriamo che gli sia più data l’opportunità di perpetrare nelle gratuite offese che non risparmia ai calabresi. Ieri su Rai 3, nel programma Quante storie” ha ribadito quanto scritto qualche mese fa nella sua rubrica delle lettere su Repubblica: «la Calabria non è una terra normale, è una regione dove la criminalità coincide spesso con la restante società e anche con le istituzioni».

L’occasione è venuta quando gli è stato chiesto un commento sulla nuova clamorosa inchiesta giudiziaria del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. E Augias non si è smentito: «La Calabria è purtroppo una terra perduta, questa inchiesta e anche il maxi processo in corso, del quale i media non hanno parlato a sufficienza, lo dimostrano».

Il conduttore Giorgio Zanchini prova a interromperlo: «è una frase tremenda dire ‘la Calabria è una terra perduta’…», ma Augias replica senza scomporsi: «è la mia opinione personale, dunque vale poco, vale quello che vale, è un sentimento, non un’affermazione politica. Io ho il sentimento che la Calabria sia irrecuperabile. L’ho visto anche in occasione delle ultime elezioni, loro avevano un candidato ottimo, un impreditore calabrese, forte, che resta lì nonostante i rischi che corre, che dà lavoro: lo hanno escluso, hanno eletto un’altra persona la quale poi sfortunatamente è mancata. Detto questo, le inchieste di Gratteri vanno seguite con attenzione. Nicola Gratteri è calabrese, un altro uomo che è voluto restare in Calabria, fa una vita d’inferno, vive con 4 carabinieri intorno, quando va a zappare l’orto, il suo piccolo orto, la domenica ha 4 carabinieri agli angoli con i mitra, una vita che nessuno vorrebbe fare…». Il riferimento a Pippo Callipo e alla presidente Jole Santelli è fin troppo evidente, ma Augias non li nomina pur conoscendo bene i nomi. La sua avvelenata opinione personale, però, offende i vivi e i morti e fa indignare i calabresi, perché trasuda di pregiudizi che rasentano un malcelato disprezzo, se non qualcosa di peggio.

Solo la deputata Wanda Ferro ha avuto il buon gusto di replicargli. «È forse il momento – ha detto la parlamentare catanzarese – di chiarire che essere di sinistra non equivale ad avere la licenza di esprimere qualunque genere di offesa razzista su un popolo onesto, laborioso e dignitoso come quello calabrese. Non può essere concesso ad un ex parlamentare europeo del Pds ed intellettuale di riferimento del centrosinistra di utilizzare espressioni razziste e impregnate di odio etnico. Parole che se fossero state pronunciate da un politico di centrodestra avrebbero determinato, giustamente, il linciaggio mediatico e l’indignazione del mainstream. Non mi aspetto, naturalmente, tanta onestà intellettuale da chi accetta con il sorriso che la moglie del presidente Trump venga definita una escort nel corso di una trasmissione Rai. Eppure le analisi tardo-lombrosiane da quattro soldi dispensate dal recidivo Augias, che ha già avuto modo di affermare che la società calabrese e le sue istituzioni coincidono con la criminalità, non possono passare sottotraccia. Perché mortificano e insultano la Calabria vera, quella delle persone oneste,  di chi ogni giorno lavora per produrre ricchezza e lavoro, di chi fa eccellenza, di chi fa cultura, di chi studia, di chi fa ricerca, di chi fa buona sanità, di chi è schierato in prima linea nella difesa della legalità, di chi ha il coraggio di fare politica e amministrare in una realtà difficile, tenendo le mani pulite e la schiena dritta. C’è chi come Augias pronuncia sentenze di morte dal suo comodo salotto, e chi lavora per il riscatto di una terra a cui la natura ha fatto doni meravigliosi, ma che ha la sua più grande ricchezza nella bellezza e nell’orgoglio della sua gente». (rrm)