L’OPINIONE / Mariaelena Senese: Serve un piano straordinario di investimenti per messa in sicurezza del territorio

di MARIAELENA SENESE – La Calabria è in piena emergenza per il dissesto idrogeologico, con oltre il 90% del territorio classificato ad alto rischio frane e alluvioni, secondo i dati Ispra 2024. La mancata manutenzione delle infrastrutture e il degrado del territorio espongono i cittadini a pericoli quotidiani. È inaccettabile che, nonostante questa situazione, manchi ancora un piano di intervento strutturato e mirato a proteggere il nostro territorio e le nostre comunità.

Non vogliamo fare terrorismo mediatico anche perché le immagini delle ultime ore sono sotto gli occhi di tutti ma la Calabria è da bollino rosso. Ci sono vari indicatori che collocano la Calabria in una posizione di alto pericolo: la conformazione morfologica; le ricadute dei cambiamenti climatici e gli incendi boschivi che hanno reso più fragile il nostro territorio.

Davanti a tutto questo, però, continuiamo ad agire come se vivessimo nel paese dei balocchi. Preferiamo gestire tutto quanto accade in regime emergenziale, con enorme dispendio di risorse umane ed economiche, anche sull’onda delle forti emozioni che durano qualche giorno,  mentre trascuriamo colpevolmente la prevenzione.

In Calabria la manutenzione costante, la pulizia degli alvei fluviali, il presidio sul territorio, il monitoraggio continuo, la progettazione e la programmazione di interventi dopo un accurata analisi e valutazione del territorio definendo le priorità territoriali, sono buone presi che rimangono intrappolate nel libro dei sogni.
Per il monitoraggio del rischio idrogeologico sono stati stanziati 500 milioni del Pnrr. Dopo quanto accaduto in queste ore in Calabria non possiamo non chiederci che fine abbiano fatto questi fondi? Uno stanziamento irrisorio per la realtà con la quale si trova a fare i conti la Calabria ma che vanno, comunque, spesi per fare prevenzione.

Chiediamo, quindi, al governo regionale e nazionale un piano straordinario di investimenti per la messa in sicurezza del territorio, che preveda fondi adeguati per la prevenzione e la manutenzione. Non possiamo permettere che il dissesto idrogeologico continui a causare danni irreparabili, come accaduto troppo spesso nel passato. La protezione delle vite umane e la salvaguardia delle nostre aree deve essere una priorità assoluta.

La carta della pericolosità idraulica, redatta dall’Ispra, evidenzia le aree del territorio nazionale più vulnerabili a inondazioni. Circa l’11,8% delle famiglie italiane vive in zone potenzialmente inondabili, con conseguenze economiche e sociali notevoli. Una grossa fetta di queste famiglie risiede e lavora in Calabria, una regione in cui la quasi totalità del territorio è segnalato come a forte rischio.

La  Calabria ha un commissario per il contrasto al dissesto idrogeologico. Una struttura commissariale, però, che non è ancora riuscita a dispiegare effetti positivi sul territorio e gli eventi catastrofici delle ultime ore nel lametino sono il segnale concreto di quanto stiamo sostenendo.

Spulciando il cruscotto del sito governativo Opencoesione, infatti, possiamo capire che solo il 2% dei progetti in capo alla struttura commissariale, alla quale sono stati destinati oltre 500 milioni di euro, sono stati conclusi a fronte del 95% di quelli che sono ancora in corso. Ritardi che non possono essere accettati.

L’impermeabilizzazione del suolo e la riduzione delle superfici naturali di espansione delle acque stanno aggravando le conseguenze degli eventi alluvionali. Parallelamente, il consumo di suolo continua a crescere, con una progressiva riduzione delle aree agricole e una perdita di biodiversità, aumentando la necessità di azioni incisive di ripristino.

La protezione del nostro territorio e la sicurezza dei cittadini devono essere una priorità per tutti noi. Per questo ribadiamo, ancora una volta, la necessità per la Calabria di creare una rete virtuosa fra sindaci, esperti e ordini professionali che sia in grado di partorire delle linee guida chiare per intervenire e mitigare il rischio idrogeologico.

Per fare questo, però, non è più rinviabile il potenziamento della macchina amministrativa regionale e locale, perché anche sul potenziamento della macchina burocratica si gioca una partita importante per evitare alla Calabria di dover registrare una catastrofe idrogeologica inaccettabile.

Non possiamo più aspettare che tragedie colpiscano le nostre comunità prima di agire. La Uil Calabria continuerà a monitorare la situazione e a fare pressione affinché le istituzioni competenti intervengano in modo tempestivo ed efficace. (ms)

[Mariaelena Senese è segretaria generale Uil Calabria]

Scalese (Cgil Area Vasta): È tempo di un piano strategico contro cambiamento climatico

Per il segretario generale della Cgil Area Vasta, Enzo Scalese, «è giunto il momento di smettere di adottare soluzioni temporanee e di avviare un piano d’azione concreto e strutturato» contro il maltempo e il dissesto idrogeologico in Calabria.

«L’ondata di maltempo che ha colpito la nostra regione, e in particolare la Piana di Lamezia, riporta alla memoria situazioni analoghe non troppo lontane nel tempo, come l’alluvione che ha colpito Crotone, spingendoci a considerare questi episodi estremi non più una mera fatalità. Questi eventi sono il risultato di un cambiamento climatico che sta avendo impatti devastanti anche sulla nostra regione», ha detto Scalese, ribadendo come «la sicurezza del nostro territorio è una priorità assoluta».

«La Regione e le istituzioni competenti – ha proseguito – non possono più limitarsi a esprimere preoccupazione, ma devono agire concretamente per proteggere le comunità e il nostro ambiente attraverso azioni mirate e interventi di messa in sicurezza delle aree a rischio, partendo dalla pulizia delle aree verdi e dalla bonifica di canaloni e tombini, con una programmazione ordinaria come scelta strategica per evitare ulteriori danni».

«Interventi di tutela del territorio e contrasto al dissesto idrogeologico – ha detto ancora – portano come diretta e necessaria conseguenza la definizione di un piano di sviluppo occupazionale. La Regione e il Governo devono creare opportunità di lavoro attraverso progetti di salvaguardia del territorio, rispondendo così non solo all’emergenza ma anche alla crisi occupazionale che affligge la Calabria».

«È inaccettabile che i nostri territori continuino a essere abbandonati, con quello che ne consegue in termini di praticabilità e sicurezza», ha sottolineato ancora il segretario generale della Cgil Area Vasta.

«Non possiamo più permetterci di affrontare ogni emergenza come un episodio isolato – ha concluso –. È tempo di una strategia a lungo termine che garantisca sostenibilità e opportunità per il futuro di una regione storicamente fragile, che senza infrastrutturazione e tutela del territorio è destinata a rimanere sempre più abbandonata a se stessa». (rcz)

Ordine dei Geologi della Calabria: Interventi di sistemazione si programmano solo a disastro avvenuto

Il presidente dell’Ordine dei Geologi della Calabria, Giulio Iovine, ha denunciato come si registra «una totale assenza di presidi territoriali, che si abbina alla scarsa (è un eufemismo) programmazione per la mitigazione del rischio».

«Occorrono mappe di suscettibilità (e rischio) aggiornate ed estese a tutto il territorio regionale – ha proseguito –. Su questo, siamo ancora fermi al Pai 2001 (realizzato soltanto nelle immediate vicinanze dei centri abitati), in attesa dell’agognato aggiornamento. Il monitoraggio delle precipitazioni è ancora basato, essenzialmente, sulla rete dei pluviometri, mentre dovremmo sfruttare maggiormente le innovazioni tecnologiche (satellitari, radar, ecc.). Per non parlare del monitoraggio delle falde idriche sotterranee, o dei deflussi lungo i corsi d’acqua».

«Evidentemente, il territorio è in condizioni piuttosto critiche per rispondere, così violentemente, alle sollecitazioni esterne, com’è il caso delle piogge. Nelle ultime 24 ore, alla stazione pluviometrica dell’ArpaCal di Arasì sono stati registrati circa 100 mm di pioggia. Ma, solo alle 8 di mattina del 25 febbraio sono stati superati (di poco) i 10 mm/h. Forse, bisogna allargare lo sguardo per comprendere a fondo questa ennesima tragedia», ha detto Iovine, esprimendo, a nome dell’Ordine dei Geologi, cordoglio per l’ennesima vittima causata dal rischio geo-idrologico in provincia di Reggio di Calabria.

«Le aree più interne del territorio – ha detto ancora – sono state abbandonate a sé stesse, dopo essere state sfruttate per decenni. Il disastro dell’1 ottobre 2009 nel Messinese testimoniò, in numerosi casi, frane innescate proprio per cattiva regimazione delle acque lungo la viabilità e i tagli sui versanti, per non parlare dei collassi dei muretti a secco».

«Il territorio, ogni estate – ha ricordato – continua ad essere violentato con il fuoco, per scopi poco nobili e abbiamo costruito un po’ dovunque, in maniera disordinata, dimenticando di manutenere le infrastrutture (strade, acquedotti, fognature). In zone montuose, caratterizzate da versanti ripidi e coperture detritiche con caratteristiche tecniche non eccezionali, le condizioni di equilibrio sono spesso precarie e, basta poco, per destabilizzare le coltri. In tali aree, la mobilizzazione improvvisa di spessori anche modesti di copertura detritica si può tradurre in flussi rapidi, capaci di propagarsi anche lontano dalle zone di origine, distruggendo ogni cosa e mietendo vittime».

«Le riforme degli ultimi decenni non hanno certamente aiutato l’organizzazione di una gestione efficiente del territorio – ha detto ancora Iovine –. Gli enti locali sono stati de-potenziati e de-finanziati, tanto che è difficile perfino trovare i fondi per la manutenzione ordinaria. E non sappiamo ancora l’effetto che produrranno le ultime novità, in tema di decentramento delle competenze. Gli interventi di sistemazione si programmano, ormai, soltanto a disastro avvenuto».

«La rete stradale versa in condizioni di forte precarietà – ha concluso – con tratti in condizioni prossime al collasso. Non abbiamo notizie migliori per quanto riguarda le reti acquedottistiche e le fognature. Ma, non è nemmeno possibile intervenire preventivamente, per mancanza di fondi e si fa sempre più ricorso all’emergenza e agli eventi eccezionali per veicolare fondi». (rrc)

L’OPINIONE / Maria Elena Senese: A oggi solo il 32,2% dei progetti contro dissesto portati a termine

di MARIA ELENA SENESE – Dal 1999 ad oggi soltanto il 32,2% dei 25.101 progetti contro il dissesto idrogeologico, finanziati per 17,2 miliardi di euro, è stato portato a termine. Sono questi i dati che emergono dal report pubblicato dall’Anac.

I disastri sempre più frequenti, provocati da frane ed alluvioni, poco o nulla sono serviti per cambiare l’azione politica: basti pensare che negli ultimi anni si è passati da 6.595 progetti finanziati nel 2019 agli 8.179 del 2021. Negli ultimi due anni, durante i quali non sono mancati disastri costanti, nonché innumerevoli vittime, oltre che ingenti danni, ci si è addirittura attestati intorno ad una media di appena 2.100 progetti all’anno, meno di un terzo di quelli finanziati quattro anni fa.

Il dato più allarmante riguarda però l’ultimazione degli interventi: dell’intera mole dei progetti finanziati in quattro anni, appunto 25.101, appena il 32,2% è stato portato a termine: meno di uno su tre. Un ulteriore 10,6% di interventi è ancora in fase di esecuzione, 114 sono stati aggiudicati, ma non ancora cantierati. Di ben 9.843 progetti si sono perse le tracce e la stessa Anac deve, silenziosamente, ammettere che i dati non sono disponibili relativamente allo stato di avanzamento.

Gli ultimi 4.348 interventi, infine, sono ancora in fase di progettazione. L’Anac,  procederà con un’indagine conoscitiva dettagliata, regione per regione, su questi incresciosi ritardi, nel tentativo di accertare le cause di blocco dei lavori e favorirne la ripartenza affiancando le regioni nella risoluzione delle procedure più complesse.

Come FenealUil Calabria denunciamo da tempo il fermo preoccupante delle autorizzazioni e delle procedure in tema di dissesto, nella consapevolezza che occorre intervenire con sollecitudine per mettere in sicurezza il territorio. Ha dell’assurdo che, nel mentre assistiamo ad episodi drammatici di alluvioni, i lavori vengano bloccati dalla tanto nota burocrazia!! L’obiettivo dell’Anac è anche quello di evitare che i fondi vengano ulteriormente sprecati.

Va evidenziato, poi, che tra le regioni che hanno ricevuto più fondi, in tutti questi anni, vi è la Calabria che ha ricevuto in dote 1,3 miliardi di euro.

Era dicembre 2022 quando il presidente Occhiuto predisponeva un master plan dei rischi della Calabria e successivamente incontrava i sindaci per presentare il piano.

Analizzate  le criticità, cosa è mancato per accelerare sulle attività da mettere in campo contro il dissesto idrogeologico? Occorre una politica “difensiva”.

Siamo in forte ritardo sul bisogno di difesa del territorio. Per troppo tempo alluvioni e frane si sono susseguite in lungo e largo sollecitando interventi emergenziali. La prevenzione è la sorella negletta dell’emergenza, così che in Italia abbiamo la Protezione civile più avanzata del mondo e la Prevenzione completamente dimenticata.

La politica continua ad essere miope rispetto a questa problematica, non solo per ciò che significa in termini di perdita di vite umane, di dolori e sofferenze per le comunità locali, ma anche in termini economici con una semplice valutazione di analisi costi benefici. Una buona prevenzione, si può dire, che si pagherebbe da sé, abbassando il livello dei danni e garantendo una maggiore sicurezza per la popolazione. (mes)

[Maria Elena Senese è segretaria generale di Fenealuil Calabria]

Celebre (Fillea Cgil): Attivare tavolo di concertazione per azioni contro dissesto idrogeologico

Il segretario generale di Fillea Cgil CalabriaSimone Celebre, ha ribadito l’urgenza di un tavolo di concertazione «che possa coordinare le azioni più adeguate per fronteggiare sia i gravi problemi derivanti dai cambiamenti climatici in atto e sia i rischi dovuti al dissesto idrogeologico».

«Un tavolo di concertazione che, oltre a individuare le risorse necessarie da investire a partire dai fondi del Pnrr e del Por – ha aggiunto – possa mettere in campo procedure rapide con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali e non, a partire dai sindaci».

1La devastante tragedia consumatasi recentemente in Toscana e in altre zone del centro Nord – ha sottolineato – ripropone, in tutta la sua gravità, la questione dei cambiamenti climatici e, soprattutto, il rischio di dissesto idrogeologico. Le ultime ondate di maltempo hanno dimostrato, per l’ennesima volta, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la fragilità dell’intero nostro territorio nazionale e non è una novità per nessuno che sul rischio idrogeologico, senza voler fare terrorismo mediatico, la Calabria, che ha un territorio alquanto fragile, è da bollino rosso. Un dato disarmante e, allo stesso tempo, allarmante».

«La conformazione morfologica, gli effetti del cambiamento climatico e alcuni episodi gravi di mutamento dei territori (come gli incendi estivi che annualmente distruggono centinaia e centinaia ettari di territorio montano e di aree boscate) – ha proseguito – sono tra gli indicatori che collocano la Calabria in cima alle regioni più a rischio di dissesto idrogeologico. Una situazione che merita una particolare attenzione prima che succeda l’irreparabile. La prima cosa che dobbiamo fare è investire nella prevenzione e non aspettare che succede una tragedia per intervenire».

«Viviamo in un periodo dove quasi tutto è prevedibile e dove, soprattutto – ha concluso – disponiamo degli strumenti di difesa. Non è più tempo di tergiversare. Bisogna iniziare ad attuare una seria e vera politica di prevenzione intervenendo, sfruttando e spendendo al massimo gli ingenti finanziamenti previsti sia a livello europeo che nazionale, sulle zone a più alto rischio idrogeologico che vanno monitorate continuamente. Una regione come la Calabria ha estremamente  bisogno di una continua manutenzione del territorio. Le tragedie, a volte, si possono evitare anche con piccoli, ma continui, interventi». (rcz)

IL RISCHIO IDROGEOLOGICO IN CALABRIA
DATI PREOCCUPANTI, DA BOLLINO ROSSO

di MARIA ELENA SENESE – Sul rischio idrogeologico, senza voler fare terrorismo mediatico, la Calabria è da bollino rosso. A darne conferma è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che ha analizzato i diversi indicatori di rischio e sottoposto a revisione annuale il suo Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia.

Il dato che ne viene fuori è disarmante e, allo stesso tempo, allarmante. La conformazione morfologica, gli effetti del cambiamento climatico e di alcuni episodi gravi di mutamento dei territori (come gli incendi estivi che hanno falcidiato le montagne calabresi nel 2021) sono tra gli indicatori che collocano la Calabria tra le regioni più a rischio. L’Emilia-Romagna è la prima regione per quota di terreno a rischio. Ma la Calabria è quella più esposta allo scenario di pericolosità elevata.

La Calabria ha attualmente un commissario per il contrasto al dissesto idrogeologico. Una struttura commissariale, però, praticamente vuota: stiamo parlando di 478 milioni di euro che, secondo quanto riporta il cruscotto del sito governativo Opencoesione, sono terribilmente fermi al palo.Il commissario Nardi, dal canto suo, sostiene che il sito non sia aggiornato. Questo perché è alimentato dai dati che invia la stessa Regione e, vista la carenza di organico, l’invio non sempre avviene con la dovuta puntualità. In proposito quindi ha fornito i dati aggiornati al 31 dicembre 2022 che in effetti divergono leggermente da quelli pubblicati, ma nella sostanza confermano la grande difficoltà a spendere quelle risorse.

Secondo l’ufficio del commissario su 347 interventi ne sono stati conclusi e collaudati 127 mentre 220 sono in corso. Tutto questo porta al fatto che dei 478 milioni ad oggi ne sono stati spesi 147 con una percentuale della spesa che si aggira sul 31%. Paradossalmente, però, tra i fattori congestionanti dal punto di vista procedurale, secondo la Corte dei conti – che recentemente ha reso noti i risultati di un’indagine sullo stato di attuazione del Piano per la mitigazione del rischio idrogeologico (Dpcm 20 febbraio 2019) c.d. “ProteggiItalia” – sono proprio quelle gestioni straordinarie e commissariali che avrebbero invece dovuto velocizzare gli interventi.

Una regione come la Calabria, però, ha bisogno di una manutenzione costante del territorio, perché spesso gli eventi alluvionali diventano catastrofici. Tragedie che magari potrebbero essere prevenute con piccoli interventi. Servono dei presidi con il compito di monitoraggio continuo. Nel Pnrr sono stati stanziati 500 milioni per portare a compimento un attento lavoro di monitoraggio. Dobbiamo ammettere che si tratta di una somma bassa per la Calabria, per fare prevenzione, ma siamo convinti che debba essere utilizzata. Bisognerebbe fare una progettazione di interventi che abbiano alla base una valutazione aderente alla realtà sulle aree dove è necessario intervenire con priorità, nella convinzione che per avere un quadro preciso dello stato dell’arte vi sia bisogno della collaborazione dei sindaci, di tecnici esperti e degli ordini professionali in modo da poter intervenire secondo linee guida chiare. Il contrasto al dissesto idrogeologico richiede investimenti e risorse, nonché provvedimenti di lungo respiro. Il governatore Roberto Occhiuto ha mosso i primi passi in questa direzione incontrando i sindaci e incassando dal governo 440 milioni di euro, previsti nella Manovra licenziata del Consiglio dei ministri, spalmati in 3 anni, per prevenire e mitigare il rischio idrogeologico e idraulico. Primi passi, ma occorre celermente fare molto altro per mettere in sicurezza la Calabria e dotarla di un sistema di prevenzione efficiente e funzionale. Ma non solo. In questa regione non è più rinviabile il potenziamento della macchina amministrativa locale e regionale. Diciamo questo nella convinzione che in Calabria ulteriori problematiche irrisolte siano rappresentate dalla scarsa capacità progettuale della Regione, amplificata dalla carenza di profili tecnici e dalla scarsa pianificazione sul territorio. Territorio che non è in grado di far fronte alla progettazione e alla cantierizzazione sollecita degli interventi. Cantierizzazione degli interventi, giova rammentarlo, che è demandata in massima parte ai Comuni, e marginalmente alle Province: enti che molto spesso, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, non dispongono delle risorse umane, tecniche ed organizzative per avviare, gestire e monitorare i lavori. Questo determina una assurda situazione di stallo. 

È la burocrazia ad impedire solleciti interventi: si fatica a trasformare programmazioni e progettualità in lavori concreti per il contrasto e la prevenzione del dissesto idrogeologico, sempre più un’emergenza nazionale. E anche sul potenziamento della macchina burocratica si gioca una partita importante per evitare alla Calabria di dover registrare una catastrofe idrogeologica inaccettabile. (mes)

(Maria Elena Senese è Segretario generale FenealUil Calabria)

Senese (Fenealuil): Dissesto idrogeologico fenomeno che non può essere sottovalutato

La segretaria generale di Fenealuil Calabria, Maria Elena Senese, ha ribadito che «il dissesto idrogeologico in Calabria è un fenomeno che non può essere sottovalutato». Per questo la sindacalista ha chiesto alla Regione «di approntare, per tempo e comunque prima dell’arrivo della prossima stagione invernale, un piano regionale,  attraverso l’utilizzo di fondi propri, per il controllo, il ridimensionamento e il futuro azzeramento del fenomeno del dissesto idrogeologico».

«Occorre sin da subito – ha spiegato –, l’apertura di un tavolo con le parti sociali che sia finalizzato ad avviare un confronto rapido e costruttivo in grado di disegnare azioni utili destinate  alla cura, alla manutenzione e alla salvaguardia del nostro territorio. Siamo convinti, infatti, che non si possa più perdere tempo, che non si possa più delegare, che non si possano ancora aspettare i tempi di una politica romana che sembra sempre più distratta davanti alle reali necessità del territorio».

«In quest’ottica, ci preoccupa la decisione del Governo di procedere, proprio nel giorno in cui il Capo dello Stato metteva in guardia la politica e lanciava l’allarme sui ritardi nella lotta contro i disastri climatici – ha proseguito – al taglio degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per contrastare il dissesto idrogeologico. Non ci può essere leggerezza nell’affrontare questi problemi, il cambiamento climatico che ha tropicalizzato il meteo della nostra nazione, e gli accadimenti della scorsa settimana ne sono il sintomo preciso e violento che, insieme all’incuria, all’arroganza criminale degli uomini rischiano di mettere seriamente a repentaglio il nostro patrimonio territoriale».

«Azzerare o anche solo rimandare il finanziamento di questi interventi – ha concluso – è un errore strategico madornale. Per questo, invitiamo chi amministra la cosa pubblica in Calabria a muoversi per tempo rispetto alla politica romana, per trovare la copertura finanziaria necessaria alla progettazione di un piano di manutenzione del territorio moderno ed efficace che metta al riparo da incuria e malintenzionati le bellezze paesaggistiche e naturali della nostra regione». (rcz)

LETTERA APERTA / Filomena Greco: Intervenire con urgenza su dissesto idrogeologico

di FILOMENA GRECO – Dissesti e pre-dissesti finanziari, bisogna adeguare la normativa di gestione alle decisioni della Corte Costituzionale che ha affrontato il problema delle disuguaglianze tra territori ed il ruolo della finanza pubblica in un quadro di autonomia differenziale. Le crisi finanziarie degli enti non sempre sono imputabili a cattiva amministrazione, ma sono in alcuni casi sono conseguenza diretta delle difficoltà economiche e sociali del territorio.

Ma anche nel caso in cui esse siano imputabili a passate amministrazioni non è giusto che a pagarne le conseguenze siano le amministrazioni virtuose che succedono e soprattutto che ne paghino per anni i danni le comunità, per impossibilità sia di ottenere i servizi essenziali che di programmare da parte dell’Ente la rinascita dei territori. Per tutte queste ragioni è diventato improcrastinabile un intervento forte del Governo, per sanare i dissesti in atto e per scongiurare il rischio di nuovi default e del formarsi di dissesti infiniti.

Mentre il dibattito nazionale sembra dover necessariamente avvitarsi adesso attorno all’autonomia differenziata vi sono aree del Paese che, nella cornice della reale disuguaglianza e disunione economica tra Nord e Sud, rischiano ormai di implodere definitivamente sia dal punto di vista della tenuta finanziaria della sua rete istituzionale locale, sia della sopravvivenza degli stessi livelli minimi ed essenziali di prestazioni e servizi.

La situazione complessiva delle finanze degli enti locali calabresi, fotografia di un problema strutturale di povertà diffusa più che organizzativo-gestionale o addirittura ragionieristico come spesso passa sui media e nell’opinione pubblica dovrebbe far saltare letteralmente dalla sedia i vertici dello Stato e del Governo per tutti gli effetti a catena che potrebbero derivare dal fallimento finale di ogni garanzia dell’Istituzione pubblica e del connesso patto sociale con le cittadinanze.

Non ci sono allo stato casi analoghi al dramma che stanno vivendo i comuni calabresi rispetto alle patologie croniche finanziarie e contabili. Così come è stato chiaramente definito da analisti ed esperti del settore, l’architettura delle autonomie locali della Calabria giace in uno stato di perenne agonia.

Prima in assoluto in base i dati contenuti nel “V Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni”, in Italia per comuni (200 su 404) in stato di pre-dissesto e dissesto (con 203 procedure) e tentativi di riequilibrio (89 procedure in 77 comuni di cui 12 per la seconda volta), molti andati a male; con tre dei cinque capoluoghi di provincia in dissesto e pre-dissesto (altro record negativo nazionale); con il 28,9% dei dissesti che dal 2017 al 2021 hanno interessato tutti i comuni italiani e con 21 enti sciolti e commissariati per infiltrazioni criminali al 2020 rispetto al 95% di quelli che riguardano le altre quattro regioni del Sud, la Calabria delle autonomie rappresenta oggi l’icona plastica della questione meridionale nella più grave ed inaccettabile delle sue declinazioni dalla formale proclamazione dell’Unità d’Italia ad oggi.

In uno scenario così drammatico e complicato, senza possibilità di riscattare il nostro futuro o di avviare ed accompagnare investimenti per rilanciare lo sviluppo dei nostri territori con l’incancrenitasi tendenza diffusa all’evasione dei tributi (Calabria prima per evasione Imu al 42,3% rispetto alla media del 30% nazionale), con gli effetti negativi prodotti dal blocco prima e dal rallentamento poi delle nuove assunzioni (con connesso aumento dell’età media dei dipendenti) specialmente negli enti che non riescono a dimostrare una prospettica sostenibilità di bilancio, come amministratori locali di enti in un vero e proprio circolo vizioso, ereditato e non più gestibile con gli strumenti e le norme vigenti, non possiamo fare altro che attendere di esser stritolati in dissesti e pre-dissesti infiniti a catena, con elevatissimo rischio contagio e depressione economica territoriale.

Detta situazione è stata ulteriormente aggravata negli ultimi anni dalla pandemia che ha colpito l’itero pianeta prima e dalla guerra in Ucraina poi, dalla conseguente chiusura di molte delle poche attività presenti sul territorio. Tutto ciò ha comportato un ulteriore e drammatico impoverimento del tessuto economico e sociale facendo ulteriormente diminuire il gettito fiscale nelle casse comunali.

Senza un intervento straordinario dello Stato invocato dalla stessa Corte Costituzionale nel 2020 con aiuti finanziari destinati a risolvere il problema e non con artifici contabili che fino ad oggi lo hanno soltanto rinviato ed ingigantito, con gli strumenti e gli istituti giuridici vecchi, poco armonizzati con la stessa riforma della contabilità e documentatamente inefficaci, senza risorse umane e soprattutto altamente professionalizzate rispetto a queste crisi finanziarie derivanti da decenni di gestioni e mancato sviluppo, tutti i sindaci di questa terra sempre più spopolata, povera e abbandonata dai suoi stessi figli non hanno più alcuna concreta possibilità di gestire quella stessa ordinaria amministrazione che residua come il più basso ed ultimo livello di fiducia nello Stato e nei poteri pubblici. (fg)

[Filomena Greco è sindaco di Cariati]

Dissesto idrogeologico, Regione e sindaci insieme per la difesa del suolo

La prevenzione prima di tutto è il nome del dossier informativo della Regione Calabria contro il dissesto idrogeologico.

Un tema molto attuale quanto critico nella nostra regione, talmente tanto da aver portato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, a chiamare in Cittadella regionale tutti i sindaci della Calabria per confrontarsi sul dissesto idrogeologico.

Una chiamata a cui tutti i primi cittadini hanno risposto, consapevoli di quanto lavoro ci sia per mettere in sicurezza i Comuni.

E proprio i Comuni, ad opinione del Governatore Occhiuto, «devono essere protagonisti insieme alla Regione di tutte le attività legate alla difesa del suolo, alla prevenzione e alla mitigazione del rischio, perché alcuni eventi che un tempo erano eccezionali stanno diventano purtroppo ora ordinari a causa dei cambiamenti climatici».

«È stato il turno di Ischia – ha detto Occhiuto –, prima ancora delle Marche. La Calabria è una regione esposta a potenziali rischi dal punto di vista del dissesto e di eventi avversi», ha aggiunto Occhiuto, che poi ha ricordato: «Abbiamo licenziato in Giunta la nuova legge sulla protezione civile, dal 1997 non si riformava la legge sulla protezione civile in Calabria eppure è una regione che ha più rischi di altre». 

«E ora – ha proseguito – stiamo mettendo mano a tutte le attività utili a svolgere le azioni necessarie per la difesa del suolo. Bisogna farlo insieme ai Comuni e sono molto contento che i sindaci abbiano risposto con questa disponibilità, dimostrando grande sensibilità».

«Il sistema di allerta – ha spiegato – è governato a livello nazionale dal Dipartimento Protezione civile che poi manda i dati ad Arpacal e Arpacal li restituisce alla Protezione civile regionale. Può essere migliorato ulteriormente, perché nei mesi passati Arpacal si è dotata di una stazione meteorologica molto avanzato ma non ha assunto meteorologi che la devono governare». 

«Questo – ha sostenuto il presidente della Regione – è un tema alla mia attenzione: occorre un rilancio dell’Arpacal perché anche Arpacal deve svolgere la sua funzione, come può fare, in questa attività».

Spazio, poi, ai fondi: «Nella legge sulla protezione civile – ha spiegato – bbiamo incrementato di molto le risorse, ma tutta l’attività legata alla difesa del suolo necessita di più risorse a livello nazionale».

«Noi, però – ha continuato – intanto dobbiamo spendere le risorse che abbiamo. Soprattutto deve farlo la Regione. Su questo i sindaci hanno ragione, Io appena insediato ho verificato che c’erano 400-450 milioni da impegnare per la difesa del suolo con un avanzamento della spesa molto lento, abbiamo raddoppiato la progressione di spesa ma non basta. Sono attività che si fanno in avvalimento sui Comuni, cioè li fanno i Comuni ma bisogna aiutare i Comuni a realizzarli più velocemente». 

«Quindi mi è ben chiaro  – ha concluso – il fatto che bisogna accelerare e soprattutto bisogna accelerare qui in Regione».

Il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, pur condividendo le preoccupazione espressa da Occhiuto, ha evidenziato come si trattino di «preoccupazioni che ho espresso subito nell’immediato».

Dire che il sistema di allerta non funziona non significa voler accusare nessuno, anzi so che tutti fanno bene la loro parte, il problema è capire se questa parte è razionale e ci tutela veramente», ha aggiunto.

«Penso – ha sostenuto ancora Fiorita – che dobbiamo essere tuti consapevoli che le allerta, i bollettini che ci vengono consegnati a inizio giornata con fasce di territorio molto ampie o con Pec che arrivano a notte inoltrata su indirizzi email che non vengono controllati e non possono essere controllati e non sono fatti per controllare 24 ore su 24 non ci tutelano, non ci possono tutelare da eventi imprevisti e imprevedibili a cui purtroppo dobbiamo abituarci». 

«Allora io credo che intanto dobbiamo affinare il sistema di comunicazione e di previsione di questi eventi – ha suggerito – ma anche – ripeto – essere consapevoli che questo non potrà bastare se non mettiamo in sicurezza un territorio fragile, devastato da anni, decenni di incuria e di costruzioni non razionali e non ragionevoli, altrimenti nessun allerta e nessuno sistema di prevenzione potrà essere sufficiente». 

«Siamo qui – ha rilevato il sindaco di Catanzaro – per ascoltare il presidente, penso che questa iniziativa sia importante, utile, forse addirittura necessaria, quini è altrettanto utile e necessaria la nostra presenza: vediamo cosa ci viene detto e ribadire questa esperienza che abbiamo maturato». 

«I danni prodotti sul nostro territorio sono danni importanti, siamo in una fase ancora di emergenza a cui stiamo cercando di mettere riparo per quello che possiamo con le nostre risorse ma – ha concluso Fiorita – è chiaro che ci vorrà anche qui un intervento serio perché altrimenti continueremo a rattoppare un territorio devastato senza metterlo in sicurezza. Senza risorse eccezionali non si affrontano eventi eccezionali».

Nel dossier “La prevenzione prima di tutto”, viene ricordato i soggetti competenti in materia, ossia i Comuni, Azienda Calabria Verde e i Consorzi di Bonifica. Inoltre, indica come la mitigazione dei rischi idrogeologici può/deve essere affrontata per i diversi aspetti che caratterizzano i diversi fattori: 1. Interventi di manutenzione ordinaria (pulizia degli alvei, riparazione di argini, etc.); 2. Interventi strutturali (di regimentazione delle acque, di contenimenti di movimenti franosi, di protezione delle coste); 3. Interventi di riduzione del rischio residuo, a valle di un evento (es. riparazione di un argine danneggiati dall’evento, opere prowisionali di contenimento di movimenti franosi attivatisi, etc.).

«La riduzione dell’esposizione – viene spiegato – può ottenersi attraverso la demolizione e delocalizzazione delle costruzioni presenti in aree pericolose o, nell’imminenza di un evento, l’evacuazione dai piani seminterrati, interdizione di sottopassi pericolosi, etc. La riduzione della vulnerabilità delle costruzioni può ottenersi migliorando le fondazioni di costruzioni in aree soggette a erosione etc.».

Da non sottovalutare, poi, l’enorme sforzo economico e operativo che richiede la mitigazione dei rischi. Su quetso punto, il documento spiega che «per ottimizzare le azioni da porre in essere è fondamentale una buona conoscenza e valutazione del rischio (pericolosità, vulnerabilità ed esposizione) del territorio, in modo da individuare i punti, le aree, con maggiori criticità e indirizzare le risorse in maniera oculata».

«Gli interventi – si legge – devono essere ben individuati come tipologia, ben dimensionati e tra loro coordinati, per evitare che interventi strutturali effettuati sullo stesso bacino, sulla stessa asta fluviale, sulla stessa frana o su tratti di costa limitrofi non siano controproducenti, ma possibilmente sinergici tra di loro».

«L’intero territorio della Regione Calabria – si legge anovra – risulta suddiviso in oltre 1000 bacini, per una lunghezza complessiva delle aste fluviali censite nel Reticolo di circa 70.000 km,  ripartite per importanza secondo il numero di Horton.  La fitta rete di corsi d’acqua che solcano il territorio della Calabria richiede interventi strutturali ma soprattutto di manutenzione al fine di garantire una costante ed efficace azione di prevenzione dei dissesti.  Si tratta di operazioni da svolgere periodicamente al fine di mantenere in buono stato di efficienza  idraulico-ambientale gli alvei, in buone condizioni di equilibrio la parte spondale e in efficienza le opere idrauliche e quelle di sistemazione idrogeologica. Tutto ciò in sinergia tra gli Enti che hanno competenza sulla difesa del suolo».

 Quindi, per mitigare il rischio da alluvioni è necessario pianificare a scala di bacino, ossia un approccio che consente di stimare gli interventi necessari a mitigare il rischio. 

Nel documento viene ricordato come come il Dgr 655 del 10 dicembre 2022 si è dato il via libera all’istituzione di Task force contro l’abusivismo edilizio. Il suo compito è quello di individuare le azioni prioritarie da intraprendere per la rimozione degli abusi così da scongiu-rare le situazioni di pericolo per pubblica incolumità.

Infine, viene ribadita l’importanza di sensibilizzare i cittadini e gli agricoltori a conservare integro ed efficiente i fossi di scolo privati, che «è necessario interventi di ingegneria naturalistica e programmare interventi di manutenzione ordinaria». (rcz)

A proposito del dissesto idrogeologico in Calabria: La riflessione del prof. Zimmaro

di FRANCO BARTUCCI – Vedo che domani alla cittadella regionale di Catanzaro si parlerà di dissesto idrogeologico in Calabria, un tema questo di studio e ricerca all’Università della Calabria fin dai suoi albori per effetto della costituzione del dipartimento di difesa del suolo. In questi anni si è fatto tanto come dimostrano gli atti del Corso annuale sulle tecniche per la difesa dall’inquinamento che recentemente ha visto in aula “Umberto Caldora” la celebrazione della sua 43° edizione.

Approfitto della circostanza per pubblicare ciò che ho raccolto dall’intervento del prof. Paolo Zimmaro che ha parlato di sismicità e dissesto idrogeologico, alla luce delle sue conoscenze internazionali per aver lavorato negli Stati Uniti nell’Università della California e rientrato all’UniCal. Ciò che occorre in questo momento fare è quello di raccogliere le varie esperienze e conoscenze che abbiamo sul territorio calabrese ed impegnarli per la sua tutela e sviluppo al di fuori delle logiche campanilistiche o quanto altro.

 «Gran parte del territorio Italiano – ci ha detto nella circostanza del corso tenutosi all’UniCal – è caratterizzato da alta pericolosità sismica. Questo aspetto, unito alla vulnerabilità rispetto all’instabilità’ di versante del territorio nazionale, fa si che in Italia il rischio di frane indotte da terremoti sia elevato in una vasta area. In aggiunta ai fenomeni di frane indotte da terremoto, anche il rischio legato ad altri fenomeni geotecnici indotti da sisma come la liquefazione e la fagliazione di superficie è molto elevato, come testimoniato dai fenomeni osservati a seguito delle recenti sequenze sismiche in Emilia (2012) e Centro Italia (2016)».

«Questa ricerca, recentemente presentata in occasione della 43esima edizione dei “seminari tecnico-scientifici su tecniche per la difesa del suolo e dall’inquinamento – Italian conference on integrated river basin management” e scritta a quattro mani con il Prof. Ernesto Ausilio dell’Universita’ della Calabria si concentra sull’analisi dei fenomeni franosi indotti da terremoto in Italia Centrale e Meridionale. I terremoti presi in considerazione sono 11 e coprono un arco temporale che va dal 1783 al 2016. Il range di magnitudo dei terremoti analizzati e’ 5.9-7.1. Alcuni di questi terremoti fanno parte di sequenze sismiche. In particolare sono state analizzate due sequenze sismiche significative: (1) la sequenza sismica Calabrese del 1783 e (2) la sequenza sismica in Centro Italia del 2016. L’analisi di questi eventi ha permesso di ricostruire le cause scatenanti i fenomeni franosi osservati a seguito di questi eventi calamitosi e delimitare le aree interessate dagli stessi. Tali conclusioni sono essenziali per la definizione di mappe di rischio su scala regionale e per la futura pianificazione del territorio».

«Ovviamente i dati di fenomeni geotecnici indotti da terremoto (per esempio frane e liquefazione) per eventi storici sono di fondamentale importanza, tuttavia, la quantità e qualità di dati forniti da terremoti recenti e’ migliorata sostanzialmente grazie all’uso di tecnologie innovative come il rilievo da drone e i dati satellitari ottici e radar. Si inserisce in questo contesto un progetto di ricerca recentemente finanziato dalla Nasa, di cui è responsabile il sottoscritto per la parte geotecnica. Il progetto si propone di creare mappe di danneggiamento post-sisma nelle ore immediatamente successive il terremoto, che possano fornire informazioni preziose per la definizione delle aree interessate da danni significativi e pianificare opportunamente i soccorsi e le attività di protezione civile. Queste mappe, chiamate Damage Proxy Maps, si basano sull’uso di dati radar satellitari. I dati di danneggiamento geotecnico presentati nel presente studio costituiscono un prezioso elemento per la valutazione della loro efficacia e per la loro calibrazione». 

«Una approfondita analisi dei dati relativi alle frane indotte dalla sequenza sismica del Centro Italia del 2016, qui presentata, e’ stata oggetto di un libro edito da Springer e pubblicato di recente, che raccoglie contributi rispetto a questa tematica da tutto il mondo. Per quanto riguarda l’Italia, oltre al sottoscritto sono co-auotori del volume i Professori Ausilio (Unical), Silvestri (Università di Napoli Federico II) e Tropeano (Università di Cagliari). Questo libro, ad oggi, rappresenta una delle risorse più avanzate per la valutazione dello stato dell’arte nell’ambito delle frane indotte da sisma».

«Le tematiche del dissesto idrogeologico e della fragilità del territorio sono state riportate prepotentemente all’attenzione delle nostre comunità a seguito della recente frana di Casamicciola, sull’isola di Ischia. Tali fragilità, infatti, oltre a quella di vulnerabilità rispetto al rischio frana, si aggiungono all’alta pericolosità sismica della zona, testimoniata dal recente terremoto del 2017 o dal distruttivo evento sismico del 1883 che ha praticamente raso al suolo il comune. Il territorio di Casamicciola può essere considerato come rappresentativo di fragilità che sono condivise da molte zone d’Italia. La Calabria ovviamente non e’ esente da questi rischi, essendo in una zona ad alta pericolosità sismica e vulnerabile al dissesto idrogeologico. L’attenzione mediatica che segue tragedie come quella di Casamicciola, accende i riflettori sulle tematiche della mitigazione del rischio. Purtroppo, tali attenzioni scemano col tempo, e non riescono, almeno in Italia, a produrre effetti duraturi». 

«L’occorrenza di eventi calamitosi come le frane o i terremoti in Italia è inevitabile. È ben noto che questi eventi possono distruggere centri abitati ed infrastrutture, devastare comunità, e troppo spesso, provocare la perdita di molte vite. Ad esempio, terremoti distruttivi succederanno molto probabilmente nel corso delle nostre vite, e quasi certamente in quelle dei nostri figli. La domanda più importante che dovremmo chiederci è: come possiamo ridurre il rischio sismico e idrogeologico per le generazioni future?».

«Esperienze passate, in altri luoghi del mondo ad alta pericolosità sismica, indicano che il modo più efficace per ridurre il rischio sismica delle nostre società, è attraverso il costante apprendimento da eventi distruttivi avvenuti in passato. In California e Nuova Zelanda, ad esempio quando eventi sismici hanno rivelano che alcune zone sono soggette a fagliazione di superficie, liquefazione, o instabilità di pendii sismo-indotta, queste aree sono state mappate e studiate in modo da prevenire, o quantomeno mitigare il rischio della futura occorrenza di questi fenomeni. L’elenco di esempi internazionali da cui l’Italia può apprendere potrebbe continuare a lungo».

«La situazione Italiana è piuttosto complessa e gli agglomerati urbani sono costituiti da molte strutture ad alta vulnerabilità e/o in zone a rischio dissesto idrogeologico. Tali vulnerabilità sono certamente esacerbate dagli effetti dei cambiamenti climatici. Le strutture a rischio, inoltre, costituiscono una larga fetta del patrimonio edilizio privato, ed è complicato definire strategie di mitigazione del rischio che coinvolgano allo stesso tempo proprietari, amministrazioni pubbliche e sovrintendenze. Nei principali centri urbani Californiani, problemi simili, anche se relativi a differenti tipologie strutturali, sono in fase di risoluzione attraverso ordinanze comunali di mitigazione del rischio sismico obbligatorie. Questo impegno è stato possibile solo attraverso un’azione congiunta dal basso, di ingegneri, comunità locali di cittadini, la stampa e, successivamente, anche rappresentanze politiche. Possono simili iniziative essere intraprese in maniera efficace anche in Italia?».

«Come detto, ad oggi è possibile, attraverso tecniche innovative, raccogliere una grande mole di dati post-disastro. La sfida che ci troviamo ad affrontare adesso è: come possiamo tramutare questo bagaglio di esperienze ed insegnamenti in azioni pratiche volte ad un miglioramento delle pratiche correnti in Italia? La politica, la società / l’opinione pubblica e le comunità interessate dovrebbero perseguire l’implementazione di pratiche migliori rispetto a quanto fatto nel passato ricostruendo le stesse tipologie strutturali nelle stesse aree – “com’era, dov’era.” L’attuazione dogmatica di questo motto, come successo in passato non può essere più una opzione accettabile. L’unica strada perseguibile e’ quella di implementare un approccio proattivo al rischio sismico ed idrogeologico, individuando interventi prioritari e richiedendo l’obbligo (magari supportando questa azione con incentivi fiscali) della messa in sicurezza delle strutture e delle aree a rischio. Un piano di questo tipo si può certamente attuare in un periodo di “pace”, cioè non in fase emergenziale, ma necessita di una visione di lungo termine almeno ventennale» (fb)