L’INTERVENTO / Francesco Napoli: Proposte strategiche per rilanciare la Calabria

di FRANCESCO NAPOLI – La Calabria ha potenzialità enormi, ma servono visione, coraggio e una sinergia forte tra pubblico e privato. Confapi è pronta a fare la sua parte. Ecco, dunque,  pacchetto di proposte concrete e strategiche per lo sviluppo della regione, con l’obiettivo di creare crescita, occupazione e nuove opportunità per imprese e cittadini.

La prima proposta riguarda la necessità di rendere la Calabria attrattiva per capitali e imprese, creando un ecosistema moderno, competitivo e aperto al mondo. L’obiettivo è trasformare le aree industriali calabresi in vere e proprie “Silicon Valley del Sud»: digitali, interconnesse, dotate di infrastrutture efficienti e servizi avanzati. Un ambiente ideale per lo sviluppo di imprese innovative e per la creazione di nuova occupazione. Il secondo punto del piano punta sul rilancio del “turismo alto-spendente”, attraverso la realizzazione e il potenziamento di strutture ricettive di alto livello. Occorrono hotel cinque stelle superior con servizi congressuali, sportivi e standard internazionali. Solo così la Calabria potrà posizionarsi nel mercato del turismo di qualità, generando ricchezza e lavoro stabile. 3. Un Palacongressi regionale. La terza proposta è la realizzazione di un grande Palacongressi regionale, per ospitare fiere, congressi ed eventi di rilievo nazionale e internazionale. L’area è già stata individuata e il progetto è pronto: un’infrastruttura strategica, oggi assente in Calabria, ma fondamentale per attrarre flussi qualificati e generare indotto economico sul territorio. 4. Valorizzazione del patrimonio naturale e della filiera del legno. Ricordo che la Calabria ha uno straordinario patrimonio boschivo, una risorsa troppo spesso trascurata. La superficie forestale calabrese è pari a quella dell’Austria, con la differenza che l’Austria genera il 4,2% del Pil dal comparto forestale, mentre in Calabria si continua a produrre solo una montagna di polemiche. È tempo di cambiare passo. Proponiamo di attivare una filiera forestale sostenibile capace di generare valore in termini di economia circolare, occupazione, produzione di legname di qualità e, soprattutto, energia pulita da biomassa legnosa. Con una gestione responsabile del patrimonio boschivo, è possibile alimentare impianti locali per la produzione di energia rinnovabile, riducendo la dipendenza da fonti fossili e aumentando l’autonomia energetica dei territori montani e interni. Segnaliamo, con urgenza, la grave crisi idrica che colpisce il territorio di Crotone, con pesanti conseguenze per industria, turismo e cittadini. A ogni temporale si verificano allagamenti e danni, mentre nei periodi di siccità l’acqua manca nelle case e nelle imprese. È il risultato di infrastrutture idrauliche carenti e di una gestione urbana inefficace. Serve un piano di interventi serio e strutturale. Tra le priorità indicate c’è anche quella di intervenire con urgenza sull’edilizia scolastica. I nostri ragazzi, la futura classe dirigente della Calabria e del Paese, vengono formati in edifici spesso non agibili, non sicuri, non adeguati ai tempi, denuncia Napoli. “Parlare di innovazione, lavoro e sviluppo senza garantire spazi scolastici dignitosi e sicuri è una contraddizione inaccettabile.

Sollecitiamo, dunque, un piano straordinario di riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio scolastico, partendo dalle aree interne e più svantaggiate della regione. Conclusione. Confapi Calabria ribadisce la propria disponibilità al dialogo istituzionale e alla collaborazione con le amministrazioni locali, regionali e nazionali, per costruire insieme un modello di sviluppo moderno, inclusivo e sostenibile.

Non basta denunciare i problemi, bisogna mettere in campo idee, progetti e responsabilità. Noi siamo pronti. Nei prossimi giorni consegneremo ai candidati alla presidenza della Regione Calabria un documento dettagliato con l’elenco completo delle proposte di Confapi Calabria, nella convinzione che lo sviluppo della nostra regione debba partire da un confronto serio e concreto con il mondo produttivo. (fn)

(Vice presidente nazionale di Confapi e presidente Confapi Calabria)

L’APPELLO / Elena Sodano: Cura delle persone con demenza non deve essere terreno di opportunismo

di ELENA SODANO – Amore non come parola, ma come scelta di responsabilità. Amare non significa commuoversi per un attimo o usare parole di circostanza. Amore non significa strumentalizzare la sofferenza per tornaconti personali.

L’amore, quello autentico, è servizio, disciplina, capacità di trasformare le difficoltà in azione concreta.  È visione d’impresa sociale, capace di costruire risultati e lasciare segni duraturi.  Chi ama non spreca energie nelle banalità, ma sceglie di fare bene fino in fondo, lavorando onestamente.

Oggi, nel mese dedicato alla demenza, mi rivolgo a voi, candidati alla Presidenza della Regione Calabria, Occhiuto, Toscano e Tridico. La vostra scelta non può essere tra opportunità o convenienze politiche. La vera scelta da compiere è tra amore e opportunismo. L’amore è responsabilità verso le persone, l’opportunismo è restare fermi a parole vuote che non cambiano la vita di nessuno.

La Fondazione RaGi Centri Demenze Calabria, da anni, testimonia con i fatti cosa significhi scegliere l’amore come servizio e impresa sociale. Con la residenza CasaPaese, con i Centri Diurni, con i servizi domiciliari e con progetti che hanno fatto scuola a livello nazionale, abbiamo dimostrato che la demenza non è solo una questione sanitaria, ma un fatto sociale, culturale, territoriale, relazionale. E di questo la prossima Giunta Regionale non può non tenerne conto, se vuole migliorare il suo budget di spesa. La nostra Rivoluzione Gentile ci ha fatto spesso stare da soli e camminare con fatica, ma con la forza della dignità e della professionalità abbiamo scelto di lavorare con serietà, di costruire, di fare bene, senza accontentarci di slogan. E i risultati raggiunti parlano chiaro: con la politica della CasaPaese, che nel 2026 vedrà la luce in altri comuni calabresi, abbiamo contribuito al ripopolamento dei borghi, creato posti di lavoro, avviato un vero turismo solidale, termine che in Calabria era rimasto solo parole. Abbiamo dato visibilità e concretezza a un riscatto sociale autentico e radicato, riconosciuto a livello nazionale da numerosi media che continuano a raccontare la nostra filosofia globale di cura.

Oggi rappresentiamo la voce di circa 50.000 persone con demenza in Calabria e di più di 800.000 famiglie che vivono ancora isolate, senza sostegni adeguati.  A loro non servono promesse, servono scelte. Eppure, in questi giorni, vediamo il contrario: divisioni, contrapposizioni, calcoli di parte. Nessuna responsabilità. Nessuna messa in discussione. Ma sulla salute delle persone non possono esserci steccati politici né strategie di consenso. La salute e la buona cura devono unire, non dividere.

Per questo vi chiediamo: siete pronti a scegliere l’amore come responsabilità, come servizio, come impresa capace di costruire futuro?  Oppure continuerete a fare della cura delle fragilità un terreno di opportunismo e promesse non mantenute? Noi abbiamo già scelto. Abbiamo scelto l’amore, inteso come impegno concreto e capacità di fare bene verso i calabresi. Ora tocca a voi. (es)

(Presidente  Fondazione RaGi)

Una campagna elettorale da zero in condotta

di SANTO STRATI  – Il partito degli astensionisti, con buona probabilità, sarà, purtroppo, ancora una volta il vincitore morale (?) delle prossime elezioni regionali. I calabresi sono avviliti, delusi, incazzati e preferiscono disertare le urne.

È frutto, certamente, anche di una campagna elettorale avvelenata e feroce, dove i due sfidanti principali (il “disturbatore” Toscano col suo probabile zerovirgola non fa testo) si affrontano (non si confrontano) a suon di insulti e botta e risposta che non servono a nulla.

Se ci è concesso, questa è una campagna da zero in condotta. Anziché andare a testa alta mostrando i muscoli (il programma) sembra di assistere a una sfida tipo Ok Corral, ovvero un “duello” non una competizione elettorale, con elementari scaramucce verbali che non riscaldano o accendono gli elettori, anzi, semmai, li convincono di essere di fronte al nulla vestito di niente.

Poteva essere una campagna con molto fair play dove ogni candidato presidente, ignorando debolezze o superiorità dell’altro, giocasse il ruolo non da imbonitore di piazze, ma da politico con una visione di futuro da presentare ed esporre agli elettori. Non passa, invece, giorno, che gli attacchi frontali continuano ad arrivare ai media, ma soprattutto trovano terreno fertile nel social, dove – evidentemente – la nuova classe politica immagina di poter parlare direttamente al proprio elettorato – senza intermediazione giornalistica. Il risultato è una sorta di litigio da scuola elementare, dove alla maestra (gli elettori) si fanno notare i dispetti del compagno di classe, l’uno contro l’altro. In una diatriba che, onestamente, non appassiona proprio nessuno.

Manca il fair play, i candidati trattano l’avversario non come tale, ma come un nemico da abbattere con le parole: chi più ne ha più ne metta, indipendentemente dalla solidità delle argomentazioni.

E, poi, risulta evidente che entrambi i contendenti hanno sbagliato strategia, seguendo improbabili consiglieri che, ahimé, sembrano proprio digiuni di politica.

Il Presidente uscente ha puntato su uno slogan che gli è rimbalzato contro: «abbiamo fatto più noi in 4 anni che gli altri governi regionali in 40». Bella frase a effetto, peccato che per quasi vent’anni il governo regionale sia stato gestito dal centrodestra: hanno dunque fatto male non solo gli avversari, ma anche gli alleati? Bastava pensarci un attimo: a sconfessare il lavoro (buono o cattivo che sia stato) dei compagni di partito non aiuta certo ad accalorare gli elettori, semmai disegna una figura di “uomo solo al comando” che quasi sempre porta disastri. Occhiuto ha puntato, va comunque detto, su lavoro e sviluppo, ma la sua visione di futuro non viene comunicata in modo giusto. La giusta aspirazione di arrivare primo non dovrebbe scadere nella tracotanza o, peggio, nell’arroganza: gli elettori vogliono concretezza, certezze sul futuro, non insulti all’avversario.

Stessa cosa si può dire per Pasquale Tridico che, sulla scia della tradizione pentastellata, insiste a mettere in evidenza difetti e debolezze dell’avversario, tracimando spesso nella noia. Tridico aveva un’opportunità di parlare ai calabresi di futuro, guardando a sanità, sviluppo e crescita del territorio. È partito in quarta con le nobili intenzioni dell’inclusione sociale, offrendo (non si sa con quali risorse finanziarie) 500 euro di “reddito di dignità”. Un modo furbino di sperare di raccogliere i  voti dei “disperati” e degli orfani del reddito di cittadinanza, ma ha provocato reazioni contrarie in buona parte del popolo della sinistra. Già, perché i calabresi sono stufi di assistenzialismo e sussidi (che in diversi casi aiutano, per la verità, una famiglia fragile a sopravvivere), ma vogliono sentir parlare di crescita, di sviluppo, di occupazione.

In questo caso i 100 punti del programma di Tridico sono una bella esposizione di buone intenzioni, ma mancano del presupposto essenziale, ovvero, come si può cambiare una regione che ha vissuto per anni di lavoro nero, parassitismo e progetti avviati e finiti nel nulla?

Non si tratta di avere la bacchetta magica e di essere il Mandrake della situazione: i calabresi non vanno incantati o ipnotizzati a parole, servono fatti e serve concretezza.

Il confronto serio e leale tra due avversari, dove auspicabilmente ci sarebbe stato posto anche a un po’ di ironia, avrebbe sicuramente ammorbidito i toni e stimolato il dibattito tra i tanti che non hanno alcuna voglia di recarsi alle urne. Ma non si è visto e mancano giusto due settimane al voto: pensate che si possa cambiare in corsa? Abbiamo seri dubbi.

Avevamo pronosticato, con grande amarezza, che sarebbe stata una campagna elettorale aspra, ma non pensavamo di dover vedere ogni giorno i rintuzzi dell’una e dell’altra parte su cavolate immense, prive di qualsiasi valore. Un lapsus verbale (le “tre” province di Tridico diventa il pretesto per irridere l’avversario), e lo stesso vale per le “scivolate” di Occhiuto. Vogliamo smetterla con queste sbertucciate, che non fanno nemmeno sorridere, e cominciare il confronto delle idee su come trasformare il territorio, su come rilanciare le aree interne sempre più inaridite da un inarrestabile spopolamento, e discutere di sanità chiamando  a proprio sostegno chi vive (e soffre) di sanità: medici, specialisti, ricercatori, infermieri? Vogliamo pensare a una task force trasversale che possa indicare il percorso più idoneo a uscire dalla crisi della sanità calabrese? Certo, prima di tutto andrebbe azzerato il debito (lo abbiamo già scritto altre volte, azzerato non cancellato) al fine di poter utilizzare tutte le risorse disponibili: gran parte dei fondi viene utilizzata per pagare il debito, quindi mancano i soldi per aggiornare macchinari, pagare nuovi medici e infermieri, etc. A questo proposito, entrambi gli aspiranti governatori dovrebbero tenere in massima considerazione il documento proposto da Comunità competente (il cui portavoce Rubens Curia sarebbe un ottimo assessore alla Sanità) per “rivoluzionare” il sistema sanitario calabrese.

I delusi e gli avviliti della politica vorrebbero sentire proposte e idee risolutive, non chiacchiere da cortile e forse la percentuali degli astenuti potrebbe diminuire sensibilmente. Ma, attenzione, l’astensionismo non è fatto solo di chi è stufo della politica, di questa politica, ma – stimiamo – per un quarto è rappresentato da chi non viene (attenzione: viene) a votare, perché studia o lavora fuori regione e non può permettersi i costi del viaggio elettorale. A spanne saranno 200/250mila voti che mancano al conteggio e che vengono fatti rientrare tra gli “astenuti”.

Il Collettivo Valarioti anni fa si era fatto promotore di un’iniziativa per il voto a distanza (sfociata anche in una proposta di legge), ma è finito tutto nel dimenticatoio. Sarebbe ora di pensarci seriamente: il voto a distanza (ormai con ampi margini di affidabilità e sicurezza grazie alla tecnologia) potrebbe anche cambiare gli scenari delle elezioni: a chi fa paura? (s)

Regionali: la sinistra ha il candidato ideale:
Pasquale Tridico, oggi europarlamentare
Ma fatica a trovare l’accordo tra le sue varie anime divisive

di SANTO STRATI – Il candidato ideale per le prossime elezioni regionali la sinistra, con le sue tante anime divisive, ce l’ha: Pasquale Tridico, già presidente dell’INPS, nonché inventore del reddito di cittadinanza, economista di indiscutibili valore e capacità, ma non trova l’intesa che sancisce la necessaria e intelligente unità che dia corpo alla coalizione. Ieri a Lamezia c’è stato un incontro fiume del PD per individuare il candidato da contrapporre al governatore uscente, ma il comunicato emesso a fine lavori è un capolavoro d’inconcludenza che nemmeno i dorotei d’antan sarebbero riusciti a concepire. La conferma che vuol continuare nel ruolo del perdente di successo.

Roberto Occhiuto, se non lo stoppa alla vigilia delle elezioni l’inchiesta multipla della Magistratura, stravince, perché la coalizione di centro destra ha deciso, unanimemente (ma non senza qualche mugugno), di far convergere le proprie forze su di lui. La mossa delle dimissioni e della contestuale ricandidatura è stata politicamente azzeccata, ma ha rivelato diverse criticità,  perché è sembrata prima di tutto una sfida ai giudici che indagano, con tutti i rischi che la cosa comporta. Anziché tenere un profilo basso, Roberto Occhiuto ha, a modo suo, aperto un fronte di guerra contro la magistratura, e le sue continue rassicurazioni a piena voce sulla “certissima” archiviazione della sua posizione di indagato appaiono quasi “suggerimenti” inappropriati. Sarebbe stato più giudizioso un profilo basso con conseguente assenza di dichiarazioni, ma così non è stato. E la competizione pressoché vincente lanciata a una sinistra impreparata e continuamente lacerata in Calabria, si è trasformata in una pericolosa sfida alla magistratura con conseguenze imprevedibili,

Cosa succederà se l’inchiesta dovesse incarognirsi in queste poche settimane che ci separano dal voto? Nelle segrete stanze i Fratelli di Giorgia – si sussurra – hanno pronto un piano B perché non hanno mai nascosto di voler conquistare la Cittadella, nel caso Occhiuto fosse costretto a ritirarsi. Ma la sinistra potrebbe cogliere un’occasione d’oro per tentare una vittoria, a oggi, decisamente molto improbabile. Saranno settimane di campagna elettorale spietata, senza esclusione di colpi, ma mentre Occhiuto ha alle spalle molti buoni risultati di quattro anni di governo (pur con altrettanti flop che i calabresi non hanno gradito) la sinistra litiga sui nomi e glissa su un programma che i suoi elettori amerebbero valutare. Ma questa è storia della Calabria. (s)

Regionali, Tridico (M5S): Battaglia deve partire dal M5S

Per l’eurodeputato del M5S, Pasquale Tridico, «la battaglia per le prossime elezioni regionali in Calabria deve partire dal Movimento Cinque Stelle, che nella regione è stato il primo partito dell’opposizione alle ultime Europee dello scorso giugno».

«Dobbiamo aggregare le altre forze politiche in coalizione, cercando di convergere attorno a un programma comune. Questo è possibile, però è imprescindibile che il Movimento Cinque Stelle abbia una voce forte nella determinazione della candidatura alla presidenza», ha spiegato Tridico, presidente della Commissione per le questioni fiscali e capo della delegazione parlamentare M5S in seno al Parlamento europeo – al giornalista Ugo Floro, nel corso della trasmissione “Floro in tanti minuti”, in onda su Radio Crt.

«Alle ultime elezioni regionali – ha ricordato il parlamentare europeo – i progressisti erano divisi, c’era una compagine attorno a De Magistris, che fece un buon risultato. Poi c’era il Pd con il Movimento Cinque Stelle. Le divisioni in questo campo sono dannose, non consentono di raccogliere il voto degli indecisi, non permettono di fermare l’astensionismo. Bisogna presentare una candidatura qualificata, condivisa, unica».

«Darò il mio contributo anche in questa battaglia – ha assicurato l’esponente M5S –, ma non da candidato, dovendo e volendo rispettare il mandato attuale, che mi hanno assegnato 120mila elettori, non soltanto calabresi». Durante la trasmissione radiofonica, Tridico ha posto l’accento sulla necessità e l’urgenza di modificare i criteri di ripartizione del Fondo sanitario, «poiché quelli vigenti penalizzano la Calabria e l’intero Sud».

«La questione più drammatica per la nostra regione – ha poi denunciato il parlamentare europeo – è evidenziata dal dato sulla mortalità infantile: muoiono 4,42 bambini ogni 1000 nati. È un dato devastante, da Paesi in via di sviluppo, che riflette la scarsa qualità della politica sanitaria della nostra regione, ancora prigioniera del commissariamento sanitario e limitata sul piano dei finanziamenti statali e della spesa».

Nel rispondere alle domande di Floro, Tridico ha parlato anche della crisi di Stellantis e di tutto il settore automotive, illustrando il suo impegno sul tema, fondamentale per l’economia nazionale e con forti implicazioni anche per il Mezzogiorno. (rrm)

L’OPINIONE / Gregorio Corigliano: Meloni ha vinto per abbandono di campo, e il Pd non è morto

di GREGORIO CORIGLIANOMeloni ha vinto. Ha vinto, secondo me, per abbandono di campo. Che vittoria è quella della Regionali in Lombardia e nel Lazio. Una vittoria con poche persone che hanno votato. Sempre vittoria è mi direte. Non è vero. Un conto è se avessero votato il 51 per cento degli elettori, un conto diverso è con elettori al minimo della storia. Manco negli Stati uniti, dove notoriamente, da sempre, non vota parecchia gente.

E che dire dei votanti Leghisti? Se non ci fosse stato il disegno di legge sulla c.d. devolution  o su quella che si chiama adesso autonomia differenziata, Matteo Salvini avrebbe fischiato alla luna. Non c’è ombra di dubbio. Da qui l’urgenza della Meloni e del Consiglio dei ministri di approvare il disegno di legge Calderoli. Senza questo la presidente del Consiglio avrebbe, come si dice oggi, cannibalizzato l’ex capitano. Invece si è salvato per il rotto della cuffia. Ai leghisti è bastata una promessa per votare il loro leader, che neanche Bossi, pur con la voglia di farlo, è riuscito a scavallare.

E Maroni è passato a miglior vita!  In Lombardia, a parte il candidato sbagliato del Pd, tal Majorino che sarebbe stato meglio chiamare Minorino, il PD avrebbe dovuto convergere sulla Moratti oppure non farla candidare, almeno avrebbe reso più voti. Soprattutto se il pd delle lunghe primarie, asfissianti, avesse trovato un candidato della società civile o avesse convinto il sindaco Sala. Non si può inventare un minorino e per di più all’ultimo istante, pur sapendo che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia avrebbero sparato a cannonate.

Mentre il Pd, con un mortaretto bagnato. Nel Lazio, come si fa a correre sapendo che c’era la bravissima giornalista del mare, Donatella Bianchi, che comunque Conte, il leader di nulla, ha sbagliato a candidare. Non avrebbe dovuto. E non solo perché la scelta era stata fatta prima, ma perchè era stato scelto un candidato di esperienza politica e amministrativa riconosciuta.

Il Pd ha perso? Ha perso, è scontato. Ma ha vinto. E non perché abbia surclassato i Cinque stelle o il duo fasano Renzi-Calenda. Ha vinto proprio perché andato oltre ogni aspettativa degli stessi democratici. È al 20 per cento! Che, nelle condizioni date, è stato il miglior risultato possibile. Nonostante l’impegno di Letta a perdere. Quanti anni luce sono passati da quando si è dimesso? Ed ancora è qui, anzi e lì, pur bravissimo e di livello alto, a far danni! Come si fa a farlo ancora parlare, pur sapendo che non ha più le phisique du role? Per restare in Calabria, come si fa a dire che Oliverio, che non affascina più, non è del Pd, solo perché aveva presentato un’altra lista. La verità è che fin quando non arriva fine mese, e non avranno votato anche i non iscritti, il Pd non c’è. E pur non essendoci non è morto. Vedremo se vincerà il vecchio partito con Bonaccini, persona per bene, indiscutibilmente, ma sostenuto da tutto il vecchio armamentario oppure Elly Schlein che,pur avendo alle spalle Franceschini, che da tempo ha fatto il suo tempo, per non dire altro, raccoglie, pare i consensi di chi è fuori dalle logiche incomprensibili, oggi, del partito. La accusano di essere fluid. Ma chissenefrega. 

È ben vista, è capace, può creare un nuovo centro sinistra in grado di duellare coni fratelli d’Italia? Ed allora ben venga. Di Conte, che ancor è lì, non pensiamo il bene possibile, vive in un movimento che non si farà mai partito, perchè è bollato dalla nascita. E il duo Fasano? Non canta anzi non ha mai cantato e suonato bene: Renzi e Calenda non hanno fatto centro, anzi. Se Renzi sorride perché ha il fascino che tutti i partiti, o quasi, gli riconoscono, cosa diversa è per Calenda che si è alzato un mattino ed ha fondato un partito, con buona pace di quanti si sono arruolati, sperando di trarne vantaggio.

Solo per questo, diciamo la verità. I dirigenti fidavano sul successo di Azione, solo per conquistare un posto in Parlamento, non per fare politica. Da consiglieri regionali, che sono rimasti a destra-destra, e quanti non sono stati neanche rieletti consiglieri comunali. Non avrà futuro, detto oggi, la fusione, non per incorporazione, ma propriamente detta, tra Italia Viva ed Azione, che non agisce. E se si pensasse, tutti insieme, i tre partiti (!) della Misericordia, di farne uno come si deve?

È che ognuno, poco o niente, vuole contare da solo e non con gli altri. La fusione farebbe sparire le velleità singole – ed una finestrella al Tg1, ancora per poco- in favore di un raggruppamento nuovo in grado di fidelizzare quanti non stano con la Meloni. E non sono pochi credo. (gc)

L’analisi post elezioni, il prof. De Luca: Sono i candidati particolarmente competitivi a muovere il voto

«In Calabria è quasi completamente inesistente il voto di opinione, ma sono i candidati particolarmente competitivi a muovere il voto». È quanto ha rilevato il prof. dell’Università della CalabriaRoberto De Luca, nel corso dell’incontro di analisi sui dati elettorali svoltosi a Lamezia e intervistato dai giornalisti Pasqualino Rettura e Maria Scaramuzzino.

Per il prof. De Luca, infatti, «le elezioni in Calabria si vincono prima del loro svolgimento perché, alla luce della legge elettorale che prevede solo la possibilità del voto congiunto, vincono le coalizioni con candidati consiglieri in grado di intercettare il maggior numero di consensi» e che la capacità dei candidati di muovere il voto «spiega perché alcune liste, in alcune circoscrizioni o in singole città, riescono ad avere anche tre o quattro punti in più rispetto al dato regionale della stessa lista».

«Impossibile per un centrosinistra, in ordine sparso – ha spiegato – vincere di fronte a un centrodestra unito, con liste formate da candidati in grado di raccogliere un gran numero di consensi. Il dato sull’astensionismo in Calabria preoccupa, benché abbiano concorso diversi fattori: la pandemia, il fatto che si sia tornati a votare meno di due anni dopo le ultime elezioni regionali, il silenzio dei media nazionali sul voto in Calabria rispetto all’enfasi posta invece sulle elezioni comunali in importanti città italiane».

Sul voto a Lamezia, De Luca registra come «preoccupante il fatto che, nel giro di dieci anni, sia calata drasticamente l’affluenza al voto dei lametini. Se prendiamo come riferimento il secondo turno delle elezioni comunali, tra il 2010 e il 2020 l’affluenza si è praticamente dimezzata. Dato che si conferma anche alle ultime elezioni regionali, con il dato sull’affluenza di Lamezia quasi tre punti sotto il dato regionale».

«Non deleghiamo ai tecnici la discussione sulla legge elettorale, nazionale e regionale, ma discutiamone perché ci siano sistemi elettorali in grado di valorizzare la rappresentanza. Più mortifichiamo la rappresentanza, più i cittadini continueranno ad allontanarsi dalle urne», ha affermato il professore Silvio Gambino nel suo intervento sottolineando la necessità di interpretare «il bisogno diffuso del voto di tanti cittadini che si esprime in un non voto».

Sullo Statuto e la legge elettorale regionale, il professore Walter Nocito ha parlato di una legge elettorale calabrese «scritta su misura, dalla maggioranza e dall’opposizione, per favorire i grandi portatori di voti e impedire il ricambio nel consiglio regionale calabrese».

«Un sistema che favorisce il feudalesimo politico – ha aggiunto –. Ma questo non è l’unico sistema elettorale possibile. Ci sarebbe la possibilità di un sistema elettorale con voto disgiunto oppure un sistema maggioritario con collegi uninominali, che ostacola i ras delle preferenze e incentiva i candidati a stabilire una relazione diretta con il proprio territorio».

Tra gli interventi, Rosario Piccioni, già candidato al consiglio regionale e consigliere comunale, ha avviato un’analisi del voto a Lamezia, soffermandosi sul dato dell’astensione alle ultime regionali, con tre punti in meno in città rispetto al dato calabrese sull’affluenza, sottolineando la significativa differenza dei risultati elettorali all’interno della stessa città. Una legge elettorale, quella calabrese, che per Rosa Tavella ostacola e nei fatti impedisce la partecipazione creando un ulteriore danno alla salute della democrazia calabrese.

Vivace il dibattito seguito agli interventi dei tre docenti, concluso con l’impegno a proseguire la discussione avviata nei prossimi mesi per riflettere sulle dinamiche in atto e le prospettive della società calabrese. (rcz)

Elezioni, Amalia Bruni: Secondo posto non è una sconfitta

Amalia Bruni ha commentato i risultati elettorali, sottolineando come il secondo posto non è una sconfitta, e ha posto l’accento sul partito dell’astensionismo, che «continua a vincere».

«Personalmente – ha aggiunto – non mi sento sconfitta. Ho trovato una squadra di centrosinistra bella, larga e plurale. Sono convinta che continueremo questo cammino”

La ricercatrice, dopo aver fatto gli auguri a Occhiuto, ha assicurato che «faremo una opposizione seria» e che «non c’è nessuna intenzione di mollare», in quanto «c’è la volontà di continuare a lavorare per ricucire il rapporto tra la politica e i territori».

«Dai dati che abbiamo – ha spiegato – anche con la sommatoria non avremmo vinto. Ci sono delle posizioni che non sono state superate. Quella di de Magistris riguardava la presenza dei partiti che per me sono fondamentali perché rappresentano le istituzioni e un Governo. Il pensiero anarchico che spesso de Magistris ha espresso in passato non mi appartiene». (rrm)

Elezioni, Oliverio: Da questo risultato si apra discussione interna al PD

«Mi auguro che, da questo risultato, si apra una discussione interna al partito, perché credo che la sinistra abbia bisogno di ricostruire la propria posizione e aprire una stagione di inclusione, coinvolgendo i territori» ha dichiarato l’ex governatore Mario Oliverio, nel corso della conferenza stampa a Rende, a seguito dei risultati delle elezioni regionali, che ha visto vincere il centrodestra.

«La sconfitta è arrivata per una mancata riflessione nel centrosinistra» ha spiegato Oliverio, sperando che «questa riflessione possa aprirsi perché la sinistra ha bisogno di ricostruire il campo delle forze democratiche e progressiste e perché ritengo che questo centrodestra non sia una coalizione in grado di governare e affrontare i problemi della Calabria in questa fase delicata e complessa».

«I dati vanno valutati – ha proseguito –: credo che un candidato che passa, in un anno e mezzo, da 6 mila preferenze a 21mila, utilizzando l’esercizio delle funzioni di un Assessorato come quello dell’Agricoltura, credo che una riflessione oggettiva debba porsi». (rcz)

L’OPINIONE/ Filippo Veltri: La sinistra che non c’è, e il Pd tace

di FILIPPO VELTRIL’ altra sera entrando in uno studio televisivo per commentare il voto alle regionali già definitivo mi incrocio con due dirigenti del Pd che uscivano dalla saletta di registrazione. Rivolgo loro un ironico ‘’complimenti’’ e loro, serissimi, fanno: «ma a cosa ti riferisci?».

Sta forse in questa incredibile mancata consapevolezza della tragedia politica, l’ennesima, della sinistra alle regionali di domenica e lunedì scorsi la sintesi forse più efficace del baratro dove si è cacciata la sinistra calabrese, trascinata da un PD che da quattro anni è preda di un cupio dissolvi che ha pochi eguali.

A cosa ti riferisci? E che cosa deve accadere di più se non la seconda e ancora più bruciante, nonché scontata sconfitta nel giro di 20 mesi ad un’elezione così importante come quella del governo della Regione? Che cosa deve accadere ad un popolo smarrito, incerto, deluso che qui ha tradizioni e radici che stanno però via via scomparendo sotto l’incalzare della mannaia dei vari Oddati, Graziano, Letta, Boccia e via discorrendo? 

Facile sarebbe dunque la risposta a quel «cosa ti riferisci», ma è nell’oblio del proprio ruolo, delle proprie funzioni, della missione si direbbe una volta, che si nasconde la trasformazione definitiva di un ceto politico che da tempo ha, in verità, perso il senso della propria direzione di marcia.

Se da quasi 4 anni un partito è commissariato qualcosa dovrà pur significare, per chi è commissario ma anche per chi viene commissariato. Colpe e responsabilità vecchie e nuove ma poi ad un certo punto qualcosa doveva pur cambiare.

E invece si è andati avanti a colpa di cazzotti: prima Oliverio fuori poi Callipo, poi Irto, poi la Ventura, infine la Bruni. Il tutto senza uno straccio di progetto politico, non tanto e non solo di alleanze. A chi parla oggi questo Pd? A chi si rivolge? Chi detiene la barra dell’azione politica? Perché non si avvia concretamente (rpt concretamente) una vera azione di rinnovamento, dando il partito in mano ad una nuova generazione che ancora ha deciso di non gettare la spugna? Perché da Roma si insiste in questo cupio dissolvi? Perché’?

Sono queste le domande che agitano questo mondo della sinistra che nemmeno in una proposta nuova ma confusa come quella di Luigi De Magistris poteva ritrovarsi ma in ogni caso anche qui toccava al Pd lavorare fino allo sfinimento per trovare una sintesi, politica e non tanto di liste e di accordicchi sottobanco. Così come non vale più il ragionamento «se eravamo tutti uniti potevamo farcela». Non è vero né in campo aritmetico né soprattutto in campo politico perché uno più uno più uno alla fine non faceva tre ma forse due o addirittura zero, in assenza di un progetto politico. Su cosa doveva avvenire quella unione?

Politica: ecco la parola che serve. Che servirebbe in verità e che manca. Ci pensino Letta, Boccia e Graziano. Nonostante la botta sia stata dura c’è ancora uno spiraglio ma con fretta si deve schiuderlo. Ci sono ragazze e ragazzi da Cosenza a Catanzaro a Reggio che hanno voglia di impegnarsi ancora in quel partito e lo stanno facendo (penso per tutti ai ragazzi del circolo che porta il nome del compianto Enzo Lauria di Catanzaro Centro o a quelli di Cosenza Vecchia).

Si dia a loro in mano il partito, ma davvero, senza sotterfugi o controlli e tutori dall’alto o dietro le quinte. Si costruisca una nuova leva, si parta da zero, con coraggio, così come  fece nei primi anni ’70 il tanto vituperato PCI, dopo la lunga stagione dei notabili che avevano sfiancato il vecchio e glorioso partito delle lotte contadine.

Allora una leva di donne e di uomini fu lanciata in mare aperto e i risultati si videro. Il resto è davvero una stanca e monotona ripetizione di un copione troppe volte visto. Qui in Calabria la sinistra ha una storia e una tradizione. Ancora. (fv)