La Giunta regionale calabrese guidata da Roberto Occhiuto ha tenuto la sua prima riunione il 12 Novembre, annunciando che la prossima si terrà o il 15, nella sede del Consiglio regionale a Reggio, oppure al più tardi il giorno successivo e cioè il 16 nella propria sede istituzionale a Catanzaro (in Calabria, infatti si assiste alla pratica in uso nelle Istituzioni Europee, divise tra Bruxelles e Strasburgo, ovvero Catanzaro e Reggio in questo caso, nonostante la miseria economica della terra che si rappresenta).
Ma al di là delle apparenze, cova sotto una labile cenere un incendio molto focoso, che rischia di spazzare via le conclamate e sbandierate – quasi fanfaronescamente – dichiarazioni di onnipotenza e vittoria della Lega e di Fratelli d’Italia, in salsa locale.
I due partiti che rappresentano la destra, seppur con diverse declinazioni (e che al loro interno, come nel caso della formazione di Salvini, vivono pulsioni moderate, sognando il PPE), si trovano ad affrontare una balcanizzazione dei loro Gruppi consiliari e della dirigenza autoctona, in preda ad un delirium tremens dovuto a frustrazioni, delusioni e mancate nomine o riconferme, come nel caso di Nino Spirlì.
Si parte dalla Lega, nella quale domina l’anima di riferimento dell’unico parlamentare eletto in Calabria, Domenico Furgiuele, in alleanza con il Segretario Regionale, Giacomo Francesco Saccomanno, i quali guardano con sospetto (e nel caso di Furgiuele, malcelata insofferenza), il designato Presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, che a sua volta è destinatario della richiesta di rinvio a giudizio per la “Gettonopoli” del Comune di Catanzaro, quando questi era Consigliere comunale.
Tanto basta, ovvero la notizia della richiesta del P.M., giunta nei confronti di Mancuso l’11 Novembre, nello stesso giorno della visita di Salvini in Calabria che ufficializzava la scelta del Partito in suo favore, per dare il via al fuoco amico – mai troppo poco evidentemente – che ha ripreso a sollevare perplessità sotterranee, ammantate con la formula rituale dell’opportunità politica, da parte del designato, per scongiurare l’assurgere alla poltrona più alta del consesso legislativo calabro.
Tutto quanto, se filasse liscio, sarebbe uno scambio in corso d’opera, avvenuto a seguito del derubricato ticket Occhiuto/Spirlì, visto che l’ex Presidente facente funzioni leghista sarebbe stato ipercontestato dalla maggioranza dei maggiorenti del suo stesso Partito, anche se Capitan Salvini, pure per non passare come colui il quale smentiva se stesso – che lo aveva imposto come Vice dell’attuale Presidente della Regione – ha addolcito la pillola dichiarando che lo avrebbe coinvolto in un impegno sia locale che nazionale.
Insomma stessa la pratica che adottò il PD in Sicilia per fare fuori Crocetta: similitudini speculari, seppur a diverse latitudini, ripetute e ripetitive!
Tornando alle guerre per bande, non è un mistero però che il succitato Filippo Mancuso non sia nelle grazie di Domenico Furgiuele e Giacomo Saccomanno, i quali preferirebbero valorizzare l’altro Consigliere regionale eletto nella stessa circoscrizione dell’indicato Presidente dell’Assemblea calabrese, ovvero Pietro Raso, ex Sindaco di Gizzeria e comune dell’hinterland di Lamezia Terme, città che ha dato i natali, proprio al deputato Furgiuele.
Mancuso è visto come un corpo estraneo al corpaccione locale leghista e non fa mistero di voler essere autonomo nella sua attività politica, poiché si ritrova tra destra e sinistra ad essere l’ unico Consigliere regionale espressione della città capoluogo di Regione, ovvero Catanzaro, la cui Amministrazione cittadina ritornerà al voto proprio in primavera, senza la possibilità che l’attuale sindaco Sergio Abramo possa ricandidarsi, essendo alla fine del secondo mandato consecutivo.
Se Sparta (la Lega) piange, Atene (Fratelli d’Italia) non ride, anzi è pure più triste che mai!
Dalle parti meloniste le cose vanno ancora peggio, poiché il recordman elettorale Giuseppe Neri, si vede “soffiare” la poltrona di Assessore regionale, benché si sia imposto, a furor di preferenze, con una rielezione al Consiglio Regionale, che in questa tornata ha lasciato sul campo un big del Partito, cioè Filippo Pietropaolo, il Capogruppo della scorsa legislatura, iniziata con la Santelli Presidente regnante e proseguita con Spirlì’ Presidente reggente.
Bene, chi è stato nominato nella Giunta in quota Fratelli d’Italia, assieme ad un altro ras fratellista e neo rieletto Consigliere (Fausto Orsomarso, in questo caso)? Ma è ovvio, proprio il trombato Filippo Pietropaolo, che gode della protezione della coordinatrice meloniana in terra calabra, l’on. Wanda Ferro, la quale non tollera un’altra eletta, Luciana De Francesco, ma qui si tratta di competizioni femminili, oltre a scontare la De Francesco, al pari di Neri, l’essere esponente di un’area non ortodossamente di destra, bensì proveniente da storie risalenti a culture moderate.
Qui si innesta il cuore del problema, in quanto Neri ha pubblicizzato direttamente o tramite suoi elettori di punta, il proprio malessere, la personale delusione e soprattutto l’intima insoddisfazione, per il mancato riconoscimento e benché dal punto di vista ufficiale i maggiorenti romani abbiano gettato acqua sul fuoco e dato ad intendere che tutto è rientrato, l’insubordinazione non è piaciuta – dalla Meloni in giù – anzi è l’ennesima riprova, che politicamente non ci si può fidare, viste le tradizioni familiari democristiane (non proprio un buon viatico per chi proviene dal MSI).
La guerra tra Neri e il suo “momentaneo” Partito è appena iniziata, tanto è vero che il Consigliere regionale minaccia di presentare assieme ad un suo collega di Gruppo consiliare, cioè Antonio Montuoro, la sfiducia in Aula contro l’assessore Pietropaolo, quindi ciò sarà il preludio dell’addio a Meloni e camerati vari, per imbarcarsi in altro hotel ad ore, come è diventato ormai il panorama degli attuali Partiti in Italia, ma soprattutto in Calabria, pure in riferimento, come in questo caso, alle estreme del centrodestra.
Veleni, ripicche, recriminazioni, rendono la convivenza intossicata dai risentimenti e dal fatto che chi si ribella o non è in linea con i diktat del big, non ha possibilità di recupero.
Su ciò, sulla balcanizzazione calabrese delle estreme, si staglia lo sguardo compiaciuto del Presidente Occhiuto, l’unico a godere del triste spettacolo crepuscolare dei finti muscolosi alleati, poiché quest’ultimo è sempre più intento a rafforzare la parte moderata e se tal disegno provoca scompensi e mugugni chi se frega… tanto la legislatura è appena iniziata e lui ha ben cinque anni davanti per gestire e fare il gestore. (rp)