CIAK SI GIRA, BASTA CON LE “ANIME NERE”
E ORA IL BELLO DELLA CALABRIA NEI FILM

di FRANCESCO RAOIn questa riflessione non è mia intenzione mettere in discussione il valore dell’arte, della cinematografia o della libertà espressiva: ogni opera creativa è un tassello fondamentale del nostro patrimonio universale ma personalmente credo che i fini educativi possano essere praticati attraverso altri messaggi.

Tuttavia, quando la rappresentazione mediatica si ostina a raccontare solo una parte della realtà – quella più oscura – diventa necessario porsi delle domande. In questi casi, la comunicazione non è mai neutra: plasma percezioni, orienta il pensiero collettivo e contribuisce a definire l’immagine di un luogo ben oltre i suoi confini geografici. Da sociologo vorrei condivider con i lettori di Calabria.Live alcune considerazioni per tentare di decifrare questi processi.

Pierre Bourdieu, attraverso i suoi studi, ha chiarito come il potere simbolico agisca nel determinare ciò che viene percepito come “normale” e ciò che viene etichettato come “deviante”.

Se la Calabria continua a essere raccontata esclusivamente attraverso la lente del malaffare, questo racconto finisce per consolidarsi nell’immaginario collettivo, trasformandosi in quella che Robert K. Merton definisce una “profezia che si autoavvera”. Di conseguenza, il rischio che si andrà a consolidare nel tempo è evidente e sarà unicamente finalizzato ad alimentare pregiudizi esterni e, ancor più grave, generare nei calabresi un senso di rassegnazione e impotenza.

La narrazione ha dunque un impatto diretto sulla fiducia sociale, sul senso di appartenenza e sulla capacità espressa dai territori per poter attrarre opportunità di sviluppo e non vie di fuga. Come sottolineato da Robert Putnam, il capitale sociale di una comunità – ovvero la rete di relazioni, fiducia e cooperazione – è fondamentale per il suo sviluppo.

Una comunicazione orientata solo al negativo mina dalle fondamenta questo capitale, mentre una narrazione equilibrata e costruttiva, con pochissimi sforzi può rafforzarlo generando bene comune. Non si tratta di negare i problemi o di edulcorare la realtà, la lotta alla criminalità dovrà essere un fatto concreto e praticato quotidianamente, percorrendo il solco tracciato dal certosino lavoro svolto con professionalità sia dalla Magistratura sia dalle Forze dell’Ordine. Per generare risultati evidenti è necessario dare spazio anche alla Calabria che resiste, innova, crea e ispira.

La Calabria dei giovani imprenditori, delle università in fermento, delle eccellenze enogastronomiche, dei borghi che riscoprono il turismo sostenibile, degli artisti, dei ricercatori e delle imprese sociali. Perché non raccontare la storia di una terra che ha dato i natali a scienziati, giuristi, filosofi e artisti di rilievo internazionale? Perché non proiettare sul grande schermo le esperienze virtuose di chi ogni giorno costruisce la legalità, la cultura e lo sviluppo, contrapponendosi a logiche becere e figlie della devianza? Nel mondo, oltre ai calabresi residenti, esistono altri sei milioni di Calabresi, figli e discendenti di questa terra ai quali è necessario far giungere il desiderio di essere sostenuti anche nel processo di una nuova narrazione di questa terra e successivamente chiedere loro sostegno per pensare al rilancio della nostra economia, dello sviluppo sociale e organizzativo, ponendoci tutti e insieme in una discontinuità evidente rispetto a quel passato nel quale chiamarsi fuori dalle responsabilità, formalmente poneva fine al problema ma sostanzialmente lo faceva crescere indisturbato.

Credo che l’importante legame esistente tra la nostra realtà con la teoria dell’agenda setting di McCombs e Shaw possa insegnarci tanto: i media – secondo gli autorevoli studiosi – non dicono alle persone cosa pensare, ma su cosa pensare. Ecco perché è urgente spostare il focus verso una narrazione che sappia illuminare anche ciò che di positivo germoglia in questa regione. Attraverso una “curvatura positiva” che non vuole essere semplice ottimismo di facciata ma un atto strategico e sociale bisognerà stimolare il senso della fiducia collettiva per attrarre investimenti, favorire il turismo e creare nuove opportunità.

La Calabria ha bisogno di essere raccontata nella sua complessità autentica in quanto terra fatta sì di contraddizioni, ma anche di bellezza, resilienza e ingegno. Personalmente credo che la quantità di bene sia nettamente superiore alla quantità del male e per estirparne le radici di quest’ultimo è indispensabile scegliere una comunicazione costruttiva tesa ad attivare un circolo virtuoso in cui le comunità si riconoscano nelle proprie eccellenze e diventino protagoniste del proprio destino attraverso una rinnovata autodeterminazione.

Attivare questi anticorpi sociali non significherà solo alimentare una sfida culturale e artistica ma nel tempo potrà divenire esigenza sociale diffusa attraverso la quale la responsabilità delle persone sarà il catalizzatore di una scelta. Continuare a proiettare sul mondo l’immagine di una Calabria prigioniera degli stereotipi significa tradire le sue potenzialità ostacolandone il riscatto che passa anche – e soprattutto – dalla capacità di raccontarsi in modo diverso, con dignità, fiducia e orgoglio.

Cerchiamo di non dimenticare che ogni territorio, prima di essere trasformato, deve essere prima immaginato in modo nuovo. Per il bene della Calabria è tempo di cambiare sguardo, evitando di fare spot a ciò che da tempo ostacola il bene. 

[Francesco Rao è sociologo e docente a contratto Università “Tor Vergata” – Roma]

Alik Cavaliere di Nino Cannatà proiettato a l’Università La Sapienza di Roma

Il film documentario Alik Cavaliere, L’universo verde, scritto e diretto da Nino Cannatà, è stato proiettato a Roma presso Villa Mirafiori in occasione dell’incontro conclusivo del ciclo “Le diverse biodiversità”, organizzato da La Sapienza – Università di Roma, Dipartimento Filosofia.

L’evento, inserito all’interno del seminario permanente 3E “Evoluzione, Etica ed Ecologia” del corso di dottorato in Filosofia della Sapienza coordinato dal prof. Simone Pollo, è stato accolto con molta emozione dal pubblico, affascinato dalla delicatezza e dall’originalità del film.

Oltre al regista che ha fornito qualche dettaglio in più sulla realizzazione del documentario e sul proprio rapporto di ricerca e riflessione intorno all’arte di Alik Cavaliere, hanno partecipato Elena Pontiggia, critica e storica dell’arte tra le più autorevoli in Italia, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Brera e al Politecnico di Milano e Angela Vettese, critica d’arte e direttrice del Corso di Laurea Magistrale di Arti Visive e Moda dell’Università Iuav, che hanno offerto le loro magistrali “lezioni” sulle complesse stratificazioni dell’originale arte di Alik Cavaliere in rapporto con con la natura e le avanguardie del primo ‘900; Fania Cavaliere, Presidente del Centro Artistico Alik Cavaliere che ha evidenziato i vari linguaggi artistici del papà restituiti nel film documentario; Antonio Pascale, giornalista e scrittore, ispettore presso il Mipaaf, ha condiviso una intensa riflessione sulla Natura in rapporto all’evoluzione involuzione dell’uomo.

La proiezione-seminario, oltre che da Sapienza – Università di Roma, è stata patrocinata da Res Viva – Centro Interuniversitario di Ricerche Epistemologiche e Storiche sulle Scienze del Vivente e dal National Biodiversity Future Center.

Il film, prodotto da Lyriks in collaborazione con Centro Artistico Alik Cavaliere, ha già visto una prima presentazione di anteprima a Palazzo Reale di Milano nello scorso settembre e la partecipazione alla rassegna Film screening, documentari d’autore del Maxxi L’Aquila.

Il lungometraggio si addentra nell’opera di uno dei maggiori protagonisti della scultura del ‘900 europeo partendo dalle riprese dello storico allestimento dell’omonima mostra curata da Elena Pontiggia (giugno-settembre 2018) e promossa dal Comune di Milano e Palazzo Reale per celebrare il ventennale dalla scomparsa dell’artista. Una mostra che ha visto l’epicentro nella prestigiosa sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e in diverse altre sedi nella città di Milano come Museo del Novecento, Gallerie d’Italia, Palazzo Litta, Università Bocconi e Centro Artistico Alik Cavaliere.

Il documentario riprende inoltre il “Monumento ad Alberto Cavaliere” presso la rigogliosa Villa Comunale “C. Ruggiero” di Cittanova (Rc) che nel 1973 l’artista dedica al padre Alberto (poeta, giornalista e parlamentare di origine cittanovese), il cui restauro nel 2018 è stato promosso da Lyriks in occasione del 400° anniversario della nascita della cittadina calabrese. Si tratta dell’unica opera di Alik Cavaliere fruibile in un parco pubblico all’aperto.

Il film, con la fotografia e la regia di Nino Cannatà, le musiche originali del maestro Roberto Andreoni e le voci del soprano Maria Elena Romanazzi, raccoglie anche importanti testimonianze intorno allo scultore, come quella di Elena Pontiggia, curatrice della mostra; Domenico Piraina, Direttore di Palazzo Reale Milano e del Polo Mostre e Musei Scientifici; Fania e Adriana Cavaliere, rispettivamente figlia e moglie dello scultore e di Piero Marabelli, a lungo collaboratore del maestro Cavaliere.

“L’universo verde” dello scultore Alik Cavaliere viene esplorato con una poetica sperimentale a partire dalle importanti opere esposte nella mostra, raccontando il rapporto tra Arte e Natura e le tante fonti di ispirazione artistica dalle suggestioni poetiche e filosofiche, con riferimenti a Lucrezio, Campanella, Petrarca, Leopardi, Giordano Bruno, Spinoza, Shakespeare, Rousseau e Ariosto.

«Il gioco dada, la precisione della forma di ascendenza surrealista alternata alla libertà della materia di derivazione informale, il senso artigianale della scultura che convive con l’operazione concettuale, generano opere tra le più singolari e le meno inquadrabili del nostro panorama espressivo» questa una delle sintesi espresse dalla curatrice Elena Pontiggia sul catalogo della mostra.

Questo nuovo documentario del regista Nino Cannatà, interamente prodotto dalla calabrese casa di produzione Lyriks, offre allo spettatore un punto di vista privilegiato sull’arte e la vita di Alik Cavaliere, con il risultato di una visione rarefatta che indaga l’uomo oltre che l’artista, cogliendo i segni, le forme e gli elementi del linguaggio innovativo di uno dei grandi maestri dell’arte contemporanea del secondo Novecento. (rrm)

A Mendicino al via le riprese del film “Quando soffia il vento” con Ettore Bassi

Partiranno il 6 Giugno a Mendicino le riprese del film Quando soffia il vento, opera scritta e diretta da Mauro Cerminara realizzata in collaborazione con Aido e prodotta da Illusion Factory.

Il borgo cosentino è ormai da diverse settimane epicentro dell’attività della produzione, per diversi giorni la troupe ha visitato il centro cittadino alla ricerca di location in cui ambientare le scene del corto, e il palazzo del municipio è stata la sede che ha ospitato la fase di casting gestita dal casting director Giovanni Maletta, in cui sono stati selezionati diversi ruoli e molti figuranti che faranno parte del progetto.

Protagonisti di Quando soffia il vento sono Ettore Bassi e Lucia Rossi rispettivamente nei ruoli di Christian ed Eva Marcello Arnone che interpreta il commissario Costanzi, Arianna Valentini nel ruolo della dottoressa Giulia Sileri e lo stesso Mauro Cerminara che vestirà i panni del dottor Marco Rossi.

Per quanto riguarda la scelta del cast tecnico, la fotografia sarà curata da Ernesto Boccuti, il montaggio affidato a Takeshi Yamato, completano il team di produzione di Illusion Factory Caterina Gioconda Di Dio, Rocco Parise, Aurora Sanso e Raffaele Lisco. I Costumi sono creati dallo stilista Giuseppe Cupelli.

Prodotto da Mauro Cerminara e Francesco Garasto per Illusion Factory e Pasquale Arnone, Quando soffia il vento è realizzato in collaborazione con Vanilla, imoviez Studios. L’opera ha il patrocinio di Aido, 118, Provincia di Cosenza e Regione Calabria

Le riprese come già detto partiranno da Mendicino (Cs) il 6 Giugno ei proseguiranno successivamente sulla costa tirrenica cosentina. (rcs)

“C’era una volta in Italia”, film denuncia sulla sanità calabrese

di PINO NANO – Calabria forever, è il caso di dire. In tante sale cinematografiche italiane in questi giorni viene proiettato un film che racconta lo scandalo della sanità in Calabria, lo stato comatoso e drammatico di certe strutture ospedaliere, il degrado infinito di certi ospedali, e soprattutto la disperazione e la solitudine infinita della gente dell’alto ionio dove curarsi è un sogno assolutamente impossibile.

Il regista Federico Greco, impastato di Calabria come pochi altri artisti della sua generazione, personaggio poliedrico geniale e grande padrone della macchina da presa questa volta ha scelto come punto di partenza della sua inchiesta e della sua denuncia Cariati, «uno sperduto paesino della Calabria affacciato sullo Jonio – dice – dove la sanità pubblica è ridotta al lumicino da decenni di tagli al bilancio e privatizzazioni».

«Con il Piano di rientro – aggiunge il regista di “C’era una volta in Italia”– è stato chiuso anche l’ultimo ospedale della zona: uno dei 18 ospedali cancellati nel giro di una notte in tutta la Calabria.Un manipolo di ribelli di ogni età decide allora di protestare come nessuno ha mai osato fare, occupando l’ospedale con l’obiettivo di ottenerne la riapertura. Nel frattempo alcuni dei più importanti intellettuali, medici, esperti e attivisti italiani e internazionali ci svelano le vere responsabilità locali e globali dell’attacco alla salute pubblica, e sostengono la lotta di Cariati».

Nel corso del lancio del film a Milano, ma prima ancora a Roma, Federico Greco non usa mezzi termini e dice: «Con C’era una volta in Italia si grida con rabbia,e anche con ironia, una cosa molto precisa, e si colpisce un obiettivo che fa male: gli interessi delle case farmaceutiche verso le praterie di profitto potenziale della sanità pubblica. Con nomi e cognomi. “Ue merda” si può dire, insomma, perché tutti sono colpevoli e quindi nessuno è colpevole.”Affaristi della sanità privata merda” no».

«Un film in cui il più grande intellettuale del mondo dopo Benasayag e Byung Chul-Han, Roger Waters, insieme a Jean Ziegler, Warren Mosler, Randall Wray e molti altri dimostra che la sanità privata è un crimine e che un gruppo di ragazzi di un paesino sperduto nel buco del culo del mondo può mettere in discussione la predazione delle multinazionali, non può finire sui giornali».

Nella “pancia” del film troviamo intellettuali di varie esperienze e di varie estrazioni culturali, da Ivan Cavicchi a Maria Elisa Sartor, da Vittorio Agnoletto a Gavino Maciocco, da Warren Mosier a Randall Wray, da Adriano Cattaneo al medico scrittore di seminara Santo Gioffré,, da Ken Loach a Cataldo Perri, da Nicoletta Dentico a Michael Marmot, da Jean Ziegler a Carlo Palermo, da Monica Di Sisto allo stesso Mimmo Formaro, attivista di primo piano dell’occupazione dell’ospedale di Cariati.

Si va avanti per proiezioni quasi “private”, organizzate un pò dovunque in tutta Italia, quasi si trattasse di cinema d’essai, ma anche a questo per gli autori del film c’è una sola spiegazione plausibile: «Tutti i giornali sono posseduti da grandi conglomerati di potere economico, finanziario e quindi politico. Di chi rappresenteranno mai gli interessi tali giornali? Dei nostri? Ovviamente no.Per questo C’era una volta in Italia non ha copertura mediatica da parte della grande stampa. Perché fa vera politica, racconta una lotta che rappresenta davvero i nostri interessi». 

Un film forte, dai toni accesi e anche polemici, ma che riporta al centro del mondo il Caso-Sanità-Calabria, raccontando uno spaccato sociale di grande miseria e di grandi debolezze strutturali. Una provocazione intellettuale –certamente – una sfida culturale, ma soprattutto una denuncia pubblica di grande suggestione mediatica che il mondo della politica dovrebbe vedere dall’inizio fino alla fine. (pn)