Lina Wertmuller, quelle estati a Sangineto con Giacomo e Vittoria

di SERGIO DRAGONE – Giacomo Mancini aveva una particolare attenzione per il mondo della cultura e dello spettacolo. Ben prima di Craxi – che negli anni Ottanta s’inventò un’assemblea nazionale aperta alle celebrità del cinema, della tv e del made in Italy – e ancor prima di Berlusconi.

Con una grande differenza. Giacomo sceglieva i suoi interlocutori tra i personaggi più controcorrente, più anarchici, più rivoluzionari e innovativi. Fece scalpore negli anni Sessanta la scelta di alcuni volti noti del cinema, come Nino Manfredi e Sandra Milo, di ostentare in piena campagna elettorale una coccarda con su scritto “Io voto Mancini”. Non era facile in un’epoca in cui la cultura italiana era egemonizzata dal Partito Comunista (per convinzione ideologica degli artisti) e dalla Democrazia Cristiana (per convenienza più che per esigenze confessionali).

Tra le personalità più vicine a Mancini da annoverare sicuramente una giovane regista di origini svizzere, poco più che trentenne, che si era fatta strada faticosamente come aiuto di Fellini ed aveva esordito nel 1963 con I Basilischi, un film che traeva ispirazione da I Vitelloni e ritraeva la realtà di un profondo sud. Con tra gli interpreti uno sconosciuto Stefano Satta Flores.

Tra l’emergente leader socialista calabrese e l’irrequieta regista dagli occhiali bianchi nacque una solida e sincera amicizia che è durata nei decenni, complice anche l’elegante e inseparabile moglie di Giacomo, donna Vittoria Vocaturo. A completare quel quadro di grande amicizia e condivisione ideologica e ideale, il grande Francesco Rosi e sua moglie Giancarla Mandelli, sorella della stilista Krizia.

C’era il rituale di trascorrere alcuni giorni di vacanza in Calabria, a Sangineto, sulla costa tirrenica cosentina, dove Mancini aveva casa. Nelle lunghe sere d’estate, affacciati sul mare, Giacomo, Vittoria, Lina, Francesco e Giancarla amavano parlare di politica, di cinema, di impegno sociale. Che poi si è tradotto in indimenticabili film sia per la Wertmuller (il mio preferito resta Pasqualino Settebellezze che ha anticipato di anni la trama e i temi di La vita è bella di Benigni) sia per Rosi  (come dimenticare Il caso Mattei?).

Nel 1974, su invito di Giacomo, la regista dagli occhiali bianchi tenne un memorabile comizio a Cosenza a favore della legge sul divorzio.

Lina Wertmüller è rimasta per tutta la vita “socialista e anarchica”. Bettino Craxi le chiese di fare parte della pletorica Assemblea nazionale dove, accanto ai “nani e alle ballerine” di cui ha parlato con disprezzo Rino Formica, sedevano fior di intellettuali. Coraggiosa e leale, ha difeso Bettino e la sua memoria, anche nei momenti più drammatici e bui. Con Giacomo e Vittoria ha conservato fino all’ultimo un rapporto umano molto intenso.

C’è dunque anche un pezzo di Calabria nella straordinaria e irripetibile vicenda umana ed artistica di una donna geniale che con i suoi film (e la sua vita) ha contribuito a cambiare la società italiana, parlando di classe operaia e di anarchia, di antifascismo e di ripudio delle leggi razziali, di sessualità e vizi della borghesia. Anche lei travolta da un insolito destino nell’azzurro mare di Sangineto. (sdr)

L’OPINIONE / Giacomo Mancini: i calabresi e il ticket Occhiuto-Spirlì

di GIACOMO MANCINI – Non era mai accaduto prima di ieri, nella storia del moderno regionalismo, che il centrodestra annunciasse due nomi : quelli dei candidati a presidente e vice presidente della Calabria.

La Costituzione prevede la sola figura del Presidente che viene eletto direttamente dei cittadini e che poi in autonomia sceglie gli assessori tra i quali indica il vice presidente.

Oggi invece il centrodestra chiede che gli elettori si pronuncino e legittimino due nomi e non solo uno. Che premino un ticket. Non un candidato e un suo progetto.

Ovviamente la novità non è solo di diritto, ma è tutta politica perché disvela il disegno che quella coalizione ha per la nostra terra.

Il progetto lascia il posto alla spartizione del potere dove a prevalere è quella destra rozza, becera, omofoba, illiberale che tanto discredito ha portato alla Calabria dopo la prematura e dolorosa scomparsa dell’onorevole Santelli.

Mi auguro che questo punto sia fin da subito chiaro ai leader che in Calabria e a Roma rappresentano tutte le forze del campo largo del centrosinistra. Da oggi (ancora di più da oggi) tutti (nessuno escluso) devono sentirsi in dovere di trovare una sintesi unitaria che esprima una proposta alta inclusiva e rappresentativa per tutti e che offra un’alternativa valida al disegno del centrodestra.

Perseverare nelle divisioni, nelle contrapposizioni, nelle lotte intestine, negli scontri fratricidi significa rinunciare in partenza a giocare una partita fondamentale per i calabresi e per il nostro futuro. Correre divisi in due o addirittura tre aggregazioni significa perdere in partenza e spalancare la vittoria a questa destra.

Si abbandoni l’interesse di parte e si persegua quello di una comunità democratica che trova linfa quotidiana nei valori di uguaglianza, solidarietà, accoglienza, libertà, onestà.

Ci si sforzi di rappresentare un popolo di donne e uomini liberi che vogliono avere la possibilità di scegliere una alternativa autorevole al disegno spartitorio della destra.

Ognuno di noi pronuncia spesso la parola unità. Oggi, mai come oggi, è il caso di praticarla. (gm)

[Già deputato socialista]

Giletti ricorda Giacomo Mancini, quando decise per l’antipolio: un esempio per il Governo

Massimo Giletti celebra il calabrese Giacomo Mancini, ministro della sanità nel 1964, come esempio di efficienza e decisionismo. E’ accaduto durante l’ultima puntata de “Non è l’Arena”, la popolare trasmissione della domenica sera su L7. Di fronte alle incertezze, agli errori, alle incoerenze dell’attuale ministro della salute, Roberto Speranza, il conduttore ha spolverato l’esempio di Mancini che impose in Italia il vaccino Sabin contro la poliomielite, fregandosene dei pareri interessati delle grandi industrie farmaceutiche e degli sponsor del vaccino Salk.

Giletti non è andato troppo nel sottile, accusando il Governo Conte di inadempienze, ma soprattutto di mancanza di decisionismo nella strategia di contenimento del Covid. Ci vorrebbe oggi un Mancini!, è stato più o meno il messaggio che il conduttore ha lanciato, ricordando quella storica decisione del 1964 che salvò la vita di migliaia di bambini italiani.

Nel 1960 erano stati più di dodicimila i bambini italiani colpiti dalla polio, quasi duemila erano deceduti. Nel sud d’Italia si registrava un impressionante numero di casi. Il nostro Paese aveva adottato il vaccino Salk, fatto con un’iniezione, ma i risultati erano stati disastrosi.

Intanto, affiorava la speranza in un nuovo vaccino, messo a punto dallo scienziato Albert Sabin. Mancini, chiamato al ministero della sanità nel primo governo Moro, volle ascoltare la voce di Sabin e questo avvenne in una riunione a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità. Gli alti burocratici del Ministero si manifestarono ostili a Sabin, al punto da uscire polemicamente dalla sala. Il ministro della sanità, infischiandosene dei pareri molto interessati dei cosiddetti esperti, annunciò pubblicamente che l’Italia avrebbe adottato il metodo Sabin.

Il resto è storia. Il Sabin ha strappato dalla morte o dalla paralisi migliaia di bambini. Mancini mise in piedi una straordinaria organizzazione per la vaccinazione di massa, riuscendo a reperire centinaia di frigoriferi necessari a conservare il vaccino.

Resta l’esempio di un grande calabrese, sicuramente il più grande politico espresso dalla nostra regione, capace di atti di straordinario coraggio. Un coraggio che scaturisce solo quando sei certo di essere dalla parte giusta, assumendotene tutte le responsabilità. Meditate Conte e Speranza. Anche e soprattutto quando ragionate di Calabria. (rda)

COSENZA – Dibattito-evento in ricordo di Giacomo Mancini

Oggi a Cosenza, nel ricordo di Giacomo Mancini, scomparso l’8 aprile 2002, la Fondazione a lui intitolata propone una significativa iniziativa culturale, con la presentazione del libro di Antonio Pilati La catastrofe delle élite.
A Giacomo Mancini, “Vecchio Leone” socialista la Calabria deve moltissimo. Il leader ha dedicato molto spazio e tante energie alla cultura, al sapere, all’informazione, nella sua lunga e dignitosa attività, politica e amministrativa. Che merita di essere conosciuta, approfondita, spiegata, in primis, ai giovani. In questa ottica, l’evento di oggi alle 17.30 al Salone degli Specchi della Provincia di Cosenza è anche l’occasione per celebrare l’anniversario della scomparsa di un politico originale, inquieto, innovatore, amato e anche molto avversato.
Un “Vecchio Leone”, sempre, orgoglioso, combattivo, con la schiena dritta e mai con il cappello in mano.
Presiede la manifestazione il figlio, il giornalista Pietro Mancini, partecipano il Presidente della Provincia di Cosenza Franco Iacucci, il sindaco Mario Occhiuto, l’assessore regionale alla Cultura Maria Francesca Corigliano, Mario Bozzo, presidente della Fondazione Carical e Klaus Algieri, presidente della Camera di Commercio di Cosenza. 

Al dibattito sul libro, che sarà moderato da Giacomo Mancini, partecipano con l’autore Antonio Pilati Mario Caligiuri, docente Unical e direttore del Master in Intelligence e Marco Gervasoni, docente universitario ed editorialista del Il Messaggero. (rcs)