di GRAZIELLA TEDESCO – Sabato scorso, nella Piazza municipio di Gallina un nutrito gruppo di politici, scrittori, medici, musicisti e giornalisti hanno onorato e ricordato, a cent’anni dalla sua nascita, la figura del prof. Giuseppe Marino, psichiatra, giornalista, poeta, mecenate ma, soprattutto un uomo di sconfinata umanità e finezza intellettuale.
Non appena ho letto la notizia in merito a questo evento, mi è venuto in mente il periodo in cui ho incontrato il professore Marino verso la fine degli anni Ottanta. Era un momento drammatico per la mia famiglia, poiché mia zia Azzurrina, la sorella di mia madre, affetta da oligofrenia dalla nascita, aveva perso ogni freno inibitore dando il meglio di sé. Non sapendo a quale e Santo votarci, a quale specialista medico rivolgerci, ogni nostro tentativo era vano e intanto, mia zia ci toglieva il sonno, sfasciava i mobili e reagiva in maniera violenta contro tutti noi. Su consiglio di un amico, arrivammo allo studio del professore Marino in un pomeriggio di ottobre di tanti anni fa. Il professore guardò mia zia, che era visibilmente alterata, notò l’occhio nero di mia madre e il mio labbro tumefatto e, con una battuta dialettale smorzò la tensione di quel momento. Ci disse: «Vi resi o boni o nenti». In effetti mia zia ce le aveva date o “boni o nenti”. Comunque, il professionista prescrisse la sua terapia, ascoltò tutti i presenti e ci diede appuntamento da lì a quindici giorni.
Quando chiedemmo la parcella, il professore sorrise e ci accompagnò delicatamente all’uscita della sua casa-studio. Mia zia grazie a quella terapia, migliorò nel giro di ventiquattro ore e quando andammo al controllo come previsto, mia zia aveva recuperato buona parte della sua normalità. Il professore ci spiegò in seguito, con calma che cosa le era accaduto, definendo con acume la sua come una “malattia degenerante” e che purtroppo, era in fase di declino. Da quel giorno, si instaurò un’amicizia profonda con il professore anche perché, da profondo conoscitore del suo mestiere sapeva che il malato psichiatrico logora la famiglia quando questa non è supportata ed aiutata. E lui fece questo: curò mia zia e supportò la famiglia.
Mia zia morì venti anni dopo ma, nonostante tutto la grande amicizia, la stima e la riconoscenza nei confronti di Giuseppe Marino rimase sempre invariata. Il disagio mentale non è soltanto il risultato di formule, prescrizioni, diagnosi. Il disagio mentale è sofferenza per il malato e per le famiglie che, spesso ne escono devastate. Il professore, questo concetto lo aveva incamerato nella sua mente ed esposto abilmente nelle sue opere. Il malato e la sua famiglia erano uomini e donne da rispettare e supportare.
Ecco perché ho avuto la fortuna di incontrare lui, i suoi figli e suo genero che continuano egregiamente la sua professione con gli stessi insegnamenti e con lo stesso spirito, benedicendo davanti a Dio il giorno in cui mi sono imbattuta nel loro cammino. (gt)