PNRR, IL FALLIMENTO DELL’ATTUAZIONE È
DOVUTO ALL’EREDITÀ DI CONTE E DRAGHI

di ERCOLE INCALZANel mese di settembre del 2022, cioè in un periodo in cui era ancora in carica il Governo Draghi, in uno dei miei blog pubblicato su “Le stanze di Ercole”, denunciai, in modo dettagliato, lo stato di avanzamento, o meglio, lo stato di “non avanzamento” delle opere e delle scelte contenute nel Pnrr e, siccome non sono un veggente, tentai anche di analizzare attentamente ed in modo capillare lo stato di avanzamento delle varie proposte progettuali.

Questa analisi mi portò, in modo quasi automatico, ad elencare quanto sarebbe successo negli anni futuri, cioè nel 2023 e nel 2024. Riportai, cioè, le varie anticipazioni e denunciai anche, in modo formale, che lo stato davvero preoccupante ed irresponsabile era da ricercarsi nell’assenza di una governance unica e nel mancato avvio organico della intera operazione negli anni 2020 e 2021, cioè durante il Governo Conte 2 e nella prolungata sottovalutazione della stasi da parte del Governo di Mario Draghi.

Ebbene, i dati che avevo avuto modo di approfondire portavano alle seguenti conclusioni: alla fine del 2024, cioè a 18 mesi dalla scadenza dell’arco temporale imposto dalla Unione Europea avremmo potuto contare su un avvio concreto delle procedure e dei relativi affidamenti non superiore al 40% e quindi saremmo stati molto lontani dalla soglia di spesa del volano assicurato dalla Unione Europea.

Sempre in tale mia anticipazione elencai, per ogni singola area progettuale, le possibili quote di attivazione concreta e le difficoltà che non consentivano una adeguata attività della spesa. Queste mie considerazioni penso le ricordi anche Giorgio Santilli che fu uno dei pochi giornalisti a condividere questo mio allarme.

Ripeto questa mia denuncia non fu assolutamente presa in considerazione e, addirittura, se leggiamo i vari comunicati stampa pubblicati dalla Presidenza del Consiglio e da alcuni Ministri, come in modo particolare il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, scopriamo una ripetitiva elencazione di assicurazioni ottimistiche sullo stato di avanzamento dei progetti e delle scelte del Pnrr e del PNC (Piano Nazionale per gli investimenti Complementari al Pnrr.

Tra l’altro, cosa che mi preoccupa e al tempo stesso mi meraviglia, è che l’Anac sono sicuro conoscesse questa analisi tendenziale sin dal 2022 ed è strano che non l’avesse denunciata formalmente al Governo Draghi.

Quando il 22 ottobre del 2022 si insedia l’attuale Governo, infatti, il Ministro Raffaele Fitto, con la delega agli Affari europei, al Sud, alle politiche di coesione ed al Pnrr, si rende subito conto che praticamente era stato avviato concretamente appena il 7% – 8% dell’intero Piano.

Ed è il Ministro Fitto nel mese di dicembre del 2022, cioè dopo appena quaranta giorni dal suo insediamento, a dover cambiare l’intero impianto sia gestionale che programmatico; è sempre Fitto a costruire immediatamente una unica governance ed è sempre Fitto a cercare di trasferire nel Fondo di Sviluppo e Coesione (Fsc) alcune proposte ubicate nel Pnrr in modo da poter fare riferimento ad una scadenza temporale non del 2026 ma del 2027 con proroga fino al 2029 e, con questi atti, testimonia subito alla Unione Europea una chiara volontà, un chiaro tentativo di ripristinare delle condizioni difendibili sulla scadenza del giugno del 2026.

Pochi giorni fa abbiamo appreso delle anticipazioni relative allo stato di avanzamento del Pnrr da parte dell’Associazione Nazionale Anticorruzione (Anac); dati che, in modo sintetico, riporto di seguito:  «Le procedure di appalto relative a investimenti del Pnrr svolte negli anni 2023 – 2024 e non ancora assegnate sono oltre il 60% di tutte quelle avviate negli ultimi due anni, in particolare 98.033 su 162.480 mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45% del totale avviato (35,5 miliardi di euro su 79,2 miliardi di euro.

Questo significa che una fetta molto ampia dei cantieri e dei contratti di fornitura previsti dal Pnrr non è ancora partita a diciotto mesi dalla scadenza prevista.

Sempre dai dati Anac risulta che per gli appalti avviati nel 2023 si è arrivati all’affidamento per il 74% del valore appaltato mentre per gli appalti avviati nel 2024 solo il 5%.

Infine «per le procedure avviate nel 2024 su 13.577 milioni di euro di lavori pubblici quelle non avviate, ammontano a 12.996 milioni di euro oltre il 96% del totale e se si aggiungono i 6,7 miliardi ereditati dal 2023 si evince che ci sono quasi 20 miliardi di euro di lavori pubblici del Pnrr ancora da affidare e cantierare».

Nasce spontaneo un interrogativo: perché, come detto prima, durante il Governo Conte 2 ed il Governo Draghi l’Anac, che sicuramente monitorava l’avanzamento delle opere del Pnrr e, quindi, era adeguatamente informata sulle naturali tendenze e sulle possibili previsioni di avanzamento dell’intero Piano nel 2024, non abbia detto nulla e, soprattutto, non abbia fatto presente ai vari Ministri competenti del Governo Draghi il vero fallimento dell’attuazione del Pnrr, il sicuro risultato negativo di una possibile soglia della spesa non superiore a 80 – 100 miliardi di euro su circa 230 miliardi di euro (Pnrr + Pnc)?

Come dicevo all’inizio questi dati in mio possesso non erano affatto riservati, andavano solo letti ed interpretati e, sono sicuro, l’Anac questo lavoro lo aveva effettuato.

Aggiungo solo che senza l’azione del Ministro Fitto sarebbe stato possibile raggiungere, nel giugno del 2026, solo la modesta soglia di spesa di appena 50 – 60 miliardi di euro e questo misurabile fallimento va addebitato, lo ripeto fino alla noia, alla mancata incisività gestionale e programmatica dei Governi Conte e Draghi. (ei)

MEZZOGIORNO E SVILUPPO: L’ESECUTIVO
DEVE RIPARTIRE DALLE INFRASTRUTTURE

di ERCOLE INCALZA – Inizia una fase non facile per il Governo, una fase che, al tempo stesso, è davvero critica anche per le forze di opposizione. Infatti l’attuale Governo ha cercato di attuare una serie di scelte mirate a superare la serie di errori commessi durante la passata Legislatura.

Vorrei ricordare, solo per evitare che la nostra memoria storica corta annulli la incidenza negativa sull’assetto socio economico del Paese, alcuni errori fondamentali commessi dai Governi Conte 1, Conte 2 e Draghi e alcune azioni effettuate nei primi due anni dall’attuale Governo che hanno ridotto, almeno nel comparto delle infrastrutture, la dimensione del danno stesso.

Il Pnrr si avviava ormai ad essere un misurabile fallimento; con la operazione avviata dal Ministro Fitto di rivisitazione di alcune scelte e di approccio organico sia alle opere inserite nel Pnrr che di quelle allocate nel Fondo di Coesione e Sviluppo e nel Repower, si è riusciti ad evitare un vero fallimento irreversibile dell’intero Pnrr e, al tempo stesso a rivedere integralmente le metodologie utilizzate nell’utilizzo dei Fondi comunitari

Le Zone Economiche Speciali (Zes) erano otto, erano state avviate con Decreto Legge n.91 del 2017, con una copertura davvero ridicola di circa 600 milioni di euro e, dopo sei anni, si era riusciti ad attivare, in termini di spesa reale, un importo inferiore ai 50 milioni di euro. La cosa davvero assurda era la limitata copertura finanziaria e l’assenza di un processo organico nell’intero territorio meridionale.

I Commissari nominati per dare attuazione ad un simile impianto programmatico avevano svolto un lavoro encomiabile ma, ripeto, il limite delle risorse e l’approccio frantumato in otto distinti ambiti territoriali e non all’intero assetto del Mezzogiorno, avevano, praticamente, compromesso la intera iniziativa. Il Governo attuale ha istituito una Zes Unica, cioè finalizzata all’intero Mezzogiorno, ed ha reso disponibile una quantità di risorse pari a 3.270 milioni di euro

Molti dimenticano che durante il Governo Conte 2 c’era stato un lungo seminario a cui avevano partecipato quasi tutti i Ministri del Governo ed una serie di economisti e di alti manager del mondo produttivo del Paese. Il seminario era stato coordinato da Vittorio Colao dirigente d’azienda (aveva guidato Vodafone e Rcs Media Group, prima di passare a Verizon) ed il lavoro che aveva portato al seminario era stato commissionato nell’aprile de 2020 dal Governo Conte 2. In realtà Colao doveva guidare “la task force della cosiddetta “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese”.

Il seminario in realtà definì le scelte essenziali per il rilancio del Paese e nel comparto delle infrastrutture strategiche fu indicato anche il collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Dopo tale evento, sia con il Governo Conte 2 che poi con il Governo Draghi, fu istituita una apposita Commissione che esaminò le possibili proposte tecniche per la realizzazione del ponte sullo Stretto. Tutti questi approfondimenti avvenivano mentre contestualmente rimanevano bloccate le riserve sollevate dal General Contractor Eurolink che aveva vinto la gara internazionale per la realizzazione dell’opera e che, su decisone del Governo del 2011, si era deciso di bloccare.

In realtà fino all’insediamento dell’attuale Governo, preciso pur convinti di affrontare e risolvere il tema della continuità territoriale da parte degli attuali oppositori (cioè Patito Democratico e Movimento 5 Stelle) tutto era rimasto praticamente fermo alla logica dell’approfondimento. L’attuale Governo ha deciso, sin dalla Legge di Stabilità del 2023, di riattivare l’intero impianto progettuale e realizzativo dell’opera ottenendo contestualmente con un Decreto Legge del 2023 il ritiro delle riserve (stimate in oltre 700 milioni di euro) da parte del General Contractor Eurolink

L’approccio dei Governi della passata Legislatura all’aggiornamento delle Reti Ten – T non possiamo definirlo positivo; si è solo cercato di seguire gli indirizzi della Unione Europea non rivestendo, come in passato, un ruolo chiave nella stesura di un impianto strategico che coinvolgesse l’intero impianto comunitario; ricordo che in passato il nostro Paese era riuscito ad ottenere l’inserimento del Paese su 4 dei 9 Corridoi strategici che rappresentano la griglia infrastrutturale della intera Unione Europea. Il Governo attuale, prima della conclusione della fase di aggiornamento delle Reti Ten – T è riuscito ad ottenere il prolungamento del Corridoio Baltico – Adriatico fino alla Regione Puglia (prima si fermava a Ravenna), la conferma della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ed una implementazione del budget del programma delle Reti Ten – T

Il Governo attuale, dopo dieci anni di stasi nella realizzazione di opere essenziali è riuscito a far partire, solo a titolo di esempio, opere come gli assi ferroviari ad alta velocità – alta capacità Salerno – Reggio Calabria, Palermo – Catania e Catania – Messina e l’asse stradale 106 Jonica nel Mezzogiorno del Paese o come gli interventi ferroviari del nodo di Firenze, del Terzo Valico dei Giovi e della Linea metropolitana C di Roma.

In questi due anni, invece, la opposizione ha svolto solo un ruolo di routine, cercando sempre di attaccare il Governo su argomentazioni banali ma mai riuscendo ad incrinare, almeno per il comparto delle infrastrutture, le scelte compiute in questi due anni.

Per cui siamo ormai, come dicevo prima, all’avvio di una fase che trova il suo inizio proprio con la stesura della NADEF e del Disegno Legge di Stabilità; tali strumenti, infatti, in un certo senso, disegnano il quadro strategico dei prossimi ultimi tre anni della attuale Legislatura e con tali provvedimenti prende corpo un non facile rapporto tra maggioranza ed opposizione. In realtà da un lato l’attuale Governo deve cercare in tutti i modi di mantenere, nei prossimi tre anni, una capacità programmatica e strategica almeno analoga a quella vissuta in questo primo biennio, mentre, dall’altro, la opposizione non credo possa continuare a fare una politica banale priva di linee antitetiche o di impianti strategici alternativi, perché tutto rimarrebbe sempre un comportamento inconcludente e difficilmente vincente alla scadenza della Legislatura.

Sembra strano ma tutto questo non facile ed articolato confronto – scontro dipende proprio dalle attività che il Governo e le opposizioni svolgeranno in questi giorni in cui prenderà corpo sia la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) sia il Disegno di Legge di Stabilità. (ei)

L’OPINIONE / Mimmo Nunnari: Sud, l’occasione perduta del Governo Meloni

di MIMMO NUNNARI – Condividere il progetto di Calderoli (Lega) sull’Autonomia differenziata senza che prima siano stati adeguatamente “risarciti” i territori meridionali per i secolari saccheggi subiti a favore del Nord significa obiettivamente schierarsi contro il Sud, cioè contro quel terzo abbondante del Paese storicamente lasciato ai margini della vita nazionale da tutti i Governi di tutti i colori politici.

Significa mettere il sigillo con la parola fine su una questione antica e mai risolta come quella meridionale risalente ai tempi ormai lontani del processo di unità nazionale. Perché questo sta accadendo e pochi se ne stanno rendendo conto. La questione del Sud passata senza che le sia stata prestata alcuna attenzione nel ventennio del regime fascista durante il quale il presidente del Consiglio Benito Mussolini preferì investire ingenti risorse pubbliche per colonizzare e modernizzare l’Africa sottraendole al Sud è continuata dopo anche nell’Italia libera nell’indifferenza dei Governi della Repubblica nonostante la Costituzione si ispiri ai principi di democrazia, di libertà, di eguaglianza e di pluralismo.

Ancora oggi di conseguenza il Paese con il più grande patrimonio culturale del mondo e una grande tradizione umanistica da nord a sud continua a essere considerato lesempio più tipico quanto incomprensibile di due Stati in uno. Un’anomalia, in tutto l’Occidente democratico. Che questo ambiguo capitolo di storia italiana si stia ora chiudendo definitivamente, e nel peggiore dei modi, cioè senza un sostanziale tentativo di riequilibrio economico e sociale tra i territori, prima che diventi realtà la mascherata secessione del Nord, è un punto di non ritorno, forse non compreso nella sua importanza storica dalla politica, dai media e dagli intellettuali. Il Governo Meloni si sta cucendo addosso la pagina di storia della disintegrazione del Paese: quella che riporta l’Italia all’epoca preunitaria degli staterelli.

Chi vivrà vedrà cosa ci sarà scritto nei libri di storia fra cinquant’anni o cent’anni. Magari ci sarà scritto che ha vinto un leader che si chiamava Umberto Bossi l’uomo che sognava la secessione del Nord. Aveva la la grande occasione di passare alla storia riavvicinando il Sud al Nord, Giorgia Meloni, e l’ha persa. Accettando i disegni leghisti ha finito con l’accettare l’idea che la questione del Sud è qualcosa di immodificabile, come immodificabili di conseguenza sono le diseguaglianze territoriali. Va detto per onestà intellettuale che non è che il primo Governo di destra della storia repubblicana stia facendo peggio dei Governi del passato, rispetto al Sud; anzi, c’è chi a sinistra ha fatto molto più male inseguendo il Nord per tattica politica allo scopo di scavalcare la Lega e prendersi il merito di una rivoluzione istituzionale in senso federale: vedi lapprovazione infausta del titolo V della Costituzione che ha dato allo Stato una fisionomia più federalista. 

Ma adesso, con l’Autonomia differenziata in dirittura d’arrivo, ci sarà una svolta sulla questione meridionale che farà definitivamente la differenza col passato. Si sancirà , in sostanza, con l’Autonomia non preceduta da un giusto riequilibrio territoriale, che l’annosa questione del Sud diventa irrisolvibile, e perciò è come se fosse inesistente. Tutto ciò sta per accadere paradossalmente con una presidente del Consiglio come Giorgia Meloni interprete di una destra nazionalista che tenderebbe nel suo progetto politico a teneri uniti gli italiani poggiando sull’idea del binomio patria e nazione.

Che nel retroscena di tutto ciò ci sia un neppure tanto nascosto patto di scambio tra reciproche convenienze [autonomia per la Lega e premierato per FdI] è la conferma che siamo sempre nell’Italia Paese dell’identità malcerta, dell’unità incompiuta, dell’astuzia machiavellica e di quel realismo politico un po’ provinciale che porta a fare ciò che conviene al di là della morale, delletica o del bene comune. 

Comunque vadano a finire i progetti di riforma dell’Autonomia e del premierato – e non è detto che vadano in porto – resta il fatto che il Governo Meloni perde l’occasione che sarebbe stata storica di riequilibrare  i rapporti disarmonici tra le aree arretrate e le aree avanzate del Paese e in più non tiene conto delle ragioni che avevano convinto l’Europa a concedere all’Italia l’importo più elevato del Recovery Fund tra i Paesi Ue, proprio per  riportare il Sud dell’Italia ai livelli di autosufficienza e di sviluppo degli altri territori della nazione. (mnu)

CARA GIORGIA, LA STAMPA SI È SCORDATA
DI CHIEDERLE DI MEZZOGIORNO E DI PONTE

di SANTO STRATI – Non abbiamo potuto partecipare per ragioni di salute alla conferenza stampa di fine anno (posticipata a ieri) della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e nel caso, probabilmente non avremmo avuto la fortuna di essere selezionati (per sorteggio) tra i 45 giornalisti ammessi a porre una domanda (senza diritto di replica). Ma una domanda fuori tempo massimo la formuliamo lo stesso: sul Ponte – che è l’evento clou dell’attività del Governo di quest’anno – non ha nulla da dire? Ha affidato al vicepremier Salvini l’intero onere di organizzare, pianificare, programmare e portare a termine la cerimonia di inizio lavori (luglio 2024) ma, fino ad oggi, non abbiamo mai trovato esposta a chiare lettere la sua posizione sull’Opera più colossale del Millennio. Lei è favorevole o perplessa (certo non contraria…) al Ponte? Perché non ha mai apertamente dichiarato che cosa pensa a tal proposito? Il sospetto – ce lo conceda cara Presidente – è che ci sia, sotto sotto, una furbata colossale: lasciando la patata bollente in mano a Salvini avrà la possibilità – in caso di successo – di ascriverne i meriti al Governo, in caso di flop potrà indicare nel vicepremier il responsabile del fallimento. È perfida, come considerazione, lo sappiamo, ma glielo avremmo chiesto senza alcuna indulgenza, pretendendo una posizione chiara, una risposta che dia il segnale di una precisa presa di responsabilità sulla questione Ponte dello Stretto.

Ancora, a malincuore, abbiamo dovuto osservare, nelle tre e passa ore di incontro, che nessuno dei 45 giornalisti che hanno posto altrettante domande ha trovato di qualche interesse chiederle cosa intende fare il Governo per il Mezzogiorno, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore della Zes unica, ma in particolar modo dopo l’assurda gabella ETS che condanna i porti italiani (e in particolar modo quello di Gioia Tauro che sta mostrando segnali di grande crescita). Ma il Sud non è materia d’interesse dei giornali e i media italiani, più che altro sono impegnati a riempire di gossip le proprie colonne o gli schermi, dimenticando che «se non riparte il Mezzogiorno non riparte l’Italia».

Tant’è, ma l’unico accenno al Sud ha riguardato il grande dolore della tragedia di Steccato di Cutro. Ma in una conferenza stampa di fine anno i lettori (per mezzo dei giornali e dei giornalisti) non vogliono sapere di (pur apprezzabili) sentimenti di sofferta condivisione del dolore, bensì amerebbero capire quali sono le intenzioni di un Governo che aumenta le tasse sui pannolini e pensa che chi guadagna 20mila euro al mese sia un riccone da spennare in tasse.

No, si è parlato di futilità e tutto ciò a suo vantaggio. Con questa opposizione e gran parte della stampa italiana che chiede, con timidezza, quali sono gli obiettivi primari non ha da temere nulla: altro che spettro della crisi, a Palazzo Chigi ci starà per decenni.  (s)

Home restaurant, la delusione di Campolo nei confronti del Governo

Nel quadro della recente manovra votata alla Camera, emergono critiche e delusioni riguardo alla mancanza di attenzione verso i veri problemi del paese. Gaetano Campolo, portavoce della Categoria Home Restaurant, solleva dubbi sulla concretezza della manovra, sottolineando che sembra orientata più verso aumenti fiscali, come quelli sulle sigarette e i caselli autostradali, che verso soluzioni concrete per le sfide reali del Paese.

Una delle principali mancanze della manovra riguarda l’ignoranza della sharing economy, un settore sempre più rilevante nell’era della new economy. Campolo denuncia inoltre gli attacchi recenti della Lobby Fipe Confcommercio contro settori come l’home restaurant, un’attività che dimostra di avere un impatto positivo e crescente nell’economia.

La piattaforma Home Restaurant Hotel e altre simili stanno guadagnando sempre più rilevanza nell’ambito della Commissione Europea e dell’Antitrust, cercando di salvaguardare un settore emergente che continua ad essere sotto attacco mediatico. Questo atteggiamento critico mina la crescita del settore home restaurant, disincentivando nuove aperture e contribuendo a diffondere disinformazione.

Gaetano Campolo, parlando a nome della Categoria Home Restaurant, critica la politica per essere lontana dai reali bisogni dei cittadini. Campolo sottolinea come la politica, anziché affrontare tematiche urgenti, sembri focalizzarsi su questioni interne e sugli stipendi, sfruttando periodi di festività per sistemare questioni personali.

La Home Restaurant Hotel srl, attraverso una nota stampa, ribadisce il suo impegno nella difesa dei diritti degli oltre 1000 home restaurant iscritti in tutto il territorio italiano. Campolo fa notare che, nonostante l’articolo 41 della Costituzione italiana regolarizzi questa tipologia di attività privata tramite comunicazioni in questura, la mancanza di una legge specifica limita gli home restaurant a un reddito annuale di 5.000 euro. Un’appello viene lanciato per una regolamentazione adeguata che consenta la piena espressione del potenziale di questo settore emergente.

In conclusione, la manovra alla Camera si trova al centro di una critica costruttiva, con l’home restaurant e la sharing economy che cercano di ottenere la visibilità e il supporto necessari per prosperare in un contesto economico in continua evoluzione. (rrc)

Fondi per il carcere di Arghillà, Neri (FdI): «Compito della politica garantire la dignità di ogni individuo»

Soddisfazione del centrodestra calabrese per le attenzioni del governo centrale sulle infrastrutture regionali. Nuovo passo sull’edilizia penitenziaria: sbloccati dal Governo Meloni 21 interventi per un valore di 166 milioni.
La misura che mira alla ristrutturazione delle carceri è indirizzata anche all’istituto penitenziario di Arghillà.

Soddisfatto del risultato ottenuto il capogruppo di FdI in consiglio regionale Giuseppe Neri che, nel condividere il pensiero del deputato e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove sul «sovraffollamento carcerario che si affronta con l’edilizia penitenziaria e non con i soliti provvedimenti svuota carceri a cui ci hanno abituato i Governi passati», aggiunge: «Grazie ad un lavoro certosino, sono stati sbloccati oltre 11 milioni di euro anche per la costruzione della caserma presso il carcere di Arghillà a Reggio Calabria. Occorre garantire tutele adeguate ai cittadini, ai detenuti, agli agenti di Polizia penitenziaria che, al pari di ogni lavoratore, hanno il diritto di svolgere la loro attività in condizioni di massima sicurezza. Questi fondi oltre a rimarcare l’attenzione del Governo Meloni anche verso le strutture penitenziarie, sono fondamentali per affrontare gli eventi critici e garantire ordine, legalità e sicurezza dentro le carceri».

«Il finanziamento è una boccata d’ossigeno per la casa circondariale di Arghillà – conclude il consigliere Neri – che non solo garantirà sicurezza, ma renderà migliori gli spazi detentivi e soprattutto, le condizioni di lavoro del personale della Polizia penitenziaria. Fermo restando la certezza della pena, compito della politica è garantire la dignità di ogni individuo che contiene l’essenza della condizione umana».

Aumenti di stipendio alle forze di polizia, Montuoro plaude al Governo

«Il Governo nazionale ha recepito perfettamente quelle che sono le anomalie stipendiali dei Comparti Sicurezza e Difesa, dove i servitori dello Stato in divisa percepiscono per ogni ora di lavoro straordinario meno di quello ordinario. Le interlocuzioni, avute nel corso del tempo, tra le Organizzazioni Sindacali della Polizia di Stato ed i rappresentanti del Governo, come il Premier Giorgia Meloni e il Sottosegretario Wanda Ferro, hanno fatto si recepisse concretamente l’esigenza di un rinnovo del contratto di lavoro al passo con i tempi per il Comparto Sicurezza e Difesa. Un risultato importante che deve essere rimarcato perché rende merito al prezioso e coraggioso lavoro del Comparto».

E’ quanto afferma il consigliere regionale Antonio Montuoro, appartenente alla Polizia di Stato da sempre molto vicino ai Sindacati di Polizia.

«Per tale motivo, per dare la giusta dignità ad ogni donna ed ogni uomo appartenente alle nostre Forze di Polizia, il Governo ha stanziato una somma consistente, pari a cinque miliardi di euro, per cercare di andare incontro realisticamente ai nostri professionisti della Sicurezza rispettando con loro ogni impegno preso in campagna elettorale. Questa decisione – conclude Antonio Montuoro – è espressione della credibilità in ogni articolazione governativa, come quella del nostro Sottosegretario di Stato all’Interno Wanda Ferro». (rrc)

Despar Centro-Sud aderisce al “Trimestre anti-inflazione” voluto dal Governo

Despar Centro-Sud, insieme alle altre 5 società consortili italiane riunite sotto il marchio Despar, aderisce, tramite Federdistribuzione, la federazione delle aziende della distribuzione moderna a cui è associata, al “Trimestre anti-inflazione”: l’iniziativa è promossa dal Governo con la finalità di difendere il carrello della spesa dagli effetti dell’inflazione, attraverso l’introduzione di prezzi bloccati su un paniere di prodotti di prima necessità.

Da inizio ottobre, nei negozi delle regioni del Centro-Sud in cui l’Insegna è presente, i clienti troveranno un paniere di più di 300 prodotti a marchio Despar, composto da beni di uso quotidiano e di prima necessità, che saranno sugli scaffali a prezzi bloccati fino al 31/12/2023.

Per contrastare l’inflazione, dunque, nel carrello della spesa Despar Centro-Sud punta sui propri prodotti a marchio (Mdd), vero tratto distintivo dell’offerta Despar, nei quali il cliente può trovare qualità e convenienza garantite e riconosciute da un cliente sempre più fidelizzato, come dimostrano i numeri 2023 della Mdd Despar. Ad oggi, infatti, Despar Italia ha raggiunto una quota Mdd sul totale vendite grocery pari al 22,3%, superiore a quella del mercato totale Mdd in Italia e in crescita di 1 punto rispetto all’anno precedente (fonte Nielsen, Ytd agosto).

Prosegue, dunque, l’impegno di Despar Centro-Sud per difendere il potere d’acquisto delle famiglie, mediante una politica di contenimento dei prezzi e di rinuncia ad una più alta marginalità, già attuata durante tutto il 2023.

«L’estrema incertezza sul fronte interno e internazionale, unita all’aumento considerevole dell’inflazione che ha determinato un rialzo dei prezzi sui beni alimentari – ha spiegato Pippo Cannillo, presidente e amministratore delegato di Despar Centro-Sud – non hanno scalfito i nostri piani e la credibilità nei confronti dei consumatori. L’adesione di Despar al trimestre anti-inflazione rappresenta per la nostra insegna una scelta di responsabilità e di tutela nei confronti dei consumatori e del loro potere d’acquisto». (rrm)

Tutti i casi che agitano il governo di Giorgia Meloni

di GREGORIO CORIGLIANO – Non c’è due senza tre, si diceva una volta. E se andassimo oltre? Non c’è tre senza quattro od anche non c’è quattro senza cinque? Chi dovrebbe accorgersene fa finta di niente, purtroppo. E per quanto tempo ancora. Proviamo a ricordarlo a noi stessi e quindi agli altri. Quello che scoppia per primo è il caso Santanchè. Indagata, la ministra del turismo, a Milano, dallo scorso autunno con le accuse di bancarotta e di falso in bilancio, nell’ambito della gestione di alcune sue società, che evidentemente, coinvolgono altre persone, per sua stessa ammissione. Prima grana giudiziaria del governo Meloni.

Si passa poi al caso Del Mastro, il sottosegretario alla giustizia, per il quale il Gip di Roma ha chiesto, com’è abbondantemente noto, l’imputazione coatta perché accusato di rivelazione di segreti d’ufficio nel caso Cospito. Il terzo caso, quello c.d. Larussa. Sappiamo tutti che c’è un’indagine contro il figlio ventenne di Ignazio Larussa, presidente del Senato. Ignazio Apache Larussa è stato accusato da una sua coetanea, compagna di scuola, di violenza sessuale. Il padre, da buon genitore, senza riflettere molto, salvo poi pentirsene, ha difeso il figlio, “assolvendolo”! Tre casi che, in altri tempi, avrebbero fatto pensare alle dimissioni dagli incarichi istituzionali e di governo degli interessati.

Non solo perché quando si hanno responsabilità come le loro si debba essere come “la moglie di Cesare”, com’è giusto che sia, ma anche per dar loro, si diceva un tempo, la possibilità di difendersi. Anche perché, ogni giorno che passa, si aggiungono altri particolari che non favoriscono coloro i quali hanno “problemi” con la giustizia. Si è fatto l’esempio del ministro Piccioni che vide coinvolto negli anni 50, il proprio figlio, nello storico delitto di Wilma Montesi. Solo i più giovani non hanno memoria di quel fatto di cronaca, che col delitto Fenaroli, occupò per lungo tempo le cronache dei giornali. E poi? Poi c’è da tener conto che in questi ultimi mesi ci sono una serie di iniziative che non aiutano maggioranza e governo. Dodici condoni che potrebbero diventare tredici. La modifica del codice degli appalti che elimina il sistema dei controlli, l’eliminazione del monitoraggio della Corte dei Conti, l’innalzamento del tetto del contante, lo stop alle intercettazioni telefoniche anche per gravi reati.

Insomma non tutto va per il verso giusto, come dovrebbe, anche se si ha la stragrande maggioranza in Parlamento, anche per esclusiva colpa di quel Pd, che Elly Schlein, sta tentando di rilanciare. E’ ancora presto per vederne i frutti. E che dire del ministro Sangiuliano che al premio Strega è rimasto vittima di sue dichiarazioni, come lo stesso sottosegretario alla cultura, Sgarbi,noto per la sua effervescenza e simpatia, che si è reso responsabile, al Maxxi, di discorsi sessisti e ingiustificati? E perché Mattarella ha invitato il governo a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità?

Ed il tentativo di Nordio di cancellare il concorso esterno in associazione mafiosa, bloccato dalla presidente del Consiglio, almeno fino ad ora? E la guerra guerreggiata con i magistrati? Non si può delegittimare la magistratura, addirittura da parte del governo. Bisogna aspettare le elezioni europee oppure far passare il caldo atroce di queste giornate di luglio per avere un sussulto di impegno? I sondaggi non dicono, almeno fini ad oggi, granchè, anche perché siamo alle prese con l’acquisto di nuovi condizionatori e alla ricerca, come diceva il grande Vittorio Zucconi, del lato fresco del cuscino. E comunque, padre Cristoforo docet. «Giorno verrà…»! (gc)

Il Presidente Mancuso contro le bufale sulle infrastrutture in Calabria

Interviene con decisione il Presidente del Consiglio Rìregionale Filippo Mancuso contro le troppe bufale che riguardano le nuovo infrastrutture in Calabria e le polemiche sul “presunto” disimpegno del Governo Meloni nei riguardi del Sud.

«Nessuna opera – ha dichiarato Mancuso – subirà cancellazioni o diminuzioni finanziarie.  Non al Nord e neppure al Sud dove, contrariamente alle fake news messe in circolazione, tutto procede come da cronoprogramma. Si sta mettendo mano ad infrastrutture ferme da decenni e l’impegno per il Ponte dello Stretto è ormai uscito dalle nebbie in cui era stato cacciato, per diventare un progetto concreto e reale. Il Governo e il ministro Salvini stanno ridando al Paese e soprattutto al Sud il diritto al futuro che finora gli era stato negato. Occorre però fare attenzione alle ‘bufale’ propalate, anche perché sui territori c’è sempre chi, per emulazione o confusione mentale, è pronto a fomentare il linguaggio dell’odio e dell’intolleranza. E si  lascia andare a battute indegne di un Paese civile e irrispettose della volontà dell’elettorato.

«Penso – sottolinea il presidente Mancuso – ai due consiglieri comunali di Catanzaro, Palaia e Buccolieri che, partendo dalla ‘bufala’ della decurtazione dei finanziamenti al Sud, definiscono la Lega una vergogna. A prescindere dal merito della questione,  ai due esemplari del neotrasformismo catanzarese (proprio di recente il sindaco della città ha mutato il Dna della sua maggioranza includendo elementi di centro e transfughi del centrodestra) occorrerebbe impartire qualche basilare lezione di democrazia. Tra l’altro ricordando ai due smemorati (e all’eventuale mandante) che senza l’apporto, finanziario e di idee della Regione, del sottoscritto e dunque della Lega, dopo un anno di fallimentare governo del capoluogo della Calabria, la città sarebbe totalmente allo sbando». (rcs)