SS 106, l’assessore Dolce: Prossimo mese completata progettazione da Sibari a Catanzaro

La Statale 106 «è una delle priorità». È quanto ha ribadito l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Dolce, a margine dell’incontro organizzato da Unioncamere Calabria sulle infrastrutture, specificando che «stiamo lavorando a stretto contatto con l’Anas, l’Ufficio progettazione di Anas affinché «i progetti vadano avanti rapidamente e sono andati avanti rapidamente».

«Nel prossimo mese – ha annunciato Dolce ai giornalisti – tutta la progettazione della parte a nord di Catanzaro, quindi da Sibari a Catanzaro, sarà completata e portata anche al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. È un grosso risultato, così come un grosso risultato è avere un quadro complessivo di tutta la statale 106 che è stato fatto, quindi avere un’idea di come può poi completarsi la statale 106 anche a sud di Catanzaro».

«Quanto ai tempi, noi abbiamo come prima attività il tratto Crotone-Cutro, che – ha proseguito Dolce – è già  stato finanziato come progetto bandiera, e sarà il primo a partire e ad essere sottoposto all’esame del Consiglio superiore dei lavori pubblici, e poi a seguire ci sono le altre. Una volta che c’è la progettazione pronta, saremo in grado di intercettare i finanziamenti che saranno disponibili nel prossimo futuro, speriamo che ce ne siano».

«Questo, ovviamente – ha rilevato – non dipende da noi: noi stiamo facendo anche un grosso lavoro per ottenere finanziamenti per portare avanti questa opera fondamentale, adesso vediamo con il nuovo governo. È chiaro che stiamo parlando di un’arteria che va da Taranto a Reggio Calabria. Fino a Sibari, con il Megalotto 3 ci siamo arrivati con le quattro corsie, vogliamo arrivare a Reggio Calabria: e su questo stiamo facendo uno sforzo».

L’assessore, poi, ha spiegato che non è solo la Statale 106 a essere al centro dell’azione della Giunta Occhiuto: ci sono anche le infrastrutture fondamentali, l’alta velocità, la ferrovia jonica e i porti. E, proprio sui porti, Dolce si è soffermato sul Porto di Gioia Tauro, ribadendo che «è un’eccellenza dal punto di vista del trasbordo» e che «deve trasformarsi o evolversi come un porto che sia capace di accogliere merci e trasportarle via ferrovia e via gomma nel resto d’Italia e in Europa».

«Su questo ci stiamo impegnando tanto, le Ferrovie stanno sviluppando il gateway – ha spiegato – e già sono partiti diversi treni per le varie destinazioni come Padova e Bologna. Quindi, l’impegno della Giunta Occhiuto e mio personale è quello di realizzare queste opere che sono in parte già progettate o in corso di progettazione avanzata, perché poi il problema della Calabria è riuscire a mettere a terra e realizzare le opere».

«Ci sono interessi diversi – ha concluso – a volte anche contrastanti, interessi locali che magari vanno contro l’interesse generale, e questi interessi – ha rilevato l’assessore regionale – devono trovare una sintesi e una sinergia rispetto agli interessi regionali e poi anche nazionali».

Agostinelli: «Prossime priorità rigassificatore e ampliamento della linea ferroviaria»

Andrea Agostinelli, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Jonio, si è detto «favorevole al rigassificatore dentro il porto di Gioia Tauro».

Agostinelli, che ha partecipato al dibattito di Unioncamere Calabria, ha evidenziato che «c’è un progetto già praticamente approvato presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, prevede un accosto esterno al porto di Gioia Tauro, e una condotta, una pipe line che corre periferica ai terminal per andare nelle aree retroportuali».

«Ci interessa molto – ha spiegato – per il discorso della piastra del freddo, che ci vede condividere questo obiettivo con il governo regionale attuale. Stiamo sistemando delle aree portuali anche per accogliere questa piastra del freddo: sono lavori compresi nel Pnrr, 10 milioni di euro che stiamo progettando, è in piedi la progettazione definitiva».

«Le priorità che abbiamo raggiunto è il gateway ferroviario – ha evidenziato ancora – perché una volta tanto non parliamo di infrastrutture che devono venire ma di infrastrutture già perfettamente realizzate, collaudate e funzionanti. Le prossime priorità sono il rigassificatore e l’ampliamento e il rafforzamento della linea ferroviaria per regalare anche l’alta capacità al porto di Gioia Tauro».

«In questo momento – ha detto Agostinelli – con la politica regionale c’è una perfetta sintonia di visioni, proprio sul rigassificatore la pensiamo esattamente allo stesso modo. Quanto ai collegamenti ferroviari, non dipende dalla politica regionale ma dal Pnrr, da quanto Rfi sarà in grado di progettare e realizzare sulle dorsali tirrenica a jonica per dare l’alta capacità in uscita e in entrata al porto di Gioia Tauro».

«Il porto di Gioia Tauro è l’11esimo Porto del Mediterraneo, in crescita. Anche quest’anno sfioreremo i tre milioni e mezzo di contenitori», ha ricordato Agostinelli, aggiungendo che il Porto può significare il rilancio non solo della Calabria ma dell’intero Meridione».

«Lavorando giorno per giorno – ha concluso – abbiamo coscienza di tanti problemi, da quelli dell’organizzazione del lavoro portuale, alla sicurezza, alla legalità: sono principi che non ci devono abbandonare mai. Il nostro grande problema è la pianificazione delle spese e la programmazione delle spese. Abbiamo delle date limite, come il 2030 per l’elettrificazione delle banchine. Ma non è un problema di fondi, ma di semplificazione di una burocrazia che ci asfissia». (rrm)

Occhiuto: Insieme realizzeremo interventi e progetti che rimarranno nella storia

«Datemi la forza e, insieme, realizzeremo interventi e progetti che rimarranno nella storia». È quanto ha dichiarato il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, nel corso di una iniziativa nel Vibonese.

«In Calabria – ha detto Occhiuto in un video su Instagram – abbiamo la stessa quantità di boschi che ha l’Austria, con una enorme differenza: in Austria la forestazione pesa il 6% del prodotto interno lordo; in Calabria, invece, non siamo ancora riusciti a fare forestazione produttiva. L’impegno dev’essere fare forestazione produttiva e anche sviluppare le infrastrutture che servono a collegare i paesi montani».

«Io ci sono da 10 mesi, mi sono insediato il 29 ottobre – ha spiegato – sto ragionando con Anas, ho rifatto tutto il piano delle infrastrutture, datemi forza e vedrete che l’intervento in infrastrutture che faremo in Calabria sarà un intervento che rimarrà nella storia, anche perché credo di avere dimostrato in questi mesi che ho determinazione, autorevolezza nei confronti del governo nazionale».

«Certo – ha concluso Occhiuto – se c’è un governo nazionale amico – come ci sarà – e qualche sottosegretario che mi aiuta anche la trasversale la facciamo più velocemente». (rvv)

Infrastrutture, Cisl Calabria: Serve sinergia tra tutti per assicurare opere al territorio

Tonino Russo, segretario generale della Cisl Calabria, e Ottavio De Luca, segretario nazionale Filca-Cisl e reggente della Filca-Cisl regionale, esprimendo preoccupazione per la situazione infrastrutturale in Calabria, hanno ribadito che «solo con un impegno senza precedenti da parte di tutti i soggetti interessati, sarà possibile ottenere l’utilizzo completo, rapido e virtuoso delle ingenti risorse messe a disposizione del territorio, indispensabili per colmare il gap con le altre regioni meridionali e con il resto del Paese».

«La grande opportunità offerta dal Pnrr rischia di diventare l’ennesima occasione sprecata per il territorio, affossata da ritardi ingiustificati, iter burocratici complessi, inadeguatezza di molte amministrazioni locali nel redigere i bandi», hanno aggiunto Russo e De Luca, spiegando che «l’elenco delle opere che è necessario avviare o completare è lunghissimo, a partire dalla Tav Salerno-Reggio Calabria e dalla Strada Statale Jonica 106».

«Ai problemi di sempre – hanno proseguito – ora si aggiungono la carenza di materie prime, il caro materiali, il costo dell’energia, la difficoltà nel trovare manodopera qualificata. Nei mesi scorsi il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha proposto una sorta di ‘Contratto per la Calabria’, vale a dire un accordo che consenta di utilizzare al meglio le risorse del Pnrr, assicurandone un utilizzo virtuoso. Bisogna ripartire da qui, da un Patto per il territorio che abbia come obiettivo prioritario spendere presto e bene i finanziamenti e garantire al contempo la sicurezza dei lavoratori e la qualità del lavoro».

«Quanto sta accadendo per l’Alta velocità – hanno detto ancora Russo e De Luca – è eloquente: bisogna garantire interventi importanti in tempi ragionevoli. L’obiettivo di percorrere in sole tre ore la tratta ferroviaria Roma-Reggio Calabria non è utopistico, e porterebbe notevoli vantaggi sia al tessuto economico che a tutti i calabresi, giustamente stufi di essere considerati cittadini ‘di serie B’. Così come deve essere realizzato con urgenza il corridoio ferroviario Gioia Tauro-Bologna, perché il porto non operi solo per il transhipment, ma anche come gateway, e deve essere portata a termine senza indugi e ulteriori rinvii l’elettrificazione della linea jonica, per la quale ci sono già i fondi stanziati».

«In questa partita – hanno concluso – la manodopera e le imprese del territorio devono giocare un ruolo da protagonista, insieme al coinvolgimento delle istituzioni locali, a tutti i livelli. Solo azioni sinergiche, che mettano al centro il dialogo e il confronto, saranno in grado di porre le condizioni per portare a compimento i progetti per la Calabria: nessuno può permettersi il lusso di perdere anche questo treno, dalle imprese, ai lavoratori, ai cittadini». (rrm)

Il ministro Orlando in visita al Terzo Megalotto della SS 106: Sarà concluso ad agosto 2026

È stata una visita a sorpresa, quella fatta dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che martedì notte ha incontrato gli operai al lavoro per la costruzione del terzo Megalotto della SS 106 “Jonica”.

Per il ministro si tratta di «un grande intervento di ammodernamento, fondamentale per la strategicità trasportistica del Mezzogiorno e della Calabria, che costituirà l’anello di congiunzione tra il corridoio tirrenico – attraverso la A2 “Autostrada del Mediterraneo” – e il corridoio Jonico. Ho passato qualche ora in compagnia dei lavoratori, eccellenze nel settore delle costruzioni, che sono al lavoro sette giorni su sette e 24 ore al giorno».

«Nel pieno rispetto delle norme di sicurezza, con particolare attenzione ai protocolli per la legalità – ha scritto su Facebook Orlando – il cantiere procede secondo i tempi previsti e grazie al lavoro di tante professionalità e competenze vedrà la sua conclusione nell’agosto del 2026. In tutta Italia lavoratrici e lavoratori stanno lavorando giorno e notte per portare avanti le opere e gli impegni del Pnrr e per garantire a tutti noi merci, servizi, infrastrutture. A tutti loro, un enorme grazie». (rrm)

MEZZOGIORNO, STRATEGIA FALLIMENTARE
TOLGONO AL SUD PER LE REGIONI RICCHE

di GIOVANNI MOLLICA – Negli ultimi giorni, Calabria.live, ha ospitato una perfetta rappresentazione dell’incapacità di questo Governo di comprendere l’urgenza di cambiare la pluridecennale e fallimentare strategia adottata per interrompere il degrado sociale ed economico dell’estremo Sud e la perdita di competitività del Paese.

Lo spunto iniziale è venuto dall’articolo nel quale Roberto Di Maria stigmatizzava lo spreco di denaro pubblico derivante dal velleitario tentativo di ristrutturare la Logistica del glorioso porto di Genova, al fine di renderlo competitivo con gli scali del Mare del Nord.

Gli addetti ai lavori non condizionati da interessi diretti sanno bene che la Lanterna ha ormai ben poco da offrire al Paese. 

Doveroso modernizzarne le dotazioni, ma aspettarsi che possa produrre ricchezza analoga a quella di altre realtà mediterranee e anseatiche è una pericolosa illusione. O uno studiato inganno. Serve solo a togliere risorse a Gioia Tauro, Augusta e Taranto che rappresentano il vero futuro del Paese.

A tale riflessione si sono contrapposte le dichiarazioni del Ministro Giovannini che, al Meeting di Rimini, ha ribadito la validità del modello di portualità nazionale fondato sugli scali liguri e dell’Alto Adriatico. 

L’ottusa protervia del Ministro nel sostenere un’idea di sviluppo vecchia e ampiamente fallita non è passata inosservata: sia il direttore di Calabria.live, Santo Strati, che il segretario della Uiltrasporti Calabria, Giuseppe Rizzo, hanno contestato con durezza le parole di un ministro che mostra di ignorare il ruolo della Logistica nel mondo globalizzato, ma anche temi come la coesione nazionale e la Questione meridionale. 

Il che è ancora più grave. Triste dimostrazione della totale e acritica adesione alla stantia teoria del trickle down (gocciolamento) che concentra sulla parte ricca del Paese più risorse possibili nella convinzione che anche la parte povera, in qualche modo, ne trarrà beneficio. Quel “Put the money where the mouth is” (metti i soldi dove c’è la bocca) di thatcheriana memoria, espressione di un’iniqua cultura ultra liberista che tante ingiustizie ha causato nel mondo. Respinta da leader come Xi Jinping e Biden e in contrasto con le direttive europee sulla politica di coesione per uno sviluppo sostenibile, equilibrato e inclusivo. 

È veramente incomprensibile come Draghi, europeista per antonomasia, accetti senza reagire esternazioni che contraddicono platealmente il suo meritorio impegno. 

Spiace anche il prudente silenzio elettorale della Cgil e, soprattutto, della Cisl il cui segretario confederale, Luigi Sbarra, da calabrese, avrebbe dovuto reagire di fronte a quest’ennesima mortificazione dell’estremo Sud. 

Alle suddette denunce si è aggiunto – il 28 agosto, sempre su Calabria.live –  l’articolo di Pietro Spirito che, dando al tema un’interpretazione ancora più ampia, ha deplorato l’inadeguatezza del governo e delle forze politiche nell’affrontare un tema che determinerà gli assetti economici planetari dei prossimi decenni. 

Una mancanza di attenzione figlia di una visione della Logistica a trazione settentrionale sostenuta da forze politiche inadatte a guidare il Paese intero.

A questa situazione quasi disperata, si aggiungono i limiti della classe politica meridionale che, invece di coalizzarsi verso obiettivi comuni – neanche il leader di partito più ignorante può oggi credere che la Logistica e le sue derivazioni possano essere concepite su scala locale e non su modelli sovraregionali se non euromediterranei –, preferisce tentare di arraffare un consenso locale fragile quanto transitorio.

Sul quali moderne teorie di Economia dei Trasporti – e/o realtà di consolidato successo -, il ministro basi le sue balorde ricette non è dato sapere. Certo è che è ignora sprezzantemente l’autorevolissima schiera di tecnici, economisti ed esperti che hanno elaborato e continuano a divulgare solidi programmi neo meridionalisti che, oltre a uno sviluppo equilibrato e sostenibile, favoriscono quella coesione che, incredibilmente, sembra essere il meno importante obiettivo dei governi italiani.

È ormai evidente che avere Giovannini come interlocutore è assolutamente inutile. Resta la speranza di suscitare l’attenzione del Premier, ultima dea per un Meridione il cui voto potrebbe dare risultati inattesi. 

Come nel 2018. Se ciò accadesse, si può essere sicuri che alcuni partiti accuseranno i cittadini del Sud di “avere sbagliato a votare”. (gmo)

Piattaforme logistiche e sviluppo economico: il futuro del Mezzogiorno

di PIETRO SPIRITO – Siamo in una fase che dovrebbe favorire e facilitare la discussione pubblica. Le elezioni politiche, che si terranno il prossimo 25 settembre, dovrebbero costringere le forze politiche a tirare fuori il meglio delle idee e delle proposte per il rilancio del Paese. Francamente non sta andando così. Sinora anzi il livello della discussione  pubblica è piuttosto degradato, invece di orientarsi verso una maggiore qualità dell’offerta.  

Su molti temi non si discute per nulla, su altri si compiono semplificazioni drammaticamente sbagliate, su altri ancora si fanno promesse iperboliche sganciate dal vincolo di bilancio e dal confronto con la realtà.

Logistica e Mezzogiorno sono questioni che viaggiano in queste settimane tra la dimenticanza e la trascuratezza. Eppure si tratta di problematiche dense, dalle quali dipende per buona parte il futuro dell’economia italiana. Sulla logistica si concentrano molti degli aspetti che hanno determinato il rallentamento nella produttività totale dei fattori: per un Paese a forte vocazione esportatrice, non aver saputo costruire  un reticolo di connessioni competitive ed una rete di infrastrutture di elevata qualità è una debolezza che sta costando cara all’industria italiana. 

Nei programmi di tutte le forze politiche il Mezzogiorno è uno dei punti da affrontare, ma non costituisce mai l’elemento centrale per una strategia riformatrice. Dovremmo  invece sapere che il miracolo economico italiano si è realizzato quando il Mezzogiorno ha registrato tasso di crescita  superiori rispetto al resto del Paese. 

Mezzogiorno e logistica sono un incrocio che può generare una nuova politica industriale capace di trasformare l’assetto concorrenziale ed il modello operativo di funzionamento del nostro Paese.

Certamente vanno superate quelle interpretazioni, come quella del Ministro Giovannini,  ribadita nel suo intervento al Meeting di Rimini, che tendono a rappresentare il futuro logistico del Mezzogiorno solo come un punto di arrivo delle merci in transito verso destinazioni finali. Ovviamente, seguendo questo approccio non si va da nessuna parte, perché le rotture di carico saranno sempre tali da determinare scelte logistiche maggiormente orientate verso le tutte dirette alle destinazioni finali. 

Proprio questo è l’equivoco che non consente ai porti ed ai territori meridionali di avviare un processo di riconversione nel posizionamento competitivo  che è indispensabile per tracciare sentieri di cambiamento profondo. 

Le piattaforme logistiche, come è del tutto evidente, non potrebbero essere mai concorrenziali se si specializzassero solo in un flusso unidirezionale. Devono essere in grado di attivare rote e flussi di merci equilibrate, sia in import sia in export. Non ci vuole Mandrake per comprenderlo. 

È stata questa la matrice che ha costituito e determinato il successo delle zone economiche speciali, laddove si sono insediate industrie competitive che hanno modificato drasticamente il volto del sistema produttivo locale, entrando in modo integrato nelle catene globali del valore e modificando la divisione internazionale del lavoro e della logistica. 

L’Italia non si è attrezzata in questa direzione, ed anzi continua a consolidare un modello logistico a trazione nordista che non fa altro che aumentare la congestione e spingere nella direzione di investimenti infrastrutturali molto costosi ed inutili. Nemmeno la approvazione nel 2017 del provvedimento che ha istituito le zone economiche speciali nelle regioni meridionali del nostro Paese ha modificato la matrice concettuale con la quale analizziamo la logistica nazionale, che peraltro deve ormai essere letta in una chiavetta europea ed internazionale. 

È noto che il maggior progetto di investimento nei porti italiani  – nell’ambito del PNRR – è la realizzazione della nuova diga foranea nel porto di Genova. 

Si tratta di un’opera che, allo stato attuale della progettazione  defihita, reca beneficio essenzialmente solo ad una singola banchina del traffico contenitori, ma presenta al tempo stesso costi e tempi di realizzazione completamente fuori controllo, mentre alcuno dubitano anche sulla robustezza statica dell’intervento. 

Poche voci su levano a far notare la gravità di un progetto che viaggia ormai oltre i 2 miliardi di costo, senza nessuna garanzia che sia comperato entro il 2026 (anzi), con un beneficio limitato solo ad un segmento dell’offerta portuale. Neanche le dimissioni del direttore tecnico, uno dei più stimati progettisti di porti, ha finora indotto ad una revisione progettuale che sarebbe davvero necessaria.

Questa scelta è figlia non solo di una matrice ideologica  inadeguata rispetto al disegno logistico del Paese, ma costituisce anche un “inchino” verso uno dei grandi soggetti della logistica internazionale, in nome di quel nuovo capitalismo della mobilità a cui ho dedicato il mio ultimo libro. 

Si riuscirà ad avviare una riflessione seria su logistica e Mezzogiorno nella prossima fase? Ne avremmo davvero gran bisogno, ma le premesse non sono per niente positive. Toccherà continuare ad insistere, con ostinazione. In gioco c’è il futuro del Mezzogiorno e la competitività industriale dell’Italia. 

(Pietro Spirito è docente all’Universitas Mercatorum di Roma, già Presidente dell’AdSP del Mar Tirreno centrale)

CALABRIA, DELUSIONE INFRASTRUTTURE
CAMBIARE STRATEGIA PER LO SVILUPPO

di NINO FOTI – Se esiste una reale e concreta possibilità per il Mezzogiorno, probabilmente l’ultima, di riallinearsi al resto del Paese e diventare allo stesso tempo elemento trainante della nostra economia, è ormai chiaro che la si deve trovare nella capacità di sfruttare tutte le opportunità di sviluppo che questo momento storico ci offre, sia da un punto di vista politico che di risorse.

Negli assetti geopolitici mondiali, come ha di recente dichiarato il Presidente del Consiglio Mario Draghi, “l’Europa ha davanti un profondo riorientamento destinato a spostare sempre di più il suo asse strategico verso il Mediterraneo, ed in questo contesto il nostro Sud può giocare un ruolo fondamentale per il futuro dell’Europa”.

Il cambio di paradigma che sembra essersi messo in moto rispetto al Sud, che da problema del nostro Paese sembra poter rappresentare una possibile soluzione, ci incoraggia a sperare che siamo finalmente di fronte ad una svolta.

La disponibilità di risorse finanziarie che si concentrano in questa fase storica sembra volerci spingere nella medesima direzione. Siamo infatti nella fase di passaggio tra due cicli di programmazione della politica di coesione dove per il completamento del ciclo 2014/2020 dovranno essere spesi entro il 2023, oltre 30 miliardi ai quali si aggiungono i fondi della programmazione 2021/2027 che assegnano al Mezzogiorno 55 miliardi di euro, da utilizzare entro il 2030.

Ulteriori risorse saranno poi disponibili, provenienti come sappiamo dal PNRR, da spendere entro il 2026 -circa 86 miliardi-, pari al 40,8% dei 211,1 miliardi complessivi del PNRR stesso. Quello che bisogna assolutamente fare tuttavia è focalizzare gli obiettivi, affidarsi alla competenza ed evitare di ripetere gli errori del passato.

Se concretamente vogliamo parlare di sviluppo del mezzogiorno, ad esempio, non possiamo pensare di farlo senza mettere al centro lo sviluppo infrastrutturale e la realizzazione di alcune opere fondamentali, come ad esempio l’Alta velocità ferroviaria. Se pensiamo che, dagli studi sugli impatti dell’Alta velocità, è emerso come nei territori con l’AV, il PIL è cresciuto in 10 anni di 7 punti rispetto ai territori che ne sono privi risulta evidente che solo da questa strategia può passare la crescita del territorio.

Bisogna tuttavia valutare con attenzione le soluzioni migliori. Proprio nel caso dell’Alta Velocità, un’opera sostanziale che consentirebbe di ridurre, dopo quasi 35 anni, una parte di quel gap infrastrutturale che inspiegabilmente esiste fra le due parti del nostro Paese, al momento ad esempio esiste una proposta del Ministero dei Trasporti che presenta diversi aspetti poco chiari. Innanzitutto è prevista la costruzione di un nuovo tracciato – 445 chilometri – più lungo di 50 chilometri sia rispetto a quello studiato nel 2005 da RFI che a quello dell’attuale linea lunga 393 chilometri.

Questa nuova linea inoltre andrebbe ad attraversare, senza un apparente valido motivo, le zone più impervie della Calabria tagliando i Parchi Nazionali del Pollino e della Sila. Un progetto che nonostante costi 24 miliardi di euro, collegherebbe Roma e Reggio Calabria in 3 ore e 40 minuti facendo mancare quindi l’obiettivo dichiarato di collegare Roma a Reggio Calabria in 3 ore. Sarebbe oltretutto la prima volta in cui un nuovo tracciato che unisce le medesime destinazioni risulti più lungo di un tracciato precedente. Senza contare che il progetto presentato farà si che la nuova linea ad Alta Velocità non venga realizzata in continuità con quello esistente. La linea che senza interruzioni va da Milano a Salerno infatti, si interrompe per poi ricominciare da Battipaglia.

Non si capisce quindi perché si continui ad insistere sulla realizzazione di questo progetto che, proprio per via della maggiore lunghezza del tracciato, costerebbe oltre 2,5 miliardi in più rispetto ad esempio, ad un altro progetto esistente, già proposto in un documento condiviso da Professori ordinari di Strade, Ferrovie, Aeroporti e Trasporti di tutte le università Calabresi e Siciliane che, consentirebbe invece di collegare Roma e Reggio Calabria in 3 ore.

Come se non bastasse si naviga a vista anche sui tempi. Nell’ultimo aggiornamento del quadro economico di RFI per le principali opere in gara nel 2022, resosi necessario per monitorare l’andamento dei costi complessivi previsti in modo da non mettere a rischio gli equilibri previsti dal PNRR, non c’è traccia del progetto dell’Alta Velocità Salerno – Reggio Calabria che dovrebbe rappresentare, per il mezzogiorno, l’opera più importante prevista dal PNRR stesso. Ciò vuol dire, ad esempio, che l’avvio dei lavori dei primi due lotti calabresi di Alta Velocità, quelli relativi alla tratta Romagnano – Praia e il raddoppio della galleria che collega Paola e Cosenza, slitterà al 2023, con tempi di consegna che sforeranno il 2026, data prevista per la conclusione dei lavori.

Ma se pensiamo a un Sud che, finalmente, con un sistema di alta velocità ferroviaria si connette all’Europa in modo tale che l’Italia possa diventare la porta dell’Europa nel Mediterraneo come si può escludere da questo ragionamento la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina?

Non si può non prescindere da quest’opera, così come Genova è ripartita con il nuovo ponte Morandi, il Sud dovrà ripartire con il Ponte di Messina, che va rimesso al centro dell’agenda politica facendo tesoro degli errori del passato.

Basti pensare, ad esempio, agli effetti della scellerata scelta del Governo Monti che nel 2012 decise di interrompere bruscamente lo stato di avanzamento dell’opera facendo si che il definitivo abbandono del progetto finisse per pesare sulle tasche degli italiani più della sua stessa realizzazione.

Il costo complessivo dell’opera, infatti, al tempo era stato stimato in 8,5 miliardi di euro, dei quali erano a carico dello Stato solo 1,3 miliardi. La chiusura della società concessionaria Stretto di Messina Spa, che aveva già stipulato contratti e bandito gare ha obbligato lo Stato italiano al pagamento di penali per oltre 700 milioni di euro – per le quali ad oggi sono ancora aperti dei contenziosi – ai quali vanno aggiunti i soldi spesi per le opere propedeutiche, circa 300 milioni e i costi per la smobilitazione dei cantieri e il ripristino dei terreni già predisposti per l’opera. In sintesi, invece di spendere 1 miliardo 300 milioni per realizzare il ponte sono stati spesi circa 1 miliardo e 150 milioni per non farlo.

Tutto con un progetto esecutivo già stato approvato che consentirebbe, con un dovuto aggiornamento tecnologico e finanziario, anche oggi di iniziare subito a costruire.

L’ultimo esempio indicativo dello stato dell’arte, qualora fosse necessario, è evidenziato dall’allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza. Su 280 miliardi destinati alla mobilità sostenibile, quelli cioè legati principalmente alla realizzazione di interventi sulle reti stradali, ferroviarie, portuali e viarie, quelli toccati alla Calabria sono solo 4, o forse no. Il finanziamento dei lavori di completamento della banchina di ponente lato nord del Porto di Gioia Tauro ad esempio, prevede un intervento da 16,5 milioni che, stando al documento, proverrebbero dal Pnrr.

Peccato che quei lavori fossero già contemplati nell’Accordo di programma quadro siglato nel 2018 tra Regione, Autorità portuale, Corap, lo stesso Mit e finanziato con risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Uguale copione per gli interventi di adeguamento e risanamento della banchina “Margottini” di Reggio. Anche qui nell’allegato si fa riferimento a 6,5 milioni provenienti dal Pnrr, ma in realtà quelle somme erano già previste nell’Apq del 2018 con risorse Fsc 2014-2020. Così anche per la banchina del porto di Villa San Giovanni: 4 milioni contemplati come risorse Pnrr, ma già finanziati con risorse Fsc 2014-2020.

Insomma, come appare evidente, la strada da percorrere in direzione di un cambio di passo resta ancora molto lunga e non corrisponde alla realtà narrata dai buoni propositi. (nf)

[Nino Foti è responsabile Mezzogiorno di Noi con l’Italia e presidente della Fondazione Magna Grecia]

 

LE PAROLE NON BASTANO PIÚ, LA CALABRIA
È ALLA RICERCA DI UNA VISIONE ORGANICA

di FRANCESCO RAOL’Italia, nel suo insieme, racchiude una serie di risorse umane, materiali e immateriali dal valore inestimabile e il Made in Italy continua ad essere uno dei Brand più ambiti a livello planetario. In contropartita, molti tra i nostri migliori studenti, ancora oggi, per realizzare i loro sogni, sono “costretti” a fare le valige e partire con un biglietto di sola andata. Volendo essere buoni, sarebbe opportuno chiedersi il perché, nel 2022, si continuano ad affrontare le sfide della quotidianità con metodi simili a quelli utilizzati durante la metà del Secolo scorso.

Sicuramente qualcosa non ha funzionato nel verso giusto, oppure vi è una manifesta volontà tesa a non far funzionare un sistema avanzato come il nostro, costringendo la società a vivere in una perenne mediocrità ma con l’appannaggio dettato da aspettative futuristiche nelle quali l’innovazione più recente risulta essere allo stesso tempo obsolescenza conclamata. Alcuni potranno asserire che tutto ciò è il prezzo del progresso. Personalmente credo sia altro. Le risposte a queste domande, volutamente formulate senza l’utilizzo del punto interrogativo, preferirei consegnarle ai miei gentili lettori, magari dopo aver letto i contenuti della presente riflessione.

Da un punto di vista territoriale, ogni singola regione italiana, con il passare del tempo, ha saputo costruire una propria identità puntando principalmente sulle varie peculiarità possedute, senza trascurare la valorizzazione del microsistema, presente su scala provinciale e comunale. Sappiamo benissimo dell’esistenza di numerose regioni virtuose e non possiamo più negare che molte regioni sono ancora ferme, anzi, impegnate a segnare il passo e insieme a loro sono costrette a farlo milioni di cittadini. La presente riflessione, focalizzata sulla realtà calabrese, vuole ripercorrere quella metodologia insegnataci dalle nostre maestre ai tempi delle scuole elementari, quando l’interrogazione di geografia si svolgeva osservando la cartina fisica o politica per illustrare le peculiarità del territorio. 

Osservando la cartina della Calabria, percepiamo immediatamente la quantità e la qualità delle macro-disponibilità che necessiterebbero più di uno sforzo mentale volto a vedere le opportunità e non strutturale per doverle costruire. Con la certezza di non poter fare una approfondita analisi, sommariamente indico una breve didascalia iniziando dagli 800 km di coste (buona parte di esse non utilizzabili a seguito della conformazione montuosa del territorio e dall’intersezione dei binari ferroviari che ne inibiscono la realizzazione di apposite infrastrutture per valorizzarne il litorale. In buona sostanza, pensando al territorio della Locride, perché non vi è stata una progettualità tesa a traslare a monte i binari, attuando da una parte la rivitalizzazione delle aree interne e dall’altra l’implementazione degli insediamenti balneari?

Per quando riguarda le coste non balneabili, perché non si accetta la sfida della Blue Economy, ivi compresa l’acquacoltura? Vi sono poi i tre Parchi Nazionali (Pollino, Sila e Aspromonte). Quali segmenti turistici e quali piani strategici vengono attuati per coinvolgere annualmente un turismo di nicchia, desideroso di vivere questi luoghi, per molti versi ancora sconosciuti oppure trasformati in una cornice utile a narrare quanto le Istituzioni dovrebbero debellare in pochi mesi? Quante guide turistiche e quanta ospitalità diffusa si potrebbe accogliere? Andando avanti, dopo il mare e la montagna, poniamo l’attenzione sulla pianura. Per l’esattezza, nei confronti delle sei pianure della Calabria (Scalea, Sibari, Crotone, Sant’Eufemia, Gioia Tauro e parte della Locride), esiste un progetto strutturale dell’agricoltura nel quale oltre ai prodotti siano compresi appositi marchi identitari per conferire valore tanto alla produzione quanto ai territori? Da un punto di vista culturale: i numerosi monumenti storici, i musei e gli scavi archeologici, in parte visitabili ed in parte inaccessibili a causa di lavori finanziati con il contagocce, ci siamo chiesti in quale circuito nazionale ed internazionale dell’Arte sono rintracciabili?

Senza voler inveire, le guide turistiche, utili a promuovere questi luoghi, sono reperibili su portali specifici e tradotte in tedesco, giapponese, cinese e arabo? Per quanto riguarda il capitolo dei libri, da una parte mi fa piacere apprendere una forte presenza di scrittori calabresi, ma quali saranno le sorti delle nostre biblioteche, stracolme di pregiatissimi volumi?  Attualmente, tali patrimoni librari, sembrerebbero essere stati assegnati d’ufficio ai famelici tarli in quanto, l’idea di mettere in rete le biblioteche della Calabria ed a sua volta creare un portale internet contenente l’intero patrimonio letterario e scientifico, non è stata ritenuta strategicamente utile. Altra domanda: quanti studiosi, ricercatori, restauratori e visitatori avremmo potuto accogliere?

Le Università attive in Calabria, seppur concentrate ad affrontare quotidianamente le sfide poste alla loro attenzione da un mercato del lavoro intento a reperire elevate competenze, vista la professionalità e la preparazione dei docenti e vista la propensione dei discenti nel voler studiare in Calabria, motivazione che comprende anche l’impossibilità per molte famiglie di mantenere i loro figli negli Atenei del Nord oppure presso le costose Università telematiche, quando riusciranno a superare un paradosso, racchiuso in tutti quei corsi di laurea ormai superati e causa del mismatch occupazionale? La parola d’ordine oggi risiede nella ricerca tecnologica, nella gestione dei big data, nell’elaborazione di strumenti informatici utili ad alimentare i logaritmi dell’intelligenza artificiale i quali, affiancati alla robotica e all’info mobilità segnano il futuro. 

Occorre guardare ai prossimi 150 anni e non al tempo passato, altrimenti i giovani e le future generazioni somiglieranno alle generazioni del passato i quali, trovandosi al cospetto del progresso e non sapendolo interpretare, hanno scelto di essere conservatori per sentirsi più forti senza palesare tutta la loro ignoranza. 

Accanto a quei corsi di laurea tradizionali ma utili allo sviluppo, occorre dedicarsi alla sperimentazione di nuovi percorsi innovativi, superando l’esperienza vissuta da migliaia di laureati, costretti a studiare sino a 45 anni per poi poter sperare di vivere una vita da precari oppure doversi consegnare alla servitù della malavita o nel dover ripiegare per accontentarsi riponendo in un cassetto titoli di studio, entusiasmo e capacità indispensabili a generare sviluppo. In Calabria vi sono anche insediamenti industriali di pregevole virtuosità. Buona parte di essi attendono la materializzazione della famosa “Zona Economica Speciale” e della strutturazione degli interporti per poter avviare processi di produzione, capaci di invertire l’attuale curvatura del sistema occupazionale. Intanto, proprio questa mattina, si apprende da Gazzetta del Sud, che dopo 15 anni, è stato superato il limite che impediva il trasferimento della rete ferroviaria dal CORAP a RFI, frutto dell’Accordo di Programma Quadro adottato nel 2007 dall’allora Giunta regionale e riproposto nel 2020 con caparbia dall’Assessore regionale ai Trasporti Domenica Catalfamo.

Anche questi risultati, perché sono giunti così in ritardo? Quanto occasioni perse? Chi ne ha la responsabilità? Il Porto di Gioia Tauro, vista la movimentazione di container e vista la particolare predisposizione dei fondali (tra i più profondi del Mediterraneo) avrebbe meritato maggiori attenzioni e maggiori investimenti, invece di dover attendere così a lungo il collegamento con la rete ferroviaria? Naturalmente, manca ancora un altro importantissimo passaggio per completare l’opera: rendere possibile la percorribilità ai convogli ferroviari lunghi 750 metri, attualmente non possibile a causa di una galleria presente lungo la linea Reggio Calabria-Battipaglia. Anche in questo caso, vuoi vedere che il ritardo è stato causato per non incidere sulla produttività di qualche altro Porto Italiano? Di questo passo, come si può pensare di poter creare nuova occupazione, sviluppo e crescita socioeconomica in una Calabria affamata di lavoro? Al fine di poter fornire un quadro d’insieme ai gentili lettori, vorrei puntualizzare che la portualità in Calabria, oltre allo stesso Porto di Gioia Tauro, conta altri 38 Porti. Seppur di minore dimensione, parte di questi Porti sono stati adibiti ad approdi turistici ed altri a scali commerciali. Anche in questo caso, la domanda sorge spontanea: si potrebbe fare molto di più, oppure va bene così? Vi è poi il capitolo afferente alla mobilità. 

In tal senso abbiamo un primato che la penuria di autostima non ci consente di valorizzare nei modi dovuti. Forse non tutti sono al corrente che la vecchia autostrada Salerno-Reggio Calabria, oggi Autostrada del Mare, sta per divenire una tra le arterie autostradali più evolute d’Europa. Tutto ciò sarà possibile grazie alla lungimirante visione di ANAS che ha progettato e sta realizzando lungo l’A2 la prima Smart Road Italiana. Tutti i processi di manutenzione, aggiornamento e supporto, necessari per questa innovativa via di trasporto, destinata ad accogliere mezzi condotti dall’intelligenza artificiale grazie al sistema cellulare 5G, li commissioneremo ai neolaureati cinesi oppure vogliamo iniziare a formare le nostre Risorse Umane, fissando gli obiettivi riconducibili alla tecnologia informatica, alla robotica e all’intelligenza artificiale come innovazione capace di trattenere le migliori intelligenze? Inoltre, le Scuole e Università quando inizieranno a pensare e investire di più, magari promuovendo sistemi di fund raising per finanziare borse di studio, laboratori ultra moderni, viaggi studio per i meno abbienti e promuovere un modello di orientamento scolastico volto a porre fine alle tante fiere del nulla, con annesse distribuzioni di gadget e sorrisi smaglianti, donati da quei dirigenti che temendo il sotto dimensionamento e il trasferimento dimenticano volutamente il loro ruolo e  improvvisandosi di anno in anno in tutt’altro contribuiscono a rubare il futuro dei giovani?

Il sapere e la meritocrazia possono tornare di moda quando la serietà di un sistema politico-istituzionale inizierà a dare ascolto e porre attenzione alle competenze del futuro da intersecare sapientemente alle abilità richieste in passato e rispondere ai richiami dell’OCSE con la crescita culturale che sino ad ora abbiamo saputo soltanto perdere. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario e aereo, purtroppo siamo ancora ai litigi dell’asilo. Tante volte è un fatto antropologico, registrato quotidianamente tra i tanti contendenti i quali, da una parte sarebbero propensi a vantare pubblicamente i meriti dell’alta velocità e dall’altra sono impegnati a stracciarsi le vesti pretendendo fermate dei treni che da Alta Velocità finirebbero per diventare Espressi perdendo l’efficacia di quei collegamenti veloci indispensabili per i nostri viaggiatori. Solo per espletare meglio il concetto ricorro ad un esempio: per la tratta Roma-Milano, in treno, necessitano 3 ore e 10 minuti e sono previste due fermate intermedie (Firenze e Bologna). Un voluto treno Alta velocità, da Reggio Calabria a Roma, secondo l’acclarata necessità proveniente dagli amministratori locali dovrebbe effettuare soltanto in Calabria almeno in dieci fermate per servire i centri più importanti situati lungo la linea. La domanda sorge spontanea: ci rendiamo conto dove nasce il ritardo? Idem per gli aeroporti: in una regione di 1.900.000 abitanti si può pretendere che ci siano tre aeroporti con collegamento da Roma a Milano giornalieri?

In questo caso la curiosità potrebbe essere intuibile ma la condivido: quante persone viaggiano quotidianamente in aereo su queste tratte? Forse, con un solo aeroporto, situato nel centro della Calabria (Lamezia), servito da una metropolitana di superficie capace di collegare in meno di un’ora tutto il territorio regionale con lo scalo aereo, non saremmo stati più al passo con i tempi, ottenendo maggiori rotte nazionali e internazionali e implementando le opportunità di far giungere in Calabria un turismo abituato a muoversi utilizzando le combinazioni aereo, treno e autobus? Pensateci bene, prendendo la valigia e uscendo da casa, quanto tempo necessita per raggiungere l’aeroporto più vicino utilizzando un mezzo pubblico? Raggiunto l’aereo porto, quale frequenza di voli è disponibile?

Anche queste scelte potrebbero essere annoverate tra i primi segnali di una transizione ecologica reale che da noi stenta ad essere compresa e attuata, soprattutto per mera questione culturale. Volutamente non entro nel merito del segmento afferente alle attività produttive della Calabria, sono profondamente convinto che sino ad ora non sia stato possibile esprimere tutta la potenzialità produttiva di questo territorio per penuria di pianificazione, programmazione e organizzazione. Tali regole aziendali, valgono tanto e rappresentano il valore aggiunto di un mondo artigianale, agricolo, commerciale e societario troppo preso dall’idea che l’imprenditore sa fare tutto e poi spreca fiumi del proprio profitto in spese inutili per tentare di far crescere la propria azienda. Anche questa è una questione culturale. Inoltre, mancando la diffusione del modello cooperativo, i numerosi ritardi registrati nell’organizzazione aziendale, riconducibili anche alla penuria di formazione continua, hanno plasticamente rappresentato la sommatoria degli ulteriori  ritardi strutturali, consolidandone le difficoltà produttive e a sua volta divenendo causa determinante di una crescente difficoltà anche nell’accesso al credito per far fronte al pagamento delle tasse e per affrontare quei costi aggiuntivi, legati al trasporto e alla distribuzione, che incidono sul prezzo finale dei prodotti. 

Percorrendo ancora questa strada, quale futuro potrà avere il nostro segmento produttivo? Potrà mai concorrere a pari dignità con altre aziende più evolute e insediate in un Centro-Nord iperconnesso e veloce? Purtroppo, a noi manca anche la cultura delle filiere di produzione e la capacità di promuovere insieme al prodotto l’immagine mediante la realizzazione di confezioni più raffinate capaci di veicolare l’importanza racchiusa nella storia di ogni prodotto e soprattutto il valore impresso dalle generazioni che hanno custodito nel tempo i vari processi di produzione, tramandando ad altre generazioni non un lavoro ma una grande cultura produttiva.

Per il momento mi fermo. Non scrivo altro. Vorrei sperare che negli spunti offerti possa esserci motivo di riflessione e soprattutto voglia di immaginare una Calabria capace di volare alto attraverso nuove scelte e nuovi percorsi. (fr)

[Francesco Rao è giornalista e sociologo, presidente della Sezione Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi]

PER LA CALABRIA OLTRE 16 MILIARDI DA FS
BUONA PARTENZA, MA SONO ANCORA POCHI

Le Ferrovie dello Stato puntano sulla Calabria, investendo oltre 16 miliardi di euro degli oltre 190 miliardi previsti nel Piano Industriale 2021-2031 che è stato presentato a Roma dalla presidente Nicoletta Giadrossi e dall’Amministratore Delegato, Luigi Ferraris.

Il Piano, dunque, prevede una profonda ridefinizione della governance e un nuovo assetto organizzativo che aggrega le società controllate da FS in quattro poli di business: “Infrastrutture”, “Passeggeri”, “Logistica” e “Urbano”. La visione strategica e industriale di lungo periodo ha, tra i suoi principali obiettivi, dare certezza di esecuzione alle opere infrastrutturali nei tempi previsti; favorire il trasporto collettivo multimodale rispetto al trasporto privato; incrementare fino a raddoppiare rispetto al 2019 il trasporto merci su ferro; rendere le infrastrutture ferroviarie e stradali più sostenibili, accessibili, integrate efficacemente fra loro e resilienti, incrementandone la dotazione anche per ridurre il gap tra nord e sud del Paese; aumentare il grado di autonomia energetica del Gruppo attraverso fonti rinnovabili e contribuire, anche in questo campo, alla transizione ecologica del Paese.

Per la nostra regione, dunque, una vera e propria boccata d’ossigeno, che va a sommarsi all’importante somma stanziata dal Def Infrastrutture che prevede 3 miliardi per la Strada Statale 106 che, tuttavia, per l’eurodeputato di Fratelli d’ItaliaVincenzo Sofo, sono «assolutamente insufficienti per procedere con i lavori di potenziamento di questa dorsale infrastrutturale, tenuto conto che sulla metà di questo tracciato ancora nulla è stato fatto».

Per l’eurodeputato, infatti, «bisogna assolutamente evitare di far rivivere ai calabresi l’incubo della famigerata epopea dei lavori di realizzazione della Salerno-Reggio Calabria perché questa terra ha urgente bisogno di sviluppo e non ha più tempo da perdere».

Tornando al Piano Industriale del Gruppo FdS, è previsto un rinnovato scenario di mobilità – ferroviaria e stradale – all’insegna dell’interconnessione e della sostenibilità e le cui risorse saranno distribuite nel Polo Infrastrutture, Polo Passeggeri, Polo Urbano e Polo Logistica.

Per quanto riguarda il Polo Infrastrutture, è previsto lo stanziamento 15,28 miliardi di euro. Di questi, 8,8 miliardi riguardano le infrastrutture ferroviarie e saranno per lo più destinati alla realizzazione dell’AV Salerno-Reggio Calabria, al potenziamento e all’elettrificazione della linea ionica e della dorsale Lamezia-Catanzaro Lido e ai collegamenti con il porto di Gioia Tauro.

Ammontano invece a 6,48 miliardi di euro le risorse destinate alle infrastrutture stradali: tra gli interventi principali la SS 106 (in particolare per il Megalotto 3, l’adeguamento da Sibari a Crotone e la Catanzaro-Crotone), alcuni miglioramenti funzionali dell’A2 e il completamento della SS 182, la Trasversale delle Serre.

Per il Polo Passeggeri, sono 309 invece i milioni di euro destinati al “Polo Passeggeri”, che si tradurranno in 29 nuovi treni e in nuovi servizi, fra cui il miglioramento del servizio metropolitano nell’area di Reggio Calabria e la velocizzazione dei treni Intercity sulla linea ionica, fra Reggio Calabria e Taranto.

Per il Polo Urbano, si stimano circa 600 mila mq di aree da valorizzare, per un valore pari a 1,1 miliardi di euro; i principali progetti riguardano i territori di Reggio Calabria, Cosenza e Montebello Ionico.

Infine, per il Polo Logistica, è previsto un potenziamento e lo sviluppo di nuovi collegamenti. I servizi intermodali (legati al traghettamento nello Stretto di Messina) passano da circa 1,3 milioni di euro nel 2022 a circa 4,1 milioni nel 2031, equivalenti a circa 276 treni l’anno. I servizi convenzionali cresceranno da 1 milione di euro nell’anno corrente a 1,5 milioni nel 2031, determinando un fatturato incrementale (2031 vs 2022) del 47%, che interesserà in modo particolare la filiera automotive.

Ma non è solo Ferrovie dello Stato a puntare a un «rinnovato scenario di mobilità»: Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nei giorni scorsi, ha presentato gli obiettivi strategici  da conseguire entro il 2030 per rendere la mobilità locale sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale indicati nel Rapporto “Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile”, realizzato dagli esperti del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili.

Come sottolineato dal ministro Enrico Giovannini, infatti, «è necessario stimolare l’uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c’è una maggiore propensione a ricorrere all’auto privata».

«Una recente indagine dell’Istat – ha spiegato ancora – mostra segnali di un’inversione di tendenza e bisogna cogliere il momento. È perciò necessario stimolare la domanda di mobilità sostenibile, come il Governo ha fatto di recente introducendo il bonus sugli abbonamenti, disincentivare l’uso dell’auto e creare piattaforme digitali per facilitare la pianificazione degli spostamenti e la scelta dei mezzi anche in base alle emissioni inquinanti e climalteranti prodotte. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la legge di Bilancio 2022 e il Fondo Sviluppo e Coesione mettono a disposizione risorse per migliorare in modo significativo il sistema di mobilità locale, ma è necessario rivedere anche la regolazione del settore».

Nel Rapporto del Mims, realizzato sulla base di dati statistici raccolti da diverse fonti (tra cui, Istat, Eurostat, Eurobarometro, Isfort, Asstra, Osservatorio sul TPL Mims, Ministero dell’Interno) è stato evidenziato come «la qualità del servizio pubblico locale è piuttosto bassa, in particolare in alcune regioni del Centro e del Mezzogiorno. Collegamenti scarsi, vetustà del parco mezzi e basso livello di digitalizzazione dei servizi sono alcune delle criticità evidenziate nel Rapporto, che sottolinea anche come, sebbene in crescita, la mobilità condivisa e quella ciclabile presentino ancora forti ritardi rispetto ad alcune realtà europee».

«In base ai dati 2019 dell’indagine campionaria “Aspetti della vita quotidiana” condotta dall’Istat, una famiglia su tre segnala, nella zona in cui abita, abbastanza o molta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici. Tale percentuale è più elevata nel Mezzogiorno, dove raggiunge il 40 per cento. Differenze più marcate si registrano in funzione della realtà urbana: le difficoltà di collegamento maggiori riguardano le periferie delle aree metropolitane, mentre esse sono più contenute nelle loro aree centrali».

Inoltre, nel rapporto viene evidenziato come sul livello di soddisfazione degli utenti del Tpl «si registrano divari territoriali significativi: sia il Centro che il Mezzogiorno, infatti, riportano livelli di soddisfazione significativamente inferiori rispetto a quelli del Nord».

«Per conseguire una mobilità locale che sia sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale è necessario poter  misurare le diverse dimensioni con indicatori che consentano di monitorare il cambiamento nella governance, nella programmazione, negli investimenti, nell’innovazione tecnologica e nella gestione del servizio», ha proseguito il ministro, spiegando che «fissare obiettivi quantitativi può servire alle istituzioni e agli operatori pubblici e privati a identificare le azioni più efficaci per ridurre le disuguaglianze territoriali e le distanze con gli altri paesi europei». (rrm)

 

L’OPINIONE / Antonio Errigo: La sicurezza delle infrastrutture pubbliche una leva per uguaglianza sociale e nuova occupazione

di ANTONIO ERRIGO – La sicurezza delle infrastrutture è sempre un tema molto delicato da affrontare. Lo è in Calabria così come lo è nel resto del mondo. La mia opinione, dunque, sarà improntata alla semplice condivisione di un pensiero con tutti i lettori di Calabria.live, senza voler scendere nei particolarismi tipici di questa materia che per sua stessa natura richiederebbe ben altri approfondimenti.

Vado subito al dunque: con la messa in sicurezza delle infrastrutture pubbliche, siano esse autostradali, ferroviarie, portuali o aereoportuali in Calabria – attraverso le necessarie manutenzioni protettive e conservative delle opere – non solo si si ridurrebbero moltissimo i prevedibili rischi di collasso di quelle più obsolete ma si creerebbero le giuste condizioni per generare una rilevante occupazione di personale qualificato, abilitato e specializzato e migliori condizioni sociali.
Mi spiego meglio.

Un lavoro onesto e giusto, che crei e garantisca sicurezza generale, credo che sia il meglio che una società evoluta come la nostra possa e debba attendersi. È una mia convinzione: non pensare di adoperarsi per raggiungere il bene dei singoli e della collettività significa pure ignorare che la crescita economica di un popolo sia strettamente legata alla quantità di risorse che riesce a produrre o acquisire per soddisfare bisogni sempre più eterogenei. Io, quindi, non riesco a concepire una società nella quale il benessere psicofisico ed economico sia limitato a una ristretta quantità di esseri umani. Un mondo più giusto passa da una società più equa e da una minore discriminazione nel godimento di beni individuali e pubblici primari.

Ecco allora che la Calabria, nella sua conformazione e vastità regionale dove vivono una moltitudine di individui, se non viene messa nelle giuste condizioni di sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, arriverà al punto tale di vedere costantemente violato quell’ideale patto di civile convivenza che lascia spazio ad ogni tipo di violenza, corruzione e collusione.
Mi sono trovato spesso, nel corso della mia precedente esperienza professionale presso la Rappresentanza Permanente Italiana presso l’Unione Europea a Bruxelles, a presenziare a numerosi incontri di studio o dibattiti istituzionali durante i quali si cercava di decifrare il presente e ragionare su come sarebbe stato, in via di previsione, il futuro di alcune realtà economiche degli stati membri dell’UE, ma molto meno su come alcune scelte avrebbero impattato sulle società dove esistevano ed esistono delle eccessive inuguaglianze e differenze economiche reddituali pro-capite.

Allora oggi posso ben dire con cognizione di causa che gli Stati (Italia in primis) devono adoperarsi nell’acquisire e produrre le necessarie risorse economiche ma, al contempo, devono impegnarsi al fine di far giungere ad ogni individuo presente al nord, al centro, al sud e nelle isole, le necessarie opportunità di lavoro equamente retribuito, per poter accedere liberamente alle risorse necessarie per soddisfare i proprio bisogni personali e famigliari.

In Calabria questo ideale patto sociale tra lo Stato è l’individuo non mi pare garantito: una generale insoddisfazione e indifferenza si palesa nei giovani residenti delle cinque province; è altresì riscontrabile una conseguente e costante emigrazione del capitale umano (magari formatosi nelle migliori università di tutto il mondo e specializzato nei più importanti atenei e centri di ricerca esteri) verso destinazioni economicamente, civilmente e socialmente migliori della Calabria.

Sulle analogie del passato (nel 1876, i due deputati nazionali, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, chiesero di accertare le reali condizioni sociali ed economiche in Sicilia dopo l’Unità d’Italia) sarebbe interessante che fosse costituita una Commissione Parlamentare bicamerale avente per fine una indagine conoscitiva sullo stato e sulle condizioni di vita economica e sociale dei cittadini residenti nella Regione Calabria. Solo in seguito, eventualmente, prevedere misure legislative di necessità e urgenza ritenute utili alla creazione di uguaglianze sociali, civili e di paritetico accesso al lavoro onesto e legale, adeguatamente retribuito. (ae)