Fillea Cgil: «Governo non faccia cassa su chi ha perso un proprio caro sul lavoro»

«Non si faccia cassa su chi ha perso un proprio caro sul lavoro. Non si porti avanti un provvedimento indegno, che infierisce su chi già paga lo scotto della perdita di un proprio caro. Un taglio che svilisce, ancora di più di quanto il governo non stia già facendo, la dignità dei lavoratori e si accanisce ancora una volta sui più deboli». Simone Celebre, segretario generale Fillea Cgil Calabria, commenta così la riduzione delle risorse del fondo di risarcimento per i familiari di vittime del lavoro.

«Le cronache sono inclementi e segnano il ritmo incessante di morti bianche, specie in Calabria. Il Governo anziché investire sulla sicurezza sul lavoro, individuando, magari, risorse straordinarie, va a comprimere quelle esistenti. Un ulteriore segnale di uno Stato sociale sempre più assente e di un approccio da parte del governo lontano dal Paese reale, dalla vita quotidiana, dal sudore della fronte di chi tutti i giorni si reca sui cantieri o nelle fabbriche. Ridurre il sostegno economico a chi resta senza un marito o una moglie, un padre o una madre, significa segnare ulteriormente il suo futuro», afferma Celebre.

«Ci opponiamo fermamente e porteremo anche queste ragioni nella manifestazione del 24 giugno a Roma per il diritto alla salute e alla sicurezza. Chiediamo – conclude – che il governo ci ripensi, faccia marcia indietro e individui le risorse necessarie da dedicare anche ai controlli, alle ispezioni, al personale, all’innovazione tecnologica e alla ricerca scientifica». (rcz)

LA NUOVA LEGGE CHE RIFORMA IL LAVORO
CON IL VOTO “BIPARTISAN” IN CONSIGLIO

di FRANCESCO CANGEMI – Dopo più di vent’anni la Calabria ha una nuova riforma regionale sulle politiche del lavoro. Il governo Occhiuto tramuta Calabria Lavoro in Arpal durante l’ultima seduta del consiglio regionale.

La riforma darà un ruolo importante all’Osservatorio del Mercato del lavoro e istituirà una rete regionale dei servizi attivando una unità di intervento in caso di crisi aziendali.

La legge, ha detto la consigliera Pasqualina Straface che ha relazionato in Consiglio sul tema, non mette in liquidazione Calabria Lavoro ma «si opererà in piena continuità e sarà anche l’occasione per dare stabilità ai 370 dipendenti dell’Agenzia provenienti dal precariato storico regionale che saranno assunti con contratto a tempo indeterminato e determinato». «Una riforma – ha aggiunto ancora Straface nel corso della seduta – che era attesa da 22 anni e che mi chiedo perché non sia stata fatta prima».

«Si tratta di una sfida per tutti noi», ha detto nel corso dell’illustrazione della legge, la consigliera Pasqualina Straface di Forza Italia.

In merito alla proposta dalla quale scaturirà la nascita dell’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro, appunto l’Arpal Calabria, dedica grande attenzione al prosciugamento del bacino dei lavoratori del precariato e alla riforma dei Centri per l’impiego «che saranno – ha sottolineato Straface – l’infrastruttura di base per lo sviluppo delle politiche attive del lavoro in Calabria».

«Si torna a casa con la soddisfazione di aver contribuito a fare approvare, dopo 22 anni, la riforma regionale sulle politiche attive del lavoro – dice l’assessore alle Politiche per il lavoro e formazione professionale, Giovanni Calabrese –. Una legge che supera l’ultimo provvedimento normativo che risale al 2001. Con la nuova legge vogliamo, prima di tutto, provare a invertire la rotta, vogliamo creare quelle condizioni normative per avviare un’azione sinergica sul territorio calabrese con l’obiettivo di rimediare alle scelte sbagliate del passato che ci consegnano oggi una situazione quasi drammatica».

«Da domani, con la grande e competente squadra del dipartimento lavoro e formazione – ha aggiunto – inizieremo a costruire un piano strategico e straordinario sul lavoro con l’obiettivo di creare nuova e reale occupazione per i cittadini calabresi evitando costanti fughe fuori Calabria alla ricerca di un posto di lavoro».

«Grazie a chi – ha concluso – con grande impegno mi ha supportato nel costruire questo nuovo e importante progetto di legge approvato oggi con il voto favorevole anche dei consiglieri di opposizione. Oggi un bel giorno per la nostra Calabria».

La proposta di legge di iniziativa della Giunta regionale sulle “Norme per il mercato del lavoro, le politiche attive e l’apprendimento permanente” è stata approvata a maggioranza, e con il voto favorevole del Pd.

Dopo l’approvazione il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso ha ringraziato la minoranza per aver permesso l’approvazione di una legge di grande importanza.

«Una bella dimostrazione che quando si parla di interessi comuni – ha detto – ci siete anche voi. Va bene così, a differenza di quando, come avete fatto nella scorsa seduta, avete abbandonato l’aula, senza discutere».

In sede di votazione finale il consigliere dem Ernesto Alecci ha sottolineato il senso di responsabilità del Pd che su una tematica così importante.

«Una legge in alcuni punti abbastanza confusa e contraddittoria», a parere di Alecci mentre Amalia Bruni pur riconoscendo la volontà di un avanzamento legislativo «nella stessa – ha detto – non abbiamo letto un grande futuro di visione», avvertendo sul fatto che nel passaggio da una agenzia, ente pubblico economico a ente pubblico c’è la necessità che siano espletati i concorsi per l’ingresso nella Pubblica amministrazione.

Raffaele Mammoliti, pur annunciando voto favorevole del Pd e la presentazione di alcuni emendamenti, ha definito la proposta «non una vera e propria riforma, ma piuttosto un adeguamento normativo che era necessario fin dal 2015.

La riforma – ha aggiunto Mammoliti – è tutta un’altra sfida, che va riempita di contenuti. L’azione riformatrice la dobbiamo ancora realizzare». Per la maggioranza, Antonio Montuoro, di Fratelli d’Italia, ha definito la proposta in discussione «una svolta importante per la tematica del lavoro in Calabria».

«Una riforma – ha aggiunto – che determinerà importanti prospettive e per le politiche del lavoro compiutamente disciplinate».

Ferdinando Laghi della Lista De Magistris ha annunciato il voto di astensione del suo gruppo. (fc)

FAR RESTARE QUEI CERVELLI IN FUGA: AL
SUD SI PUÒ ESSERE CITTADINI DI SERIE A

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Trattenere i 40.000 laureati che ogni anno se ne vanno dal Sud dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle politiche di sviluppo perché ognuno di quelli è un pezzo di Pil che se ne va». Cosi Luca Bianchi, direttore della Svimez commentava,  nei giorni scorsi, il tema  al centro di un incontro di studio organizzato da Banca d’Italia e Istat. 

Il messaggio univoco che proviene dall’indagine che il calo della popolazione in età lavorativa richiede un aumento del tasso di occupazione in particolare di donne e giovani ed anche un’attenta politica migratoria é di quelli scontati. Il merito sta nel fatto che il tema della emigrazione dei cervelli ritorna centrale.

Chiedersi perché in tanti scelgono fin dalla frequenza della università di puntare al Nord è un esercizio quasi scolastico. Da una realtà dove lavora una persona su quattro come il Mezzogiorno, nel quale rispetto ai 20 milioni di abitanti vi sono solo poco più di 6 milioni che lavorano, compresi i sommersi, non si può che fuggire. Per una serie di motivazioni: alcune delle quali riguardano le ragioni della mancanza assoluta di opportunità. Ed in ogni caso quando queste dovessero presentarsi, considerato che i livelli superiori sono concentrati nelle realtà nelle quali le direzioni generali sono localizzate, nel momento in cui bisogna crescere nelle responsabilità, l’esigenza di lasciare il Mezzogiorno diventa sempre più cogente. Ma vi sono anche altre motivazioni che riguardano il fatto che l’emigrazione a cui assistiamo é alla ricerca dei diritti. 

Proprio così si tratta di una generazione di meridionali, che hanno deciso che non vogliono accontentarsi di essere cittadini di serie B e poiché hanno già cessato di sperare in una possibilità di cambiamento, poiché ritengono che non sia possibile avere gli stessi diritti di cittadinanza che si hanno al Nord, hanno deciso di spostarsi. I diritti fondamentali che cercano  sono quelli alla mobilità, alla salute, agli asili nido per i loro bambini, a una buona scuola. Se a questo aggiungi quello che afferma sempre Luca Bianchi e cioè che “in realtà se continuano ad emigrare è perché la qualità del lavoro e le retribuzioni sono troppo basse, circa il 20% inferiori al resto d’Italia” il quadro si completa. 

Ciò vuol dire che le gabbie salariali tanto invocate e richieste da una parte del Nord  sono già una realtà. 

Ovviamente il Centro Nord gode di tutto questo come evidenziato dall’ultimo Rapporto Istat sulle migrazioni nel Paese: «Il Centro-Nord “recupera” le perdite accumulate nel decennio 2012-2021 con gli studenti in arrivo dal Mezzogiorno. Negli ultimi 10 anni, il Nord guadagna oltre 116mila giovani risorse provenienti dal Sud e dalle Isole, il Centro quasi 13mila. Nel complesso, le uscite dal Mezzogiorno verso l’estero e le altre regioni d’Italia determinano una perdita di circa 150mila giovani laureati». 

Non per fare il conto della serva ma dire che tutto questo costa al Sud 45 miliardi, considerato che per formare un laureato  servono 300 milioni,  non è sufficiente ad individuare il vero costo per la realtà meridionale, perché i 45 miliardi riguardano solo il danno emergente, la valutazione del lucro cessante è più difficile da calcolare. 

Ma certamente il processo emigratorio è quell’elemento che non consente più alla foresta dello sviluppo di crescere e che avvia ed alimenta un processo di desertificazione.

Per questo l’autonomia differenziata voluta in primis da Calderoli/Zaia, ma anche da Fontana e Bonaccini, sodali in quel mai costituito ufficialmente, ma sempre in azione,  Partito Unico del Nord, che prevede la istituzionalizzazione dei diversi diritti di cittadinanza è una deriva pericolosissima. 

Bisogna puntualizzare peraltro che sbaglia chi confronta l’emigrazione dal Sud con la mobilità che vi é al Nord. Perché se è vero che gli arrivi da Sud compensano numericamente la fuga e che resta il fatto che anche tutte le Regioni del Nord hanno un saldo dei giovani laureati verso l’estero negativo non si può non precisare che quella dal Sud è emigrazione e l’altra invece è mobilità. 

L’Istat ricorda che sempre nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre un milione di residenti di cui circa un quarto in possesso della laurea, in buona parte settentrionali. Tra rimpatri ed espatriati il saldo insomma è chiaramente negativo, al punto che la perdita complessiva dell’Italia per l’intero periodo è di oltre 79mila giovani laureati. 

Tutto vero ma bisogna calcolare però che vi sono una serie di stranieri che vengono a lavorare in Italia e che compensano, anche se solo in parte,  il drenaggio che avviene,  in un processo di scambio di esperienze che non può che essere positivo. 

L’emigrazione di cui soffre il Sud è invece un fenomeno tipico dei paesi poveri, che perdono i loro migliori residenti spesso senza guadagnare giovani stranieri che decidono di trasferirsi nelle aree meridionali. Lamentarsi di un processo che ha le sue origini in politiche che prevedono che alcune parti del Paese siano considerate come colonia, nelle quali anche con il Pnrr si pensa di dotare i comuni interessati degli asili nido con bandi competitivi è un esercizio non solo inutile ma anche vigliacco. 

Deve essere chiaro a tutti che il Mezzogiorno è funzionale, in tutte le sue componenti di territorio e capitale umano, alla crescita sempre più contenuta di un Nord che pensa di poter sostenere la propria competitività rispetto alle aree ricche della MittelEuropa sfruttando  a suo vantaggio, in una cannibalizzazione degli altri territori,  un Mezzogiorno debole.  Anche se é evidente che fin quando il rapporto nei confronti delle  parti forti del Paese sarà in una forma di ascarismo perdente, sia in termini elettorali che conseguentemente in termini economici,  i risultati non potranno che essere quelli registrati ormai da oltre cinquant’anni. 

Se come nelle tragedie greche il Sud aspetterà che un deus ex machina, che sia lo Stato centrale o un partito nazionale,  si occupi di impegnarsi seriamente per politiche di sviluppo adeguate allora non potrà che rimanere deluso. Anche se è difficile con la mancanza di formazione e di consapevolezza,  dovuta anche ad una diffusa dispersione scolastica oltre che alla mancanza di tempo pieno nelle scuole e alla poco occupazione che non consente di avere in casa delle donne occupate quindi più inserite nelle problematiche del Paese, è necessario che vi sia un colpo di reni che preveda non questue rispetto ad un Paese che può essere più o meno generoso, ma pretese legittime da far rispettare con la forza delle urne. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

IN CALABRIA LAVORANO POCHE DONNE
SVIMEZ: INTERVENIRE SU OCCUPABILITÀ

di FRANCESCO CANGEMI – Non è una regione per donne. Anche dal punto di vista lavorativo. La Calabria, e tutto il Sud in generale, fanno registrare dati non felici per quanto riguarda l’occupazione femminile nonostante un piccolo incremento rispetto al passato.

L’occupazione femminile in Italia cresce anche al Sud, infatti, ma il Mezzogiorno resta in fondo alla classifica europea sul lavoro delle donne con le ultime quattro posizioni per Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. È quanto emerge dalle tabelle Eurostat sull’occupazione nel 2022. Nell’anno solo il 30,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni in Sicilia lavorava, in aumento rispetto al 29,1% del 2021 ma comunque distante di oltre 34 punti dal 64,8% medio dell’area euro.

In Campania nel 2022 lavorava solo il 30,6% delle donne contro il 29,1% del 2021 mentre in Calabria lavorava il 31,8% delle donne contro il 30,5% del 2021. La Puglia è quart’ultima per l’occupazione femminile con il 35,4% delle donne occupate (33,8% nel 2021).

Non solo l’Eurostat fotografa una situazione sfavorevole alle donne, anche la Svimez parla di dati non felici in un apposito studio.

La carenza di servizi al Sud penalizza il lavoro delle donne con figli e contribuisce all’inverno demografico: appena il 35% delle madri con figli in età prescolare lavora rispetto al 64% del Centro-Nord. La conciliazione famiglia-lavoro è ancora, soprattutto, una “questione meridionale”.

A conferma di un mercato del lavoro “poco amico dei giovani”, nelle famiglie italiane si registrano tassi di occupazione sensibilmente più elevati per i genitori che per i figli (67,8% contro il 56,1%). E sono i genitori maschi, soprattutto, a determinare quest’esito: il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri. Con l’aggravante di tassi di occupazione strutturalmente più contenuti, nel Mezzogiorno il divario genitori-figli è di 11 punti percentuali (53,7 contro 42,8%) contro i 9 del Centro-Nord. Anche lo squilibrio di genere tra genitori è più marcato ne Mezzogiorno: 74,4 e 36,7% il tasso di occupazione rispettivamente per padri e madri meridionali (88 contro il 65,4% nel Centro-Nord).

Il tasso di occupazione delle donne italiane con figli in età prescolare è particolarmente contenuto (53,9% contro il 60,5% delle madri con figli da 6 a 17 anni). Nel Mezzogiorno il dato crolla al 35,3% per le madri con i figli in età prescolare (40,8% per le mamme meridionali con figli in età scolare).

A determinare questa problematica condizione delle donne nell’approcciare il mercato del lavoro contribuiscono la carenza di posti disponibili negli asili nido, gli elevati costi di accesso al servizio, la scarsa diffusione del tempo pieno nelle scuole dell’infanzia. Prima ancora che le opportunità di lavoro, queste carenze frenano la partecipazione al mercato del lavoro delle donne. Una questione italiana in Europa che è determinata soprattutto dai divari tra Mezzogiorno e Centro-Nord: il divario sfavorevole al Sud nei tassi di attività si attesta tra i 25 e i 30 punti percentuali per tutte le tipologie familiari. In particolare, il divario italiano nel tasso di partecipazione femminile rispetto alla media UE è di circa 13 punti percentuali, media dalla quale il Centro-Nord è distante circa 5 punti, il Mezzogiorno ben 28 punti.

La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un freno per le prospettive di crescita dell’economia italiana, soprattutto alla luce di tendenze demografiche particolarmente negative, che già si stanno riflettendo in un calo della popolazione in età da lavoro.

«Risulta dunque evidente – scrive lo Svimez nel suo rapporto – l’importanza di interventi rivolti a incentivare l’occupabilità delle donne, soprattutto nel Mezzogiorno, rafforzando i servizi per l’infanzia e le infrastrutture scolastiche, favorendo una distribuzione più equilibrata tra generi delle attività di cura della famiglia e facilitando la conciliazione dei tempi di vita e lavoro». (fc)

Mammoliti (PD): In Calabria i dati del mercato del lavoro sono da allarme sociale

Il consigliere regionale del Pd, Raffaele Mammoliti, ha denunciato come «in Calabria i dati del mercato del lavoro e l’aumento della disoccupazione costituiscono un vero e proprio allarme sociale».

«E non può di certo essere sufficiente – ha aggiunto – il titolo di un provvedimento legislativo o cambiare targa da azienda Calabria Lavoro ad Arpal per rendere esigibile la missione principale nel mercato del lavoro calabrese delle politiche attive e dell’apprendimento permanente da troppi anni purtroppo sacrificate. Ieri ho partecipato ai lavori della III Commissione in Consiglio regionale che ha affrontato la discussione in merito alla proposta di legge n. 176/12^ rubricata “Norme per il mercato del lavoro, le politiche attive e l’apprendimento permanente”».

«La Commissione ha svolto le audizioni delle OOSS di categoria le quali, pur apprezzando il provvedimento – ha detto – hanno comunque manifestato perplessità in merito alle risorse destinate per i lavoratori impegnati nella nuova Agenzia denominata Arpal. Come abbiamo anticipato  nel corso degli interventi, come gruppo Pd nei prossimi giorni avanzeremo le nostre proposte tese a rafforzare l’impianto normativo e l’effettiva valorizzazione delle risorse umane, individuando attraverso la necessaria implementazione le risorse economico-finanziarie per meglio declinare gli obiettivi contenuti nel provvedimento e per rendere più esigibile il diritto al lavoro attraverso le politiche attive che nella nostra regione sono indispensabili se di vuole realmente offrire opportunità di lavoro ai tantissimi giovani disoccupati e inoccupati».

«In Calabria abbiamo dati da vero allarme sociale – ha rimarcato – con la percentuale più bassa di occupati e percentuali più alte per disoccupati soprattutto tra i giovani e le donne. Inoltre il livello dei neet (giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non sono inseriti in percorsi di istruzione e formazione) supera di gran lunga la percentuale nazionale che è del 19%, mentre in Calabria sfiora il 30%.  È  evidente che bisognerà, se non si vuole annunciare generiche e burocratiche, azioni di riforma varare con il coinvolgimento delle OOSS confederali un Piano del lavoro utilizzando bene le risorse e gli strumenti disponibili».

«Promuoveremo, pertanto, un’apposita iniziativa per avanzare le nostre proposte – ha concluso – che sottoporremo all’attenzione del presidente Occhiuto sollecitandolo ad un’indispensabile azione riformatrice. Prima di ogni altra cosa sarà necessario individuare le risorse adeguate, in grado di sostenere le azioni di sistema che bisognerà mettere in campo per elaborare un Piano straordinario di interventi di politica del lavoro». (rrc)

Sposato (Cgil): Occhiuto dica a Meloni che in Calabria i giovani scappano per mancanza di lavoro

«Il Presidente Occhiuto dica al Presidente Meloni che in Calabria i giovani stanno andando via tutti perché manca il lavoro e il futuro, che i pensionati sono più dei lavoratori attivi, che in Calabria cadono i ponti alla prima pioggia ed il mezzogiorno è diventato uno sfasciume pendulo sul mare, come diceva Giustino Fortunato». È quanto ha dichiarato il segretario generale della Cgil Calabria,Angelo Sposato, nel corso dell’assemblea generale della Cgil Area Vasta svoltasi a Lamezia Terme.

Sposato a rimarcato la necessità di «proporre soluzioni alternative per fa cambiare le cose. Il tema della mobilitazione nazionale deve impegnare la nostra organizzazione con la massima potenza di fuoco: la buona riuscita della manifestazione permette di mantenere alta l’attenzione sui temi nazionali che noi abbiamo posto che sono quelli della lotta all’inflazione, la richiesta dell’aumento salari, la riforma dei salari. Spieghiamo ai cittadini che gli interventi preannunciati sono dei bonus camuffati, giusto per citare un esempio della comunicazione fuorviante utilizzata da questo Governo».

«E ci dispiace – ha detto ancora Sposato – che Occhiuto, indossando la casacca della Autonomia Differenziata, abbia messo discussione la Vertenza Calabria; noi parlavamo di manutenzione delle infrastrutture, della messa in sicurezza delle strade, e non della realizzazione del Ponte sullo Stretto. Dopo quanto accaduto a Longobucco è ancora di più importante la mobilitazione».

«Dobbiamo avere coraggio di aprire quante più vertenze possibile – ha concluso Sposato – anche nella elaborazione di proposte alternative, da portare nelle assemblee nei posti di lavoro e nei territori, in maniera unitaria: proiettiamoci verso l’autunno che deve essere di mobilitazione e rinascita».

Oltre a Sposato, presenti Enzo Scalese, segretario generale dell’Area Vasta.

«Dobbiamo avere la forza di spiegare ai cittadini e alle cittadine come stanno le cose, reagendo alla demagogia di questo Governo – ha sottolineato il segretario generale Scalese –. Stiamo per affrontare una stagione molto dura che la nostra organizzazione deve affrontare in maniera unitaria: la nostra azione deve essere finalizzata alla messa in sicurezza del territorio, a salvaguardare i precari, a garantire il diritto alla salute di tutti e tutte. Sicurezza del territorio che si accompagna alla tutela dell’ambiente e alla possibilità di legare alla prevenzione il grande tema dell’occupazione: da sempre parliamo della creazione di posti di lavoro legati alla salvaguardia del territorio».

«Saremo in piazza per la tutela dei redditi dall’inflazione e per chiedere all’aumento del valore reale delle pensioni e dei salari, rinnovo dei contratti nazionali dei settori pubblici e privati, per un mercato del lavoro inclusivo e per dire no alla precarietà; per dire basta morti e infortuni sul lavoro – ha detto ancora Scalese –. Occorre ridare valore al lavoro, eliminare i subappalti a cascata e incontrollati, e portare avanti una lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato».

«Sono questi alcuni dei grandi temi che dobbiamo affrontare con determinazione – ha aggiunto – pensando a come garantire i diritti di cittadinanza, che non vengono minimamente rispettati, a pensare soluzioni per bloccare l’emigrazione dei giovani che svuotano una regione dove ad oggi, come risulta da una indagine del Sole 24 ore, dove i pensionati superano di gran lunga i lavoratori».

«Torniamo a parlare di medicina territoriale e dell’incremento del costo dell’energia: teniamo alta l’attenzione sui diritti dei calabresi», ha concluso il segretario generale Scalese sollecitando la presenza alla manifestazione dei Forestali, in programma per giovedì 12 alle 10 davanti alla sede della Cittadella regionale.

L’assemblea ha provveduto anche alla nomina dei Direttori Inca di Vibo Valentia e Crotone, rispettivamente Francesco Rombolà e Vittoria Torromino(rcz)

Verso le mobilitazioni, a Lamezia l’attivo regionale unitario con i tre sindacali confederali

In vita delle mobilitazioni nazionali in programma il 6, il 13 e 20 maggio, si è svolto a Lamezia Terme l’attivo regionale unitario dei quadri e delegati Filctem CGIL, Femca/Flaei CISL e Uiltec UIL.

Presenti i segretari confederali Angelo Sposato, Enzo Musolino e Santo Biondo, oltre che i segretari generali delle categorie Francesco Gatto (Filctem CGIL), Nicola Santoianni (Femca CISL), Antonino Mallone (Flaei CISL) e  Vincenzo Celi (Uiltec UIL).

Durante l’assemblea si è discusso con i lavoratori dei temi alla base del calendario di mobilitazioni nazionali indette contro il governo e il sistema delle imprese al fine di ottenere un cambiamento delle politiche industriali, economiche, sociali e occupazionali.

«Senza provvedimenti strutturali il Paese rischia il default – ha affermato Sposato –, il decreto lavoro ha confermato la necessità di scendere in piazza. Quelli contenuti nel provvedimento, ad esempio, sono solo dei bonus sul fisco, non un taglio al cuneo fiscale. Si andrà ad aumentare la precarietà, specie nel Mezzogiorno della desertificazione economica e sociale. I calabresi hanno più ragioni per manifestare, nelle assemblee che stiamo facendo sta venendo fuori tanto disagio, tanto malessere, perché il lavoro è diventato povero. Bisogna individuare strumenti per far diventare questo Paese più giusto e solidale. Ecco perché noi saremo in piazza».

«L’azione del governo non è rispettosa di quelli che erano gli impegni assunti a suo tempo con Cgil, Cisl e Uil. Parlano di riduzione di cuneo fiscale enfatizzandone la cifra, ma secondo i nostri calcoli non è quella che il governo annuncia. Ma non solo, il beneficio per i redditi medio bassi da luglio a dicembre non può bastare, una reale riduzione del cuneo fiscale, delle imposizioni ai redditi da lavoro e da pensione, va resa strutturale», ha detto il segretario Musolino.

«Vogliamo chiedere al governo di legarsi al Paese reale, di sentire le nostre rivendicazioni. Chiediamo un lavoro più sicuro, più stabile, ben retribuito. Rivendichiamo investimenti sulla sanità perché possa essere finalmente pubblica e universale e investimenti sull’istruzione. C’è poi il tema previdenziale e del fisco: chiediamo da tempo – ha dichiarato Biondo– alla politica di allargare la tassa sugli extra profitti ma si continua a bastonare le persone in maggiore difficoltà e non si interviene sui poteri forti. È ora di lanciare un segnale forte, saremo il 6 maggio a Bologna, il 13 maggio a Milano e il 20 a Napoli in una grande manifestazione per il Sud».

Dalle categorie è emersa una particolare attenzione sui temi legati alla transizione ecologica e trasformazione digitale che possono diventare concrete opportunità di sviluppo per la Calabria facendo leva sugli investimenti pubblici e privati. La nostra regione è vocata a poter diventare Hub energetico, non solo per il transito dell’energia ma anche per lo sviluppo  di filiere industriali energetiche e ambientali. (rcz)

Russo (Cisl): Ci sono le condizioni per creare lavoro dignitoso con fondi del Pnrr

Il segretario generale di Cisl CalabriaTonino Russo, ha evidenziato come «ci sono le condizioni per creare lavoro dignitoso e sicuro grazie ai fondi del Pnrr e ad altre risorse europee e nazionali, che devono essere spese bene per qualificare il lavoro, modernizzare il Paese, e agganciare anche nel Sud e nella nostra regione crescita e ripresa».

La Cisl calabrese, infatti, è a Potenza con una nutrita rappresentanza di tutte le categorie di lavoratori e dei pensionati per partecipare alla manifestazione nazionale unitaria con Cgil e Uil sul tema Una Repubblica fondata sul lavoro, nel 75° anno della Costituzione.

«Vogliamo sottolineare – ha proseguito il sindacalista – la necessità di compiere uno sforzo ulteriore, tutti insieme, perché il significato della Festa dei Lavoratori possa essere condiviso e assaporato da tutti anche in Calabria, dove ancora l’occupazione scarseggia, è troppo spesso precaria, e dove ci si imbatte, in tante situazioni, nella mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro».

«Per la Cisl – ha ribadito – è particolarmente importante il richiamo della manifestazione di Potenza alla Costituzione della Repubblica nel 75° anno dalla sua entrata in vigore. È importante il richiamo all’art. 1, ma anche all’art. 5 che ci parla di una Repubblica “una e indivisibile” e ci fa ribadire che ogni ipotesi di regionalismo differenziato deve essere affrontata e discussa con le parti sociali, con i territori, nel Parlamento, senza forzature».

«E, ai fini dell’attuazione dell’art. 46 della Costituzione – ha annunciato – la Cisl avvierà nelle prossime settimane una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare sulla democrazia economica, perché sia finalmente concretizzato il “diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».

«Il nostro Paese è in una fase delicata – ha concluso – in cui bisogna investire per il futuro delle nuove generazioni. Ciò – conclude Tonino Russo – dovrebbe spingere tutti, Governo, parti sociali, forze sane dei territori, alla responsabilità del confronto e del dialogo per individuare insieme le strade da percorrere. È l’appello che la Cisl lancia in questo Primo Maggio e che vuole testimoniare con la sua presenza in piazza». (rcz)

L’assessore Calabrese: Stabilizzati 11 lavoratori con Azienda Calabria Lavoro

Sono stati sottoscritti dei contratti, a tempo determinato, per 11 lavoratori di Azienda Calabria Lavoro. Lo ha reso noto l’assessore regionale al Lavoro e Formazione professionale, Giovanni Calabrese, sottolineando come «abbiamo restituito un minimo di speranza ad altri lavoratori ‘dimenticati’, per i quali possiamo iniziare a pensare ad un percorso di stabilizzazione».

«Il nostro obiettivo – ha evidenziato – è di rimediare alle storture del passato, che non hanno prodotto stabilità lavorativa, e provare a risolvere l’atavico problema del precariato pubblico che rappresenta, in modo evidente, il fallimento della politica nei confronti dei nostri cittadini calabresi».

«È un compito arduo che, con il Presidente Roberto Occhiuto ed il sostegno del Governo Meloni e del Parlamento – ha concluso – abbiamo l’obbligo di affrontare e risolvere per costruire una Calabria normale».

All’iniziativa in Cittadella hanno preso parte la commissaria di Azienda Calabria Lavoro, Elena Latella, e il dirigente del dipartimento regionale Lavoro e Welfare, Roberto Cosentino(rcz)

Le proposte di Cgil Calabria su alcuni dei nodi del mondo del lavoro

Problematiche relative alle riforme istituzionali, al mondo del lavoro ed al rapporto con il governo regionale sulle varie vertenze. È su questo che si è focalizzata la neo segreteria regionale del Cgil Calabria che, per l’occasione, ha fornito delle proposte in merito ad alcuni degli attuali nodi del mondo del lavoro.

er i rischi che si determinerebbero per la Calabria, il Mezzogiorno e l’intero Paese, l’Autonomia differenziata deve essere fronteggiata a partire da una necessaria iniziativa territoriale in grado di fare crescere il coinvolgimento della cittadinanza e un’ampia rappresentanza associativa ed essere propedeutica per l’indizione di una mobilitazione regionale, così come sta avvenendo sui temi della Pace.

Sul precariato regionale ci sono prime risposte per una parte dei lavoratori della Legge 15 (ex art.7) che sono stati contrattualizzati conl’Azienda Calabria Lavoroe per i quali continuerà ad esserci attenzione per il raggiungimento del pieno orario contrattuale.

Per quanto determinato nel provvedimento assunto ieri dal Consiglio Regionale viene avviata la fase per una prima contrattualizzazione dei precari della Legge 12/2014 nell’attività di affiancamento e attuazione del Pnrr e Fondi Sie. Quest’ultima attività meriterebbe l’impegno per una stabilizzazione definitiva e non solamente temporale per il detto precariato con l’obiettivo di chiudere l’intero bacino con lo sbocco occupazionale.

Rimane senza soluzioni la carenza di risorse umane del sistema pubblico, per il quale in Calabria necessita un Piano straordinario di assunzioni, necessarie a garantire competenze e professionalità, stabilità nei rapporti di lavoro e allo stesso tempo capacità di spesa delle istituzioni locali e prestazioni per il diritto alla salute nel comparto sanitario.

Così come bisogna accelerare il percorso per il Piano per il lavoro che dovrà riguardare l’avviamento di giovani da avviare e formare per l’attività di manutenzione del territorio e il servizio antincendio per la prossima estate, avvalendosi del nuovo ruolo dei C.P.I. conseguente allo stato di attuazione delle misure del Par Gol.

Il ruolo degli Enti strumentali deve ricevere il supporto di una completa azione di riforma che sosterremo con la concertazione, a partire da quella non più rinviabile dei Consorzi di Bonifica. (rcz)