La consigliera Straface: In arrivo nuove misure a sostegno della cittadinanza

La consigliera regionale Pasqualina Straface ha reso noto che «con l’emanazione  della legge n.85 del 3 luglio 2023 riguardante Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro sono stati istituiti il Supporto per la Formazione e il Lavoro e l’Assegno di Inclusione».

«La Regione – ha spiegato – si sta già attivando per mettere in campo gli strumenti attuativi per dare sostegno alla platea di beneficiari, fra cui gli ex percettori di reddito di cittadinanza, che avranno così modo di avviare percorsi di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale utili all’inserimento nel mondo del lavoro».

«In Calabria sono quasi 12mila i soggetti ex beneficiari del reddito di cittadinanza – ha proseguito – che sono interessati dalle politiche attive, di cui più di quattromila nella sola provincia di Cosenza. Il 70% di questi beneficiari è già stato preso in carica da programmi quali Gol o D.Lgs. 150 mentre il restante 30% sarà interessato da queste nuove misure. Dal 1° settembre 2023 sarà operativo il Supporto per la Formazione e il Lavoro, che garantirà l’accesso a corsi di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale ad una platea di beneficiari di età compresa fra i 18 e i 59 anni che abbiano un Isee inferiore ai 6mila euro e siano attivabili al lavoro. A costoro sarà garantito un supporto economico di 350,00 euro mensili per una durata di 12 mesi».

«Dal 1° gennaio 2024 – ha spiegato – entrerà invece in vigore l’Assegno di Inclusione, che sostituirà ufficialmente il reddito di cittadinanza e sarà rivolto a nuclei con disabili, minori, over 60 e i componenti svantaggiati inseriti in programmi di cura e assistenza certificati. Questa misura sarà vincolata ad un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa».

«Con questi strumenti siamo in grado di dare una risposta concreta alla forte richiesta occupazionale che si registra nella nostra regione, problematica che stavamo già affrontando con la riforma del mercato del lavoro, voluta fortemente dal Presidente Occhiuto, che abbiamo approvato dopo ben 22 anni. La risposta alla carenza occupazionale – ha concluso – non è l’assistenzialismo ma la formazione e l’incrocio di domanda e offerta con una rete di centri per l’impiego funzionale e capace di garantire sbocchi professionali a quella parte di cittadinanza esclusa per ora dal mondo del lavoro». (rrc)

L’assessore Calabrese: Pronto il nuovo piano di Supporto per la formazione e il lavoro

«Siamo pronti per dare attuazione alla nuova misura prevista dal DL 48/2023, il Supporto per la Formazione e il Lavoro». È quanto ha reso noto l’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese, spiegando che si tratta di un provvedimento «che ci porterà ad avere un quadro più chiaro sull’individuazione dei percorsi formativi e inserimento al lavoro e già stiamo lavorando con i Cpi calabresi per superare il reddito di cittadinanza e garantire l’accesso alla nuova misura degli ex percettori».

Infatti, il decreto-legge 4 maggio 2023 n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, all’articolo 12 istituisce, dall’1 settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro, misura che si rivolge a coloro che hanno tra i 18 e i 59 anni, considerati attivabili al lavoro e hanno un Isee non superiore a 6mila euro.

Questi soggetti potranno beneficiare di un sostegno al reddito pari a 350 euro mensili (per un massimo di 12 mesi non rinnovabili) a condizione che frequentino corsi di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale o altra misura di attivazione lavorativa, per la loro durata.

Per accedere a tale percorso di attivazione al lavoro gli interessati dovranno rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, dimostrando di essersi già rivolti ad almeno tre Agenzie per il lavoro o ad altri enti autorizzati all’attività di intermediazione.

Un lavoro sinergico e questa misura che va a scardinare il concetto di assistenzialismo e permetterà ai soggetti di trovare risposte immediate, arriva nel momento in cui la Regione Calabria sta adottando misure nette e dirette sul lavoro. Infatti la nuova riforma sul lavoro, modificata dopo 21 anni, e la predisposizione del piano delle politiche attive per il lavoro e la formazione professionale a cui Calabrese sta dando seguito con agenzie di formazione e associazioni datoriali, potranno portare concretamente la nostra Regione ad invertire i dati sulla disoccupazione.

Per l’attuazione del Supporto per la formazione e il lavoro sono in corso di emanazione i decreti attuativi relativi all’individuazione delle misure per il coinvolgimento, nei percorsi formativi e di attivazione lavorativa e nelle more dell’emanazione dei decreti attuativi anche la Regione Calabria, attraverso la rete dei Centri per l’Impiego, ha avviato una campagna informativa rivolta ai potenziali beneficiari, in particolare ai soggetti ex percettori di reddito di cittadinanza privi dei requisiti per la prosecuzione, oltre le sette mensilità previste per l’anno 2023.

«In tale contesto di transizione – come spiega anche il Dipartimento welfare e lavoro guidato dal direttore generale, Roberto Cosentino – la presa in carico di tali soggetti nel programma GOL, con l’assegnazione delle misure di accompagnamento e formazione, è sicuramente un passaggio essenziale per poter fruire della nuova misura prevista dal Governo, nonché per quanto già previsto per il raggiungimento dei target. I beneficiari del Reddito di cittadinanza cui è stato sospeso il beneficio in Calabria (Dati Anpal) sono circa 11622 di cui circa 5400 già presi in carico d.lgs 250 e circa 3000 sono stati già presi in carico con il programma Gol e altre misure di politiche attive».

Questo il quadro dei beneficiari del RdC a cui è stata sospesa la fruizione della misura, con l’evidenza di coloro i quali non sono stati presi in carico dai servizi ed a cui prioritariamente sarà rivolta l’attenzione da parte dei CPI calabresi. (rcz)

Dalla Cgil un piano strategico enogastronomico e culturale per un lavoro dignitoso

«Bisogna fare una battaglia contro la precarietà e mettere a regime un sistema che possa dare qualità di servizi e del lavoro mettendo insieme i vari turismi che abbiamo in Calabria, beni culturali, enogastronomia, turismo religioso e puntare su una Carta Turistica unica in Calabria. Anche la Regione deve avviare una discussione profonda sul rilancio del settore e sui diritti dei lavoratori». È quanto ha dichiarato Angelo Sposato, segretario generale di Cgil Calabria, nel corso dell’iniziativa del sindacato svoltasi al Castello di Squillace e organizzata con la collaborazione delle federazioni di categoria che si occupano di turismo e agroalimentare (Filcams e Flai Cgil).

Per Sposato, infatti, «il settore turistico è in crescita, ma occorre stimolarlo, sia dal punto di vista dell’offerta sia in termini di qualità dei servizi e del lavoro. Le potenzialità del settore non corrispondono, infatti, alla qualità del lavoro: contratti irregolari, sfruttamento, utilizzo di contratti impropri».

La segretaria generale Flai Cgil Calabria, Caterina Vaiti, mette l’accento sulla creazione di “percorsi di cibo”: «Il turismo enogastronomico deve essere strettamente legato al turismo culturale, unendo le bellezze paesaggistiche e turistiche a dei percorsi del cibo che partano dal nord al sud della Calabria. In questo è fondamentale la collaborazione tra comuni per far sì che la persona che, ad esempio, sceglie la meta balneare sia incentivato ad andare anche nell’hinterland con dei percorsi studiati e sinergici per poter apprezzare le specialità locali e il cibo del luogo».

«Importante – ha aggiunto Vaiti –  è che i due ministeri, quello del Turismo e quello dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste siano connessi e che a cascata lo siano anche gli assessorati regionali. In Calabria non abbiamo un assessorato al Turismo, perché la delega è rimasta al presidente della Regione, mentre riteniamo sarebbe opportuno che ci sia un assessorato ad hoc e che gli assessorati possono viaggiare insieme».

«Occupare la cultura, questa la provocazione che vogliamo lanciare stasera da Squillace da dentro un castello. Se abbiamo ancora meravigliosi castelli in Calabria – ha affermato il segretario generale Filcams Cgil Calabria Giuseppe Valentino – è perché c’erano le corti, i re e le regine che man mano abbiamo cacciato per vivere in democrazia».

«Oggi paradossalmente gli stessi castelli che i Comuni hanno acquisito in nome per conto del popolo ci vengono privati, non sono fruibili se non a pagamento, e così per altri luoghi meravigliosi e di interesse paesaggistico che siano parchi archeologici, attrattive turistiche e culturali.  Abbiamo bisogno di costruire una cultura alternativa che permetta alla Calabria di diventare una terra di libertà in tutti i sensi. L’iniziativa di ieri è stata una piccola tappa in un percorso nel quale l’obiettivo è quello di mettere il sistema turistico sottosopra. C’è bisogno – ha concluso – di ripensare ad un sistema turistico fruibile da tutti e che attivi dal basso le imprese, le associazioni, il territorio e naturalmente le lavoratrici ed i lavoratori i cui diritti devono essere garantiti nel rispetto dei CCNL di settore».

Al termine dell’evento, moderato dal giornalista Pietro Melia e a cui hanno preso parte anche Enzo Scalese, Segretario Generale Cgil Area Vasta,  Andrea Coinu, vice presidente Effat (European Federation of Food, Agriculture and Tourism Trade Unions), Francesco Perino, presidente EBTC (Ente Bilaterale Turismo della Calabria), Carolina Scicchitano, direttore amministrativo e finanziario Gal Serre Calabresi e Franco Caccia, assessore Turismo e Programmazione del Comune di Squillace, si è tenuto un aperitivo di solidarietà alle popolazione delle Marche e dell’Emilia Romagna. (rcz)

Lavoro donne, intesa tra Commissione Regione Pari Opportunità, Calabria Lavoro e Anpl

Creare migliori condizioni di lavoro per le lavoratrici nella nostra Regione, oltre che promuovere l’adozione di politiche a favore della parità di genere e delle pari opportunità nel mondo del lavoro e al contrasto dei fenomeni di molestie e discriminazione di genere. Sono questi gli obiettivi del protocollo d’intesa siglato tra la Commissione regionale per l’uguaglianza dei diritti e delle pari opportunità fra uomo e donna (Crpo), guidata dalla presidente Anna De Gaio, l’Azienda Calabria Lavoro (Acl), nella persona dell’avv. Elena Maria Latella ed Anpal Servizi S.p.A., rappresentata dal dott. Michele Raccuglia, Responsabile della macroarea sud jonica – Regioni Campania e Calabria.

Il protocollo nasce dall’impegno e dall’azione sinergica tra la coordinatrice d’area – provincia Catanzaro – della Commissione, dott.ssa Daniela De Blasio e la Responsabile Osservatori, Ricerche e Statistiche di Azienda Calabria Lavoro, dott.ssa Simona Caracciolo. 

In particolare, l’Osservatorio sul lavoro femminile istituito in seno ad Acl, in virtù dei compiti di documentazione, ricerca, studio sulle questioni relative al lavoro delle donne in Calabria nonché delle attività di verifica ed elaborazione di proposte idonee a favorire l’inserimento lavorativo, l’autoimprenditorialità e la creazione di imprese a beneficio delle donne, condivide tematiche convergenti con le attività istituzionali della Crpo, tanto da indurre il Commissario straordinario a sostenere la sottoscrizione del protocollo.

In tale contesto un ruolo di fondamentale importanza riveste Anpal Servizi, che sarà in grado di mettere a punto strumenti e metodologie a supporto delle esigenze e delle azioni programmate per le finalità del suddetto protocollo.

Lo scopo del protocollo è anche quello di attuare una campagna di sensibilizzazione e promozione del tema sempre più attuale del “Sistema di Certificazione della parità di genere” introdotto dal Pnrr, ponendosi, tra gli altri, l’obiettivo di incentivare l’accesso al mercato del lavoro delle donne, migliorando i loro percorsi di carriera e contrastando il gender pay gap, nonché rendendo più semplice la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Considerando l’importanza di garantire pari opportunità di accesso al mondo del lavoro per tutti i cittadini, le parti concordano di collaborare per promuovere politiche e azioni finalizzate a favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle donne sul territorio regionale.

Verranno, altresì, promosse politiche attive del lavoro volte a garantire pari opportunità senza discriminazioni di genere, età, disabilità e provenienza; sarà dato sostegno alle imprese che promuovono politiche interne di parità di genere e di eliminazione delle discriminazioni; verrà favorita la partecipazione delle donne alla formazione professionale e rafforzate le azioni volte a prevenire e contrastare ogni forma di violenza o discriminazione di genere sul luogo di lavoro.

Infine, la raccolta delle informazioni statistiche inerenti al mondo del lavoro nel territorio regionale, con particolare riferimento ai dati di genere e alle dimissioni delle lavoratrici madri fino al terzo anno di età del bambino, saranno di supporto all’attività di monitoraggio dell’osservatorio del mercato del lavoro femminile.

A tal proposito, la presidente De Gaio sottolinea l’importanza di istituire un Tavolo di monitoraggio per l’analisi del contesto territoriale sui temi della conciliazione, delle pari opportunità e della non discriminazione. Azienda Calabria Lavoro ed Anpal servizi, infine, supporteranno la Crpo nell’azione di informazione sulla legislazione in materia di pari opportunità e discriminazioni di genere. 

Sottoscritto protocollo tra Regione e Unioncamere

È stato sottoscritto, tra l’assessore regionale alle politiche per il lavoro e formazione professionale, Giovanni Calabrese, e il presidente di Unioncamere Calabria, Antonino Tramontana, il protocollo d’intesa per l’attuazione del programma Garanzia occupabilità lavoratori (Gol), con particolare riferimento al sistema della domanda di lavoro.

All’iniziativa, che si è svolta nella sala conferenze di Unioncamere Calabria a Lamezia Terme, hanno preso parte anche il dirigente generale del dipartimento lavoro e welfare, Roberto Cosentino e il dirigente del settore lavoro e welfare Cosimo Cuomo. Presenti, la segretaria generale di Unioncamere Calabria, Erminia Giorno, e Michele Raccuglia di Anpal servizi Calabria.

«Quello che sottoscriviamo oggi è il primo protocollo del genere tra Regione e sistema camerale. L’obiettivo della Regione Calabria – ha evidenziato Calabrese – è di creare una forte sinergia con Unioncamere per contribuire alla diffusione del programma Gol presso le imprese. Pertanto è necessario promuovere insieme azioni mirate e percorsi condivisi per determinare i reali fabbisogni delle imprese, favorendo politiche di sviluppo delle competenze in base alle richieste dal mercato del lavoro».

«In Calabria viviamo un paradosso – ha proseguito – abbiamo tante imprese ma anche un alto numero di disoccupati. Come Regione, attraverso una serie di misure legate alla formazione come, ad esempio, il prossimo bando che sarà rivolto alle aziende turistiche, intendiamo realizzare, di concerto anche col mondo sindacale, un piano straordinario per il lavoro nei settori dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura. Il percorso è avviato. L’obiettivo è di passare dalle politiche passive alle politiche attive del lavoro».

Il presidente Tramontana si è detto certo che «la sinergia strategica tra Regione Calabria e Unioncamere rappresenti una metodologia di lavoro imprescindibile per realizzare la messa in rete delle competenze e l’impiego delle risorse necessarie per garantire la più efficace azione politico-istituzionale a beneficio delle imprese e del territorio».

«Pertanto – ha affermato – il sistema camerale regionale, rappresentato da Unioncamere, ha accolto con favore la sottoscrizione di questo protocollo per l’attuazione del programma Gol che ha la scopo di favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro anche attraverso il coinvolgimento del sistema delle imprese nella rilevazione dei trend e dei fabbisogni formativi e professionali di breve, medio e lungo periodo e nella definizione di specifiche analisi dello skill gap esistente». (rcz)

Fillea Cgil: «Governo non faccia cassa su chi ha perso un proprio caro sul lavoro»

«Non si faccia cassa su chi ha perso un proprio caro sul lavoro. Non si porti avanti un provvedimento indegno, che infierisce su chi già paga lo scotto della perdita di un proprio caro. Un taglio che svilisce, ancora di più di quanto il governo non stia già facendo, la dignità dei lavoratori e si accanisce ancora una volta sui più deboli». Simone Celebre, segretario generale Fillea Cgil Calabria, commenta così la riduzione delle risorse del fondo di risarcimento per i familiari di vittime del lavoro.

«Le cronache sono inclementi e segnano il ritmo incessante di morti bianche, specie in Calabria. Il Governo anziché investire sulla sicurezza sul lavoro, individuando, magari, risorse straordinarie, va a comprimere quelle esistenti. Un ulteriore segnale di uno Stato sociale sempre più assente e di un approccio da parte del governo lontano dal Paese reale, dalla vita quotidiana, dal sudore della fronte di chi tutti i giorni si reca sui cantieri o nelle fabbriche. Ridurre il sostegno economico a chi resta senza un marito o una moglie, un padre o una madre, significa segnare ulteriormente il suo futuro», afferma Celebre.

«Ci opponiamo fermamente e porteremo anche queste ragioni nella manifestazione del 24 giugno a Roma per il diritto alla salute e alla sicurezza. Chiediamo – conclude – che il governo ci ripensi, faccia marcia indietro e individui le risorse necessarie da dedicare anche ai controlli, alle ispezioni, al personale, all’innovazione tecnologica e alla ricerca scientifica». (rcz)

LA NUOVA LEGGE CHE RIFORMA IL LAVORO
CON IL VOTO “BIPARTISAN” IN CONSIGLIO

di FRANCESCO CANGEMI – Dopo più di vent’anni la Calabria ha una nuova riforma regionale sulle politiche del lavoro. Il governo Occhiuto tramuta Calabria Lavoro in Arpal durante l’ultima seduta del consiglio regionale.

La riforma darà un ruolo importante all’Osservatorio del Mercato del lavoro e istituirà una rete regionale dei servizi attivando una unità di intervento in caso di crisi aziendali.

La legge, ha detto la consigliera Pasqualina Straface che ha relazionato in Consiglio sul tema, non mette in liquidazione Calabria Lavoro ma «si opererà in piena continuità e sarà anche l’occasione per dare stabilità ai 370 dipendenti dell’Agenzia provenienti dal precariato storico regionale che saranno assunti con contratto a tempo indeterminato e determinato». «Una riforma – ha aggiunto ancora Straface nel corso della seduta – che era attesa da 22 anni e che mi chiedo perché non sia stata fatta prima».

«Si tratta di una sfida per tutti noi», ha detto nel corso dell’illustrazione della legge, la consigliera Pasqualina Straface di Forza Italia.

In merito alla proposta dalla quale scaturirà la nascita dell’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro, appunto l’Arpal Calabria, dedica grande attenzione al prosciugamento del bacino dei lavoratori del precariato e alla riforma dei Centri per l’impiego «che saranno – ha sottolineato Straface – l’infrastruttura di base per lo sviluppo delle politiche attive del lavoro in Calabria».

«Si torna a casa con la soddisfazione di aver contribuito a fare approvare, dopo 22 anni, la riforma regionale sulle politiche attive del lavoro – dice l’assessore alle Politiche per il lavoro e formazione professionale, Giovanni Calabrese –. Una legge che supera l’ultimo provvedimento normativo che risale al 2001. Con la nuova legge vogliamo, prima di tutto, provare a invertire la rotta, vogliamo creare quelle condizioni normative per avviare un’azione sinergica sul territorio calabrese con l’obiettivo di rimediare alle scelte sbagliate del passato che ci consegnano oggi una situazione quasi drammatica».

«Da domani, con la grande e competente squadra del dipartimento lavoro e formazione – ha aggiunto – inizieremo a costruire un piano strategico e straordinario sul lavoro con l’obiettivo di creare nuova e reale occupazione per i cittadini calabresi evitando costanti fughe fuori Calabria alla ricerca di un posto di lavoro».

«Grazie a chi – ha concluso – con grande impegno mi ha supportato nel costruire questo nuovo e importante progetto di legge approvato oggi con il voto favorevole anche dei consiglieri di opposizione. Oggi un bel giorno per la nostra Calabria».

La proposta di legge di iniziativa della Giunta regionale sulle “Norme per il mercato del lavoro, le politiche attive e l’apprendimento permanente” è stata approvata a maggioranza, e con il voto favorevole del Pd.

Dopo l’approvazione il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso ha ringraziato la minoranza per aver permesso l’approvazione di una legge di grande importanza.

«Una bella dimostrazione che quando si parla di interessi comuni – ha detto – ci siete anche voi. Va bene così, a differenza di quando, come avete fatto nella scorsa seduta, avete abbandonato l’aula, senza discutere».

In sede di votazione finale il consigliere dem Ernesto Alecci ha sottolineato il senso di responsabilità del Pd che su una tematica così importante.

«Una legge in alcuni punti abbastanza confusa e contraddittoria», a parere di Alecci mentre Amalia Bruni pur riconoscendo la volontà di un avanzamento legislativo «nella stessa – ha detto – non abbiamo letto un grande futuro di visione», avvertendo sul fatto che nel passaggio da una agenzia, ente pubblico economico a ente pubblico c’è la necessità che siano espletati i concorsi per l’ingresso nella Pubblica amministrazione.

Raffaele Mammoliti, pur annunciando voto favorevole del Pd e la presentazione di alcuni emendamenti, ha definito la proposta «non una vera e propria riforma, ma piuttosto un adeguamento normativo che era necessario fin dal 2015.

La riforma – ha aggiunto Mammoliti – è tutta un’altra sfida, che va riempita di contenuti. L’azione riformatrice la dobbiamo ancora realizzare». Per la maggioranza, Antonio Montuoro, di Fratelli d’Italia, ha definito la proposta in discussione «una svolta importante per la tematica del lavoro in Calabria».

«Una riforma – ha aggiunto – che determinerà importanti prospettive e per le politiche del lavoro compiutamente disciplinate».

Ferdinando Laghi della Lista De Magistris ha annunciato il voto di astensione del suo gruppo. (fc)

FAR RESTARE QUEI CERVELLI IN FUGA: AL
SUD SI PUÒ ESSERE CITTADINI DI SERIE A

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Trattenere i 40.000 laureati che ogni anno se ne vanno dal Sud dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle politiche di sviluppo perché ognuno di quelli è un pezzo di Pil che se ne va». Cosi Luca Bianchi, direttore della Svimez commentava,  nei giorni scorsi, il tema  al centro di un incontro di studio organizzato da Banca d’Italia e Istat. 

Il messaggio univoco che proviene dall’indagine che il calo della popolazione in età lavorativa richiede un aumento del tasso di occupazione in particolare di donne e giovani ed anche un’attenta politica migratoria é di quelli scontati. Il merito sta nel fatto che il tema della emigrazione dei cervelli ritorna centrale.

Chiedersi perché in tanti scelgono fin dalla frequenza della università di puntare al Nord è un esercizio quasi scolastico. Da una realtà dove lavora una persona su quattro come il Mezzogiorno, nel quale rispetto ai 20 milioni di abitanti vi sono solo poco più di 6 milioni che lavorano, compresi i sommersi, non si può che fuggire. Per una serie di motivazioni: alcune delle quali riguardano le ragioni della mancanza assoluta di opportunità. Ed in ogni caso quando queste dovessero presentarsi, considerato che i livelli superiori sono concentrati nelle realtà nelle quali le direzioni generali sono localizzate, nel momento in cui bisogna crescere nelle responsabilità, l’esigenza di lasciare il Mezzogiorno diventa sempre più cogente. Ma vi sono anche altre motivazioni che riguardano il fatto che l’emigrazione a cui assistiamo é alla ricerca dei diritti. 

Proprio così si tratta di una generazione di meridionali, che hanno deciso che non vogliono accontentarsi di essere cittadini di serie B e poiché hanno già cessato di sperare in una possibilità di cambiamento, poiché ritengono che non sia possibile avere gli stessi diritti di cittadinanza che si hanno al Nord, hanno deciso di spostarsi. I diritti fondamentali che cercano  sono quelli alla mobilità, alla salute, agli asili nido per i loro bambini, a una buona scuola. Se a questo aggiungi quello che afferma sempre Luca Bianchi e cioè che “in realtà se continuano ad emigrare è perché la qualità del lavoro e le retribuzioni sono troppo basse, circa il 20% inferiori al resto d’Italia” il quadro si completa. 

Ciò vuol dire che le gabbie salariali tanto invocate e richieste da una parte del Nord  sono già una realtà. 

Ovviamente il Centro Nord gode di tutto questo come evidenziato dall’ultimo Rapporto Istat sulle migrazioni nel Paese: «Il Centro-Nord “recupera” le perdite accumulate nel decennio 2012-2021 con gli studenti in arrivo dal Mezzogiorno. Negli ultimi 10 anni, il Nord guadagna oltre 116mila giovani risorse provenienti dal Sud e dalle Isole, il Centro quasi 13mila. Nel complesso, le uscite dal Mezzogiorno verso l’estero e le altre regioni d’Italia determinano una perdita di circa 150mila giovani laureati». 

Non per fare il conto della serva ma dire che tutto questo costa al Sud 45 miliardi, considerato che per formare un laureato  servono 300 milioni,  non è sufficiente ad individuare il vero costo per la realtà meridionale, perché i 45 miliardi riguardano solo il danno emergente, la valutazione del lucro cessante è più difficile da calcolare. 

Ma certamente il processo emigratorio è quell’elemento che non consente più alla foresta dello sviluppo di crescere e che avvia ed alimenta un processo di desertificazione.

Per questo l’autonomia differenziata voluta in primis da Calderoli/Zaia, ma anche da Fontana e Bonaccini, sodali in quel mai costituito ufficialmente, ma sempre in azione,  Partito Unico del Nord, che prevede la istituzionalizzazione dei diversi diritti di cittadinanza è una deriva pericolosissima. 

Bisogna puntualizzare peraltro che sbaglia chi confronta l’emigrazione dal Sud con la mobilità che vi é al Nord. Perché se è vero che gli arrivi da Sud compensano numericamente la fuga e che resta il fatto che anche tutte le Regioni del Nord hanno un saldo dei giovani laureati verso l’estero negativo non si può non precisare che quella dal Sud è emigrazione e l’altra invece è mobilità. 

L’Istat ricorda che sempre nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre un milione di residenti di cui circa un quarto in possesso della laurea, in buona parte settentrionali. Tra rimpatri ed espatriati il saldo insomma è chiaramente negativo, al punto che la perdita complessiva dell’Italia per l’intero periodo è di oltre 79mila giovani laureati. 

Tutto vero ma bisogna calcolare però che vi sono una serie di stranieri che vengono a lavorare in Italia e che compensano, anche se solo in parte,  il drenaggio che avviene,  in un processo di scambio di esperienze che non può che essere positivo. 

L’emigrazione di cui soffre il Sud è invece un fenomeno tipico dei paesi poveri, che perdono i loro migliori residenti spesso senza guadagnare giovani stranieri che decidono di trasferirsi nelle aree meridionali. Lamentarsi di un processo che ha le sue origini in politiche che prevedono che alcune parti del Paese siano considerate come colonia, nelle quali anche con il Pnrr si pensa di dotare i comuni interessati degli asili nido con bandi competitivi è un esercizio non solo inutile ma anche vigliacco. 

Deve essere chiaro a tutti che il Mezzogiorno è funzionale, in tutte le sue componenti di territorio e capitale umano, alla crescita sempre più contenuta di un Nord che pensa di poter sostenere la propria competitività rispetto alle aree ricche della MittelEuropa sfruttando  a suo vantaggio, in una cannibalizzazione degli altri territori,  un Mezzogiorno debole.  Anche se é evidente che fin quando il rapporto nei confronti delle  parti forti del Paese sarà in una forma di ascarismo perdente, sia in termini elettorali che conseguentemente in termini economici,  i risultati non potranno che essere quelli registrati ormai da oltre cinquant’anni. 

Se come nelle tragedie greche il Sud aspetterà che un deus ex machina, che sia lo Stato centrale o un partito nazionale,  si occupi di impegnarsi seriamente per politiche di sviluppo adeguate allora non potrà che rimanere deluso. Anche se è difficile con la mancanza di formazione e di consapevolezza,  dovuta anche ad una diffusa dispersione scolastica oltre che alla mancanza di tempo pieno nelle scuole e alla poco occupazione che non consente di avere in casa delle donne occupate quindi più inserite nelle problematiche del Paese, è necessario che vi sia un colpo di reni che preveda non questue rispetto ad un Paese che può essere più o meno generoso, ma pretese legittime da far rispettare con la forza delle urne. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

IN CALABRIA LAVORANO POCHE DONNE
SVIMEZ: INTERVENIRE SU OCCUPABILITÀ

di FRANCESCO CANGEMI – Non è una regione per donne. Anche dal punto di vista lavorativo. La Calabria, e tutto il Sud in generale, fanno registrare dati non felici per quanto riguarda l’occupazione femminile nonostante un piccolo incremento rispetto al passato.

L’occupazione femminile in Italia cresce anche al Sud, infatti, ma il Mezzogiorno resta in fondo alla classifica europea sul lavoro delle donne con le ultime quattro posizioni per Sicilia, Campania, Calabria e Puglia. È quanto emerge dalle tabelle Eurostat sull’occupazione nel 2022. Nell’anno solo il 30,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni in Sicilia lavorava, in aumento rispetto al 29,1% del 2021 ma comunque distante di oltre 34 punti dal 64,8% medio dell’area euro.

In Campania nel 2022 lavorava solo il 30,6% delle donne contro il 29,1% del 2021 mentre in Calabria lavorava il 31,8% delle donne contro il 30,5% del 2021. La Puglia è quart’ultima per l’occupazione femminile con il 35,4% delle donne occupate (33,8% nel 2021).

Non solo l’Eurostat fotografa una situazione sfavorevole alle donne, anche la Svimez parla di dati non felici in un apposito studio.

La carenza di servizi al Sud penalizza il lavoro delle donne con figli e contribuisce all’inverno demografico: appena il 35% delle madri con figli in età prescolare lavora rispetto al 64% del Centro-Nord. La conciliazione famiglia-lavoro è ancora, soprattutto, una “questione meridionale”.

A conferma di un mercato del lavoro “poco amico dei giovani”, nelle famiglie italiane si registrano tassi di occupazione sensibilmente più elevati per i genitori che per i figli (67,8% contro il 56,1%). E sono i genitori maschi, soprattutto, a determinare quest’esito: il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri. Con l’aggravante di tassi di occupazione strutturalmente più contenuti, nel Mezzogiorno il divario genitori-figli è di 11 punti percentuali (53,7 contro 42,8%) contro i 9 del Centro-Nord. Anche lo squilibrio di genere tra genitori è più marcato ne Mezzogiorno: 74,4 e 36,7% il tasso di occupazione rispettivamente per padri e madri meridionali (88 contro il 65,4% nel Centro-Nord).

Il tasso di occupazione delle donne italiane con figli in età prescolare è particolarmente contenuto (53,9% contro il 60,5% delle madri con figli da 6 a 17 anni). Nel Mezzogiorno il dato crolla al 35,3% per le madri con i figli in età prescolare (40,8% per le mamme meridionali con figli in età scolare).

A determinare questa problematica condizione delle donne nell’approcciare il mercato del lavoro contribuiscono la carenza di posti disponibili negli asili nido, gli elevati costi di accesso al servizio, la scarsa diffusione del tempo pieno nelle scuole dell’infanzia. Prima ancora che le opportunità di lavoro, queste carenze frenano la partecipazione al mercato del lavoro delle donne. Una questione italiana in Europa che è determinata soprattutto dai divari tra Mezzogiorno e Centro-Nord: il divario sfavorevole al Sud nei tassi di attività si attesta tra i 25 e i 30 punti percentuali per tutte le tipologie familiari. In particolare, il divario italiano nel tasso di partecipazione femminile rispetto alla media UE è di circa 13 punti percentuali, media dalla quale il Centro-Nord è distante circa 5 punti, il Mezzogiorno ben 28 punti.

La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un freno per le prospettive di crescita dell’economia italiana, soprattutto alla luce di tendenze demografiche particolarmente negative, che già si stanno riflettendo in un calo della popolazione in età da lavoro.

«Risulta dunque evidente – scrive lo Svimez nel suo rapporto – l’importanza di interventi rivolti a incentivare l’occupabilità delle donne, soprattutto nel Mezzogiorno, rafforzando i servizi per l’infanzia e le infrastrutture scolastiche, favorendo una distribuzione più equilibrata tra generi delle attività di cura della famiglia e facilitando la conciliazione dei tempi di vita e lavoro». (fc)

Mammoliti (PD): In Calabria i dati del mercato del lavoro sono da allarme sociale

Il consigliere regionale del Pd, Raffaele Mammoliti, ha denunciato come «in Calabria i dati del mercato del lavoro e l’aumento della disoccupazione costituiscono un vero e proprio allarme sociale».

«E non può di certo essere sufficiente – ha aggiunto – il titolo di un provvedimento legislativo o cambiare targa da azienda Calabria Lavoro ad Arpal per rendere esigibile la missione principale nel mercato del lavoro calabrese delle politiche attive e dell’apprendimento permanente da troppi anni purtroppo sacrificate. Ieri ho partecipato ai lavori della III Commissione in Consiglio regionale che ha affrontato la discussione in merito alla proposta di legge n. 176/12^ rubricata “Norme per il mercato del lavoro, le politiche attive e l’apprendimento permanente”».

«La Commissione ha svolto le audizioni delle OOSS di categoria le quali, pur apprezzando il provvedimento – ha detto – hanno comunque manifestato perplessità in merito alle risorse destinate per i lavoratori impegnati nella nuova Agenzia denominata Arpal. Come abbiamo anticipato  nel corso degli interventi, come gruppo Pd nei prossimi giorni avanzeremo le nostre proposte tese a rafforzare l’impianto normativo e l’effettiva valorizzazione delle risorse umane, individuando attraverso la necessaria implementazione le risorse economico-finanziarie per meglio declinare gli obiettivi contenuti nel provvedimento e per rendere più esigibile il diritto al lavoro attraverso le politiche attive che nella nostra regione sono indispensabili se di vuole realmente offrire opportunità di lavoro ai tantissimi giovani disoccupati e inoccupati».

«In Calabria abbiamo dati da vero allarme sociale – ha rimarcato – con la percentuale più bassa di occupati e percentuali più alte per disoccupati soprattutto tra i giovani e le donne. Inoltre il livello dei neet (giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non sono inseriti in percorsi di istruzione e formazione) supera di gran lunga la percentuale nazionale che è del 19%, mentre in Calabria sfiora il 30%.  È  evidente che bisognerà, se non si vuole annunciare generiche e burocratiche, azioni di riforma varare con il coinvolgimento delle OOSS confederali un Piano del lavoro utilizzando bene le risorse e gli strumenti disponibili».

«Promuoveremo, pertanto, un’apposita iniziativa per avanzare le nostre proposte – ha concluso – che sottoporremo all’attenzione del presidente Occhiuto sollecitandolo ad un’indispensabile azione riformatrice. Prima di ogni altra cosa sarà necessario individuare le risorse adeguate, in grado di sostenere le azioni di sistema che bisognerà mettere in campo per elaborare un Piano straordinario di interventi di politica del lavoro». (rrc)