di MARIO OCCHIUTO – Dieci anni sono tanti per la vita di un uomo, così come per i due mandati di un Sindaco, ma sono pochi per la vita di una città che in quanto tale aspira all’eternità. Dieci anni che hanno visto, a livello generale, un blocco dei cantieri in tutta Italia, tant’è che sono state invocate a livello nazionale nuove norme cosiddette “sblocca cantieri”. E dieci anni nei quali abbiamo assistito ad una progressiva riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato ai Comuni. Dunque, 10 anni difficili a livello generale, ma difficili anche per lo stato in cui abbiamo trovato i conti comunali gravati da debiti e deficit molto consistenti ereditati dal passato (che noi abbiamo migliorato riducendo le spese correnti e il numero dei dipendenti). Il Comune di Cosenza, infatti, era già in una procedura di dissesto notificata dalla Corte dei Conti al momento dell’insediamento della mia Giunta nel 2011, a causa degli ingenti debiti e del deficit ereditati dal passato che ci costrinse ad adottare immediatamente un Piano di risanamento e di Riequilibrio finanziario (Predissesto) dell’Ente che prevedeva la riduzione della spesa e l’aumento delle riscossioni (dei tributi).
Nello stesso tempo – pur lavorando in condizioni difficili a causa della situazione ereditata – abbiamo realizzato investimenti in opere pubbliche per circa 400 milioni di euro con fondi strutturali europei, cosa mai avvenuta (neanche guardando alla sommatoria degli investimenti degli ultimi 100 anni).
Nella Grecia antica, chi amministrava la polis giurava che, al termine del suo mandato, avrebbe lasciato la città migliore di come l’aveva trovata. E qui a Cosenza, spesso definita come l’Atene delle Calabria, ne abbiamo fatto un motto. Le città, si sa, non diventano mai perfette perché riflettono la vita degli uomini che le abitano e che non sono perfetti. Però, le città negli anni possono migliorare o possono peggiorare. Un’azione importante in questo senso la svolgono chi amministra la città e la classe dirigente che influisce sulle scelte legate allo sviluppo del territorio. L’uno e l’altra devono fare in modo di non lasciarsi condizionare e trasportare dalle cattive abitudini consolidate che spesso vengono difese ad oltranza dai cittadini, costi quel che costi.
La classe dirigente, invece, non può farsi condizionare, né essere succube di incrostazioni e modi di pensare lontani dai concetti di sostenibilità della città e dalla sua necessità, mai così urgente come in questo particolare momento storico, di innovarsi e di sposare nuovi modelli di vivibilità urbana. La classe dirigente è tale se guida i processi e mai se li subisce o se si fa condizionare (a volte anche con la violenza popolare), se riesce a far comprendere ai cittadini che sono necessari nuovi modelli di sviluppo, soprattutto nel Sud e nelle regioni sottosviluppate, in direzione di una crescita anzitutto culturale e legata all’esigenza di seguire principi di sostenibilità e buone pratiche improntate alle migliori aspettative dell’uomo.
Le città infatti o vengono sopraffatte dalle degenerazioni dei comportamenti umani, dalle speculazioni, dall’egoismo e, diciamolo pure, dal menefreghismo (si immagini chi si ostina a parcheggiare in doppia o in tripla fila o a prendere la macchina anche per andare a bere un caffè) o affermano un modello nel quale vengono rispettati i diritti di tutti e dove si consolidano alcune buone pratiche, come quelle della raccolta differenziata dei rifiuti, delle pedonalizzazioni, di un utilizzo parsimonioso delle auto, del considerare lo spazio pubblico di tutti.
In questi dieci anni abbiamo cercato in tutti i modi di diffondere il più possibile queste idee e per molte di esse Cosenza ha ricevuto anche importanti riconoscimenti. Quando si pensa alla Calabria, si pensa sempre alla regione ultima in Europa. Noi, invece, a Cosenza siamo riusciti ad invertire questa tendenza, cogliendo diverse affermazioni e migliorando le nostre performances anche a dispetto di quel luogo comune che ha visto per anni le città calabresi occupare gli ultimi posti delle graduatorie nazionali. Abbiamo ottenuto sensibili miglioramenti, ad esempio, nella raccolta dei rifiuti, nelle graduatorie che riguardano la vivibilità e l’ecosistema urbano, nella mobilità e in diversi altri settori.
A Cosenza abbiamo invertito un processo e siamo saliti nei primi posti in tutte le graduatorie nazionali. Con riferimento alla raccolta differenziata dei rifiuti siamo stati la prima città capoluogo del Sud, dopo Salerno ed Andria che avevano avviato i processi prima del mio insediamento. Nel 2011, quando sono stato eletto Sindaco la prima volta, tutti ricordano che c’erano ancora in città i cassonetti stracolmi di rifiuti indifferenziati e che siamo immediatamente partiti con la raccolta differenziata porta a porta. Nessuno voleva farla, erano nati addirittura dei gruppi sui social che rivolevano i cassonetti stradali. Dopo di noi, la raccolta porta a porta hanno cominciato a farla anche gli altri comuni capoluogo della Calabria, e anche fuori dalla nostra regione. Per questo motivo abbiamo ricevuto più volte premi come Comune riciclone.
Anche oggi riusciamo a fare una raccolta differenziata che, su base giornaliera, sfiora il 70% molto al di sopra della media nazionale che si attesta intorno al 40-45%. Altri riconoscimenti importanti sono venuti dal rapporto sull’ecosistema urbano che prende in esame quelle buone pratiche monitorate ogni anno da Legambiente e dal Sole 24 Ore sulla base di alcuni parametri come la qualità dell’aria, la pedonalizzazione, l’efficientamento energetico, la mobilità sostenibile. Ed anche qui l’inversione del processo è proseguita. Siamo risaliti dagli ultimi posti, facendo registrare addirittura un quinto posto, dopo città molto titolate come Bolzano, Trento e Mantova. Nel 2018 siamo arrivati quinti, poi tredicesimi, nel 2020 ottavi. Siamo entrati, a pieno titolo, sempre nella top ten, sempre primi del centro Sud e tra i primi d’Italia, dopo città e realtà che possono essere considerate autentici “mostri sacri”. Non a caso il Sole 24 Ore ha parlato di Cosenza come della vera “sorpresa”. Siamo stati, inoltre, premiati più volte per le piste ciclabili: per la Ciclopolitana di Cosenza abbiamo ottenuto la menzione speciale all’edizione 2020 dell’Urban Award. E a luglio di quest’anno abbiamo avuto l’occasione di accrescere il nostro palmarès con l’attribuzione del Premio nazionale Urbes-Award assegnato dalla autorevole rivista Urbes, testata specialistica che si occupa di urbanizzazione, benessere e salute nelle città. Un riconoscimento prestigioso che è stato attribuito alla città di Cosenza dall’Healt City Institute in particolare per aver ideato e già realizzato in parte il Parco del Benessere. Un altro caso di eccellenza che non ha mancato di suscitare molto interesse è stato il progetto “BoCs Art” grazie al quale la città di Cosenza ha ottenuto il Premio SMAU nel 2015 come città innovativa nella produzione culturale.
Un riconoscimento che è valsa a Cosenza anche l’attenzione di autorevoli testate specializzate, per la realizzazione, sul lungofiume Crati, di 27 residenze per artisti provenienti da tutto il mondo per rendere vitale lo scambio tra arte, architettura, paesaggio e cultura, attraverso un progetto di rigenerazione del territorio. Con le loro opere abbiamo alimentato il BoCs Museum dove oggi ne sono raccolte più di 500, che gli artisti succedutisi nelle residenze hanno donato alla città.
Con il progetto BoCs art, l’Amministrazione comunale ha perseguito l’obiettivo di fare di Cosenza una città opera d’arte e fabbrica creativa. Il futuro, infatti, è anche quello della creatività e dell’innovazione. E ai BoCS art si è affermata una prima forma di contaminazione culturale. Su quel fiume che scorre lungo i BoCs art sono passati tanti artisti contemporanei e questa esperienza ha lasciato a Cosenza un patrimonio sia materiale, che riguarda le opere che vengono consegnate e donate alla città, sia immateriale, perché permette a Cosenza di farsi conoscere all’esterno in ambito internazionale, oltre che essere uno strumento di confronto per gli artisti con il territorio.
C’è da dire che Cosenza ha avuto moltissimi altri premi: “Bandiera Azzurra”, “Città del cammino e della corsa”, “Città del benessere”, “Città creativa” “Città Sostenibile”. Sono obiettivi che noi abbiamo perseguito fino in fondo. Le città che cambiano, cambiano in base ad un’idea, ad una visione, anche alcune volte con scelte che possono risultare impopolari, come è accaduto a Cosenza quando ho deciso di chiudere alcune strade e alcune piazze alle auto.
C’è chi addirittura oggi, candidandosi ad amministrare la città, dichiara pubblicamente di volerle riaprirle, per inseguire quella che è la pancia dei cittadini e non quella che è una visione illuminata del cambiamento che porta anche a fare delle scelte impopolari.
Non va dimenticato poi che le città che investono sull’innovazione e sulle buone pratiche diventano più vivibili e più attrattive, ma anche più competitive e più ricche, perché offrono maggiori opportunità.
Oggi a Cosenza si viene molto più volentieri non solo come visitatori ma anche come investitori ad aprire nuove attività economiche e produttive.
Dal rapporto “L’Italia Policentrica – il fermento della città intermedie”, pubblicato dall’Associazione “Mecenate 90” ed illustrato, nel gennaio del 2020, al Capo dello Stato Mattarella dal Presidente dell’Associazione, Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, vien fuori che Cosenza cresce negli ultimi dieci anni più di ogni altra città italiana. Tra i dati più significativi emersi dal report e relativi alla città di Cosenza c’è un significativo incremento delle imprese rispetto al contesto regionale e nazionale. In particolare, secondo il report sulle città intermedie, la dinamica di lungo periodo evidenzia una crescita significativa delle imprese cosentine pari al +8,3% (646 imprese in più) rispetto al 2009, di gran lunga superiore alla crescita osservata a livello nazionale (+0,2%). In particolare, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione – il terzo settore più rappresentativo per numero di imprese registrate – rilevano la crescita maggiore in termini assoluti, con 160 imprese in più rispetto al 2009 (+40,2%).
I dati positivi sono confermati anche dalla crescita delle startup innovative sul territorio, solo nel 2019 a Cosenza se ne contano 20. Al confronto con il contesto, la città mostra di essere un ambiente abbastanza favorevole al loro sviluppo. Nel report Cosenza viene definita come “una città proiettata nel futuro” e ne viene sottolineato il profondo cambiamento. La città di Cosenza – così riferiscono alcuni passaggi del report – è profondamente cambiata grazie ad una coraggiosa politica di rigenerazione urbana, di ridisegno della città a partire dalle aree di maggiore degrado, di riqualificazione del verde urbano, di riposizionamento nello scenario culturale nazionale ed internazionale e nell’architettura contemporanea, di riorganizzazione del trasporto pubblico, della mobilità dolce, del trattamento dei rifiuti.
È difficile riassumere in poche righe dieci anni di attività amministrativa che considero intensi e vissuti con assoluta dedizione alla città e al bene comune.
Noi a Cosenza abbiamo affrontato tutti i problemi gestionali migliorando i servizi di pulizia e raccolta differenziata (prima neanche esisteva), di illuminazione pubblica (ora con lampade a led), di manutenzione e cura del verde (con la legalizzazione e riorganizzazione delle Coop), di erogazione dell’acqua (riducendo le perdite dall’80 al 30% dati ISTAT), di sicurezza sociale (con l’abbattimento di due campi rom con migliaia di persone accampate). Abbiamo migliorato ma i problemi ci saranno sempre, perché la città è un organismo vivente. La cosa più importante però è che non ci siamo mai fermati alla gestione dei servizi (e del “potere” del rapporto clientelare) ma abbiamo pensato al futuro della città realizzando molte opere che resteranno alle nuove generazioni. Questo non avveniva da più di 100 anni e non ci sono casi simili in Calabria e neanche in Italia negli ultimi decenni.
Una delle cose più importanti che siamo riusciti a realizzare in questi anni e della quale sono veramente orgoglioso perché riguarda sia le buone pratiche ambientali che le politiche sociali, è sicuramente la riorganizzazione delle Cooperative.
Nel 2011, quando mi insediai per la prima volta alla guida della città, trovai una situazione molto deteriorata nella quale gli operatori erano stati suddivisi artificiosamente in 48 Coop sociali di tipo B in modo da evitare le gare pubbliche e affidare i servizi con procedure dirette sotto soglia (all’epoca 50 mila euro cadauna ogni sei mesi per un totale di 7 milioni di euro circa all’anno) senza l’obbligo della richiesta di certificazione antimafia.
In questa situazione di palese illegalità, aggravata da varie inchieste in corso, con ipotesi di reati di truffa ai danni del Comune, e di mafia che riguardavano diversi presidenti delle Coop, il Prefetto e il Questore mi anticiparono la volontà di richiedere la nomina di un’apposita commissione di indagine prefettizia (come poi avvenne, ad esempio, nel Comune di Rende) al fine di accertare il condizionamento delle organizzazioni criminali sull’ente locale. A quel punto, io che mi ero da poco insediato – anche per evitare la gravissima ipotesi di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose – proposi al Prefetto una soluzione attraverso la quale l’Amministrazione comunale, con il supporto della Prefettura, avrebbe potuto attivarsi autonomamente per legalizzare e riorganizzare i servizi. Il Prefetto si fece autorizzare dal Ministero e in alternativa alla “Commissione di Accesso” fu avviata una procedura di affiancamento della Prefettura al Comune con l’intento di legalizzare il servizio, e così noi richiedemmo subito (anche nei casi di affidamento sotto soglia) la certificazione antimafia alle (48) Coop in servizio e poi espletammo (sempre con il supporto della Prefettura) per la prima volta una gara pubblica, riducendo il numero dei soggetti da 48 a 7 per evitare la frammentazione. Il risultato di questa attività fu che nell’immediatezza ricevemmo le interdittive antimafia da parte della Prefettura per quasi tutti i presidenti in carica delle Coop (che comporta l’esclusione dalla possibilità di divenire titolare di rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione) con relative minacce al sottoscritto e scorta assegnata per quattro lunghi anni, riuscendo, poi, successivamente, anche ad aggiudicare per la prima volta le gare pubbliche per i servizi.
È stato grazie alla coraggiosa azione di legalizzazione e di riorganizzazione della mia Amministrazione che i lavoratori oggi sono liberi da condizionamenti da parte di caporali e svolgono un servizio molto utile ed efficiente, strutturati come sono in gruppi di lavoro dedicati alla cura del verde cittadino, dello spazzamento manuale nel centro storico, dei piccoli interventi di manutenzione della città. Abbiamo dato loro la possibilità di ritrovare una vera dignità nel lavoro e nel servizio effettivamente reso alla comunità. Specie durante il mio secondo mandato, abbiamo lavorato in situazioni di difficoltà totali, ma siamo riusciti ad avere finanziate opere per 400 milioni. Cosenza è l’unica città dove sono aumentate le aperture delle attività economiche. Anche i giornali nazionali hanno pubblicato articoli in prima pagina sul caso Cosenza, in ordine agli investimenti che hanno creato ricchezza. Il PIL è cresciuto, meglio che nelle altre città del centro sud e anche in quelle turistiche come Matera. E conseguentemente è cresciuto il reddito medio dei cittadini. In questi anni, pur in situazioni di difficoltà, non ci siamo mai lamentati rispetto al passato, ma ci siamo messi a lavorare raggiungendo importanti risultati.
L’Amministrazione comunale si è resa protagonista di una serie di azioni che hanno determinato scelte, a volte impopolari, che mi hanno procurato anche molti nemici.
Abbiamo sgomberato due campi rom con più di mille persone accampate in baraccopoli in cui erano diffuse pratiche illegali, dove si praticava la prostituzione minorile e si bruciavano sostanze tossiche che venivano respirate dai nostri ragazzi. Abbiamo fronteggiato situazioni difficilissime, ma ci siamo assunti delle responsabilità: siamo stati uno dei pochi comuni in Italia a risolvere questi problemi. Non solo il campo rom di Vaglio Lise, un intervento analogo è stato portato a termine nel campo rom di via Reggio Calabria dove da più di sessant’anni era presente un alto tasso di criminalità.
Tante sono state le opere pubbliche alle quali abbiamo dato vita, che hanno migliorato non solo l’assetto fisico della città ma soprattutto la qualità della vita dei cittadini. Ci ritroviamo ad aver patrimonializzato la città con 400 milioni di opere pubbliche che oggi hanno un valore enorme. Abbiamo realizzato 15 piazze, abbattuto, non senza difficoltà, quell’ecomostro che era l’ex Albergo Jolly, mostrando caparbietà dove altri non avevano saputo incidere.
Il Planetario è una delle realizzazioni più recenti e i tanti bambini che vengono dalla provincia a visitarlo e ad assistere agli eventi che vi si propongono mi hanno più volte ringraziato e sono estasiati per quello che Cosenza offre oggi. Il Planetario di Cosenza è uno dei planetari con un sistema di proiezione tra i più avanzati attualmente in Italia e tra quelli più all’avanguardia sia in Europa che nel mondo; fiore all’occhiello è il proiettore ottico Starmaster ZMP della Zeiss, unico in Italia e tra i migliori d’Europa, capace di proiettare nella cupola fino a 4000 stelle. Il Planetario “Giovan Battista Amico” è un autentico gioiello non solo dal punto di vista architettonico, ma diventa anche simbolo di una crescita culturale sul fertilissimo terreno della divulgazione scientifica. Oggi rappresenta un’occasione per la città e per il turismo e una nuova tappa di quel modello di sviluppo e crescita del territorio volto a valorizzare le nostre radici e le nostre identità culturali, facendone una ricchezza.
Il Castello Svevo era un rudere e lo abbiamo restituito alla città. Una città viva – lo dico con orgoglio – e piena di persone. Per renderla tale, abbiamo tirato fuori anche il coraggio, quello necessario per cambiare e risolvere i problemi. La realizzazione a Cosenza di tutte queste opere pubbliche di qualità ha dimostrato la nostra capacità ad investire nell’architettura contemporanea: dal Ponte “San Francesco di Paola”, progettato dall’architetto spagnolo di fama internazionale Santiago Calatrava allo stesso Planetario. Il Ponte di Calatrava guarda al centro storico della città, ma anche alla parte nuova e diventa il simbolo non solo di una città, ma di tutto un Sud che guarda al futuro e all’Europa con speranza e fiducia. Con il Ponte di Calatrava, Cosenza ha realizzato un’idea visionaria di una città che, rispettando il passato, si proietta nel futuro, grazie ad un segno tangibile di qualità e cultura raffinata che stimola i giovani al rispetto e alla bellezza e a portare con sé questo patrimonio anche quando si recano in altri contesti nei quali parlano della propria città. È evidente che restano alcune questioni irrisolte e che – ne sono certo – il mio successore saprà portare a compimento. A cominciare dalle azioni volte al recupero del centro storico. Dopo decenni di abbandono totale del centro storico di Cosenza, provocato da politiche urbanistiche opinabili che hanno determinato un vero e proprio esodo verso la città nuova e i suoi nuovi insediamenti abitativi e che hanno di conseguenza favorito lo spopolamento e il degrado della parte antica della città, l’Amministrazione comunale da me guidata ha avviato un processo di inversione di rotta, mettendo in atto “politiche attive” di segno contrario, con investimenti che si sono tradotti in significative operazioni di messa in sicurezza e di recupero.
Attingendo a tutte le risorse disponibili, statali ed europee, si è proceduto alla messa in sicurezza e al restauro di tutti gli immobili di proprietà comunale, persino dei ponti storici. Cosa mai avvenuta in passato. A Cosenza sono stati restaurati il Castello Normanno-Svevo, il Complesso monumentale di San Domenico, il Complesso monumentale di S. Agostino, tutti gli edifici di proprietà comunale e i ponti storici, riqualificati gli spazi pubblici e i fiumi con tecniche di ingegneria naturalistica, così come si è riqualificato il parco fluviale sul Crati alla confluenza e con la realizzazione dei BoCS art, tra i nostri fiori all’occhiello. Il centro storico di Cosenza rappresenta un unicum dal punto di vista paesaggistico e del patrimonio culturale, ma per recuperarlo non è sufficiente quella che viene definita la “tutela passiva”, ma è necessario mantenere e riportare la vita, perché altrimenti, tra non molto, non ci sarà bisogno né di tutela attiva né di quella passiva. Se il centro storico deve recuperare vivibilità e, come naturale conseguenza, nuovo interesse nei proprietari per i loro edifici, bisogna uscire dall’ottica del borgo “imbalsamato” (che non avrebbe neanche futuro, in un territorio ad elevata sismicità) e porsi in continuità con la sua vera storia, che è una storia dinamica, evolutiva, al passo con le esigenze della comunità che deve viverci. E la prima esigenza è la sicurezza. Il centro storico di Cosenza è decaduto soprattutto per le scelte legate all’urbanistica, molte delle quali sbagliate e che sono state mosse unicamente da una logica di speculazione e di espansione della città verso altre direttrici. Tutto questo ha determinato uno scarso interesse dei proprietari degli edifici privati al recupero degli immobili. Noi in questi anni abbiamo messo in atto una strategia finalizzata a far sì che i proprietari potessero investire sugli immobili di loro proprietà prevedendo pure, attraverso ordinanze sindacali di messa in sicurezza, di espropriare gli edifici privati degradati e a rischio crollo. Con il Cis (il contratto istituzionale di sviluppo) poi avremmo potuto rendere nuovamente appetibile la residenza nel Centro storico e facilitare l’apporto di nuove funzioni, sperimentando modelli innovativi abitativi e sociali a favore di un mix integrato di destinatari (studenti, giovani coppie, turisti), ma ciò non è avvenuto per l’ostruzionismo dei soliti noti.
Il CIS, invece, così come adesso strutturato, non porterà purtroppo quasi nessun vantaggio per la sicurezza del centro storico poiché interverrà sui soliti edifici pubblici già oggetto di intervento nel passato. Sapendo che i fondi pubblici non potevano essere spesi su immobili di proprietà privata, si era anche aggirato l’ostacolo, prevedendo, attraverso la nostra proposta originaria del CIS, le risorse per recuperare gli edifici privati degradati che sarebbero stati prima espropriati (a costi contenuti, in forza del mancato adempimento da parte dei proprietari alle ordinanze sindacali di messa in sicurezza). Certamente il processo di recupero che abbiamo messo in campo in questi ultimi dieci anni è lungo, né poteva essere immediato. Come ci sono voluti anni ed anni di “politiche attive” nel senso dell’abbandono e del degrado, in virtù delle quali il centro storico è venuto svuotandosi, così non è possibile immaginare che si ripopoli e vi torni la vita, se non attraverso un iter che non è né breve, né immediato e che necessita di “politiche urbanistiche attive” (in controtendenza a quelle operate nel passato) cui noi abbiamo dato impulso sin dall’atto del nostro insediamento alla guida della città. Noi abbiamo fatto, con riferimento agli edifici pubblici, tutto quanto era nelle nostre possibilità; si verifica il crollo degli edifici privati sui quali non è possibile intervenire con risorse pubbliche.
Altro rammarico che mi sento di esprimere a conclusione dei miei due mandati di Sindaco, riguarda il fatto di non aver potuto imprimere, a causa degli ostacoli a volte miopi che si sono frapposti, una svolta al sistema dei trasporti nell’area urbana. Se la Regione non avesse bloccato il servizio della Circolare Veloce “Cosenza/Rende/Unical” per favorire la lobbie dei trasportatori locali, oggi le persone avrebbero potuto spostarsi più agevolmente nella città unica senza bisogno d’altro. In un mese di sperimentazione avevamo addirittura decuplicato i servizi. La nostra idea era quella di realizzare una linea urbana, di collegamento tra Cosenza, Rende e l’Università, che avesse come sua caratteristica la frequenza delle corse, che devono essere di 7-8 minuti, le fermate ravvicinate e la riconoscibilità del vettore. Ci fu una forte opposizione dei privati che sostenevano che le linee fossero loro ed anche la Regione mise in atto una sorta di doppio gioco ed anziché, in virtù del principio di sussidiarietà, sostituirsi ai comuni per dare un servizio ai cittadini, addirittura li ha prevaricati per difendere gli interessi dei privati sulle linee pubbliche.
È necessario infine che vengano completate al più presto le opere che sono in corso e che renderanno Cosenza la più innovativa in assoluto tra le città in campo culturale e in quello urbanistico, tra le più belle e attrattive d’Italia. Parlo del fiume navigabile, delle piazze ai lati del Ponte, della strada su via Reggio Calabria, del Parco del Benessere, del Museo di Alarico, delle nuove sedi della Polizia municipale e del COC. E poi, che inizino presto anche i lavori del nuovo Stadio Marulla e della Città dello Sport, del nuovo Ospedale immaginato come un Parco nella città, delle opere previste dal CIS e da Agenda Urbana per il centro storico.
In ogni caso, dando un grosso dispiacere ai miei detrattori e seguendo le regole in auge nella Grecia antica, credo di poter affermare senza ombra di dubbio che ho lasciato dopo dieci anni una città migliore di quella che avevo trovato. E chi verrà dopo di me come Sindaco, (l’ing Francesco Caruso, io spero), potrà tesaurizzare questo patrimonio nel segno della continuità. ′
[Mario Occhiuto è il sindaco di Cosenza]