di SANTO STRATI – Reggino doc, Nino Foti, 64 anni, è stato deputato alla XVI legislatura, eletto nel 2008 per il Popolo della Libertà. Come parlamentare è stato membro della IX Commissione Trasporti e Lavoro della Camera. Laureato in Giurisprudenza, è presidente della Fondazione Magna Grecia, un’organizzazione no-profit che promuove lo sviluppo economico del Paese e, soprattutto, delle regioni meridionali.
Il pensiero fisso per Nino Foti è il lavoro. L’ex deputato si ricandida alla Camera nelle liste di Noi moderati – quarto raggruppamento della coalizione di centrodestra – quale capolista in quota proporzionale per Montecitorio in Calabria ed è convinto che solo cona profonda riforma del mondo del lavoro si possano ristabilire i canoni base dello sviluppo. «Il lavoro – secondo Foti – non nasce per decreto legge, lo creano le imprese…».
– E la Pubblica amministrazione?
«Noi abbiamo molto a cuore il lavoro privato, perché sappiamo bene che è il motore della creazione di un’occupazione sana che contribuisce al Prodotto interno lordo del nostro Paese. Detto questo, lo Stato svolge compiti preziosi e ineliminabili, ma va anche riformato nel profondo. La Pubblica amministrazione per Noi moderati va svecchiata con estrema urgenza, agevolando l’uscita di chi è in età pensionabile e assumendo al più presto decine di migliaia di giovani, tra l’altro decisivi per non affliggere l’attività degli Enti pubblici con quel digital divide di cui soffrono tanti impiegati e funzionari di vecchia data.
Sburocratizzare, insomma, dev’essere un’autentica “parola d’ordine” per il nuovo Governo di centrodestra; e un’oculata spending review sarà sicuramente d’aiuto. Poi però ci sono anche varie categorie professionali penalizzate ingiustamente, penso ad esempio agli insegnanti. I docenti italiani sono quelli con gli stipendi più bassi d’Europa: noi proponiamo d’aumentare subito la loro retribuzione del 10% per poi riallinearla a quella degli altri Paesi europei».
– Lei proviene da Noi con l’Italia, una delle quattro ‘anime’ di questa lista insieme a Coraggio Italia, Italia al centro e Udc. Maurizio Lupi l’abbiamo spesso sentito molto critico verso i Cinquestelle e il Reddito di cittadinanza…
«Intanto, distinguiamo. Proprio a causa di Giuseppe Conte e del Movimento Cinquestelle è venuto meno il governo Draghi: una ‘mossa’ da incoscienti, da irresponsabili a fronte di sfide epocali che l’Italia ha davanti, dal rapido e proficuo utilizzo delle enormi risorse del Pnrr all’esigenza di farsi valere sui mercati mondiali nonostante la gravissima crisi energetica. Quanto al Reddito di cittadinanza, noi non abbiamo mai chiesto d’abolirlo, ma di rimodularlo completamente. Proprio Lupi ha chiarito che la misura complessivamente costa al nostro Paese 8 miliardi di euro all’anno e che, di questi, 3 miliardi potrebbero continuare a finanziare un “Sostegno” destinato solo a chi non può lavorare o proprio non riesce a trovare un’occupazione».
«Gli altri, però, debbono lavorare, non adagiarsi su una misura assistenzialistica che non fa crescere l’economia del Paese. Va detto con chiarezza che su 3 milioni 450mila percettori circa di questa misura, circa 1 milione 800mila ne hanno effettivamente diritto in relazione a fragilità psicofisiche.
Ma con gli altri 7 miliardi di euro si potrebbero defiscalizzare tutte le nuove assunzioni, specialmente quelle che coinvolgono le nuove generazioni, creando le condizioni ottimali per le imprese affinché tornino ad assumere gli addetti di cui hanno bisogno.
I contributi previdenziali figurativi andrebbe a pagarli lo Stato, proprio con questi 7 miliardi. La verità è che i nostri giovani vanno accompagnati al lavoro, non a un sussidio che, una volta terminato, li lascerà in una marginalità da cui sarà davvero difficile uscire».
– Ma non si potrebbero creare migliaia di posti di lavoro con grandi investimenti, realizzando le maxi-infrastrutture di cui nel Mezzogiorno si parla da anni?
«C’è una premessa da fare: il maggior investimento in assoluto è quello nell’ “infrastruttura sociale”, cioè sul capitale umano, sulle competenze, sulla creatività. Quanto alle infrastrutture la priorità, specie qui al Sud, è non farci “scippare” quelle a portata di mano. Faccio un esempio: tutti pensavano che l’Alta velocità ferroviaria, che a nostro avviso deve necessariamente interessare l’intero Mezzogiorno, fosse finanziabile attraverso il Pnrr.
Ma oggi sappiamo che non è così: è chiaro che la politica deve farsi carico di questo e trovare rapidamente una soluzione. E una soluzione sensata, aggiungo io: non s’è mai vista un’arteria ad “alta velocità” che però è più lunga di quasi 50 km del tracciato ad oggi esistente e costa 2,5 miliardi di euro in più».
«Vogliamo dirne un’altra? Il Ponte sullo Stretto ha generato decenni di discussioni e di polemiche inutili. Una volta al Governo, la coalizione di centrodestra saprà dire “basta” a tutto questo e avviare una volta per tutte la realizzazione di un’infrastruttura cruciale non tanto per collegare la Sicilia alla Calabria, ma per consentire appieno le connessioni previste dall’Ue. Peraltro, i soldi ci sono, incluso l’intervento dei privati nel project financing; così come esiste il progetto esecutivo, ovviamente da integrare alla luce delle nuove evoluzioni tecnologiche. Resta un solo rammarico: aver perso l’occasione di realizzare il Ponte e aver speso le stesse risorse che sarebbero bastate a costruirlo in contenziosi col general contractor Impregilo e altri soggetti».
– A proposito: e il trasporto aereo? Non ci avevano promesso impetuosi sviluppi per gli scali calabresi in questi anni?
«Guardi, dobbiamo misurarci con una realtà completamente diversa. Quest’estate, perfino i turisti arrivati a Reggio Calabria dagli Stati Uniti o dall’Australia non hanno trovato voli e sono stati costretti a bivaccare all’aeroporto di Fiumicino senza che nessuno protestasse davvero. Non è possibile che all’Aeroporto dello Stretto ci sia un solo volo al giorno, peraltro operato da una società pubblica ossia l’Ita, l’ex Alitalia insomma, che proprio in quanto pubblica aveva il dovere d’impegnare pochi milioni di euro per coprire il periodo da maggio a settembre senza lasciare tanti passeggeri in gravi difficoltà, incluse persone malate o piccoli commercianti che non possono permettersi di restare una notte a Roma e per guadagnare mille euro finiscono per spenderne magari 1.200».
– La campagna elettorale è il ‘classico’ momento delle promesse che non sempre dopo il voto si realizzano. Ma famiglie e aziende stanno soffrendo terribilmente già oggi per gli aumenti vertiginosi, dal prezzo del pane a quello dei carburanti, legati agli enormi rincari di gas ed energia elettrica. Cosa si può fare al riguardo?
«Il Paese deve dotarsi di una seria pianificazione energetica che in questi anni purtroppo è mancata. Secondo Noi moderati, il nuovo Governo ovviamente si dovrà far carico di aiuti immediati e molto ingenti, soprattutto verso le imprese letteralmente stremate dalle bollette. Ma dovrà anche cancellare l’insulsa politica del “no a tutto” tipico di un certo ecologismo sinistroide che non ha a cuore né il progresso né il futuro dei nostri giovani e iniziare a dire tanti “sì”. “Sì” innanzitutto alle fonti rinnovabili d’energia, “sì” anche alla ricerca per reintrodurre l’energia nucleare su basi nuove, sicure e affidabili. Soprattutto perché l’Italia, così come gli altri Paesi, non ha altra scelta». (s)