LA “QUESTIONE ITALIANA” È L’EMIGRAZIONE
DEI GIOVANI DEL SUD, NON L’IMMIGRAZIONE

La “Questione italiana” è l’emigrazione, non l’immigrazione. È l’allarme lanciato dalla Svimez, nel corso del convegno FestambienteSud promosso da Legambiente e svoltosi in Puglia, evidenziando come «l’incremento delle diseguaglianze di genere, generazionali e territoriali è la principale causa del gelo demografico italiano».

Negli ultimi anni, infatti, il tasso di natalità sempre più basso e un’aspettativa di vita sempre più lunga hanno portato l’Italia tra i paesi più anziani in Europa e nel Mondo; ma le dinamiche naturali hanno avuto impatti territoriali differenziati, colpendo in maniera più rapida e severa il Sud. Anche la componente migratoria interna e internazionale ha contribuito ad ampliare gli squilibri demografici Sud-Nord.

Nelle regioni settentrionali si concentrano prevalentemente le comunità immigrate, contribuendo a ringiovanire una popolazione strutturalmente anziana. Il Mezzogiorno continua a soffrire di un deflusso netto di giovani (1 su 3 laureato) verso il resto del Paese e verso l’estero.

La Lombardia, ad esempio, registra una variazione netta positiva, intercettando i flussi migratori interni e esteri. Al contrario, la Puglia continua a perdere popolazione che si sposta nelle altre regioni (specialmente al Nord) e all’estero. Stando alle proiezioni Istat, al 2042 la Puglia perderà oltre 418mila cittadini (- 11%). 1/3 nei comuni delle aree interne (-100mila) in cui oggi risiede il 22% della popolazione. Le riduzioni maggiori si osservano nelle giovani fasce d’età, con la popolazione che si contrarrà di oltre il 30%, con picchi del 35% nelle aree interne. Si perde forza lavoro, si va verso una maggiore senilizzazione della società, si smantella progressivamente il sistema di servizi all’infanzia (se presente), si svuota la scuola.

Di fronte a questo quadro desolante, per la Svimez, una ripresa della dinamica demografica è conseguibile attraverso un riequilibrio delle condizioni di accesso ai diritti di cittadinanza, investendo in infrastrutture sociali per migliorare qualità dei servizi pubblici nei territori a maggior fabbisogno, a partire dalla scuola e dalla sanità, per migliorare il saldo naturale; attraverso un freno alla fuga delle competenze e creando domanda di lavoro qualificato; attraverso politiche in grado di attrarre migranti con misure di inclusione (servizi, borse di studio, accompagnamento e formazione al lavoro).

Per Luca Bianchi, direttore della Svimez, «l’autonomia differenziata determinerà un’ulteriore divaricazione dell’offerta di servizi e di conseguenza un incremento delle emigrazioni (sanitarie, universitarie, lavorative), rafforzando il trend di spopolamento dei territori marginali».

Un’ulteriore approfondimento sui divari territoriali e le difficoltà di accesso al credito l’ha fornito il presidente della Svimez, Adriano Giannola, intervenendo alla 15esima edizione della Conferenza Nazionale di Statistica: «la difficoltà di accesso al credito ostacola – non poco! – la convergenza territoriale. Oggi il dualismo è tornato prepotentemente dopo gli anni della convergenza (1951-anni ’80) e il tema creditizio merita grande attenzione».

«Nel 1972 Saraceno, fondatore con Morandi e Menichella della Svimez – ha ricordato Giannola – espresse una valutazione di grande attualità: “…quando iniziai la non facile ma interessante esperienza della Cassa dissi che tre erano gli indicatori che dovevamo monitorare attentamente perché erano quelli che sulla base degli investimenti che andavamo a realizzare avrebbero dovuto subire un sostanziale cambiamento; mi riferisco al reddito pro-capite, al tasso di disoccupazione e al costo del denaro. Dopo venti anni ci sono flebili segnali positivi sui primi due indicatori mentre sul terzo, purtroppo, non è accaduto nulla. E questo, devo essere sincero, è davvero preoccupante perchè rappresenta il riferimento determinante per un processo di crescita. Sono sicuro che…, il mondo bancario annullerà queste forme discriminanti nei confronti delle iniziative nel Mezzogiorno”».

«Alla luce delle evidenze successive al 1990 – ha aggiunto il presidente Svimez – un illustre analista commenta “…lo Stato… in tutti questi anni non ha mai dichiarato che quel rischio differenziale denunciato… possa essere assorbito ad opera sua”: è lampante in effetti che il drastico razionamento della spesa pubblica in conto capitale al Sud, il consolidamento bancario degli anni 1990, il passaggio della vigilanza da strutturale a prudenziale, sono fattori che non hanno attenuato il differenziale che condiziona il merito creditizio di famiglie e imprese del Sud».

«Lo Stato e la Banca Centrale – ha proseguito – hanno affrontato il problema con una terapia distillata da una diagnosi secondo la quale per incidere sul divario è prioritario puntare a recuperi di efficienza promossi a loro volta dall’ apertura del mercato “locale” al vento della concorrenza. Su queste basi l’ obiettivo dichiarato di eliminare oltre il 60% del dualismo creditizio ha legittimato il rapidissimo consolidamento che ha scientemente e inopinatamente spazzato via il sistema bancario meridionale. Che la terapia non fosse idonea, efficace e men che meno risolutiva lo dice la cronaca trentennale che, ormai è storia, conferma per mutuatari ed imprese del Sud che poco o nulla è cambiato: il dualismo consolidato, domina ora come allora».

«Cancellati con chirurgica rapidità i grandi banchi (gli Icdp) del Sud, aggiudicati a quelli del Nord alla cui gestione si affida il neonato mercato unico dei capitali, scompare la dimensione del fine tuning interbancario strategico per gestire il dualismo creditizio mentre la raccolta del Sud razionalmente impiegata sul mercato duale premia ovviamente, e più di prima, imprese e operatori del Centro Nord (100 mld/anno nel 2022) condizionando Pmi e clientela nel Mezzogiorno – ha detto ancora –. Né, in questo panorama, le grandi banche nazionali del mercato unico dei capitali vincono la sfida dell’ efficienza che invece perdono in assoluto e nel confronto specifico con quel che resta del sistema creditizio del Sud: le Bcc e il fragile retaggio delle Banche Popolari. Costringere la gestione operativa di un sistema ostinatamente duale nel mercato unico del credito, viola basilari regole grammaticali del dualismo perché atrofizza l’ azione tradizionalmente svolta sull’ interbancario dalla sapiente, più indipendente ed esperta gestione della Banca Centrale. Questa, abdicando al suo ruolo, senza cogliere l’ obiettivo consolida la patologia».

«L’ansia di prestazione suggerisce terapie frutto di cedimenti all’accademica nella lettura di un fenomeno ben noto proprio alla Banca Centrale che, La Banca Centrale non più sovrana a scala nazionale e al governo dell’Euro, potrebbe svolgere un ruolo di eccezionale rilevanza sul monitoraggio e gestione del dualismo – unico per intensità e storia nell’Unione proprio e su un terreno di sua stretta competenza –. È paradossale – ha concluso – che il più completo e prestigioso laboratorio di ricerca e analisi nazionale, patrimonio della Banca Centrale non contribuisca attivamente come avviene in altri contesti in modo sistematico ed operativamente incidente». (rcz)

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Eliminare spesa storica per superare i divari

di ORLANDINO GRECONon posso che dare atto e merito allimpegno che la Ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, sta mettendo nel riconoscere lestrema urgenza e necessità di abbattere il divario Nord-Sud. Sin dallinizio del suo mandato ha mostrato una certa fermezza su alcuni punti fondamentali, come quello sullautonomia differenziata. La stessa in merito al disegno di legge sull’autonomia differenziata ha risposto, nei giorni scorsi, ad una interrogazione parlamentare presentata durante il Question time nell’Aula di Montecitorio.

La Ministra ha evidenziato come tre siano le questioni imprescindibili: finanziamento dei LEP, abbandono della spesa storica e coinvolgimento del Parlamento. Sono temi, questi, di cui LItalia del Meridione, da anni, si è fatta portavoce e su cui poggia il suo programma politico che non è attestazione o rivendicazione di una ormai anacronistica Questione meridionalema mira ad una generale assunzione di responsabilità.

Una Questione che ha mostrato il suo vero volto e i meccanismi, quanto mai perversi e ben strutturati a discapito delle regioni del sud, con i quali è stata portata avanti, legittimando misure come la spesa storica. Populismo e sovranismo, escludono per definizione forme di secessione politica che viene così tradotta in secessione economica, lasciando apparentemente intatto lassetto democratico e istituzionale ma di fatto sovvertendo e violando principi fondanti della nostra Costituzione. Ma entrambi sono arrivati al capolinea e nelle loro rivendicazioni’ hanno trovato ferma opposizione, da parte di chi, meridionali o no, hanno ben compreso le reali conseguenze di quella mancata unità’ in termini di equità territoriale, perequazione e giustizia sociale.

Se la riforma delle Autonomie ormai non è più rinviabile e deve trovare compimento attraverso una Legge, questa deve essere pensata in maniera tale da escludere sperequazioni tra le regioni, in particolare nelle risorse destinate alla copertura dei servizi primari, e quindi continuando a creare cittadini di serie A o B. 

L’elemento imprescindibile, quindi, è e rimane il superamento e poi leliminazione della spesa storica, riequilibrando il rapporto popolazione-spesa pubblica che determina i livelli essenziali delle prestazioni e di assistenza, così come deve essere ridefinito il fondo perequativo, per colmare le distanze tra i territori più ricchi e quelli più poveri.  

In questo momento storico, più che in altri, bisogna stare in campo, incalzare e sviluppare una visione univoca che abbia come obiettivo, ciò che oggi ci viene richiesto con linee guida chiare e precise dalla stessa Comunità Europea: abbattere i divari! Che vanno ben oltre i gap infrastrutturali, la mancanza o meno di servizi, ma definiscono il riconoscimento di quella parte del Paese dimenticata e defraudata.

Bisogna intercettare e far convergere le forze più avvedute e lungimiranti, facendo partire dal Sud una proposta forte, concreta e positiva ed inequivocabili per far capire a tutti che questo Paese o cresce insieme o, insieme, perisce. (og)