NORD E SUD, DIVARIO ANCHE NEGLI ATENEI
E CONTINUA LA MIGRAZIONE DEI CERVELLI

di FRANCESCA CUFONE –Il divario tra Nord e Sud, negli ultimi anni, si è sempre più allargato e il gap è molto marcato per la spesa relativa a formazione e ricerca e sviluppo e cultura. Grave il ritardo, anche, nei servizi per linfanzia. 

E a ricordarcelo sono sempre i dati Svimez: la spesa in istruzione in Italia si riduce con una flessione del 15% a livello nazionale, di cui il 19% nel Mezzogiorno e il 13% nel Centro-Nord. Le differenze Nord/Sud riguardano soprattutto lofferta di scuole per linfanzia e la formazione universitaria. Nel Mezzogiorno solo poco più di 3 diplomati e 4 laureati su 10 sono occupati da uno a tre anni dopo aver conseguito il titolo. Prosegue labbandono scolastico sempre crescente e lemergenza sanitaria non ha affatto giovato la situazione pregressa. In questo sarebbe utile mantenere la didattica a distanza nelle università al fine di garantire egual diritto allo studio.

La pandemia ha anticipato lera della digitalizzazione e dovremmo evitare affermazioni del tipo ritorniamo alla normalità”, bensì creiamo una nuova normalità”. In questo può venirci in soccorso la Ricerca scientifica in quanto una delle sfide più urgenti che si presenta alla società odierna riguarda la necessità di verificare e rivedere in profondità i processi formativi che vengono offerti alle nuove generazioni. In un mondo che non può fondarsi soltanto sui mercati e sulla tecnica, il patrimonio culturale e di risorse umane fornito dall’università gioca un ruolo decisivo.

Si tratta, dunque, di riattivare una riflessione alta intorno al senso al futuro delluniversità, riproponendo le domande di fondo circa il suo ruolo nella società e la sua vocazione allapertura lincontro superamento delle barriere. È diventata, ormai, prassi diffusa quella di articolare i compiti delluniversità secondo la formula della triplice missione, con unespressione che agli obiettivi tradizionali della formazione della ricerca affianca quello della diffusione della conoscenza nellinterazione con il territorio.

Purtroppo abbiamo un primato negativo: siamo il Paese in Europa che investe meno nelluniversità, dunque nella Ricerca e la continua migrazione dal Sud verso il Nord, ma anche i meccanismi di riparto del Ffo (fondo finanziamento ordinario), aumentano il divario tra le regioni italiane. A ciò si aggiunge unaltra beffa: il Recovery Plan prevede investimenti in ricerca dal 2021 a 2026 × 12.000.000.000, oltre il 3,6 miliardi per la formazione universitaria, di cui almeno il 40% doveva essere destinato al mezzogiorno. A distanza di un anno la quota si è ridotta al 29%, precisando che il 40% su 545 milioni vale 218 milioni, cioè meno del 30% riservato ai giovani. Questi ultimi emigrano soprattutto perché cercano sbocchi occupazionali.

Scappano ancora anche troppi ricercatori e quelli che vorrebbero rientrare spesso hanno difficoltà a trovare occasioni di lavoro interessanti.

Gli sgravi fiscali previsti per coloro che rientrano in Italia sta avendo effetto. La creazione di grandi infrastrutture di ricerca sicuramente ne attrarrebbe altri. I giovani ricercatori dallestero vorrebbero entrare in Italia e molti ritornare proprio al sud. Ma chiedono procedure più snelle e programmazione regolare di bandi e progetti. In altre parole, vogliono sapere quale opportunità potranno cogliere anche in futuro, non si accontentano chiaramente di progetti saltuari, in quanto la legge 240/2010 Gelmini fissa anche un limite ai contratti ‘precari’, vale a dire un singolo ricercatore non può accumulare più di 12 anni tra contratti da assegnista e ricercatori a tempo determinato  (RTDa, RTDb), superata questa soglia senza riuscir ottenere un ingresso in ruolo.

Sono temi difficili da un punto di vista tecnico che devono essere discussi allinterno delle università, ma non riguardano soltanto gli specialisti: tutti i cittadini e quindi gli atenei devono svolgere un ruolo di ‘traduzione’ di queste questioni a beneficio di tutti e far capire che in un Paese democratico si devono affrontare anche queste emergenze. A maggior ragione laddove sono state più penalizzate. Lautonomia differenziata ha accentuato il divario in termini di diritti, marcando una sostanziale differenza nelle opportunità di crescita e sviluppo dellindividuo e conseguente divario a livello nazionale ed europeo.

In un dibattito sul regionalismo differenziato il rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo, ha ribadito «come le politiche universitarie degli ultimi dieci anni abbiano penalizzato le università del Mezzogiorno con un vero e proprio trasferimento di risorse dal Sud al Nord che ricadute non soltanto per i nostri atenei, ma soprattutto per i nostri territori. Il trasferimento strutturale dei nostri giovani al Nord trasformerà il tessuto e la formazione socio-culturale del Meridione nel giro di un decennio».

E sulle ‘migrazioni’ dal Sud al Nord, il prof. Viesti ha precisato che «il fenomeno migratorio degli studenti del Sud al Nord è quantificabile in 3 miliardi annui tra tasse universitarie, vitto e alloggio che arricchiscono ulteriormente quei territori, e al tempo stesso provoca un ulteriore depauperamento del Sud in termini di sviluppo, crescita e ricchezza e anche un aumento di quella biforcazione socio-economica tra le diverse regioni».

Ecco perché come Italia del Meridione sosteniamo l’alzata di scudi da parte dei rettori delle università meridionali, che si trovano nuovamente a dover ‘correggere’ gli errori, per ben tre volte in dieci giorni, dello stesso Ministero nel presentare i bandi del Pnrr sulla Ricerca. Anch’essi riferiti al NextGenerationEU che ha l’obiettivo di ridurre i divari tra le due parti del Paese. Misure e criteri che continuano, invece, ad essere disattesi e su cui la politica e i suoi rappresentanti meridionali devono vigilare, pretendendo la regolarità e la certezza della distribuzione dei fondi così come la Comunità Europa ha dettato.

La responsabilità di ciò che avverrà da oggi in poi è maggiore rispetto al passato, proprio perché è un’occasione unica che il sud non può farsi strappare. Non si tratta di un problema che investe soltanto luniversità ma la città, il territorio, è espressione della crescita delle regioni che rappresenta, perché riguarda temi importanti come listruzione, la ricerca, le infrastrutture, lambiente e che puntano sulla valorizzazione delle proprie risorse umane. Investire su queste, sulla ricerca e sulla cultura, significa scrivere un destino diverso per le future generazioni e per quel ‘Meridione fuori questione’. (fcu)

 

Superamento criterio spesa storica, Dalila Nesci: Risultato importante per azzerare divario tra Nord e Sud

Per la sottosegretaria per il Sud, Dalila Nesci, il superamento del criterio della spesa storica per asili nido e funzioni sociali è «un risultato importante per i cittadini nell’ottica dell’azzeramento del divario tra Nord e Sud».

«Buona parte del merito – ha aggiunto – per l’esito di questa battaglia politica lo dobbiamo all’impegno della Vice Ministra dell’Economia, on. Laura Castelli che, con tenacia si è battuta per tutelare i diritti sociali dei cittadini più svantaggiati. Scardiniamo finalmente uno schema che ci ha tenuti imbrigliati a lungo: gli anziani, i disabili, gli asili nido potranno contare sulle stesse risorse pro-capite a prescindere dalla loro appartenenza geografica».

«I nuovi obiettivi, sanciti dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard del Mef – ha spiegato – saranno una boccata d’ossigeno in particolar modo per i comuni del Sud. Verranno così incrementate le risorse finanziarie da dedicare ai servizi domiciliari, ai centri educativi, ai centri sociali per gli anziani e alle case famiglie. Se fino a ieri Reggio Calabria aveva a disposizione 78 euro per abitante, da oggi ne avrà a disposizione 102».

«Un ringraziamento va, infine – ha concluso – alla Ministra per il Sud e la Coesione Territoriale On. Mara Carfagna per il lavoro che sta portando avanti nell’attuazione dei Lep – Livelli Essenziali di Prestazione». (rrm)

In copertina, Castelli e Nesci