di SANTO STRATI – Sono almeno sette gli ospedali inutilizzati (mai aperti, chiusi, da sistemare, etc) che abbiamo in Calabria; ciononostante, il presidente ff Nino Spirlì si rivolge alla protezione civile (oltre a invocare il Cielo) e si fa montare quattro ospedali da campo nella regione. Non solo, scatena anche un’offensiva (!) di assunzioni (300, metà medici, metà infermieri) in grado di fronteggiare la “guerra”, come se bastassero poche centinaia di risorse fresche per fronteggiare l’emergenza. Una guerra che però non ha generali in Calabria e senza guida le guerre non si vincono.
Già, siamo in guerra, è inutile nasconderselo e il nemico è insidioso, temibile, sottile. Non uccide più come prima, ma fa tanti prigionieri. E siamo tutti prigionieri di una pandemia a cui nessuno, complici il bel tempo, le vacanze estive, le tavolate al mare (senza presunte conseguenze infette), ha pensato di prepararsi nel caso di un nuovo assalto autunnale. nessuno di chi ci governa, di chi ci amministra, di chi ha il potere di decidere. Dal Governo abbiamo un meraviglioso esempio di pressapochismo dilagante, dilettanti allo sbaraglio, che stanno giocando con la pelle degli italiani. Cosa possiamo pretendere? Se al Governo centrale non sanno che fare, cosa possiamo chiedere agli amministratori locali?
Oltretutto questa disgraziata terra sconta pure il lutto della presidente Jole che, oltre ad aver lasciato un vuoto tra chi la stimava devotamente e chi cominciava ad apprezzarla, ci ha lasciati anche in un mare di guai. Ovviamente senza colpa (la morte è implacabile e non spedisce preavvisi) e se avesse avuto qualche settimana in più, probabilmente avrebbe rimediato all’orribile sciocchezza del vicepresidente in quota leghista. Nessun pregiudizio su Nino Spirlì, intellettuale, autore televisivo, blogger convinto, ma politicamente irrecuperabile. Inguaribilmente inadatto al ruolo, sperduto già prima della nuova ondata della pandemia, irrimediabilmente confuso in una funzione che richiede competenza, capacità e, soprattutto, autorevolezza.
Nella settimana della sua scomparsa, la presidente Jole aveva un importante appuntamento nell’agenda: doveva incontrare il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo (ormai insofferente agli azzurri e ammaliato dalle sirene salviniane) per concordare un’iniziativa che avrebbe fatto scalpore, ma avrebbe dato alla Calabria un vicepresidente con un cursus politico di tutto rispetto. L’intesa del progetto era nota a pochi: ritiro della delega di vicepresidente a Spirlì (lasciandogli magari quella della cultura, questo non è chiaro) e nomina del sindaco di Catanzaro Abramo a vicepresidente. Un politico cui lasciare le redini in caso di un impedimento che la povera Jole sentiva sempre più vicino e pressante. Ma il destino, beffardo e crudele nei confronti dei calabresi, ha chiuso gli occhi per sempre alla prima donna presidente della Regione e lasciato con le pive nel sacco un quanto mai sconfortato Abramo. Regalando, perfidamente, ai calabresi un improbabile “facente funzioni” che avrebbe dovuto reggere per qualche mese una legislatura in scioglimento. Ma siccome, quando ci si mette, il diavolo ne pensa una più di se stesso, quale migliore occasione del Covid per scombussolare totalmente la Regione Calabria? Zona rossa, elezioni rapide praticamente impossibili causa virus, una guida disperata a sovrintendere una valanga di problemi a cui si aggiungeva l’emergenza coronavirus.
«Siamo in guerra» – ha detto Spirlì – e noi concordiamo col il presidente ff. ma per fare la guerra ci vuole la truppa, e, soprattutto, ci vogliono i generali. E in Calabria non ce ne sono. Più volte ha ripetuto Spirlì che lui è al posto di comando «per una disgrazia» e l’hanno – ahimè – capito a proprie spese i calabresi, ma, obiettivamente, non si può pensare di continuare così fino ad aprile, forse maggio. Attendere nuove elezioni e intanto vedere questa terra già stremata da mille problemi, seviziata e annientata dagli interventi televisivi di Spirlì quanto meno imbarazzanti e inopportuni. Non può continuare l’attuale facente funzioni a offrirsi come agnello sacrificale per l’altare dell’audience televisiva: è dappertutto, tutti lo vogliono. Ma non perché abbia cose importanti da dire, ma perché è talmente la caricatura di se stesso che il povero Crozza, nella sua gustosa imitazione, ha avuto il suo bel da fare per cercare un po’ di originalità. Un copione interamente scritto, per far ridere gli italiani della Calabria, con un giullare gaudente e improvvido, che non si rende conto che non fa ridere con le sue esternazioni, ma fa ribollire di rabbia i poveri calabresi che se lo sono trovati sul groppone.
Non è un generale Spirlì (e probabilmente non ci tiene né ad esserlo né a diventarlo): non è come scrivere un testo televisivo, un copione che altri reciteranno più a o meno intensamente, ma si tratta di governare. E non si può governare se non se ne hanno le capacità: non si può minacciare di chiudere le scuole, quando ci hanno – a malincuore – già pensato i sindaci; non si possono prendere provvedimenti risibili come quelli di trasformare con uno schiocco di dita ospedali in unità specializzate per malati Covid. Mancano uomini, le risorse più importanti: i soldi ci sono ma in Regione non sono capaci di spenderli, né sono stati capaci di utilizzarli quando c’era il tempo di fare prevenzione e organizzare reparti e letti di terapia intensiva. Si va avanti anche qui, come succede a Palazzo Chigi, tra tentativi e improvvisazioni, inseguendo ordinanze che si smentiscono l’una con l’altra in un carosello di brutte figure (ma questo sarebbe il meno) che fanno però danni seri ai malati, ai medici, a tutto il personale sanitario che sta dando letteralmente la pelle pur di salvare ogni vita umana che capita nelle loro mani.
Siamo nella disperazione più totale: è questa la drammatica constatazione. Senza guida politica, senza guida sanitaria e senza speranza (non c’entra il ministro, quello è già fuori scena per conto suo). Venerdì il Consiglio dei Ministri avrebbe potuto revocare l’imbarazzante scelta del Ministro della Salute e nominare un nuovo commissario per la Sanità in Calabria, ma non l’ha fatto. Sicché abbiamo Zuccatelli indicato da Conte – su proposta del ministro dell’Economia e di concerto con il ministro della Salute – del cui decreto di nomina non si hanno traccia, anche se pare firmato lo stesso 7 novembre, dopo il secco twitter di Conte che licenziava Cotticelli. Ma al Governo non hanno ancora capito che i calabresi sono arcistufi della colonizzazione sanitaria, non tollerano più le insidiose promesse di un governo giallo-rosso che non riesce a convincere nemmeno i suoi stessi componenti, e non sopportano più le allucinate esternazioni di Spirlì . I calabresi ora esigono soluzioni concrete, a cominciare dalla sanità. Cominci, il Governo, ad azzerare il debito della sanità di cui ha la massima colpa avendo nominato commissari incompetenti e incapaci di far quadrare i conti. Si riparta da zero e si scelgano personalità che conoscano il territorio e, soprattutto, abbiano voglia di aiutare questa terra. Ben venga Strada – se affiancato da capacissime risorse locali: il nome è garanzia di efficienza, ci può stare, ma non basta la chiara fama, servono provvedimenti, scelte contabili, interventi pratici e non solo amministrativi. Servono competenza e conoscenza della realtà calabrese, sennò ritorniamo al punto di partenza, anzi peggio di prima.
C’è un’opportunità importante, da non lasciarsi sfuggire: giovedì prossimo 400 sindaci dei capoluoghi e di tutti i paesi della Calabria saranno a manifestare davanti a Palazzo Chigi a mezzogiorno. Abbiamo suggerito di farsi ricevere dal Presidente della Repubblica che ci siamo permessi di invocare, a nome dei calabresi, della nostra terra, Mattarella di dare un segnale di attenzione. Sarebbe importante. Anzi, è necessario. Presidente Mattarella ascolti la Calabria e faccia capire che l’Italia c’è davvero per questa nostra sfortunata regione. (s)