DONNE AL LAVORO, IN CALABRIA FORTE GAP
CON L’OCCUPAZIONE DEGLI UOMINI: È AL 18%

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «La strada verso la parità di genere, specialmente in Calabria, è ancora lunga»: Da queste  parole dell’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese, emerge un quadro allarmante dal Rapporto preliminare dell’Osservatorio/Laboratorio Economico-Territoriale delle Politiche del Lavoro, con focus sulla parità di genere nel mercato del lavoro in Calabria.

Un report resosi necessario, considerando che «i recenti dati dell’Istat evidenziano che, sebbene le donne abbiano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini, la loro partecipazione al mercato del lavoro è inferiore e non viene adeguatamente compensata dal punto di vista economico, né in termini salariali né in termini di riconoscimento professionale», ha spiegato Calabrese nella nota introduttiva.

«I recenti dati dell’Istat evidenziano che, sebbene le donne abbiano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini – ha continuato Calabrese – la loro partecipazione al mercato del lavoro è inferiore e non viene adeguatamente compensata dal punto di vista economico, né in termini salariali né in termini di riconoscimento professionale».

Nella nostra regione, infatti, «nella dinamica demografica della popolazione per genere ed età – hanno spiegato Roberto Cosentino, direttore generale del Dipartimento Lavoro e Cosimo Cuomo, dirigente dell’Uoa Programmazione e Monitoraggio Fse 21/27 e responsabile dell’Osservatorio Laboratorio Economico Territoriale delle Politiche del Lavoro – la prevalenza della componente femminile rappresenta il 51,0%, con maggiore evidenza nelle età più avanzate per la maggiore longevità femminile. Sempre, la componente femminile calabrese, prevale anche fra le persone con titolo universitario (56,9% dei laureati o con titolo superiore), in particolare per le donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, ma anche tra quelle prive di un titolo di studio (60,1%) e in possesso della sola licenza elementare (56,6%), soprattutto nella classe d’età 65 anni e oltre».

«A livello provinciale, i tassi di assenza di istruzione – hanno detto ancora – presentano valori più alti per la componente femminile, mentre i tassi di conseguimento dei titoli di studio più bassi (fino alla licenza media), presentano valori simili tra la popolazione maschile e quella femminile. All’estremo opposto, l’insieme dei titoli accademici è ovunque più elevato per le donne, per le quali si registra il valore massimo a Catanzaro (17,1%) contro il corrispondente 13,7% degli uomini».

Quello che è emerso, dunque, è che in Calabria «permane comunque una situazione piuttosto sfavorevole all’occupazione femminile e allo squilibrio di genere, con valori anche superiori rispetto alla media nazionale. Nel 2021, il gap di genere del tasso di attività, è statisticamente di circa 18 punti (uomini 51,9%, donne 33,9%), la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (28,6%) e quello degli uomini (45,6%) di 17 punti e, il tasso di disoccupazione delle donne (15,6%) è più di 3 punti percentuali superiore a quello degli uomini (12,2%)».

Guardando alla nostra regione, in Calabria «la popolazione residente al 2023, in base al genere, risulta essere pari a 1.846.610 unità, di cui 942.391 di sesso femminile e 904.219 maschile, rispettivamente, il 51,03% e il 48,97% sul totale».

Dopo il forte deterioramento registrato durante la fase più acuta della pandemia, anche nella regione Calabria è comunque proseguita la ripresa del mercato del lavoro. Sulla base dei dati Istat, elaborati dall’Osservatorio: Laboratorio Economico Territoriale e Politiche del Lavoro della Regione Calabria, la popolazione attiva femminile (15-64 anni), nel 2022, era pari a 591.269 unità (50,5% sul totale), a fronte di 580.332 unità di sesso maschile (49,5%).

Sempre secondo i dati rilevati dall’ Istat ed elaborati dall’Osservatorio  nel 2022 il numero di occupati nella regione è aumentato dell’1,5% rispetto all’anno precedente; A differenza di quanto rilevato nel 2021, l’incremento, però, è stato inferiore a quello medio registrato nell’intero Mezzogiorno e in Italia (rispettivamente del 2,5 e del 2,4 per cento).

In termini assoluti, comunque, il numero di occupati non ha ancora recuperato i livelli pre-pandemici (sono stati circa 529.000 nel 2022, contro i quasi 539.000 nel 2019), mentre il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni, è salito al 43,5%, superando sensibilmente il dato del 2019. Su tale aumento, ha inciso la dinamica demografica caratterizzata dalla progressiva riduzione della popolazione in età da lavoro. Il divario negativo nel tasso di occupazione rispetto alla media nazionale, è rimasto comunque ampio (16,7 punti percentuali; era 17,1 nel 2019). Per “genere”, l’incremento dell’occupazione nel 2022, ha riguardato sia gli uomini che le donne mentre il divario di genere nei tassi di occupazione continua a rimanere costante ed elevato (23,5 punti percentuali in Calabria, 18,1 nella media nazionale).

La diminuzione della popolazione residente della Calabria, per l’Osservatorio «è frutto di un saldo naturale negativo (-9.413 unità), al quale si somma un saldo migratorio totale negativo (-6.111 unità), nonostante un saldo censuario positivo (+10.377) e un recupero dei movimenti demografici internazionali nel 2021 rispetto al 2020».

Quello che si registra, dunque, è la conferma di un trend negativo in corso. La mortalità aumenta: il tasso di mortalità passa dall’11,2 per mille del 2020 al 12,2 per mille del 2021, con un picco del 12,5 per mille della provincia di Cosenza. Tra il 2020 e il 2021 il tasso di natalità è leggermente diminuito, da 7,4 a 7,1 per mille. A livello provinciale il tasso resta quasi stabile nella provincia di Catanzaro, diminuisce in tutte le altre, principalmente a Vibo Valentia e Reggio Calabria. I movimenti tra Comuni sono rimasti costanti nel secondo anno pandemico: il tasso migratorio interno è passato dal -4,4 per mille del 2020 al -4,3 per mille del 2021, oscillando tra il -3,2 per mille della provincia di Cosenza e il -6,6 di Crotone.

I movimenti migratori internazionali sono in recupero: il tasso migratorio estero, positivo in tutte le province, aumenta rispetto al 2020 (dal 0,7 al 2,7 per mille), soprattutto nella provincia di Cosenza (da 0,9 nel 2020 a 3,2 per mille nel 2021) e Reggio Calabria (da 0,7 a 3,1). La prevalenza della componente femminile nella struttura per genere si conferma anche nel 2021. Le donne rappresentano il 51,0% del totale e superano gli uomini di 38mila unità. La prevalenza si evidenzia particolarmente nelle età più avanzate per la maggior longevità femminile.

Per quanto riguarda la scolarizzazione e il conseguimento dei titoli, nonostante nella nostra regione ci sia un innalzamento del livello di istruzione, continuano a persistere dei divari tra le province, correlati all’invecchiamento della popolazione e alle caratteristiche del mercato del lavoro. L’incidenza del livello di istruzione terziaria risulta più elevata nei territori con sede di ateneo. Quella più alta si osserva a Catanzaro (15,5 %), Cosenza (15,2%) e Reggio Calabria (15,0).

La componente femminile calabrese prevale fra le persone con titolo universitario (56,9% dei laureati o con titolo superiore), in particolare per le donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, ma anche tra quelle prive di un titolo di studio (60,1%) e in possesso della sola licenza elementare (56,6%), soprattutto nella classe d’età 65 anni e oltre. A livello provinciale, i tassi di mancanza di istruzione presentano valori più alti per la componente femminile mentre i tassi di conseguimento dei titoli di studio più bassi (fino alla licenza media) presentano valori simili tra la popolazione maschile e quella femminile. All’estremo opposto, l’insieme dei titoli accademici è ovunque più elevato per le donne, per le quali si registra il valore massimo a Catanzaro (17,1%) contro il corrispondente 13,7% degli uomini.

In Calabria permane una situazione piuttosto sfavorevole all’occupazione femminile e uno squilibrio di genere, con valori superiori rispetto alla media nazionale. Nel 2021, il gap di genere del tasso di attività è di circa 18 punti (uomini 51,9%, donne 33,9%), la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (28,6%) e quello degli uomini (45,6%) di 17 punti, il tasso di disoccupazione delle donne (15,6%) è più di 3 punti superiore a quello degli uomini (12,2%). Fra le province, i valori più alti del tasso di occupazione si osservano a Catanzaro (37,4%) e Reggio Calabria (37,1%), quelli più bassi a Crotone (35,3%) e Vibo Valentia (35,8%), mentre gli squilibri di genere più ampi (circa 18 punti) si riscontrano a Catanzaro e Crotone, i più bassi (circa 15 punti) a Vibo Valentia e Reggio Calabria.

Le incidenze maggiori del tasso di disoccupazione nel 2021 si osservano nelle province di Reggio Calabria, di Cosenza e di Crotone (rispettivamente 14,1%, 13,6% e 13,6%) mentre, all’opposto, Vibo Valentia e Catanzaro presentano i valori più bassi (12,9% e 13,0%). Il divario di genere è più marcato (quasi 4 punti) nei territori cosentino e catanzarese, minore (circa 2 punti) nel vibonese.

Dal punto di vista dello stock occupazionale e degli avviamenti, interrogando i dati del SIL Calabria, si evince una variazione importante nell’anno 2020, da relazionare al divieto di licenziamento in vigore da marzo 2020 come una misura emergenziale per fronteggiare gli effetti della pandemia, livellatasi poi negli anni successivi. Filtrando i dati al solo 2023 si evincono importanti indicazioni, in primis la distribuzione territoriale dei lavoratori proporzionalmente alla popolazione residente e la distribuzione per età e sesso dei lavoratori, che evidenzia una prevalenza maschile nelle fasce più giovanili e fino ai 45 anni. Da notare la prevalenza del genere femminile nel settore delle attività di cura e di assistenza in ambito familiare, nella sanità e assistenza e nell’istruzione (60,1%); anche dall’analisi delle mansioni si deduce una divaricazione di genere per molte delle attività professionali.

La ricerca e le elaborazioni statistiche effettuate – su base Istat – purtroppo delineano, un andamento quasi stabile del fenomeno, pur se con un lievissimo decremento nazionale riferito al 2022; Dato, peraltro confermato anche per le Regioni del Sud del Paese, ma non in Calabria. Laddove, i numeri, fotografano un fenomeno in aumento con un +46 di vittime di sesso femminile. Serve, comunque evidenziare che – in Calabria – i casi di violenza realmente accertata, passano dai 34 registrati del 2020, ai 17 del 2022, con un picco di ben 41 casi nel 2021. A questi, devono, però, aggiungersi, i casi di vittime di stalking e le richieste di aiuto di vittime di violenza, sempre registrate al numero nazionale antiviolenza e stalking (1522).

Quello che emerge, dunque, è come «il mercato del lavoro in Calabria assume aspetti contraddittori rispetto a quanto espresso a livello nazionale a riprova di come la condizione delle donne assuma ulteriori aspetti di problematicità. In Calabria, infatti, non è presente solo più bassa incidenza di donne occupate rispetto a quanto espresso a livello nazionale, ma anche una più ridotta presenza di donne in cerca di occupazione: questo è sicuramente sintomo di un maggiore effetto scoraggiamento tra la popolazione femminile rispetto alle aspettative di accesso alla sfera lavorativa».

Come detto dall’assessore Calabrese, «è innegabile che, ancora oggi, nonostante le numerose politiche intraprese per le pari opportunità, queste, non sembrano aver trovato una compiuta applicazione sociale ed economica, a partire dalla condizione femminile nel mercato del lavoro».

Eppure, «sostenere attivamente le donne nella loro carriera professionale non solo arricchisce le imprese con una maggiore diversità e competenze, ma stimola anche l’innovazione e porta a risultati di qualità superiore», ha detto ancora l’assessore, sembra non essere chiaro che «l’imprenditoria femminile ha un ruolo fondamentale nella costruzione del futuro del Paese, ma anche nella nostra regione che purtroppo continua però ad essere fanalino di coda di tutte le classifiche che raccontano una terra difficile da vivere e da far crescere dove però proprio il valore delle donne rappresenta un punto di forza per superare gli ostacoli atavici che generano ritardi e criticità», come ha detto Giuliana Furrer, presidente del Movimento Donne Imprese di Confartigianato Calabria(ams)

 

L’OPINIONE / Giovanni Calabrese: La strada per la parità di genere in Calabria è ancora lunga

di GIOVANNI CALABRESE – La strada verso la parità di genere, specialmente in Calabria, è ancora lunga. I recenti dati dell’Istat evidenziano che, sebbene le donne abbiano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini, la loro partecipazione al mercato del lavoro è inferiore e non viene adeguatamente compensata dal punto di vista economico, né in termini salariali né in termini di riconoscimento professionale. La parità di genere nel mondo del lavoro è un elemento fondamentale per promuovere uno sviluppo sostenibile e la crescita economica regionale.

Sostenere attivamente le donne nella loro carriera professionale non solo arricchisce le imprese con una maggiore diversità e competenze, ma stimola anche l’innovazione e porta a risultati di qualità superiore. Grazie anche alla nuova “Certificazione di Parità di Genere” supportata dal Pnrr, le imprese che dimostrano un impegno tangibile verso questo obiettivo possono oggi beneficiare di agevolazioni contributive, nonché di premialità per la partecipazione ad appalti o finanziamenti pubblici, contribuendo altresì alla riduzione del divario retributivo tra generi e la costruzione di una società più equa, resiliente e responsabile.

Inoltre, gli interventi previsti dal Pr Calabria Fesr Fse+ 21-27 in fase di avvio, intendono promuovere una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro mediante il supporto ad iniziative imprenditoriali, parità di condizioni e un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata.

L’Assessorato al Lavoro e alla Formazione Professionale della Regione Calabria riconosce l’importanza cruciale dell’occupazione femminile come motore di crescita per il Paese e per la nostra regione. Pertanto, ha posto la promozione del lavoro femminile e della parità di genere al centro delle proprie priorità di intervento.

Quest’impegno va oltre un semplice riconoscimento annuale, essendo una costante nell’agenda politica del governo regionale. (gc)

[Giovanni Calabrese è assessore regionale al Lavoro]

 

IL GRANDE VERO IMPEGNO DELLA CALABRIA
PERCHÉ SI GARANTISCA PARITÀ DI GENERE

di SIMONA CARACCIOLO – La Calabria dimostra grande sensibilità sul tema degli studi di genere che hanno aiutato a chiarire quei presupposti che sono falsamente universali e che rendono la donna invisibile e irrilevante. Sull’asse delle differenze di genere si giocano molto in termini di rispetto e pari dignità: chi ha accesso a cosa, chi può fare cosa, in termini politici, sociali, economici e culturali è ancora fortemente determinato dal genere. Quando si parla di genere una delle prime domande a cui si tenta dare risposta è se l’individuo sia biologicamente determinato o culturalmente costruito?

È indubbio che nasciamo biologicamente determinati e dal corpo si può dedurre tutta una serie di caratteristiche e di qualità sessuate, ma largamente prevedibili e in qualche misura automatiche. Da qui è facile scivolare nel riduzionismo naturalistico, per il quale il ruolo sociale della donna è iscritto e immutabile nella sua biologia e nell’adesione acritica a stereotipi discutibili e limitanti. Se invece siamo culturalmente costruiti, il nostro corpo è ridotto a qualcosa di accidentale e non sostanziale; perciò, è modificabile per accordarlo ai vissuti del soggetto o per provocarli. Un apporto imprescindibile degli studi di genere è la consapevolezza dello stesso come rapporto di potere in due direzioni: l’oppressione degli uomini sulle donne, attraverso la gerarchizzazione delle differenze, e la creazione di frontiere rigide tra le identità di genere.

Negli anni le cose sono cambiate e nella politica delle Nazioni Unite il concetto di genere è diventato lo strumento attraverso cui gruppi di minoranza hanno scippato alle donne non solo le armi, ma pure il campo di battaglia. La battaglia per “diritti” di una minoranza non deve assolutamente diventare «un magheggio con cui scompare la realtà dei corpi», di fatto discriminando direttamente più di metà della popolazione mondiale: le donne. Il femminismo degli anni Settanta lega la categoria di genere con le rivendicazioni politiche del movimento delle donne. Il genere è riletto come costruzione sociale e politica dei ruoli sessuati e modalità di configurare culturalmente i corpi. Secondo l’antropologa Gayle Rubin, il «sistema sesso/genere», nella quasi totalità delle società conosciute, si trova a fondamento della divisione sessuale del lavoro, dove le donne sono assegnate alla riproduzione mentre gli uomini alla produzione, e del contratto sessuale tra i generi per la sopravvivenza della specie; tale sistema è ritenuto responsabile dello sfruttamento esercitato sulle donne e dell’oppressione ai danni delle minoranze sessuali.

Nascono in quel periodo i primi gender studies che indagano i condizionamenti che soprattutto le donne subiscono in base alla cultura e che influiscono sul corso della propria vita. Le modifiche apportate dalla legge n. 162/2021 al Codice per le pari opportunità (D.Lgs. n. 198/2006) hanno introdotto la certificazione della parità di genere, una certificazione volontaria che attesta le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere all’interno dell’azienda. La certificazione della parità di genere si concentra su diversi aspetti, tra cui le opportunità di crescita in azienda, la parità salariale per mansioni equivalenti, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità. Questa certificazione rappresenta un passo importante per promuovere l’uguaglianza di genere e creare ambienti di lavoro inclusivi ed equi.

La Regione Calabria aveva già lo scorso anno, con la Legge regionale del 15 marzo 2022, n. 7, Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile, voluto concretamente sostenere “il principio di parità di genere in tutte le sue declinazioni” e riconoscere “l’equiparazione dei diritti delle donne rispetto agli uomini e maggiori tutele alle donne lavoratrici», prevedendo «l’adozione di misure specifiche che tengano conto delle pari opportunità”. Esistono certamente posizioni che sostengono l’idea che ci si possa slegare da qualsiasi identità sessuale e di genere socialmente imposta abbandonando l’idea di natura e approdando alla costruzione di opzioni individuali plurali e in movimento.

Laddove tutto è virtualmente possibile, nulla è più reale, nessuna differenza è portatrice di valore, perché ciascuna resta irrimediabilmente legata a sé, alla propria estemporanea e solitaria manifestazione. Problematico è l’abbandono del concetto di natura, inteso come fondamento antropologico di un insieme di valori universali e condivisi (o almeno condivisibili). Rinunciarvi, vorrebbe dire consegnare davvero l’etica solo ai rapporti di forza. Ciò non toglie che tale concetto vada ripensato, rispetto a come lo si interpreta in funzione di un conservatorismo politico e teologico. Anche la Commissione per il diritto internazionale preme per modificare la definizione di genere contenuta nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, domandando una definizione di genere come «socialmente costruito», e così elevando l’orientamento sessuale e l’identità di genere a categorie protette del diritto internazionale. In questo modo ogni Paese subirebbe pressioni per riconoscere le «diverse varietà di genere» come «imperativo dei diritti umani».

Se questo dovesse accadere, ciascun individuo potrebbe descriversi inventando un genere proprio e qualsiasi ulteriore tentativo di definizione oggettiva si ridurrebbe a una discussione che non porterebbe da nessuna parte. Ciò avrebbe inevitabilmente conseguenze sul diritto internazionale, nonostante la Commissione di diritto internazionale non abbia di per sé l’autorità di modificare autonomamente lo Statuto di Roma. Le conseguenze di questi indebiti mutamenti linguistici sono però concretissime: donne e ragazze vengono cancellate dall’assistenza internazionale e messe da parte nella programmazione. (sc)

[Simona Caracciolo è esperta di Politiche di genere]

La vicepresidente Princi: un piano di sostegni per la pariità di genere

In questi giorni sarà approvato il Piano della Regione per la concreta parità di genere. Lo ha reso noto la vicepresidente della Regione Calabria, Giusi Princi, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

«In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne – ha spiegato – vogliamo legare azioni concrete ai momenti di riflessione tematici sul tema della parità di genere, dando seguito a quanto previsto dalla legge regionale approvata l’8 marzo scorso in Consiglio regionale, tramite un Piano attuativo che in queste ore la Giunta è chiamata a valutare e deliberare».

«Troppo spesso– ha continuato – la violenza non viene denunciata per paura o, peggio, per vergogna. La violenza di genere è purtroppo un problema strutturale della società che, nonostante le costanti lotte femministe, continua ad essere di stampo patriarcale. Il femminicidio rappresenta l’estrema conseguenza della disparità di genere nel mondo; ma ci sono tante forme di violenza a cui ogni donna è sottoposta in famiglia e nel mondo del lavoro. Ed è in circostanze come questa che le Istituzioni sono chiamate a dimostrare con i fatti la concretezza delle loro azioni».

«Siamo partiti da un assunto chiaro – ha proseguito – l’emancipazione della donna passa necessariamente dalla sua libertà economica, ed è per questo che, grazie all’appoggio bipartisan e la trasversalità di tutte le donne consigliere regionali, nel marzo scorso abbiamo approvato quella legge regionale di cui tanto aveva bisogno la Calabria, per incidere in maniera significativa sulla parità di genere. E proprio in occasione di un momento universalmente riconosciuto per la riflessione sulle problematiche del mondo femminile, in questi giorni sarà approvato un Piano di attuazione che prende le orme appunto dalla legge regionale n.7 del 2022 ‘Misure per il superamento della discriminazione di genere e incentivi per l’occupazione femminile’». 

«Piano – ha precisato la vicepresidente – elaborato sì su mio impulso, ma con il coinvolgimento di tutte le Consigliere regionali, di maggioranza e minoranza, e d’intesa con il Dipartimento Istruzione Formazione e Pari Opportunità, diretto da Maria Francesca Gatto, e quello Lavoro e Welfare, guidato da Roberto Cosentino. Tutti insieme in nome della Calabria e per un unico obiettivo: realizzare concretamente i principi di parità e pari opportunità tra uomini e donne, superando ogni forma di discriminazione di genere nei luoghi di lavoro, pubblici e privati».

Tra le misure inserite nel Piano, tra l’altro, è previsto il riconoscimento di premialità a quelle imprese che riconoscano strumenti di flessibilità e sostegni all’occupazione per le donne; o ancora, misure volte all’incentivazione dell’imprenditoria femminile attraverso l’accesso a fondi del microcredito, nonché programmi di finanziamento della formazione per il reinserimento lavorativo; saranno inoltre promossi interventi per soluzioni organizzative “family friendly” e di welfare aziendale, ovvero azioni di innovazione e sperimentazione sociale in tema di conciliazione vita-lavoro.

«Il Presidente Roberto Occhiuto aveva preso un impegno – ha concluso Giusi Princi – che proprio con questi strumenti normativi e attuativi viene mantenuto. Ed il fatto che il tutto si renda esecutivo in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne è motivo di grande soddisfazione». (rcz)

PARITÀ DI GENERE, MOTORE DI SVILUPPO
SE SUSSISTONO LE MEDESIME OPPORTUNITÀ

di DALILA NESCI – La parità di genere è uno straordinario motore di crescita e uno dei capisaldi più rilevanti e urgenti dell’agenda di sviluppo e progresso dei Paesi. L’Italia risulta oggi al 14° posto in Europa per parità di genere, con un punteggio del Gender Equality inferiore alla media europea.

Per la prima volta il nostro Paese si è impegnato nella definizione di una Strategia Nazionale per promuovere le Pari Opportunità e la Parità di Genere, individuando cinque priorità strategiche: lavoro, reddito, competenza, tempo e potere.
A tal fine è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità, la Cabina di regia interistituzionale, che ha funzione di raccordo tra i vari livelli istituzionali coinvolti, al fine di garantire il coordinamento fra le azioni a livello centrale e territoriale e di individuare e promuovere le buone pratiche condivise.
Stamani, in occasione della seduta di insediamento e in rappresentanza del Ministero per il Sud e la Coesione territoriale, ho sottolineato la necessità di colmare i divari territoriali sulla condizione femminile e dei minori, attraverso l’individuazione di target specifici per il Mezzogiorno.
Declinare la Strategia a livello territoriale costituisce una delle principali condizioni per l’effettivo perseguimento delle priorità strategiche. L’azione del Governo, infatti, sarà orientata a modulare l’entità delle misure proposte in funzione dei divari esistenti sul territorio, in modo da garantire il progresso nelle aree caratterizzate da maggiori ritardi.
È impegno costante del Governo sostenere le Amministrazioni Pubbliche e le imprese nel saper cogliere le opportunità offerte dal PNRR, che, da una parte, favoriscono l’accesso a nuovi posti di lavoro, dall’altra pongono la riduzione del divario occupazionale di genere come una delle maggiori sfide per il Mezzogiorno.
L’obiettivo è ambizioso e mira a rendere l’Italia un Paese dove persone con condizioni personali o sociali differenti abbiano le medesime opportunità di sviluppo e di crescita, di accesso al mondo dell’istruzione e del lavoro, senza disparità di trattamento economico o dignità, e possano realizzare il proprio potenziale con consapevolezza di una uguaglianza garantita e senza compromessi.
Nel Mezzogiorno bisogna identificare target specifici per attuare le politiche di parità di genere. È necessario garantire ad ogni persona le medesime opportunità di sviluppo e di crescita, personali e professionali, di accesso al mondo dell’istruzione e del lavoro, senza disparità di trattamento economico o dignità. La Strategia Nazionale per la parità di genere va valorizzata anche alla luce del PNRR. La Strategia è infatti in linea con il PNRR e ne rappresenta un importante riferimento, sia per le ricadute sistemiche, che in termini di verifica e monitoraggio attraverso i vari livelli amministrativi. Nel PNRR la promozione dell’empowerment femminile e il contrasto alla discriminazione di genere sono obiettivi trasversali di tutte le Missioni.
Le misure previste dalla Strategia Nazionale per la Parità di Genere saranno attuate dalle Amministrazioni centrali, dalle Regioni e dagli Enti locali, sulla base delle competenze e professionalità presenti nel contesto istituzionale. Per questo sarà importante facilitare l’assistenza e l’accesso al PNRR agli enti locali tramite l’utilizzo dell’assistenza tecnica della PA Centrale. (dn)

Lunedì la tavola rotonda “Un patto per la parità di genere” dell’Autorità Portuale dello Stretto

Si intitola Un patto per la parità di genere: l’impegno dei porti dello Stretto, la tavola rotonda in programma per lunedì 4 ottobre, alle 11.30, in diretta FB, organizzato dall’Autorità di Sistema portuale dello Stretto, nell’ambito degli Italian Port Days – Opening port life and culture to people 2021.

All’incontro, introdotto dalle Consigliere di parità delle due Città metropolitane dello Stretto, Mariella Crisafulli e Paola Carbone, parteciperanno Rosi Perrone, Segretario Generale della CISL di Reggio Calabria, la Prof.ssa Cinzia Ingratoci, Ordinario dell’Università di Messina e le due operatrici portuali Mariagiovanna Cacopardi, raccomandataria marittima, e Alessandra Latino, Managing Director dei Cantieri Palumbo di Messina.

Le conclusioni saranno curate dalla sen. Barbara Floridia, Sottosegretario di Stato.

Durante l’evento, verrà illustrato al territorio e sottoscritto dal Presidente Mario Mega il Patto per la Parità di Genere, documento con il quale tutti i porti nazionali si impegnano a sostenere e valorizzare il pluralismo e le pratiche inclusive nel mondo del lavoro portuale.

Nella stessa giornata del 4 ottobre, infatti, a partire dalle ore 10,00 il Patto verrà presentato anche a livello nazionale da Assopporti con una conferenza alla quale parteciperà il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini.

Infine, per dare massimo risalto all’iniziativa dei Porti dello Stretto e sensibilizzare tutti sul tema dell’uguaglianza di genere, la stele della Madonnina del porto di Messina verrà illuminata con il colore assegnato a tale obiettivo dall’Agenda ONU 2030 per uno sviluppo sostenibile. (rrc)

Associazioni in rosa: se Regione vota parità di genere è tutto merito delle donne

È quasi certo, per le Associazioni in rosa calabresi, che la legge sulla parità di genere verrà approvata nell’ultima seduta del Consiglio regionale della Calabria e, se ciò avverrà, «sarà solo merito delle donne, delle Associazioni e della società civile».

What Women Want_la Calabria vista dalle DonneConsigliera di Parità di Regione Calabria, Fidapa Bpw Italy – Distretto Sud Ovest, Fimmina Tv e Casa delle Donne, Fondazione “Marisa Bellisario”, Centro Antiviolenza “Roberta Lanzino”, Associazione Sinapsi Reggio Calabria, Associazione 5 D,Associazione di Volontariato Mammachemamme, hanno una certezza: «se approvata, non sarà per merito di questa o delle precedenti deputazioni regionali. Tutte e tutti ricordano, infatti, quanto abbiamo lottato, discusso, coinvolto, condiviso; quanto siamo state osteggiate, derise. 10 anni, tre legislature – Loiero, Scopelliti, Oliverio – tanto consenso, tante importanti adesioni alla nostra lotta hanno trovato, fin qui, un miro granitico nel fronte della politica maschile e maschilista egemone nell’assise regionale».

«Mentre nel resto del mondo – si legge in una nota delle Associazioni – le donne vivaddio governano da tempo le più importanti organizzazioni, alle nostre latitudini la politica regionale, con il peggiore degli atteggiamenti di doppiezza e ambiguità ha, fin qui, resistito e impedito l’applicazione di una norma di profonda equità e giustizia».

«Bene – prosegue la nota – questo tempo è finito. Anche la Calabria ha, finalmente, l’occasione per uscire dall’arretratezza istituzionale e predisporre le condizioni per una rappresentanza politica piena attraverso una legge che dovrà essere inattaccabile sul piano della conformità alla L. 20 del 2016, perché, non essendo state interpellate finora sul testo, non vorremmo ritrovarci di nuovo nella necessità di rivolgerci al Tar e al Governo per avere ragione».

«E se finalmente anche la Calabria – continua la nota – avrà la doppia preferenza di genere, sarà solo merito delle donne, delle Associazioni e della società civile, di quante non hanno mai abbandonato il campo, sopratutto quello dell’affermazione in ogni ambito della vita pubblica, della necessità del pensiero differente, del sapere e dell’esperienza di genere; di quante non hanno mai indietreggiato di fronte all’arroganza dell’esclusione, per un obiettivo più importante di ogni altro: affrancare questo territorio dall’arretratezza e disegnare un paesaggio regionale-culturale-economico-sociale-plurale, innovativo, contemporaneo». (rrm)

Bocciata la legge sulla doppia preferenza. Sono mancati volontà politica e buonsenso

di SANTO STRATI – Sono mancati la volontà politica e, soprattutto, un po’ di buonsenso: la proposta di legge dell’unica consigliera donna dell’Assemblea calabrese, Flora Sculco, è stata affossata dalla maggioranza (è mancato un voto) e dalla minoranza che non ha voluto trovare un’intesa per una legge che offriva pari opportunità nel regolamento elettorale. Una giornata davvero brutta per il Consiglio regionale, da dimenticare. Tutto è precipitato in un pomeriggio di fuoco, tra schermaglie verbali e la delusione crescente di chi in questa legge vedeva un passo in avanti, di civiltà politica, per equilibrare la futura assemblea regionale con un’attenzione maggiore nei confronti delle donne.

Che sarebbe stata una battaglia dagli esiti incerti si era capito già dal primo mattino, quando qualcuno ha sporcato di rosso la scalinata di Palazzo Campanella appoggiandoci sopra un manichino femminile senza testa. Un gesto di cattivo gusto, condannabile senza se e senza ma, che, al momento, non ha avuto rivendicazioni. D’altra parte, i segnali non sembravano positivi e la netta spaccatura tra maggioranza e opposizione sul provvedimento pareva inevitabile. Per una questione di principio, o una questione di merito, o per precisa scelta politica: qualunque pretesto è apparso buono per stoppare una legge attesa da anni.

Il provvedimento proposto da Flora Sculco (Calabria in Rete) aveva bisogno di 16 voti per essere approvato: ne ha presi 15 (Orlandino Greco ha votato no), con 13 astensioni su 29 consiglieri presenti. Non sono valsi prima i tentativi di mediazione e condivisione avviati nella mattinata da Seby Romeo (capogruppo PD) e, Mimmo Tallini e Antonio Scalzo, né gli emendamenti proposti dallo stesso relatore Franco Sergio e da Arturo Bova, entrambi respinti. L’unica cosa ottenuta è stato il voto per appello nominale chiesto e ottenuto da Seby Romeo e Giuseppe Giudiceandrea: almeno si sono visti chiaramente le scelte di voto. Il consigliere Fausto Orsomarso ha annunciato l’astensione della minoranza, l’unico voto contrario – quello che ha di fatto affossato la legge – è stato di Orlandino Greco (Oliverio presidente).

«Oggi in Consiglio – ha scritto su FB Flora Sculco – si è consumata una pagina nera della storia del regionalismo calabrese. La bocciatura della proposta di legge sulla doppia preferenza di genere costituisce un pericoloso arretramento democratico. La Calabria che vogliamo noi, libera, aperta, innovativa ed inclusiva non si dichiara sconfitta! Ogni prospettiva di crescita e di sviluppo, senza un’ampia partecipazione delle donne alla vita politica ed istituzionale sarebbe seriamente compromessa. Per questo è necessario continuare a percorrere con maggiore impegno, convinzione e forza, la strada già tracciata e rilanciare le ragioni a sostegno della affermazione del principio di democrazia paritaria». 

Secco il commento del Presidente Mario Oliverio: «Credo che oggi si sia scritta una pagina negativa perché si rappresenta la Calabria come una regione arretrata, non a passo con i cambiamenti che a livello nazionale ed europeo sono già largamente in atto. Non nego che tutto ciò mi crea grande tristezza e lo dico aldilà delle appartenenze». Oliverio ha ricordato che «Nella seduta precedente del Consiglio regionale decidemmo di rinviare la decisione su questo tema, accogliendo una richiesta che venne proprio dai banchi della minoranza, da cui ricevemmo anche l’impegno a lavorare insieme, ad una larga convergenza. In quell’occasione l’opposizione si dichiarò in pieno accordo sulla preferenza di genere chiedendo, però, di inserire la “proposta Sculco” nel quadro di una proposta di riforma più complessiva della legge. Per questo motivo fu costituito un gruppo di lavoro. Nella seduta del 12 marzo scorso, ci è stato sollecitato un ulteriore rinvio di 15 giorni perché il gruppo di lavoro ancora non aveva definito la proposta complessiva. Siamo arrivati alla seduta odierna in cui è apparso subito evidente che esisteva un problema politico. Oggi è stato commesso un grave errore».

Intanto, giovedì 18 alla Sala Oro della Cittadella la Sculco e Romeo hanno convocato un’assemblea aperta per discutere proprio di questo fallimento della politica regionale. La Sculco non si dà per vinta e insisterà, con convinzione, questo percorso, sicura del sostegno della Calabria migliore che guarda al futuro. Mancano sei mesi alla conclusione della consiliatura, tutto può ancora succedere, ma la brutta pagina di ieri si poteva certamente evitare. (s)

Ecco il testo completo del provvedimento di legge presentato da Flora Sculco (relatore Franco Sergio):

RELAZIONE ILLUSTRATIVA – La presente proposta mira a garantire nel sistema elettivo regionale calabrese il principio di equilibrio di entrambi i generi, ormai consolidato nella giurisprudenza europea e costituzionale e presente nella maggior parte degli Statuti regionali e degli enti locali, nei Consigli e nelle Giunte delle autonomie territoriali, nonché delle Regioni. Tale misura rappresenta una priorità imprescindibile per ragioni di democrazia e di civiltà giuridica e sociale, anche in considerazione dell’esito delle ultime consultazioni elettorali che hanno visto giungere agli scranni consiliari della Regione Calabria solo una donna. La proposta, peraltro, attua pienamente i principi di cui agli artt. 3, 51, primo comma, 117, settimo comma, e 122 Cost., nonché il comma 2 dell’art. 38 dello Statuto regionale, secondo cui “La legge regionale promuove la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”. Inoltre, si pone in linea con la legge 215/2012 (Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni), nonché con il novellato art. 35, comma 3 bis, dello Statuto che introduce la misura minima del 30% per la rappresentanza di genere all’interno della Giunta regionale. Tale proposta di legge quindi novella la l.r. 1/2005, in modo che anche la Regione Calabria assicuri “pari opportunità tra donne e uomini” (art. 51 Cost.) e che il sistema elettorale calabrese promuova “la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive” (art. 117, settimo comma, Cost.). Si tratta di una facoltà aggiuntiva, che introduce “…una norma riequilibratrice volta ad ottenere, indirettamente ed eventualmente, il risultato di un’azione positiva. Tale risultato non sarebbe, in ogni caso, effetto della legge, ma delle libere scelte degli elettori, cui si attribuisce uno specifico strumento utilizzabile a loro discrezione” (Corte cost. sent. n. 4/2010). In particolare, l’art. 1 modifica il comma 6 della l.r. 1/2015 introducendo una percentuale di rappresentanza minima di genere nelle liste dei candidati. In ciascuna lista, a pena di inammissibilità nessun genere può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati. L’art. 2 modifica il comma 2 dell’art. 2 della l.r. 1/2005 prevedendo che, in caso di espressione di due preferenze, una debba riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, a pena di annullamento della seconda preferenza. L’art. 3 prevede, poi, l’adattamento delle schede di votazione al correlato principio di parità di accesso di uomini e donne alle cariche elettive regionali. L’art. 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

RELAZIONE TECNICO — FINANZIARIA – La presente legge, novellando la legge elettorale regionale, reca disposizioni di carattere ordinamentale, che mirano a modificare una legge regionale vigente senza comportare nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale. Tuttavia, si è provveduto a fornire i dati e gli elementi idonei a consentire la verifica della congruità della clausola di invarianza finanziaria di cui all’art. 4, comma 1 della presente legge “anche attraverso l’indicazione dell’entità delle risorse già esistenti e delle somme già stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime”. L’entità delle risorse già esistenti e delle somme già stanziate nel Bilancio di previsione 2015, di cui alla legge regionale 13/2015 della Regione Calabria, per le finalità già indicate nelle disposizioni della presente legge sono allocate alle UPB U.001.001.001.001.004, finalizzate alle spese per le Consultazioni popolari, tra cui le spese per il rinnovo del Consiglio regionale.

Proposta di legge n. 31/10^ di iniziativa del Consigliere Sculco regionale recante: “Promozione della parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive regionali”

Art. 1 (Modifica art. 1 l.r. 1/2005)
1. Al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale), dopo il primo periodo è aggiunto il seguente “In ciascuna lista, a pena di inammissibilità della stessa, nessun genere può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati.”.

Art. 2 (Modifica art. 2 l.r. 1/2005)
1. Al comma 2 dell’articolo 2 della l.r. 1/2005, il periodo “L’elettore esprime il suo voto per una delle liste provinciali tracciando un segno nel relativo rettangolo, e può esprimere un voto di preferenza scrivendo il cognome, ovvero il nome e cognome di uno dei candidati compresi nella lista stessa.” è sostituito dal periodo “L’elettore esprime il suo voto per una delle liste circoscrizionali, tracciando un segno nel relativo rettangolo, e può esprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome, ovvero il nome ed il cognome di due candidati compresi nella lista stessa. Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza.”. 

Art. 3 (Adeguamento schede di votazione)
1. Le schede di votazione di cui al comma 3 dell’articolo 2 della l.r. 1/2005 sono modificate in modo da rendere possibile l’esercizio del voto secondo quanto previsto dall’articolo 2.

Art. 4 (Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dalla attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale. La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale telematico della Regione Calabria (BURC). È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.