Pentone, oltre ad aver aderito al progetto SibaTer – supporto istituzionale all’attuazione della Banca delle Terre, rientra tra i cosiddetti “Progetti bandiera” perché «questa valorizzazione di beni comuni in stato di abbandono e il recupero ad un uso produttivo è una creazione di valori che viene fatta in collaborazione con la comunità locale previa concertazione», ha spiegato Simona Elmo, coordinatrice nazionale del progetto.
Il progetto, infatti, nei giorni scorsi ha fatto tappa nel Comune per un City Talk con gli attori locali, a cui hanno preso parte il sindaco Vincenzo Marino, la coordinatrice nazionale Simona Elmo, Rosetta Alberto, referente per la Calabria di SibaTer, il prof. Massimo Gotino, docente di Progettazione sociale al corso di laurea in Sociologia dell’UMG, e Maurizio De Luca, vicepresidente Legacoop Calabria.
Pentone, oltre ad aver aderito a SibaTer, partecipa alla sperimentazione che il corso di laurea in Sociologia dell’UMG e il progetto nazionale SIBaTer hanno avviato nell’ambito del corso di Progettazione sociale: studenti dei vari anni di studio costruiranno percorsi di co-progettazione di interventi sociali per la valorizzazione dei beni collettivi (terreni abbandonati e fabbricati in disuso) a favore di attività di giovani e non (fino a 40 anni) e di concerto con le amministrazioni comunali di Davoli, Magisano e Pentone i quali sono stati individuati – tra i 120 comuni che hanno aderito a SIBaTer – come “progetti bandiera”, ossia come esperienze pilota a livello nazionale.
L’attività di SIBaTer – come ben dimostra anche l’esperienza di Pentone, dopo quella di Davoli – è il “terreno” su cui si incontrano offerta e domanda di terre, dove tutti i soggetti coinvolti -attori istituzionali, partenariato locale e società civile- in un possibile processo di valorizzazione dei beni “comuni” trovano soluzioni partecipate e condivise, si confrontano in un contesto di scambio continuo di pratiche imprenditoriali anche cooperative.
«Dopo l’adesione del Comune di Pentone al progetto SIBaTer e successivamente all’individuazione e censimento dei primi cespiti pubblici grazie alla collaborazione dei tecnici comunali, abbiamo pubblicato il bando, l’avviso destinato ai privati – ha spiegato il sindaco – in molti hanno aderito conferendo anche solo singole particelle dei propri beni alla Banca delle Terre di Pentone».
Si punta quindi a rimettere in circolo terreni abbandonati o incolti, fabbricati rurali e aziende agricole presenti sul territorio comunale: l’obiettivo del Comune, ha ribadito il sindaco marino – è quello di costituire anche una cooperativa di comunità che nelle intenzioni potrebbe gestire in futuro una parte dei cespiti individuati e inseriti nella propria Banca delle terre.
«Siamo fortemente motivati – assicura il sindaco – non solo a restituire valore a terre abbandonate o incolte sia pubbliche che private, ma a creare occupazione nel territorio per il suo sviluppo».
La coordinatrice nazionale, Simona Elmo, ha ricordato i particolari dell’amina e dello spirito di SIBaTer e che «il progetto offre servizi prestati a titolo completamente gratuito e che non comportano dunque alcun costo a carico dei Comuni che ne beneficiano».
Tra questi c’è anche Pentone, quindi, che tra gli 800 enti locali che hanno aderito a SibaTer rientra tra i cosiddetti “Progetti bandiera” perché “questa valorizzazione di beni comuni in stato di abbandono e il recupero ad un uso produttivo è una creazione di valori che viene fatta in collaborazione con la comunità locale previa concertazione.
«I Comuni coinvolti – ha rimarcato ancora Elmo – devono puntare ad affidare questi terreni principalmente ai giovani: da queste esperienze infatti si può generare occupazione giovanile, ma nel contempo servizi alla comunità locale». Parola d’ordine, quindi: rigenerazione
«Quello di Pentone è un progetto bandiera di SiBaTer – ha spiegato Rosetta Alberto,referente per la Calabria di SIBaTer –. Questo territorio è chiamato a riscoprire le sue vocazioni e metterle a sistema per costruire il futuro sulla propria identità. Dalla signora Anna, titolare di un bed&breakfast a Carmine che ci racconta della riqualificazione di una villa comunale che diventa un museo a cielo aperto, abbiamo le testimonianze dirette dei protagonisti di questo progetto virtuoso di partecipazione e rigenerazione».
«Sono particolarmente felice – ha aggiunto – di essere con la coordinatrice nazionale del progetto, Simona Elmo, e con i ricercatori e gli studenti del corso di laurea di Sociologia dell’Umg di Catanzaro, guidati dal professor Fotino, proprio perché questa collaborazione dimostra che quando un territorio si organizza la chiamata alla partecipazione è per tutti, proprio a partire dal livello universitario che deve uscire più dagli atenei e deve calpestare il territorio per rendersi conto di che cosa gira intorno”. Un progetto avviato da tempo, quindi, che come rimarca Alberto sta dando i suoi frutti anche nella direzione della effettiva creazione di una cooperativa di comunità grazie ad un partenariato con Legacoop Calabria “a testimonianza del fatto che lo sviluppo non appartiene solo ad una parte: quando tutte le parti si mettono assieme c’è l’effetto moltiplicatore, e chi è che progetta il futuro di una comunità sennò la comunità stessa?».
Il professor Massimo Fotino, docente di Progettazione sociale al corso di laurea in Sociologia dell’UMG ha poi illustrato gli obiettivi della ricerca che conduce, a fianco di Sibater con un gruppo di ricercatori.
«Il nostro scopo – ha detto Fotino – è dare un contributo alla strutturazione di una organizzazione stabile della partecipazione collettiva della comunità. Diversi sono i motivi per cui la partecipazione è il punto cruciale dello sviluppo delle comunità: una politica che guarda solo ai leader, un distacco dai problemi quotidiani dei cittadini e una comunicazione fuorviante, confusa e generica che si basa su social networks che non sono al servizio del bene comune bensì usano gli utenti per scopi commerciali o neuro scientifici. Occorre invece, ha affermato il docente, far partecipare chi è escluso e promuovere la crescita dell’Innovazione cittadina e dell’immaginazione civica, ridando così fiducia e mettendo al centro i legami tra i membri delle comunità».
La ricerca viene condotta da tre gruppi di ricercatori che nel corso della serata hanno effettuato rilievi qualitativi, i quali saranno oggetto di restituzione alla comunità per una maggiore conoscenza e per la costruzione di percorsi successivi.
Qual è lo spirito di una cooperativa di comunità, al di là dei tecnicismi, lo ha spiegato il vice presidente di Legacoop Calabria, Maurizio De Luca: «Parliamo di persone che si mettono insieme per il bene della comunità – ha detto – e che quindi puntano al benessere di tutti. L’elemento cardine di una cooperativa di comunità è sicuramente il territorio per essere considerata tale, la cooperativa deve avere come obiettivo quello di produrre vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci appartengono o che eleggono come propria».
«E questo territorio – ha aggiunto – è la dimostrazione tangibile di come si può raggiungere l’obiettivo. Partiamo da due le parole chiave che sono multifunzionalità e sostenibilità: l’80 per cento dei comuni aderenti sono piccolissimi. Quindi, uno strumento flessibile come la cooperativa di comunità che proprio per le sue caratteristiche può dare grandi possibilità ad attività imprenditoriali nelle aree interne a rischio di spopolamento. Il nostro obiettivo è avviare un percorso virtuoso per il bene esclusivo dei cittadini». (rcz)