PUNTI DI VISTA IN CHIARO / Aurelio Misiti: Crisi idrica, il caso Calabria

di FRANCESCO RAOLa questione climatica in generale e la distribuzione dell’acqua in particolare, rappresentano due tra i temi più dibattuti da parecchi anni tanto a livello periferico quanto nell’osservatorio geopolitico praticato dalle più importanti potenze mondiali. L’agenda 2030 e il Pnrr hanno fortemente introdotto, anche in Italia, un nuovo approccio a questi temi attraverso la previsione di importantissimi obiettivi volti soprattutto a contenere l’avanzamento della desertificazione e la conseguente spoliazione demografica delle aree colpite. Insieme al Prof. Aurelio Misiti, già Preside della Facoltà di Ingegneria presso la Sapienza di Roma, Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, vice ministro alle infrastrutture e trasporti, abbiamo affrontato il tema, con particolare riferimento all’area della Città Metropolitana di Reggio Calabria. 

-Nella nostra Regione, la crisi idrica è rappresentata da carenza oppure da criticità riconducibili alla distribuzione?

Le “recenti” origini dell’Appennino Meridionale, composto prevalentemente da rocce di carbonato di calcio, facilitano l’assorbimento dell’acqua nel corso del periodo di pioggia e consentono un lento rilascio, sia attraverso le falde sia in superficie con i relativi corsi d’acqua. L’attuale crisi idrica, come dichiarato recentemente con la richiesta di calamità naturale promossa dal Presidente della Giunta regionale, impone l’adozione di un piano straordinario, volto a risolvere definitivamente le cause esistenti e aprire nuove opportunità a favore della popolazione, distribuendo le ricchezze idriche, presenti nel nostro territorio, attraverso un approccio risolutivo, capace di guardare ai prossimi decenni con l’intento di poter generare un complessivo miglioramento sociale ed economico, tanto sul versante Ionico quanto sul versante Tirrenico. Tra le opportunità presenti, proprio nel territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria, attraverso l’utilizzo dell’acqua proveniente dalla Diga del Metramo, si potrebbero risolvere contemporaneamente le criticità idriche dell’intera fascia ionica, da Caulonia a Pellaro attraverso l’inserimento della risorsa idrica nelle condotte esistenti, alimentate da una rete che per caduta potrebbe servire non solo le aree poste in pianura, ma, vista la quota della diga, posta a circa 900 metri sul livello del mare, consentirebbe anche la fornitura dei comuni situati entro i 500 metri s.l.m., considerando inoltre come ulteriore opportunità la possibilità di alimentare il lago della diga dell’Ordo, per consentire l’irrigazione delle zone agricole in crisi presenti nella zona ionica. Di tali benefici, sempre attraverso la realizzazione di nuove condotte, potrebbero beneficiare del volume di acqua utile, pari a circa 26 milioni di metri cubi e presenti nel lago artificiale, molti centri urbani presenti nell’area Ionica e nell’area Tirrenica della Città Metropolitana di Reggio Calabria, sostituendo i pozzi attualmente in funzione, alimentando gli acquedotti e prevedendo l’installazione di centrali “mini power”, destinate alla produzione di energia idroelettrica. 

-Relativamente alle azioni compiute di recente per valorizzare la Diga del Metramo, quali sono le novità?

Sono stati stanziati 26,5 milioni di euro per il primo lotto della galleria di derivazione, un secondo lotto per l’utilizzo irrigua e idroelettrica e un piano straordinario da 26,5 milioni di euro a tutt’oggi non utilizzato in quanto la regione nel 2023, ha individuato un progetto di 44 milioni di euro che non è stato reso pubblico ma è stato inviato al Commissario straordinario per l’emergenza idrica. 

-Vista la sua affermazione, tesa a prevedere un nuovo modello di distribuzione delle risorse idriche, per superare le attuali criticità, occorre anche un nuovo modello di gestione?

Tutta la gestione idrica, dalla fonte alla depurazione, deve essere gestita da una sola società azienda pubblica.  A ciò si aggiunga che in Calabria, pur essendo state a suo tempo previste dalla Cassa per il Mezzogiorno quattro dighe (Menta, Metramo, Melito ed Esaro), le uniche realizzate e collaudate, quindi utilizzabili, sono presenti nell’area metropolitana di Reggio Calabria, precisamente una a Galatro e l’altra in Aspromonte. La diga del Metramo nasce per uso industriale – in vista della realizzazione della centrale a carbone di Gioia Tauro – e per l’irrigazione dei terreni, allora distribuiti in appezzamenti di grande dimensione, contrariamente ad oggi, spezzettati in dimensioni più ridotte. Si consideri la dimensione della Piana di Gioia Tauro con la sua estensione di 243 km², motivo per la quale, in passato, necessitavano grandi portate di acqua per l’irrigazione, vista la diffusa coltivazione di agrumeti e uliveti. Gli attuali mutamenti avvenuti nel nostro settore agricolo, oltre alla diversificazione delle colture, hanno generato il superamento infrastrutturale dell’opera, ormai non più vicina alle esigenze del settore di riferimento, motivo per il quale ogni piccola proprietà, nel tempo, ha provveduto a utilizzare le acque della ricchissima falda sotterranea presente nella Piana. Rendere la Diga del Metramo funzionale al territorio, significherebbe arrecare numerosi benefici ai comparti produttivi, presenti e nascenti e al contempo consentirebbe la chiusura del ciclo delle acque superando l’antieconomicità dei pozzi, visto anche l’aumento del costo dell’energia elettrica e la manutenzione degli stessi e favorendo la funzione del Consorzio di Bonifica, chiamato a sua volta alla gestione della risorsa idrica per uso irriguo. Non per ultimo, bisogna considerare altri due dati particolarmente rilevanti, attualmente poco discussi: la possibilità di utilizzare i due m³ di acqua al secondo, prodotti dal depuratore di Gioia Tauro e destinabili al terziario per l’irrigazione, gli allevamenti e uso industriale. 

-La modifica della missione della diga del Metramo, da irrigazione a uso civico, chi dovrebbe deciderla?

Questa modifica può effettuarla l’Autorità di bacino dell’appennino meridionale, il Presidente della Regione e il Consiglio regionale che ha la disponibilità del consorzio di bonifica e della società della gestione delle acque. Il piano straordinario dovrebbe contenere la modifica della diga, trasformandola anche ad acqua potabile con l’intento di affrontare in modo evidente sia l’attuale criticità vissuta dalla popolazione sia per impinguare le reti di irrigazione delle zone maggiormente esposte a siccità, come la striscia di territorio dell’area ionica posto tra Caulonia e Pellaro. La soluzione qui proposta riguarderebbe circa 300.000 abitanti, presenti nella Piana di Gioia Tauro e nell’area Jonio reggina. Ciò significherebbe eliminare le cause che hanno portato all’odierna crisi idrica. Come già detto, tale criticità ha comportato un provvedimento di emergenza con la nomina di un Commissario all’emergenza idrica. Proprio perché è necessario eliminare la crisi, è necessario che sia previsto un finanziamento da utilizzare dall’azienda unica chiamata a gestire la risorsa idrica, al fine di poter realizzare di tutti quei provvedimenti utili a superare la criticità, interpretando non solo le esigenze del presente ma soprattutto quelle del futuro. Questa indicazione, non vuole essere un rattoppo temporaneo, ma una scelta razionale messa in atto per superare la crisi idrica nella Città Metropolitana di Reggio Calabria per i prossimi decenni, aprendo così al territorio nuove opportunità di sviluppo. 

-Quale deve essere il ruolo dei Comuni della Città Metropolitana di Reggio Calabria per risolvere questi problemi? 

I Comuni e la stessa Città Metropolitana hanno avuto e avranno un ruolo fondamentale perché ciò che si programma si possa realizzare e possa rimanere in permanenza nel tempo. La gestione portata avanti dall’azienda unica di gestione delle acque eviterà per il futuro, il rapporto diretto tra utenza e comune e questo importantissimo passaggio consentirà il superamento delle eventuali carenze attuali generate dalla bollettazione per cui non si dovrà più perdere l’incasso di una sola bolletta in quanto ad esigerla sarebbe un ente sovra comunale. (fr)