L’opinione / Manuela Labonia: La nuova rappresentanza politica quasi interamente femminile segnale di cambiamento

La nuova rappresentanza politica del nostro territorio, quasi interamente al femminile, è un segnale di maturità e di cambiamento per la Calabria. È la prova che la politica, anche nei territori più piccoli e lontani dai centri decisionali, può finalmente parlare con una voce nuova, più autentica, più vicina alle persone. Un riconoscimento al valore, alla competenza e al radicamento delle donne, che siedono in Consiglio regionale – Elisa Scutellà, Rosellina Madeo, Pasqualina Straface, Filomena Greco e Luciana De Francesco – tutte espressione diretta di un territorio che trova una forte rappresentanza di genere. Il risultato di questa tornata elettorale restituisce dignità e speranza a un territorio che ha sempre creduto nella partecipazione e nel merito. Il fatto che siano donne a rappresentarci in Consiglio regionale non è un caso, ma il frutto di una maturazione collettiva. Le donne della Sila Greca e dello Jonio Cosentino sono da sempre protagoniste silenziose dello sviluppo locale: amministrano famiglie, imprese, associazioni e comunità, spesso in condizioni difficili. È stata una campagna elettorale rapida ma non priva di contenuti. Grazie a quanti, nel territorio, hanno sostenuto con convinzione il progetto dellarea riformista guidata da Pasquale Tridico, riconoscendo nel suo percorso una visione nuova di politica partecipata. È stata una proposta coraggiosa, che ha parlato di equità, diritti e territorio, e che ha saputo accendere un dibattito sano, soprattutto tra i giovani e tra chi crede ancora che la politica possa essere servizio e non appartenenza. Ci auguriamo che il presidente Roberto Occhiuto, riconfermato alla guida della Regione, possa avere a cuore quel percorso di crescita equa e omogenea dei territori, senza lasciare indietro nessuno. Allo stesso modo, confidiamo nel lavoro di tutte e di tutti i consiglieri eletti, affinché le istanze di questarea della Calabria trovino spazio e ascolto nelle sedi in cui si decide il futuro della Calabria.

I piccoli comuni rappresentano la spina dorsale della nostra regione. Rilanciare le aspettative delle periferie, dei borghi, dei centri dellentroterra, significa restituire equilibrio e dignità alla Calabria. È su questo terreno che chiediamo continuità e impegno al prossimo Governo della Regione. (ml)

(Sindaca di Pietrapaola)

Non una scatola dei desideri, ma politiche di sviluppo per la Calabria

di FRANCESCO AIELLO – La Calabria si muove con un passo più corto e più lento del resto del Paese. Non è un problema congiunturale, ma strutturale: quando l’Italia cresce, la regione guadagna poco; quando arrivano gli shock negativi, arretra più degli altri. La distanza dal Centro-Nord non si è ridotta. In alcuni ambiti è addirittura aumentata. Per capire perché, serve uno sguardo che tenga insieme demografia, struttura produttiva e qualità delle istituzioni.

Il primo segnale è la tenuta fragile del reddito: oggi il PIL pro capite calabrese vale meno della metà di quello del Centro-Nord. Ma il punto non è solo quanto si produce; è come si produce e con chi. La regione si è ristretta: in dieci anni ha perso oltre 162 mila residenti, soprattutto nei piccoli comuni sia delle aree interne sia di quelli meno periferici. La base demografica che dovrebbe alimentare la crescita si assottiglia, e con essa l’offerta di lavoro qualificata. Questa realtà si riflette, evidentemente, nel mercato del lavoro. Nel 2024, quasi la metà della popolazione in età lavorativa è inattiva; il tasso di occupazione resta 17 punti percentuali sotto la media nazionale; la disoccupazione è ancora doppia rispetto all’Italia. Non è un episodio: da decenni la base occupazionale è troppo debole: il sintomo di un sistema di imprese che assorbe pochi occupati.

Questa debolezza del lavoro riflette una struttura produttiva poco esposta ai mercati esterni e a bassa produttività. La Calabria è sbilanciata su comparti a bassa produttività e scarsa esposizione ai mercati esterni; il manifatturiero in senso stretto contribuisce poco nella formazione del valore aggiunto (nel 2022 solo 3,8%), il terziario avanzato impiega meno del 4% degli addetti totali. L’apertura internazionale è minima: l’export regionale vale appena lo 0,1% del totale nazionale e le imprese industriali esportatrici medio-grandi sono meno di 150. In più, gli investimenti privati in R&S sono 0,09% del PIL e gli addetti alla ricerca 0,3%: troppo poco per alimentare salti tecnologici e organizzativi.

Questa fotografia economica ne nasconde un’altra, istituzionale. In una regione piccola e fragile, la spesa pubblica conta molto più che altrove. Eppure, quando autorizzazioni e procedure sono lente, discrezionali e opache, quando la pubblica amministrazione non dispone del capitale umano altamente qualificato e fortemente motivato, quando manca una valutazione sistematica degli interventi, la spesa smette di essere leva e diventa cristallo: frammenta, congela, non trasforma. Non è (solo) un problema di risorse scarse: è un problema di come vengono progettate, selezionate, attuate e verificate le politiche. È necessario che in Calabria (e in Italia…) la spesa torni a essere un mezzo e non un fine, selezionando pochi progetti coerenti con una visione, misurandone gli effetti, correggendo la rotta. Se l’obiettivo diventa “spendere tutto”, l’esito sono micro-interventi privi di massa critica, opere incompiute, incentivi senza impatto, prebende politiche.

Per uscire dalla trappola serve, prima del “come”, un “che cosa” chiaro e condiviso. Il calendario aiuta a capirlo: il 5 e 6 ottobre si vota per Presidente e Consiglio regionale. È l’occasione per impegnare la prossima legislatura su una visione di lungo periodo, centrata sui nodi strutturali qui richiamati.

Da qui discende la priorità: non la sopravvivenza dell’esistente, ma la trasformazione dell’economia calabrese. Questo richiede un afflusso stabile di capitali qualificati – esteri e nazionali – in grado di attivare modernizzazione e integrazione nelle catene globali del valore. La leva decisiva è l’attrattività territoriale, che non si esaurisce negli incentivi fiscali: le decisioni di localizzazione dipendono dalla qualità complessiva del contesto – accessibilità, tempi certi e prevedibilità delle autorizzazioni, certezza del diritto, disponibilità di capitale umano adeguato, infrastrutture logistiche e digitali, un sistema educativo e sanitario affidabili, reputazione istituzionale e fiducia sociale. In assenza di questi elementi, nessuna agevolazione compensa il deficit di credibilità del territorio. Questi fattori sono invece imprescindibili per rendere la Calabria un luogo conveniente in cui investire e trattenere talenti, capace di sostenere ecosistemi in settori ad alta produttività e di generare esternalità durevoli. Ne consegue anche che la politica industriale non può essere “a pioggia”: deve scegliere settori e territori dove esistono vocazioni e potenziale (manifattura evoluta, servizi digitali, bioeconomia, agritech), costruendo ecosistemi e filiere. Una leva trasversale è la logistica avanzata, snodo tra manifattura e mercati esterni.

Questa traiettoria ha due condizioni abilitanti. La prima è la certezza istituzionale: l’instabilità politico-amministrativa impedisce di fatto qualsiasi percorso di sviluppo, perché interrompe le strategie, frammenta i fondi, aumenta il rischio di disimpegno e logora la reputazione necessaria ad attrarre capitali e talenti. La seconda è il capitale sociale: legalità, trasparenza, contrasto alle infiltrazioni criminali, fiducia nelle istituzioni e rispetto delle regole non sono variabili irrilevanti, ma irrinunciabili pre-condizioni dello sviluppo. Senza tali basi, l’attrazione di nuovi investimenti resta fragile e la sostenibilità di quelli esistenti rimane incerta.

Accanto a istituzioni e capitale sociale, un ulteriore aspetto cruciale riguarda il welfare sociale e le politiche dei sussidi. È legittimo e necessario sostenere i più fragili, ma gli strumenti redistributivi devono essere temporanei e accompagnati da politiche attive e servizi territoriali efficaci: senza una strategia orientata alla crescita, diventano assistenzialismo e producono distorsioni. Lo stesso vale per l’apparato dei sussidi alle imprese: trasferimenti “a pioggia” e/o in settori a bassa produttività, aiuti al mantenimento di imprese improduttive, non solo non trasformano la struttura produttiva, ma cristallizzano inefficienze e sottraggono risorse a interventi ad alto impatto. La redistribuzione – alle famiglie come alle imprese – deve, quindi, compensare i costi delle transizioni (occupazionali, tecnologiche, ambientali), non sostituire la trasformazione: condizionalità chiare, obiettivi misurabili, monitoraggio indipendente e clausole di scadenze automatiche sono indispensabili per evitare derive assistenziali e per orientare le risorse verso crescita e qualità del lavoro.

In questo quadro, il nodo cruciale riguarda la Regione stessa. Sin dalla nascita delle autonomie regionali, l’azione dell’ente è stata troppo spesso frammentata, clientelare, episodica, orientata alla gestione dell’emergenza più che alla definizione di strategie di lungo periodo. Il vero cambiamento di paradigma non consiste nell’aggiungere nuovi strumenti, ma nel ripensare radicalmente il ruolo della Regione come regia dello sviluppo, capace di guidare i processi, selezionare le priorità e garantire continuità istituzionale.

In altre parole, oggi la Calabria non ha bisogno di un catalogo di desideri, ma di una scelta: adottare politiche economiche selettive, non più orizzontali – cioè diffuse e indifferenziate tra settori e territori – ma verticali concentrate su comparti e aree in grado di generare ricchezza. È un cambio di passo culturale: significa accettare che non tutto può essere finanziato, che non tutte le aree crescono allo stesso modo e che la priorità è spendere bene per modernizzare il sistema economico e territoriale nel suo complesso, rafforzandone la competitività.

Queste trasformazioni sono tuttavia difficili per due ragioni. Anzitutto, le condizioni sociali di partenza sono radicate: una diffusa rassegnazione culturale, la ricerca sistematica di sussidi e una prospettiva di benessere più privato che collettivo indeboliscono la domanda sociale di sviluppo e alimentano la dipendenza economica dal settore pubblico. Inoltre, le riforme selettive e le politiche orientate alla produttività producono effetti nel lungo periodo, mentre i decisori politici tendono a privilegiare interventi immediatamente visibili, funzionali alla rielezione. Ne deriva un circolo vizioso: se la domanda di sviluppo è bassa, anche l’offerta di politiche sarà accomodante e di breve respiro; in assenza di classi dirigenti lungimiranti prevalgono soluzioni emergenziali e orizzontali, coerenti con la logica elettorale ma contrarie alla trasformazione. Il bivio è chiaro: o si cambia metodo, o si consolida il declino.

Se questa rivoluzione di metodo prende corpo, entrando nell’agenda della politica regionale e nell’agire delle istituzioni e degli individui e se si compie, la regione può diventare un luogo conveniente in cui investire e vivere, capace di trattenere competenze e di entrare stabilmente nelle catene globali del valore. Se non si compie, i numeri continueranno a raccontare la stessa storia: una Calabria che diventerà ancora più piccola, più povera e più assistita. (fa)

Prof. Ordinario di Politica Economica, DESF “Giovanni Anania”, Unical, Presidente di OpenCalabria)

Francesco Aiello: Prossima Giunta sia di ‘larghe intese’ per uso fondi Ue

Il prof. Francesco Aiello, economista ed ex candidato alla Regione, ha dichiarato all’Adnkronos che «La crisi della pandemia ha messo in luce la drammatica condizione socio-economica che caratterizza la Calabria».

«È una crisi che, tuttavia – ha aggiunto – dura da anni e mostra tutte le caratteristiche di un processo irreversibile. È come se fossimo destinati ad un permanente equilibrio di sottosviluppo. Lo raccontano da decenni tutti gli indicatori macroeconomici, socio-demografici e istituzionali. In assenza di cambiamenti strutturali, la Calabria rimarrà definitivamente nella trappola della povertà. Così come per l’Italia, anche per la Calabria l’occasione del riscatto e della modernizzazione è rappresentata dall’ingente
massa di fondi provenienti dall’Unione Europea».

«Nei prossimi anni – ha proseguito – non avremo un problema di quantità di risorse, ma il tema sarà legato
all’uso che ne faremo. Al netto dell’utilizzo che è necessario per sanare le emergenze, è certo che per consentire alla regione di
cambiare passo occorre che gli investimenti risolvano alla radice i problemi strutturali della Calabria. Questo è sì il tema di tutto il
paese, ma in Calabria diventa l’emergenza, poiché senza interventi radicali finalizzati a migliorare le condizioni di contesto, l’economia regionale post-2026 sarà ancora più povera e più marginale di quella di oggi».

«In questo scenario – ha sottolinea il professor Aiello – diventa dirimente avere un quadro istituzionale locale in grado di
massimizzare l’uso ‘pro-crescita’ dei fondi Ue e, in tale direzione, il prossimo governo regionale dovrebbe essere un governo di scopo. Sarebbe opportuno costruire un’ampia maggioranza per lavorare all’unisono sulle poche priorità in grado di consentire a questa regione di cercare e trovare una prospettiva di sviluppo».

«L’appello da indirizzare, quindi, alla politica regionale e nazionale – ha concluso – è di sospendere per un quinquennio l’approccio divisivo che caratterizza l’azione dei partiti, e di avviare anche in Calabria una stagione di coesione socio-istituzionale per sostenere nella misura più ampia possibile una giunta di ‘potenziale’ unità regionale. Non mancano personalità in grado di svolgere in Calabria il ruolo che oggi Draghi sta svolgendo in Italia». (rrm)

COSENZA – De Magistris inaugura nuova sede comitato elettorale

Domani sera, a Cosenza, alle 19, Luigi De Magistris, candidato alla presidenza della Regione Calabria, sarà a Cosenza, in via Caloprese n. 31, per inaugurare la sede del comitato elettorale a sostegno della sua candidatura.

De Magistris, subito dopo l’apertura della sede elettorale, si intratterrà nel piazzale antistante la sede per un incontro pubblico. (rcs)

Regionali, Giuseppe Conte alle forze progressiste: Dare vita a un patto di ampio respiro programmatico

«il Movimento 5 Stelle chiede a tutte le forze progressiste di dar vita a un patto di ampio respiro programmatico». È quanto ha chiesto il neo leader del Movimento 5 Stelle ed ex Premier, Giuseppe Conte, in un post su Facebook, per quanto riguarda le regionali in Calabria.

«La regione Calabria andrà al voto e questo appuntamento merita il massimo impegno da parte di tutte le forze politiche realmente interessate ad assicurare un futuro di riscatto sociale, culturale e di rilancio economico a tutta la comunità calabrese e, in particolare, alle nuove generazioni» ha scritto ancora Conte, illustrando che «alcuni sforzi sono già stati compiuti, per avviare un percorso che elabori un solido progetto politico. Ma adesso occorre compiere un decisivo scatto in avanti, nel segno del coraggio e della determinazione».

«Il Movimento da domattina – ha scritto ancora – è disposto ad aprire un tavolo di confronto per costruire un progetto che offra migliori condizioni di vita a tutti i calabresi, anche a quelli che sin qui non hanno avuto voce. Istruzione, legalità, lavoro, salute sono le priorità dell’agenda che dobbiamo declinare insieme affidando il compito di realizzare questa svolta a un candidato Presidente di regione di alto profilo espressione delle migliori energie della società civile. I calabresi ci chiedono questo. Meritano una risposta, all’altezza».

Stefano Graziano, commissario regionale del Partito Democratico in Calabria, ha apprezzato le parole di Conte in merito alla situazione politica in Calabria, ritenendo che «l’analisi sia giusta e condivisibile».

«Il tavolo delle forze progressiste e il confronto nel merito delle priorità programmatiche – ha spiegato – è stato già avviato da mesi ora bisogna scegliere chi deve guidare la coalizione, le cui porte sono aperte a tutto il campo largo di forze di centrosinistra. Il candidato Presidente del Pd, Nicola Irto, aveva dato la disponibilità con un gesto di generosità alla costruzione di un’alleanza vasta attraverso le primarie e crediamo che questa sia la strada giusta da seguire per favorire il massimo della partecipazione civica». (rrm)

 

Irto ritira la candidatura alla presidenza della Regione e il Pd è nel caos

Nicola Irto ha ritirato la sua candidatura, con il PD, per la presidenza della Regione Calabria. Lo ha reso noto L’Espresso, in un articolo a firma di Susanna Turco, dove Irto ha denunciato che «appare di continuo una volontà di mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal partito democratico calabrese e dagli alleati di centrosinistra: ma continuando a perdere tempo si lascia terreno alla destra e a De Magistris», chiedendo a Enrico Letta «di trovare una soluzione per non continuare a svilire la dignità degli elettori militanti del Pd in Calabria».

«Il Pd deve cambiare, non solo per poter mettersi in gioco alle elezioni, ma con una nuova generazione che c’è, anche se viene vissuta con fastidio da chi pensa solo a fare carriera: ma non possiamo ridurci ai feudi, dobbiamo essere una comunità aperta. Non possiamo solo pensare con chi ci alleiamo: il Pd deve dire cosa vuol fare, se vuol parlare agli elettori» ha proseguito Irto, aggiungendo che «da mesi il confronto politico resta avvitato su se stesso: parlano tutti di coalizione prescindendo dai programmi. La Calabria è allo stremo, per gli atavici problemi strutturali e per l’ulteriore anno di pandemia, eppure sembra non importare a nessuno».

«A volte – ha spiegato a L’Espresso – mi sembra di essere l’unico che cerca di dare una visione di futuro, a pensare sia indispensabile un quadro netto di progetti, chiarezza per attuarli. Non basta infatti vincere, bisogna governare, altrimenti torniamo alle sabbie mobili, che poi sono la storia anche di questa terra: la melma dove si impantanano le coalizioni senza identità».

«Un partito che vuole essere attrattivo – ha spiegato ancora – non può suddividersi in piccoli feudi che giocano a pare gli strateghi per garantirsi una poltrona. Né in Calabria, né altrove. Purtroppo intravedo questo schema anche al livello di governo: c’è troppa timidezza. Da mesi mi sgolo, ad esempio, affinché si affronti il tema della sanità in regione. Siamo ancora fermi, salvo l’ultimo confuso decreto che ci fa passare da uno status di regione commissariata, a quello di super commissariata, senza ovviamente alcun impegno economico vero per superare il debito sanitario. Intorno al tema sanità c’è il capitolo infrastrutture, ma neanche su quello si muove nulla. E al governo c’è il Pd: non da mesi, da anni».

«Ho visto stallo e tatticismo – ha spiegato ancora –. E ho anche visto che c’è un trasversalismo, in pezzi del centrosinistra calabrese, dovuto ad interessi comuni con pezzi del centrodestra. Ho steso un programma in questi mesi, l’ho condiviso con il vero motore della regione: studenti, imprenditori, terzo settore, professionisti. Sarebbe stato bello concentrarsi su questo. Ma nessuno vuol discutere di contenuti: solo di tattica, credendo di prendere un voto in più. E intendiamoci: allargare la coalizione è una cosa giusta e intelligente, ma non possiamo condannarci a muoverci con il bilancino. La Calabria ha bisogno di iniziare a correre verso il futuro, con un governo chiaro che provi a realizzare ciò che dice».

Sulle dichiarazioni di Irto, tramite una nota, è intervenuto il vicesegretario del Pd, Giuseppe Provenzano, precisando che «non ho mai parlato di Calabria con Luigi de Magistris, tanto meno dunque lo avrei inseguito, come alcune ricostruzioni giornalistiche lascerebbero intendere».

«Ho lavorato e siamo al lavoro – prosegue – per un campo democratico e progressista più largo e competitivo. Tutto il Partito democratico dev’essere protagonista di questo percorso. La destra in Calabria va battuta, non è tempo di isolarsi. Non possiamo dare nessuna terra per perduta». (rrm)

Regionali, il senatore Ernesto Magorno si candida a presidente

Ernesto Magorno, è il candidato di Italia Viva per le regionali in Calabria. Lo ha reso noto Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, spiegando che la scelta sul senatore è ricaduta in quanto «sindaco che rappresenta un esempio virtuoso di buona amministrazione. La Calabria ha uno straordinario patrimonio di ottimI sindaci e amministratori locali e del con il loro lavoro che si può costruire un futuro migliore».

«C’è una Calabria bella fatta di tanta gente onesta e operosa con numerosi sindaci e amministratori che ogni giorno sono in campo, a mani nude, per dare risposte alle esigenze della gente. La Calabria è una regione ricca di eccellenze, di patrimoni da valorizzare. È per questo che scendo in campo come candidato Presidente con Italia Viva. Serve un Sindaco della Calabria che agisca per donare un futuro diverso alla nostra regione, un futuro che abbia come bussola la legalità» ha dichiarato Ernesto Magorno, all’incontro di Vibo Valentia con Ettore Rosato che lanciato la candidatura del Sindaco di Diamante a Presidente della Regione. (rrm)

Regionali, Magorno e Vono (IV): Italia Viva sempre dalla parte dei calabresi

I senatori di Italia VivaErnesto MagornoSilvia Vono, hanno riunito il direttivo provinciale di ItaliaViva per coordinare il lavoro del partito sul territorio, a cominciare dalla condivisione di un programma che detti la linea con l’unico obiettivo di essere sempre dalla parte dei calabresi.

«È il momento – hanno detto – di rivendicare la nostra autonomia di partito che ha un leader che riconosciamo in Matteo Renzi. Un partito riformista che non si adagia su coalizioni del momento ma che deve essere consapevole della propria forza che è quella delle idee e dei contenuti».

La discussione ha riguardato, anche, una breve disamina degli avvenimenti nazionali che, grazie all’apporto di ognuno, si è deciso di legare al contesto regionale nell’ambito di una pianificazione di incontri con amministratori, mondo sociale, categorie professionali, giovani per superare l’idea di una regione col cappello in mano e dare finalmente spazio a una Calabria, terra di eccellenze, libera da false ideologie e populismi stereotipati. (rp)