PER LA TUTELA DI “SALUTE E BENESSERE”
PROGETTO VERDE E BLU DELLA CALABRIA

di ANTONIETTA MARIA STRATI –Promuovere la salute e il benessere attraverso il buon uso degli spazi versi e blu. È questo l’importante e straordinario progetto di cui la Calabria, attraverso l’Arpacal, guidata dal commissario straordinario, Emilio Errigo, è capofila.

Un traguardo non di poco conto per l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, che è sempre stata in prima fila per quanto riguarda la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. Questo importante progetto, di cui l’Arpacal curerà il coordinamento tecnico, è stato avviato lo scorso 19 gennaio, ed è finanziato dal ministero per la Salute, nell’ambito del Piano Nazionale per gli investimenti Complementari (PNC) – E.1 Salute, Ambiente, Biodiversità e Clima 1.4: Promozione e finanziamento di ricerca applicata con approcci multidisciplinari in specifiche aree di intervento salute-ambiente-biodiversità-clima.

Il progetto, della durata di quattro anni (scadenza 31/12/2026), dovrà mettere in atto iniziative di studio, formazione e comunicazione per promuovere l’uso corretto, consapevole e partecipato delle aree verdi e blu, implementando le politiche per la pianificazione, manutenzione, gestione delle aree verdi e blu urbane per migliorare la conoscenza degli effetti associati alla salute. Si focalizza sulla razionalizzazione e l’upgrade delle conoscenze esistenti, l’accessibilità e la funzionalità delle infrastrutture verdi e blu.

Quest’ultime forniscono diversi servizi alla cittadinanza la cui importanza è stata riconosciuta di recente dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), tuttavia la realizzazione di nuove aree e la stessa gestione di quelle esistenti non tengono conto dei potenziali impatti positivi e negativi che la vegetazione e le infrastrutture verdi e blu possono avere sul benessere della cittadinanza e sullo stato di salute fisico e/o psichico o sulla comparsa di malattie.

Il progetto, articolato su 4 obiettivi, suggerisce azioni mirate, in aree selezionate come casi studio, per fornire ai decisori e alla cittadinanza informazioni e conoscenze utili per una gestione e fruizione ottimale delle predette infrastrutture. Iniziative pubbliche consentiranno il trasferimento delle esperienze dalle aree studio a tutto il territorio nazionale. Il progetto mira a raggiungere diversi Obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030: Salute e benessere, Istruzione di qualità, Riduzione delle disuguaglianze, Città e comunità sostenibili, Lotta contro il cambiamento climatico.

Andando più nello specifico, il progetto prevede la mappatura elle aree e delle policy. Integra le informazioni disponibili sui principali servizi ecosistemici erogati dagli spazi verdi e blu, sull’accessibilità e fruibilità anche mediante mobilità sostenibile (ciclo pedonale). Analisi dati Istat sullo stato dell’ambiente e monitoraggio; studi pilota nelle aree definite e attenzione ai biomarkers di esposizioni, effetti e suscettibilità presenti in letteratura scientifica da collegare agli studi epidemiologici esistenti, coinvolgendo MMS e PLS. E ancora, l’implementazione dell’Atlante delle specie e forestazione, realizzare percorsi formativi  e materiale didattico per il coinvolgimento dei diversi attori nello sviluppo e utilizzo di infrastrutture verdi/blu accessibili, sicure e piacevoli. Sarà elaborata una “roadmap” con le best practice e delle linee guida.

Oltre alla Regione Calabria e all’Arpacal, a dare il loro contributo saranno la Regione Emilia Romagna con la sua Agenzia Regionale Prevezione, Ambiente e Energia, il Dipartimento Epidemiliogia del SSR – Asl Roma 1 della Regione Lazio, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirugiche dell’Università di Bologna, il Consorzio Interuniversitario Nazionale per le Scienze Ambientali, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambiente, l’Agenzia Regionale per la Tutela Ambientale della Regione Abruzzo.

Attraverso la sinergia di questi Enti, l’auspicio è che si riesca a sviluppare e migliorare la conoscenza «partecipata di tutti gli attori preposti allo sviluppo, il mantenimento e l’utilizzo delle infrastrutture verdi/blu per promuovere il buon uso di queste aree e comprenderne appieno i benefici per il benessere psico-fisico, con particolare riguardo alle fasce di popolazione più vulnerabili come anziani e bambini».

Il commissario Errigo, presente alle due giornate di lavoro del progetto, ha espresso profonda soddisfazione tanto per la pregevole iniziativa voluta dal Presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto, quanto per il metodo di lavoro condiviso, «messo in atto sia per raggiungere gli obiettivi progettuali sia per generare una maggiore consapevolezza sociale, elemento indispensabile per rendere il Cittadino protagonista di questa importantissima azione culturale».

«Nello specifico – ha proseguito Errigo – gli obiettivi di questo progetto rappresentano anche un modello di cooperazione concreta tra Enti diversi, impegnati a promuovere la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, considerando la salute del Cittadini un bene primario, costituzionalmente garantito».

Un altro esempio di cooperazione tra Enti, sempre volta alla tutela dell’ambiente – e accompagnata alla crescita economica – è quello stretto dall’Arpacal, nel mese di aprile, con la Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, guidata da Pietro Falbo.

«Assieme ad Arpacal abbiamo in animo di organizzare una serie di iniziative volte a sensibilizzare e coinvolgere gli operatori economici, e non solo, sui temi ambientali», ha detto Falbo, sottolineando come insieme al generale Errigo «abbiamo deciso di stringere una partnership basata sulla promozione dei temi della sostenibilità ambientale e sulle positive ricadute sull’economia regionale. Ritengo strategica l’interazione tra enti e istituzioni che deve essere rivolta alla creazione di un sistema di sostegno alle attività imprenditoriali». (rrm)

 

La garante della Salute Stanganelli incontra il Garante della Lombardia

Importante confronto, in tema di assistenza sanitaria e socio-sanitaria è avvenuta a Milano tra la Garante della Regione Calabria, Anna Maria Stanganelli e il Difensore Regionale della Lombardia, Gianalberico De Vecchi, cui sono attribuite anche le funzioni di Garante della Salute della propria regione.

Nel corso dell’intenso colloquio ci si è confrontati, su punti di forza e criticità del servizio sanitario, sulla base delle segnalazioni pervenute agli uffici, molte delle quali hanno riguardato tempi di attesa troppo lunghi nella prenotazione delle prestazioni, cosi come sono aumentate le doglianze relative alla carenza di medici di medicina generale. 

Tali temi rappresentano oggi più che mai una priorità assoluta da affrontare con la massima compattezza e responsabilità da parte di tutti, soprattutto a livello politico e istituzionale, nell’interesse dei cittadini.

«La dignità di un malato è la dignità dell’Italia e della nostra Calabria», ha concluso Anna Maria Stanganelli. (rrm)

Gli oli calabresi sono un vero e proprio alleato della Salute

Gli oli calabresi in una vetrina nazionale. In occasione della sua presenza a Sol&agrifood – la fiera btob dell’eccellenza agroalimentare che si svolge a Verona dal 2 al 5 aprile in contemporanea con Vinitaly – il Consorzio di tutela e valorizzazione olio di Calabria igo, in collaborazione con la Regione Calabria, organizza un incontro dedicato agli oli extravergine calabresi nel panorama italiano.
L’appuntamento, previsto per lunedì 3 aprile alle ore 15 all’interno dello stand Istituzionale della Regione Calabria, si propone di offrire una fotografia della produzione olivicola calabrese nel contesto italiano e di mettere in luce le innumerevoli proprietà salutistiche dell’olio extravergine di oliva.

Dopo un’introduzione a cura di Massimino Magliocchi, presidente del Consorzio olio di Calabria igp, il tema verrà approfondito attraverso gli interventi di Giacomo Giovinazzo, direttore generale del Dipartimento agricoltura della Regione Calabria, di Francesco Vaia, direttore generale dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, e di Gianluca Gallo, assessore alle Politiche agricole e allo sviluppo agroalimentare della Regione Calabria.

Con 21 milioni di ulivi coltivati su una superficie di 184 mila ettari, il territorio calabrese vanta 50 qualità e 80 varietà di cultivar, un patrimonio che nel 2022 ha portato alla produzione di circa 29mila tonnellate di olio (il 13,5% sul totale prodotto in Italia), per un valore di produzione di 130 milioni di euro.

La tavola rotonda, moderata dal giornalista Claudio Brachino, sarà l’occasione per parlare delle politiche agricole previste a livello regionale per la tutela e la valorizzazione delle produzioni d’eccellenza del territorio e di quanto le Indicazioni geografiche protette, oltre a rappresentare una garanzia di qualità e genuinità, possano tradursi in un vantaggio competitivo determinante.
Durante l’incontro verrà inoltre dedicato ampio spazio alla descrizione delle caratteristiche organolettiche dell’olio calabrese con un focus sul suo prezioso contributo nella prevenzione di malattie cardiovascolari, gastrointestinali, neurologiche e tumorali, per merito delle sue numerose proprietà nutriceutiche.

L’olio extravergine d’oliva può considerarsi di fatto un vero e proprio alleato della salute e l’emblema della cultura, tipicamente italiana, del mangiare sano, che trova la sua massima espressione nella dieta mediterranea.

A Siderno domenica l’incontro per la tutela al Diritto della salute

di ARISTIDE BAVADomenica 29 gennaio, su iniziativa del Comitato difendiamo l’Ospedale, del Comitato Casa della salute “e del Corsecom  avrà luogo, presso la sala del Consiglio comunale di Siderno (ore 9.30) un incontro organizzativo  indirizzato alla rivendicazione del Diritto alla salute.

«Un diritto – recita una nota appositamente diffusa – sancito dalla nostra Costituzione che  non può rimanere solo sulla carta. L’art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. I cittadini calabresi sanno che la realtà spesso supera le più nere previsioni. La situazione è sotto gli occhi di tutti e a pagarne le conseguenze sono le fasce sociali meno abbienti, che non possono rivolgersi al privato e rinunciano anche a curarsi».

«Sulle tante criticità presenti – dice la nota – crediamo che non ci sia altro da dire rispetto a tutto quello che è stato già detto: piante organiche ridotte e il blocco delle assunzioni, riduzione dei posti letto, smantellamento di quel poco di servizi presenti sul territorio. Ed anche tutto quello che non è stato fatto, con finanziamenti disponibili da anni e non utilizzati, come quelli per la ristrutturazione dell’Ospedale e della Casa della salute di Siderno, l’ambulatorio di Caulonia, l’Ospedale di Comunità e tutte le Case di Comunità del nostro territorio,  la riorganizzazione della Medicina generale, una risorsa non utilizzata adeguatamente».

Poi la nota aggiunge: «Siamo in una situazione tale che, mentre sono molti i professionisti che non vogliono venire a lavorare nell’Ospedale di Locri, ce ne sono altrettanti che, stanchi e demotivati, non aspettano altro che di poter andare in pensione. La responsabilità ricade su tutti coloro che, per il ruolo istituzionale rivestito, avrebbero potuto fare qualcosa per invertire la rotta di una dequalificazione costante di tutto il sistema. Siamo accanto e a difesa anche del personale sanitario rimasto in servizio, che non può essere lasciato nelle condizioni di criticità in cui si trova da anni, e che, nonostante tutto, continua a fare, con abnegazione e sacrificio, più del proprio dovere, con turni massacranti ed elevato rischio professionale.  I ritardi accumulati negli interventi necessari,  ormai non ci consentono più di aspettare».

«Per il rilancio e la riqualificazione del nostro Ospedale e per il riordino della sanità territoriale serve un intervento straordinario e a sostenerlo con forza dovranno essere le cittadine e cittadini che vorranno mobilitarsi per difendere il diritto alla salute e il diritto alla cura.  Se vogliamo invertire la rotta, c’è necessità di un forte movimento di massa che ponga la rivendicazione del diritto salute come bene collettivo inalienabile della persona umana. Vogliamo essere una comunità capace di  camminare insieme per aiutare chi ha più bisogno. Proviamoci, tutti insieme. Noi ci siamo». Quindi l’appuntamento per domenica.  (ab)

Incontro tra il Garante della Salute della Regione e l’Ordine dei Medici della Provincia di RC

Importante incontro si è svolto tra il Garante della Salute della Regione Calabria, Prof.ssa Anna Maria Stanganelli e il Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Reggio Calabria.

All’incontro erano presenti il Presidente dell’Ordine dei Medici, dott. Pasquale Veneziano, il vice Presidente dott. Giuseppe Zampogna, il segretario dott. Vincenzo Nociti, il Tesoriere dott. Bruno Porcino e il Presidente della Commissione Medici Odontoiatri dott. Filippo Frattima

Nel corso dell’incontro, che si è svolto in un clima sereno e di collaborazione reciproca, con scambio di opinioni su alcuni temi rilevanti della sanità calabrese, si è condivisa la necessità di istituire un comitato permanente con gli Ordini dei Medici delle Province calabresi , al fine di lavorare per unità di intenti per valutare assieme possibili soluzioni a livello regionale che possano contribuire a garantire quei modelli di efficacia ed efficienza centrati sul miglior percorso terapeutico ed assistenziale per il paziente, garantendo equità nell’accesso ai servizi e qualità degli stessi nelle diverse aree della regione.

Il Garante della Salute ha assicurato collaborazione massima con gli Ordini dei Medici di tutte le province calabresi, nella certezza che sia necessario lavorare in rete e mettere in condizione il personale medico di svolgere la sua missione in sicurezza e serenità. (rrc)

Sabato la webconference della Regione su assistenza al bambino con diabete

Sabato 4 giugno, alle 10.30, è in programma la webconference sulle tematiche più importanti dell’assistenza al bambino con diabete, organizzata dalla Rete diabetologica pediatrica calabrese.

L’incontro, attraverso diversi interventi, si pone l’obiettivo di presentare una visione complessiva delle varie problematiche e di far conoscere la “rete” dei servizi di diabetologia pediatrica operanti in Calabria.

Verranno presentati i dati epidemiologici di una recente ricerca che evidenziano un trend di crescita della malattia in tutto il territorio regionale; si parlerà dell’importanza della diagnosi precoce per evitare la comparsa della chetoacidosi, la complicanza acuta più temibile della malattia; si discuterà anche delle problematiche per l’individuazione delle varie forme di diabete su base genetica, dell’utilizzo delle nuove tecnologie e di come è cambiata la terapia in questi ultimi anni, di malattie associate al diabete e della gestione delle malattie intercorrenti.

Si evidenzieranno, anche, gli aspetti psicologici e relazionali, i problemi relativi all’alimentazione ed alla pratica sportiva. Verrà dato spazio ai problemi relativi all’inserimento scolastico del bambino con diabete e alla significativa esperienza regionale dei campi scuola. Preziose saranno, poi, le testimonianze dei ragazzi e delle Associazioni dei pazienti che collaborano con i vari centri.

L’incontro si concluderà facendo riferimento alla sfida emergente del diabete di tipo 2, legato all’obesità, presente già in età adolescenziale, ed alle problematiche relative al passaggio del ragazzo dalla diabetologia pediatrica a quella dell’adulto.

Alla webconference interverranno per i Centri di Diabetologia pediatrica: Rosaria De Marco, Vita Cupertino (Cosenza); Filomena Stamati (Castrovillari); Fiorella De Berardinis, Giacomo Santoro (Cetraro – Paola), Mimma Caloiero, Monica Aloe, Raffaele Mancini (Lamezia); Felice Citriniti, Elena Succurro, (Catanzaro); Nicola Lazzaro (Crotone); Romina Toscano (Vibo Valentia); Rosanna Lia (Locri); Domenico Minasi, Marilena Lia, Rita Tutino (Reggio Calabria), Corrado Mammì, Marica Monoriti (Reggio Calabria) Fortunato Lombardo (Messina). (rcz)

L’OPINIONE / Antonio Errigo: Sport e impianti sportivi da riqualificare in Calabria

di ANTONIO ERRIGO – Lo scorso anno, la Giunta Regionale della Regione Calabria – Dipartimento Infrastrutture, Lavori Pubblici , Mobilità (ILPM), con Decreto Dirigenziale n. 9435 del 21.09.2021, che tra le altra cose si occupa di “concessioni di contributi regionali finalizzati alla realizzazione e riqualificazione impianti sportivi”, approvava le istanze ritenute meritevoli di finanziamento pubblico e riteneva non ricevibili e/o non ammissibili,  quelle carenti  dei previsti presupposti amministrativi.

Anni prima  nel 2016, presso la sede del Consiglio Regionale, venivano presentati alla presenza delle pubbliche autorità e rappresentanti delle istituzioni, i risultati di un mirato censimento degli impianti sportivi presenti in Calabria.
Tali  utilissime attività di sostegno finanziario, monitoraggio e censimento, erano stati favoriti e voluti dal Coni, beneficiando di un dedicato contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

A quella data ammontavano a n. 2691, gli impianti sportivi censiti in Calabria. Ora non è dato sapere a chi scrive se le risorse umane e finanziarie pubbliche impiegate abbiano raggiunto i risultati attesi e gli obiettivi previsti.

Se e per quello che può ancora valere il pensiero e la convinzione popolare, parrebbe che sono ancora tanti gli impianti sportivi che non vengono ritenuti idonei e sicuri dai cittadini calabresi, per accogliere bambini, giovani e adulti, al fine di praticare le diverse discipline sportive.

Solo per fare un esempio calzante, la scorsa estate meritavano sicuramente più attenzione pubblica il noto impianto di atletica del Coni e il vicino (poco manutenzionato) campo di calcio “Stadio Ciccarello” del rione Modena di Reggio Calabria. E se vogliamo, anche il frequentato campo di calcio di Pellaro non gode di ottima salute infrastrutturale.

Così come abbisognano di più interventi di riqualificazione, tanti altri impianti sportivi pubblici e privati. Forse occorrerebbe una ispezione da parte delle competenti autorità, allo scopo di accertarne lo stato di manutenzione e sicurezza, intervenendo senza altri ingiustificati ritardi, per la messa in sicurezza e fruibilità alla collettività.

È cosa nota a tutti che qualunque disciplina sportiva si intente praticare, genera salute per gli atleti che la praticano e, sono convinto che anche in questo particolare settore, occorre garantire sicurezza pubblica. A pensarci bene, più si favoriscono le attività sportive, meno casi alcolismo giovanile,  stati di tossicodipendenza, devianze minorili e violenze tra giovani si riscontreranno.

Se potessi decidere dove proporre la costruzione di  un impianto sportivo polivalente, campo di calcio con annessa pista di atletica, ne proporrei almeno uno per ogni Comune. Un impianto sportivo ogni cinque chiese e una palestra o un parco giochi attrezzato in ogni scuola dell’infanzia, media e superiore.

Diversamente, in assenza di impianti sportivi  agibili e fruibili, la micro criminalità cresce e incalza negativamente sul tessuto sociale, soprattutto nelle aree territoriali complesse e complicate periferiche e marginali. I benefici psicofisici in chi è impegnato in una costante attività sportiva sono enormi e impensabili.

Sono talmente importanti per la salute le attività sportive che nel 2019 è stata costituita una società in-house interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, denominata “Sport e Salute SpA”, con a capo un validissimo, sensibile ed efficiente, Presidente e Amministratore Delegato, già Capo Gabinetto del Mise, il dott. Vito Cozzoli.

Per chi volesse saperne di più è sufficiente  leggere gli articoli dello Statuto Sociale, per avere contezza dei compiti e funzioni sociali importanti. Inoltre mi risulta che l’Istituto per il Credito Sportivo, finanzi la costruzione, ristrutturazioni e riqualificazione di impianti e strutture sportive.

Qualche consiglio pratico su come fare e dove intervenire, mi rivolgerei a gente esperta che si è cibata si vita sport: l’indimenticabile assessore allo sport, sostenitore propulsore della Reggina Calcio, già Presidente del Coni Calabria, Mimmo Praticó, nonché (mi si conceda una nota di parte) a chi ha dedicato una vita ed i suoi migliori anni  allo sport  – sia da  noto attaccante che  come allenatore – il mio caro Zio  “Ciccio Errigo”, voce autorevole del calcio calabrese che più si un suggerimento potrebbe offrire per incidere sullo sviluppo dello sport nei nostri territori. Loro si che hanno dimostrato sul campo e in panchina di amare veramente lo Sport e la Calabria!

L’economia dello sport, il diritto e management  dello sport oramai vengono insegnati nelle migliori Università Italiane ed estere, consci che il management e i manager dello sport, siano essenziali sia  nell’organizzazione di eventi sportivi regionali, nazionali e internazionali, sia nella complessa gestione e manutenzione degli impianti dedicati alle innumerevoli attività sportive, estive, primaverili, autunnali e invernali.

Ritengo quindi che in Calabria ci sia tanto bisogno di “Sport e Salute”, per poter favorire una migliore qualità della vita pubblica generale. Sono convinto che il Coni nazionale e regionale, insieme alle competenti strutture amministrative della Regione Calabria, la società “Sport e Salute” e l’Istituto Credito Sportivo, possano fare molto di più per diffondere e far crescere la cultura dello sport in Calabria.

È bene altresì ricordare che lo sport e la gestione degli impianti sportivi in tutte le realtà territoriali, creano un sostanzioso indotto economico e generano occupazione (preparatori atletici, allenatori, personal trainer, manutentori, custodi, personale addetto alle segreterie ecc.).

Un volano di crescita quindi per l’economia, innalzando nel nostro caso, l’asticella del debole Pil regionale della Calabria e il reddito pro capite dei Cittadini Calabresi.

Più sport, dunque, per più benessere. E speriamo che qualcuno si impegni seriamente in questa direzione.  (ae)

Ambiente e Salute, Arpacal e Avis fanno rete per un progetto sull’epidemiologia ambientale

Importante partnership sarà firmata, il 1° febbrail, tra ArpacalAvis Provinciale di Catanzaro, per un progetto dedicato all’importante binomio ambiente e salute.

«Crediamo molto nel valore strategico del binomio ambiente e salute – ha dichiarato il direttore di Arpacal, Domenico Pappaterra – e per questo motivo abbiamo colto l’occasione di attivare una partnership con l’AVIS provinciale di Catanzaro, non solo per la sua meritoria storia nel volontariato, e quindi di presenza sul territorio, ma anche perché con essa siamo in grado di fare rete per un migliore servizio ai cittadini e, ciascuno per la propria competenza, anche al servizio sanitario regionale».

«Voglio ringraziare – aggiunge Pappaterra – per questo accordo non soltanto Francesco Parrottino, presidente dell’Avis provinciale di Catanzaro, ma anche il direttore scientifico, Michelangelo Iannone, che, con la sua esperienza come medico e docente universitario, ha dato il giusto impulso a questo progetto connesso all’epidemiologia ambientale ed altri che stiamo sviluppando».

Questa iniziativa, infatti, è stata fortemente voluta dal Direttore scientifico dell’Agenzia ambientale calabrese, Michelangelo Iannone, che, da medico nonché docente dell’Università Magna Grecia e ricercatore CNR di lungo corso nell’epidemiologia ambientale, ha già dall’anno scorso, in occasione di una interlocuzione con la facoltà di Farmacia dell’ateneo catanzarese per l’attivazione di un corso universitario in “One Health”, puntato molto anche sul binomio ambiente e salute.

«Il binomio salute e ambiente – ha dichiarato Iannone – è una visione ormai irrinunciabile per il sistema di protezione ambientale e questa convenzione è un modo concreto per riuscire a fare rete e migliorare le attività mettendole al servizio del sistema sanitario regionale e dei cittadini».

L’accordo fa forza sulla capillarità di un’associazione come Avis, particolarmente qualificata in ambito sanitario, per riuscire ad avvicinare lo scopo delle politiche ambientali all’esigenza di tutela della salute. Le attività previste dalla convenzione riguardano diversi  ambiti di indagine ambientale che hanno effetti sulla salute umana: dalla virologia ambientale, alla qualità dell’aria, dall’amianto, ai campi elettromagnetici solo per fare degli esempi.

Arpacal, inoltre, potrà avvalersi delle numerose sedi Avis per realizzare specifiche campagne ambientali, finalizzate alla divulgazione scientifica dei dati di monitoraggio che hanno effetti sulla salute. A partire dalla campagna di misurazione del radon, ad esempio, che è già operativa grazie al supporto di Salvatore Procopio, fisico del laboratorio “E. Majorana” del Dipartimento provinciale di Catanzaro, che ha avviato il monitoraggio di tutte le sedi Avis per realizzare una campagna mirata alla misurazione e la valutazione del rischio connesso alla concentrazione di attività del gas radon nei luoghi di lavoro e ambienti di vita (d.lgs. n. 101/2020).

Considerato che il gas radon negli ambienti confinati è classificato dalla OMS come cancerogeno certo di gruppo 1 ed è stimato come la seconda causa di rischio di insorgenza di tumore al polmone dopo il fumo, i dati del monitoraggio radon effettuato da Arpacal, attraverso il Laboratorio Fisico del Dipartimento di Catanzaro, risultano particolarmente significativi.

L’Isin, l’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, infatti, sulla base dei dati dell’agenzia, considera oggettivi i rischi di elevate concentrazioni di radon in Calabria, a conferma che la formazione rocciosa di tipo alpino e la presenza importante di faglie, rappresentano elementi assai predisponenti per la formazione del radon.

L’approccio che Arpacal salvaguarda in questo ambito di attività, nel binomio ambiente e salute, riprende e consolida il percorso di prevenzione, garantendo attraverso l’adozione di alcuni interventi tecnici, la riduzione e l’eliminazione del rischio radon per la salute. (aer)

RIVITALIZZARE IL TERRITORIO E INNOVARE
COSA SERVE PER LA SALUTE DEI CALABRESI

Il binomio Salute e Sviluppo sembra un ossimoro in Calabria, visti gli insuperabili problemi della Sanità che ormai datano da oltre dieci anni. Il commissariamento ha provocato guasti ulteriori e le varie terapie tentate non hanno prodotto alcun sintomo di guarigione, anzi le cose sono peggiorate. Ma non va visto tutto da un punto di vista pessimistico e c’è chi ritiene, invece, che si possa invertire la rotta. Ne parliamo con un esperto del settore, Franco Caccia, sociologo e responsabile U.O Servizi Sociali dell’Asp di Catanzaro, secondo il quale è ormai indifferibile un piano per la salute dei calabresi, basato sull’innovazione dei servizi e la rivitalizzazione del territorio. 

– Il covid 19, fenomeno drammatico quanto imprevedibile, ha messo a dura prova i sistemi di cura dell’intero Paese. L’impatto della pandemia in Calabria ha tolto ogni dubbio sulla urgenza di procedere ad un radicale rinnovo dell’organizzazione dei servizi sanitari. A suo parere, come bisognerà agire? 

«Innanzitutto bisognerebbe riuscire ad apprendere dai diversi insegnamenti che derivano dall’esperienza Covid. Ci siamo tutti accorti che, quando sulla società si abbatte un’emergenza, prima ancora che la forza dei singoli, è decisiva la tenuta della comunità. Abbiamo visto quanto le nostre vite siano interconnesse, quanto la società sia un organismo fragile. È inoltre emerso con forza uno spirito comunitario e ciascuno si è sentito responsabile verso la salute altrui. Abbiamo preso atto del valore della co-responsabilità, si pensi alla lunga prima fase della pandemia quando le uniche prescrizioni degli esperti erano rappresentati dal distanziamento sociale e dall’uso delle mascherine, e abbiamo riscoperto il valore della solidarietà, quale bene prezioso per la tenuta dei nostri territori. 

«Quanto vissuto ci ha permesso di toccare con mano la veridicità delle dichiarazioni dell’organizzazione mondiale della sanità: “la salute si sviluppa a livello locale, nei contesti della vita quotidiana, nei quartieri e nelle comunità dove le persone di ogni età vivono, lavorano, amano, studiano e si divertono.”(Oms 2016)». 

– Ci avviamo verso un cambio radicale del concetto di salute?

«Per troppi anni, il tema della salute, soprattutto in Calabria, ha chiamato in causa, in maniera quasi esclusiva, la figura dei medici e degli ospedali. Figure e strutture senza dubbio fondamentali per gestire la cura delle malattie, intese come anomalia del corpo umano. Quella impostazione è oggi però superata ed appare urgente ed indispensabile costruire un nuovo piano per la salute dei calabresi che abbia alla base una nuova visione, non solo delle criticità ma anche delle opportunità per costruire le condizioni per star bene all’interno di un approccio di tipo comunitario.  

«Diversamente si corre il rischio di continuare a fare quanto si è sempre fatto, magari con uno strumentale utilizzo di qualche termine in voga in questo periodo (territorialità, prossimità) e di sprecare l’ennesima opportunità per un cambiamento della qualità di vita dei cittadini calabresi. Bisogna pertanto prendere atto delle cause dei problemi incontrati durante l’epidemia e cercare di evitare l’errore più grande e cioè tornare a fare le cose che si facevano prima. 

«La salute è “bene comune”, è la vita di una comunità che garantisce il benessere di tutti attraverso i propri servizi e le proprie risorse (scuola, sanità, servizi assistenziali, cura del territorio, lavoro, cultura e tempo libero). Ripensare all’idea di salute, a partire dalla persona e dalla comunità in cui questa vive e lavora, significa ridefinire priorità, ridisegnare processi, prodotti e metodologie per la realizzazione di percorsi di cura con la più ampia integrazione tra tutte le risorse presenti in ogni comunità. In questa nuova vision, viene sollecitato e sostenuto il contributo che proviene dai contesti familiari, sociali e comunitari, in cui è inserito il cittadino. Questo ruolo attivo, del destinatario e del suo contesto, viene considerato determinante nella co-produzione di un prodotto-servizio tarato sulle singole necessità e potenzialità del singolo. 

«Per tali motivazioni, una delle funzioni centrali, demandata ai moderni sistemi di cura, dovrà essere centrata proprio sulla capacitazione (capacità in azione), che implica concretamente creare condizioni affinché ogni persona possa partecipare all’attuazione del proprio progetto di salute. Un’azione innovativa su cui si giocherà la capacità, delle istituzioni e dei territori, di declinare una nuova programmazione che avrà come destinatari singole persone, nuclei familiari e intere comunità, nonché sulla capacità di orientare le risorse pubbliche ed organizzative verso questo scopo». 

– Siamo di fronte ad un nuovo modo di lavorare nel settore della salute?

«Non c’è dubbio che esistano delle differenze sostanziali tra il prima ed il dopo. Rispetto ai servizi tradizionali cambia infatti il mandato: non erogare ma connettere, non rispondere ma costruire possibilità, non più contenere i mali di una società fragile, ma facilitare, intraprendere, intermediare. Molte di queste esperienze hanno il merito di aprire dei veri e propri laboratori in cui non si parla più di utenti, prestazioni, protocolli. Si dovrebbero inoltre, con sempre maggiore frequenza, utilizzare termini quali: attivazione, condivisone, co-progettazione, reciprocità, fiducia. I servizi e le esperienze generate da questa nuova impostazione sono già tante e varie. Esempi come la badante di condominio, baby-sitter condivisa, biblioteche con iniziative aggregative e sociali, cortili sociali, custode sociale, la rete dei social street, orti di quartiere, agricoltura sociale, banche del tempo, formazione inter-generazionale, cohousing, sono esperienze concrete, in fase di espansione in molte parti d’Italia, in cui è stato attivato il processo di ammodernamento del welfare. Usiamo il termine di welfare generativo per qualificare questi laboratori capaci innestare risposte aggiuntive e migliorative a partire dai risultati raggiunti. 

«Pare comunque evidente che tutte queste realtà si basano sull’assunto che mettendo insieme interessi e bisogni comuni si possono produrre iniziative più efficaci e potenti della somma delle azioni di ciascuno: perché produttrici di legami, fiducia, coesione, e perché benessere individuale e benessere collettivo vivono di intrecci. Nasce così il concetto di “welfare di comunità”, concetto non nuovo ma che, negli ultimi anni, ha trovato nuovi impulsi dai risultati positivi delle sperimentazioni in atto, rafforzando l’idea che occorrano nuove alleanze tra istituzioni, famiglie, il privato sociale, il mercato, in grado di  valorizzare le capacità di iniziativa dei singoli e delle formazioni sociali». 

– Perché la comunità riveste un ruolo centrale nelle nuove politiche di salute?

«Il Santo Padre, papa Francesco, in occasione della messa di Pentecoste, del maggio 2020, ebbe a dire che “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. L’invito del presule deve essere colto a pieno, sia per le scelte di tipo individuale quanto comunitarie, tra cui l’adeguamento dei sistemi di cura. Tra gli addetti al settore della salute abbiamo ben presente quanto certificato da anni di analisi scientifiche internazionali le quali sono chiare nell’attribuire alla presenza/assenza di servizi sanitari un impatto minimo sulle condizioni di salute dei cittadini (10%).  

«Ciò che maggiormente influenza lo star bene delle persone sono i cosiddetti determinanti sociali di salute quali gli stili di vita (50%), i fattori ambientali (20%) ed i fattori genetici (20%).  Siamo di fronte ad un nuovo modo di pensare alle politiche della cura le cui parole chiave sono rappresentate da comunità, personalizzazione degli interventi, domiciliarietà, relazioni umane.  Il covid ha esaltato la centralità del territorio, finora visto e gestito come luogo da cui nascono bisogni/problemi e non già come spazio in cui sono presenti o attivabili risorse ed opportunità. Vi è pertanto necessità di una nuova visione delle politiche per la salute capaci di agire per rinforzare i legami e la collaborazione all’interno delle comunità locali mettendo in campo, prima delle tecniche organizzative, la qualità dell’etica rappresentata da scelte e comportamenti ispirati alla reciprocità, alla solidarietà e alla responsabilità collettiva. 

«In questa direzione, come già avviato a livello internazionale, c’è necessità di un nuovo paradigma della cura chiamato community care (comunità che cura), in cui , partendo dall’assunto di salute  come bene comune e non già  appannaggio esclusivo di alcuna Istituzione, promuove un approccio comunitario in cui si interviene sui diversi aspetti che incidono sulla salute dei cittadini: lavoro adeguato e sicuro, abitazione dignitosa, accesso alla formazione ed alla cultura, ambienti urbani sani, strumenti e opportunità di relazione e di inclusione sociale. Si intuisce quindi che se dovessimo pensare di circoscrivere, con il termine cure territoriali, il potenziamento di qualche servizio domiciliare, senza agire sulla dimensione etica-formativa ed organizzativa dei sistemi di cura, rischiamo di fare poca strada.

– Come può essere affrontato il tema della non autosufficienza nella nuova visione organizzativa del welfare territoriale? 

La non autosufficienza rappresenta per il nostro Paese una priorità assoluta alla luce dei processi sociali e demografici in atto, di fronte alla quale, tuttavia, oggi ci si trova per molti aspetti impreparati. Nell’evoluzione dello scenario sono già presenti gli indicatori su cui basare la certezza di una forte crescita del bisogno di cura a domicilio: progressivo invecchiamento della popolazione; aumento delle malattie cronico-degenerative; indebolimento delle reti familiari (numero risicato di figli delle famiglie moderne, fenomeno acuito, nel caso della Calabria, dall’emigrazione giovanile in altre regioni e/o nazioni); carenza di risorse pubbliche per le politiche di cura tradizionale. 

«Le analisi dei numeri e delle tendenze culturali e demografiche in atto non lasciano dubbi. Siamo di fronte ad un vero “bacino di sviluppo occupazionale”, che potrebbe sprigionare in maniera spontanea la sua forza. Peccato che il settore pubblico, nella maggior parte dei casi, resti a guardare. Nella migliore delle ipotesi, si registra qualche esperienza sporadica in cui pezzi del pubblico intervengono su singole fasi del processo di selezione ed inserimento della figura di cura nel domicilio della persona non autosufficiente. 

«In considerazione dell’aumento dell’ aspettativa di vita e considerato il fenomeno dell’atomizzazione delle famiglie, elemento reso ancor più critico in Calabria dal fenomeno dell’emigrazione dei giovani, è ormai non più rinviabile un piano regionale per le cure a domicilio delle persone non autosufficienti. Sulla base delle migliori prassi, il piano dovrebbe potenziare gli interventi ed i servizi  qualificati ed integrati rivolti alle famiglie. Si tratta di pensare ad un sistema di domiciliarietà che superi la frammentazione delle singole prestazioni per dare spazio ad una filiera di servizi e prestazioni da erogare dentro e fuori ed intorno alla casa o la struttura protetta/RSA. 

Del resto l’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 ha acceso una nuova luce sui servizi per la non autosufficienza, del quale i servizi domiciliari costituiscono una componente cruciale. È opinione condivisa che una presenza più solida del welfare pubblico nel territorio avrebbe consentito di contrastare meglio il Covid-19 e avrebbe permesso di prevenire il diffondersi della pandemia. 

– Un cambiamento di tale portata richiede un preciso impegno anche da parte della Regione Calabria?

Non c’è dubbio che il ruolo delle scelte operate dall’ente Regione in questo settore saranno decisive. Ho notato che l’on.le Roberto Occhiuto, nelle sue prime dichiarazioni da candidato presidente, abbia messo al primo posto del suo programma la riorganizzazione dei servizi per la salute. Sono sicuro che analogo impegno arriverà presto anche da altri candidati e che questo tema sarà centrale nella campagna elettorale dei prossimi mesi.  

«Dal superamento dell’attuale commissariamento della sanità, alla riorganizzazione dei sistemi territoriali, il compito della regione è insostituibile. In quest’ottica mi limito a due proposte: prima di tutto, l’istituzione nelle 5 ASP della Calabria, come già avviene per regioni come Veneto, Toscana, Emilia Romagna, della figura del direttore dei servizi socio-sanitari. Tale figura, in particolare in una regione come la Calabria dove la rete dei servizi sociali comunali è ancora in fase di costituzione, potrebbe svolgere il doppio ruolo di valorizzare l’approccio socio-relazionale dei professionisti sociali operanti all’interno di ogni ASP e, nel contempo, svolgere il ruolo di supporto tecnico per i Comitati dei sindaci chiamati (ai sensi della L.R. n. 23-2003-art 20) all’elaborazione e gestione dei Piani di Zona e costruire la giusta armonizzazione per un’offerta di servizi per la salute del cittadino, integrata e qualificata. 

«L’altra proposta riguarda la creazione di un’agenzia capace di accompagnare i territori della Calabria, in termini di supporto formativo ed organizzativo, per la condivisione e l’arricchimento di un “pensiero nuovo” verso la cura e verso il welfare di comunità. Qualsiasi innovazione nei processi organizzativi nasce da un cambiamento, spesso radicale, di idee, visioni, metodi. Il nuovo approccio alla cura centrato sul ruolo da protagonista della triade Cittadino-Famiglia-Comunità rappresenta una sfida impegnativa anche perché richiede modalità di approccio distanti dai modelli culturali e dagli approcci organizzativi utilizzati dagli attuali operatori del settore. Ciò che sarà importante da parte dei futuri amministratori della regione Calabria è mettere mano ad un settore dove, nonostante l’immagine negativa costruita negli anni, vi sono ancora le condizioni per invertire la tendenza e creare un percorso che possa portare prima alla normalità e, successivamente,  puntare all’eccellenza. (rrm)