Incontro tra il Garante della Salute della Regione e l’Ordine dei Medici della Provincia di RC

Importante incontro si è svolto tra il Garante della Salute della Regione Calabria, Prof.ssa Anna Maria Stanganelli e il Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Reggio Calabria.

All’incontro erano presenti il Presidente dell’Ordine dei Medici, dott. Pasquale Veneziano, il vice Presidente dott. Giuseppe Zampogna, il segretario dott. Vincenzo Nociti, il Tesoriere dott. Bruno Porcino e il Presidente della Commissione Medici Odontoiatri dott. Filippo Frattima

Nel corso dell’incontro, che si è svolto in un clima sereno e di collaborazione reciproca, con scambio di opinioni su alcuni temi rilevanti della sanità calabrese, si è condivisa la necessità di istituire un comitato permanente con gli Ordini dei Medici delle Province calabresi , al fine di lavorare per unità di intenti per valutare assieme possibili soluzioni a livello regionale che possano contribuire a garantire quei modelli di efficacia ed efficienza centrati sul miglior percorso terapeutico ed assistenziale per il paziente, garantendo equità nell’accesso ai servizi e qualità degli stessi nelle diverse aree della regione.

Il Garante della Salute ha assicurato collaborazione massima con gli Ordini dei Medici di tutte le province calabresi, nella certezza che sia necessario lavorare in rete e mettere in condizione il personale medico di svolgere la sua missione in sicurezza e serenità. (rrc)

Sabato la webconference della Regione su assistenza al bambino con diabete

Sabato 4 giugno, alle 10.30, è in programma la webconference sulle tematiche più importanti dell’assistenza al bambino con diabete, organizzata dalla Rete diabetologica pediatrica calabrese.

L’incontro, attraverso diversi interventi, si pone l’obiettivo di presentare una visione complessiva delle varie problematiche e di far conoscere la “rete” dei servizi di diabetologia pediatrica operanti in Calabria.

Verranno presentati i dati epidemiologici di una recente ricerca che evidenziano un trend di crescita della malattia in tutto il territorio regionale; si parlerà dell’importanza della diagnosi precoce per evitare la comparsa della chetoacidosi, la complicanza acuta più temibile della malattia; si discuterà anche delle problematiche per l’individuazione delle varie forme di diabete su base genetica, dell’utilizzo delle nuove tecnologie e di come è cambiata la terapia in questi ultimi anni, di malattie associate al diabete e della gestione delle malattie intercorrenti.

Si evidenzieranno, anche, gli aspetti psicologici e relazionali, i problemi relativi all’alimentazione ed alla pratica sportiva. Verrà dato spazio ai problemi relativi all’inserimento scolastico del bambino con diabete e alla significativa esperienza regionale dei campi scuola. Preziose saranno, poi, le testimonianze dei ragazzi e delle Associazioni dei pazienti che collaborano con i vari centri.

L’incontro si concluderà facendo riferimento alla sfida emergente del diabete di tipo 2, legato all’obesità, presente già in età adolescenziale, ed alle problematiche relative al passaggio del ragazzo dalla diabetologia pediatrica a quella dell’adulto.

Alla webconference interverranno per i Centri di Diabetologia pediatrica: Rosaria De Marco, Vita Cupertino (Cosenza); Filomena Stamati (Castrovillari); Fiorella De Berardinis, Giacomo Santoro (Cetraro – Paola), Mimma Caloiero, Monica Aloe, Raffaele Mancini (Lamezia); Felice Citriniti, Elena Succurro, (Catanzaro); Nicola Lazzaro (Crotone); Romina Toscano (Vibo Valentia); Rosanna Lia (Locri); Domenico Minasi, Marilena Lia, Rita Tutino (Reggio Calabria), Corrado Mammì, Marica Monoriti (Reggio Calabria) Fortunato Lombardo (Messina). (rcz)

L’OPINIONE / Antonio Errigo: Sport e impianti sportivi da riqualificare in Calabria

di ANTONIO ERRIGO – Lo scorso anno, la Giunta Regionale della Regione Calabria – Dipartimento Infrastrutture, Lavori Pubblici , Mobilità (ILPM), con Decreto Dirigenziale n. 9435 del 21.09.2021, che tra le altra cose si occupa di “concessioni di contributi regionali finalizzati alla realizzazione e riqualificazione impianti sportivi”, approvava le istanze ritenute meritevoli di finanziamento pubblico e riteneva non ricevibili e/o non ammissibili,  quelle carenti  dei previsti presupposti amministrativi.

Anni prima  nel 2016, presso la sede del Consiglio Regionale, venivano presentati alla presenza delle pubbliche autorità e rappresentanti delle istituzioni, i risultati di un mirato censimento degli impianti sportivi presenti in Calabria.
Tali  utilissime attività di sostegno finanziario, monitoraggio e censimento, erano stati favoriti e voluti dal Coni, beneficiando di un dedicato contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

A quella data ammontavano a n. 2691, gli impianti sportivi censiti in Calabria. Ora non è dato sapere a chi scrive se le risorse umane e finanziarie pubbliche impiegate abbiano raggiunto i risultati attesi e gli obiettivi previsti.

Se e per quello che può ancora valere il pensiero e la convinzione popolare, parrebbe che sono ancora tanti gli impianti sportivi che non vengono ritenuti idonei e sicuri dai cittadini calabresi, per accogliere bambini, giovani e adulti, al fine di praticare le diverse discipline sportive.

Solo per fare un esempio calzante, la scorsa estate meritavano sicuramente più attenzione pubblica il noto impianto di atletica del Coni e il vicino (poco manutenzionato) campo di calcio “Stadio Ciccarello” del rione Modena di Reggio Calabria. E se vogliamo, anche il frequentato campo di calcio di Pellaro non gode di ottima salute infrastrutturale.

Così come abbisognano di più interventi di riqualificazione, tanti altri impianti sportivi pubblici e privati. Forse occorrerebbe una ispezione da parte delle competenti autorità, allo scopo di accertarne lo stato di manutenzione e sicurezza, intervenendo senza altri ingiustificati ritardi, per la messa in sicurezza e fruibilità alla collettività.

È cosa nota a tutti che qualunque disciplina sportiva si intente praticare, genera salute per gli atleti che la praticano e, sono convinto che anche in questo particolare settore, occorre garantire sicurezza pubblica. A pensarci bene, più si favoriscono le attività sportive, meno casi alcolismo giovanile,  stati di tossicodipendenza, devianze minorili e violenze tra giovani si riscontreranno.

Se potessi decidere dove proporre la costruzione di  un impianto sportivo polivalente, campo di calcio con annessa pista di atletica, ne proporrei almeno uno per ogni Comune. Un impianto sportivo ogni cinque chiese e una palestra o un parco giochi attrezzato in ogni scuola dell’infanzia, media e superiore.

Diversamente, in assenza di impianti sportivi  agibili e fruibili, la micro criminalità cresce e incalza negativamente sul tessuto sociale, soprattutto nelle aree territoriali complesse e complicate periferiche e marginali. I benefici psicofisici in chi è impegnato in una costante attività sportiva sono enormi e impensabili.

Sono talmente importanti per la salute le attività sportive che nel 2019 è stata costituita una società in-house interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, denominata “Sport e Salute SpA”, con a capo un validissimo, sensibile ed efficiente, Presidente e Amministratore Delegato, già Capo Gabinetto del Mise, il dott. Vito Cozzoli.

Per chi volesse saperne di più è sufficiente  leggere gli articoli dello Statuto Sociale, per avere contezza dei compiti e funzioni sociali importanti. Inoltre mi risulta che l’Istituto per il Credito Sportivo, finanzi la costruzione, ristrutturazioni e riqualificazione di impianti e strutture sportive.

Qualche consiglio pratico su come fare e dove intervenire, mi rivolgerei a gente esperta che si è cibata si vita sport: l’indimenticabile assessore allo sport, sostenitore propulsore della Reggina Calcio, già Presidente del Coni Calabria, Mimmo Praticó, nonché (mi si conceda una nota di parte) a chi ha dedicato una vita ed i suoi migliori anni  allo sport  – sia da  noto attaccante che  come allenatore – il mio caro Zio  “Ciccio Errigo”, voce autorevole del calcio calabrese che più si un suggerimento potrebbe offrire per incidere sullo sviluppo dello sport nei nostri territori. Loro si che hanno dimostrato sul campo e in panchina di amare veramente lo Sport e la Calabria!

L’economia dello sport, il diritto e management  dello sport oramai vengono insegnati nelle migliori Università Italiane ed estere, consci che il management e i manager dello sport, siano essenziali sia  nell’organizzazione di eventi sportivi regionali, nazionali e internazionali, sia nella complessa gestione e manutenzione degli impianti dedicati alle innumerevoli attività sportive, estive, primaverili, autunnali e invernali.

Ritengo quindi che in Calabria ci sia tanto bisogno di “Sport e Salute”, per poter favorire una migliore qualità della vita pubblica generale. Sono convinto che il Coni nazionale e regionale, insieme alle competenti strutture amministrative della Regione Calabria, la società “Sport e Salute” e l’Istituto Credito Sportivo, possano fare molto di più per diffondere e far crescere la cultura dello sport in Calabria.

È bene altresì ricordare che lo sport e la gestione degli impianti sportivi in tutte le realtà territoriali, creano un sostanzioso indotto economico e generano occupazione (preparatori atletici, allenatori, personal trainer, manutentori, custodi, personale addetto alle segreterie ecc.).

Un volano di crescita quindi per l’economia, innalzando nel nostro caso, l’asticella del debole Pil regionale della Calabria e il reddito pro capite dei Cittadini Calabresi.

Più sport, dunque, per più benessere. E speriamo che qualcuno si impegni seriamente in questa direzione.  (ae)

Ambiente e Salute, Arpacal e Avis fanno rete per un progetto sull’epidemiologia ambientale

Importante partnership sarà firmata, il 1° febbrail, tra ArpacalAvis Provinciale di Catanzaro, per un progetto dedicato all’importante binomio ambiente e salute.

«Crediamo molto nel valore strategico del binomio ambiente e salute – ha dichiarato il direttore di Arpacal, Domenico Pappaterra – e per questo motivo abbiamo colto l’occasione di attivare una partnership con l’AVIS provinciale di Catanzaro, non solo per la sua meritoria storia nel volontariato, e quindi di presenza sul territorio, ma anche perché con essa siamo in grado di fare rete per un migliore servizio ai cittadini e, ciascuno per la propria competenza, anche al servizio sanitario regionale».

«Voglio ringraziare – aggiunge Pappaterra – per questo accordo non soltanto Francesco Parrottino, presidente dell’Avis provinciale di Catanzaro, ma anche il direttore scientifico, Michelangelo Iannone, che, con la sua esperienza come medico e docente universitario, ha dato il giusto impulso a questo progetto connesso all’epidemiologia ambientale ed altri che stiamo sviluppando».

Questa iniziativa, infatti, è stata fortemente voluta dal Direttore scientifico dell’Agenzia ambientale calabrese, Michelangelo Iannone, che, da medico nonché docente dell’Università Magna Grecia e ricercatore CNR di lungo corso nell’epidemiologia ambientale, ha già dall’anno scorso, in occasione di una interlocuzione con la facoltà di Farmacia dell’ateneo catanzarese per l’attivazione di un corso universitario in “One Health”, puntato molto anche sul binomio ambiente e salute.

«Il binomio salute e ambiente – ha dichiarato Iannone – è una visione ormai irrinunciabile per il sistema di protezione ambientale e questa convenzione è un modo concreto per riuscire a fare rete e migliorare le attività mettendole al servizio del sistema sanitario regionale e dei cittadini».

L’accordo fa forza sulla capillarità di un’associazione come Avis, particolarmente qualificata in ambito sanitario, per riuscire ad avvicinare lo scopo delle politiche ambientali all’esigenza di tutela della salute. Le attività previste dalla convenzione riguardano diversi  ambiti di indagine ambientale che hanno effetti sulla salute umana: dalla virologia ambientale, alla qualità dell’aria, dall’amianto, ai campi elettromagnetici solo per fare degli esempi.

Arpacal, inoltre, potrà avvalersi delle numerose sedi Avis per realizzare specifiche campagne ambientali, finalizzate alla divulgazione scientifica dei dati di monitoraggio che hanno effetti sulla salute. A partire dalla campagna di misurazione del radon, ad esempio, che è già operativa grazie al supporto di Salvatore Procopio, fisico del laboratorio “E. Majorana” del Dipartimento provinciale di Catanzaro, che ha avviato il monitoraggio di tutte le sedi Avis per realizzare una campagna mirata alla misurazione e la valutazione del rischio connesso alla concentrazione di attività del gas radon nei luoghi di lavoro e ambienti di vita (d.lgs. n. 101/2020).

Considerato che il gas radon negli ambienti confinati è classificato dalla OMS come cancerogeno certo di gruppo 1 ed è stimato come la seconda causa di rischio di insorgenza di tumore al polmone dopo il fumo, i dati del monitoraggio radon effettuato da Arpacal, attraverso il Laboratorio Fisico del Dipartimento di Catanzaro, risultano particolarmente significativi.

L’Isin, l’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, infatti, sulla base dei dati dell’agenzia, considera oggettivi i rischi di elevate concentrazioni di radon in Calabria, a conferma che la formazione rocciosa di tipo alpino e la presenza importante di faglie, rappresentano elementi assai predisponenti per la formazione del radon.

L’approccio che Arpacal salvaguarda in questo ambito di attività, nel binomio ambiente e salute, riprende e consolida il percorso di prevenzione, garantendo attraverso l’adozione di alcuni interventi tecnici, la riduzione e l’eliminazione del rischio radon per la salute. (aer)

RIVITALIZZARE IL TERRITORIO E INNOVARE
COSA SERVE PER LA SALUTE DEI CALABRESI

Il binomio Salute e Sviluppo sembra un ossimoro in Calabria, visti gli insuperabili problemi della Sanità che ormai datano da oltre dieci anni. Il commissariamento ha provocato guasti ulteriori e le varie terapie tentate non hanno prodotto alcun sintomo di guarigione, anzi le cose sono peggiorate. Ma non va visto tutto da un punto di vista pessimistico e c’è chi ritiene, invece, che si possa invertire la rotta. Ne parliamo con un esperto del settore, Franco Caccia, sociologo e responsabile U.O Servizi Sociali dell’Asp di Catanzaro, secondo il quale è ormai indifferibile un piano per la salute dei calabresi, basato sull’innovazione dei servizi e la rivitalizzazione del territorio. 

– Il covid 19, fenomeno drammatico quanto imprevedibile, ha messo a dura prova i sistemi di cura dell’intero Paese. L’impatto della pandemia in Calabria ha tolto ogni dubbio sulla urgenza di procedere ad un radicale rinnovo dell’organizzazione dei servizi sanitari. A suo parere, come bisognerà agire? 

«Innanzitutto bisognerebbe riuscire ad apprendere dai diversi insegnamenti che derivano dall’esperienza Covid. Ci siamo tutti accorti che, quando sulla società si abbatte un’emergenza, prima ancora che la forza dei singoli, è decisiva la tenuta della comunità. Abbiamo visto quanto le nostre vite siano interconnesse, quanto la società sia un organismo fragile. È inoltre emerso con forza uno spirito comunitario e ciascuno si è sentito responsabile verso la salute altrui. Abbiamo preso atto del valore della co-responsabilità, si pensi alla lunga prima fase della pandemia quando le uniche prescrizioni degli esperti erano rappresentati dal distanziamento sociale e dall’uso delle mascherine, e abbiamo riscoperto il valore della solidarietà, quale bene prezioso per la tenuta dei nostri territori. 

«Quanto vissuto ci ha permesso di toccare con mano la veridicità delle dichiarazioni dell’organizzazione mondiale della sanità: “la salute si sviluppa a livello locale, nei contesti della vita quotidiana, nei quartieri e nelle comunità dove le persone di ogni età vivono, lavorano, amano, studiano e si divertono.”(Oms 2016)». 

– Ci avviamo verso un cambio radicale del concetto di salute?

«Per troppi anni, il tema della salute, soprattutto in Calabria, ha chiamato in causa, in maniera quasi esclusiva, la figura dei medici e degli ospedali. Figure e strutture senza dubbio fondamentali per gestire la cura delle malattie, intese come anomalia del corpo umano. Quella impostazione è oggi però superata ed appare urgente ed indispensabile costruire un nuovo piano per la salute dei calabresi che abbia alla base una nuova visione, non solo delle criticità ma anche delle opportunità per costruire le condizioni per star bene all’interno di un approccio di tipo comunitario.  

«Diversamente si corre il rischio di continuare a fare quanto si è sempre fatto, magari con uno strumentale utilizzo di qualche termine in voga in questo periodo (territorialità, prossimità) e di sprecare l’ennesima opportunità per un cambiamento della qualità di vita dei cittadini calabresi. Bisogna pertanto prendere atto delle cause dei problemi incontrati durante l’epidemia e cercare di evitare l’errore più grande e cioè tornare a fare le cose che si facevano prima. 

«La salute è “bene comune”, è la vita di una comunità che garantisce il benessere di tutti attraverso i propri servizi e le proprie risorse (scuola, sanità, servizi assistenziali, cura del territorio, lavoro, cultura e tempo libero). Ripensare all’idea di salute, a partire dalla persona e dalla comunità in cui questa vive e lavora, significa ridefinire priorità, ridisegnare processi, prodotti e metodologie per la realizzazione di percorsi di cura con la più ampia integrazione tra tutte le risorse presenti in ogni comunità. In questa nuova vision, viene sollecitato e sostenuto il contributo che proviene dai contesti familiari, sociali e comunitari, in cui è inserito il cittadino. Questo ruolo attivo, del destinatario e del suo contesto, viene considerato determinante nella co-produzione di un prodotto-servizio tarato sulle singole necessità e potenzialità del singolo. 

«Per tali motivazioni, una delle funzioni centrali, demandata ai moderni sistemi di cura, dovrà essere centrata proprio sulla capacitazione (capacità in azione), che implica concretamente creare condizioni affinché ogni persona possa partecipare all’attuazione del proprio progetto di salute. Un’azione innovativa su cui si giocherà la capacità, delle istituzioni e dei territori, di declinare una nuova programmazione che avrà come destinatari singole persone, nuclei familiari e intere comunità, nonché sulla capacità di orientare le risorse pubbliche ed organizzative verso questo scopo». 

– Siamo di fronte ad un nuovo modo di lavorare nel settore della salute?

«Non c’è dubbio che esistano delle differenze sostanziali tra il prima ed il dopo. Rispetto ai servizi tradizionali cambia infatti il mandato: non erogare ma connettere, non rispondere ma costruire possibilità, non più contenere i mali di una società fragile, ma facilitare, intraprendere, intermediare. Molte di queste esperienze hanno il merito di aprire dei veri e propri laboratori in cui non si parla più di utenti, prestazioni, protocolli. Si dovrebbero inoltre, con sempre maggiore frequenza, utilizzare termini quali: attivazione, condivisone, co-progettazione, reciprocità, fiducia. I servizi e le esperienze generate da questa nuova impostazione sono già tante e varie. Esempi come la badante di condominio, baby-sitter condivisa, biblioteche con iniziative aggregative e sociali, cortili sociali, custode sociale, la rete dei social street, orti di quartiere, agricoltura sociale, banche del tempo, formazione inter-generazionale, cohousing, sono esperienze concrete, in fase di espansione in molte parti d’Italia, in cui è stato attivato il processo di ammodernamento del welfare. Usiamo il termine di welfare generativo per qualificare questi laboratori capaci innestare risposte aggiuntive e migliorative a partire dai risultati raggiunti. 

«Pare comunque evidente che tutte queste realtà si basano sull’assunto che mettendo insieme interessi e bisogni comuni si possono produrre iniziative più efficaci e potenti della somma delle azioni di ciascuno: perché produttrici di legami, fiducia, coesione, e perché benessere individuale e benessere collettivo vivono di intrecci. Nasce così il concetto di “welfare di comunità”, concetto non nuovo ma che, negli ultimi anni, ha trovato nuovi impulsi dai risultati positivi delle sperimentazioni in atto, rafforzando l’idea che occorrano nuove alleanze tra istituzioni, famiglie, il privato sociale, il mercato, in grado di  valorizzare le capacità di iniziativa dei singoli e delle formazioni sociali». 

– Perché la comunità riveste un ruolo centrale nelle nuove politiche di salute?

«Il Santo Padre, papa Francesco, in occasione della messa di Pentecoste, del maggio 2020, ebbe a dire che “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. L’invito del presule deve essere colto a pieno, sia per le scelte di tipo individuale quanto comunitarie, tra cui l’adeguamento dei sistemi di cura. Tra gli addetti al settore della salute abbiamo ben presente quanto certificato da anni di analisi scientifiche internazionali le quali sono chiare nell’attribuire alla presenza/assenza di servizi sanitari un impatto minimo sulle condizioni di salute dei cittadini (10%).  

«Ciò che maggiormente influenza lo star bene delle persone sono i cosiddetti determinanti sociali di salute quali gli stili di vita (50%), i fattori ambientali (20%) ed i fattori genetici (20%).  Siamo di fronte ad un nuovo modo di pensare alle politiche della cura le cui parole chiave sono rappresentate da comunità, personalizzazione degli interventi, domiciliarietà, relazioni umane.  Il covid ha esaltato la centralità del territorio, finora visto e gestito come luogo da cui nascono bisogni/problemi e non già come spazio in cui sono presenti o attivabili risorse ed opportunità. Vi è pertanto necessità di una nuova visione delle politiche per la salute capaci di agire per rinforzare i legami e la collaborazione all’interno delle comunità locali mettendo in campo, prima delle tecniche organizzative, la qualità dell’etica rappresentata da scelte e comportamenti ispirati alla reciprocità, alla solidarietà e alla responsabilità collettiva. 

«In questa direzione, come già avviato a livello internazionale, c’è necessità di un nuovo paradigma della cura chiamato community care (comunità che cura), in cui , partendo dall’assunto di salute  come bene comune e non già  appannaggio esclusivo di alcuna Istituzione, promuove un approccio comunitario in cui si interviene sui diversi aspetti che incidono sulla salute dei cittadini: lavoro adeguato e sicuro, abitazione dignitosa, accesso alla formazione ed alla cultura, ambienti urbani sani, strumenti e opportunità di relazione e di inclusione sociale. Si intuisce quindi che se dovessimo pensare di circoscrivere, con il termine cure territoriali, il potenziamento di qualche servizio domiciliare, senza agire sulla dimensione etica-formativa ed organizzativa dei sistemi di cura, rischiamo di fare poca strada.

– Come può essere affrontato il tema della non autosufficienza nella nuova visione organizzativa del welfare territoriale? 

La non autosufficienza rappresenta per il nostro Paese una priorità assoluta alla luce dei processi sociali e demografici in atto, di fronte alla quale, tuttavia, oggi ci si trova per molti aspetti impreparati. Nell’evoluzione dello scenario sono già presenti gli indicatori su cui basare la certezza di una forte crescita del bisogno di cura a domicilio: progressivo invecchiamento della popolazione; aumento delle malattie cronico-degenerative; indebolimento delle reti familiari (numero risicato di figli delle famiglie moderne, fenomeno acuito, nel caso della Calabria, dall’emigrazione giovanile in altre regioni e/o nazioni); carenza di risorse pubbliche per le politiche di cura tradizionale. 

«Le analisi dei numeri e delle tendenze culturali e demografiche in atto non lasciano dubbi. Siamo di fronte ad un vero “bacino di sviluppo occupazionale”, che potrebbe sprigionare in maniera spontanea la sua forza. Peccato che il settore pubblico, nella maggior parte dei casi, resti a guardare. Nella migliore delle ipotesi, si registra qualche esperienza sporadica in cui pezzi del pubblico intervengono su singole fasi del processo di selezione ed inserimento della figura di cura nel domicilio della persona non autosufficiente. 

«In considerazione dell’aumento dell’ aspettativa di vita e considerato il fenomeno dell’atomizzazione delle famiglie, elemento reso ancor più critico in Calabria dal fenomeno dell’emigrazione dei giovani, è ormai non più rinviabile un piano regionale per le cure a domicilio delle persone non autosufficienti. Sulla base delle migliori prassi, il piano dovrebbe potenziare gli interventi ed i servizi  qualificati ed integrati rivolti alle famiglie. Si tratta di pensare ad un sistema di domiciliarietà che superi la frammentazione delle singole prestazioni per dare spazio ad una filiera di servizi e prestazioni da erogare dentro e fuori ed intorno alla casa o la struttura protetta/RSA. 

Del resto l’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 ha acceso una nuova luce sui servizi per la non autosufficienza, del quale i servizi domiciliari costituiscono una componente cruciale. È opinione condivisa che una presenza più solida del welfare pubblico nel territorio avrebbe consentito di contrastare meglio il Covid-19 e avrebbe permesso di prevenire il diffondersi della pandemia. 

– Un cambiamento di tale portata richiede un preciso impegno anche da parte della Regione Calabria?

Non c’è dubbio che il ruolo delle scelte operate dall’ente Regione in questo settore saranno decisive. Ho notato che l’on.le Roberto Occhiuto, nelle sue prime dichiarazioni da candidato presidente, abbia messo al primo posto del suo programma la riorganizzazione dei servizi per la salute. Sono sicuro che analogo impegno arriverà presto anche da altri candidati e che questo tema sarà centrale nella campagna elettorale dei prossimi mesi.  

«Dal superamento dell’attuale commissariamento della sanità, alla riorganizzazione dei sistemi territoriali, il compito della regione è insostituibile. In quest’ottica mi limito a due proposte: prima di tutto, l’istituzione nelle 5 ASP della Calabria, come già avviene per regioni come Veneto, Toscana, Emilia Romagna, della figura del direttore dei servizi socio-sanitari. Tale figura, in particolare in una regione come la Calabria dove la rete dei servizi sociali comunali è ancora in fase di costituzione, potrebbe svolgere il doppio ruolo di valorizzare l’approccio socio-relazionale dei professionisti sociali operanti all’interno di ogni ASP e, nel contempo, svolgere il ruolo di supporto tecnico per i Comitati dei sindaci chiamati (ai sensi della L.R. n. 23-2003-art 20) all’elaborazione e gestione dei Piani di Zona e costruire la giusta armonizzazione per un’offerta di servizi per la salute del cittadino, integrata e qualificata. 

«L’altra proposta riguarda la creazione di un’agenzia capace di accompagnare i territori della Calabria, in termini di supporto formativo ed organizzativo, per la condivisione e l’arricchimento di un “pensiero nuovo” verso la cura e verso il welfare di comunità. Qualsiasi innovazione nei processi organizzativi nasce da un cambiamento, spesso radicale, di idee, visioni, metodi. Il nuovo approccio alla cura centrato sul ruolo da protagonista della triade Cittadino-Famiglia-Comunità rappresenta una sfida impegnativa anche perché richiede modalità di approccio distanti dai modelli culturali e dagli approcci organizzativi utilizzati dagli attuali operatori del settore. Ciò che sarà importante da parte dei futuri amministratori della regione Calabria è mettere mano ad un settore dove, nonostante l’immagine negativa costruita negli anni, vi sono ancora le condizioni per invertire la tendenza e creare un percorso che possa portare prima alla normalità e, successivamente,  puntare all’eccellenza. (rrm)

VIBO – Il 9 il corso di aggiornamento sul “Diabete”

Venerdì 9 e sabato 10 luglio, a Vibo Valentia, all’Hotel 501, è in programma il corso di aggiornamento Diabete – L’ultima rivoluzione farmacologica e tecnologica, organizzato Simdo, Società italiana metabolismo diabete obesità.

Cinquanta esperti provenienti da tutta Italia si confronteranno nell’arco di due sessioni giornaliere che termineranno con altrettante tavole rotonde. La prima sarà dedicata al Percorso diagnostico terapeutico assistito e alla Rete diabetologica e la seconda verterà sull’importanza del team diabetologico.

Responsabile scientifico del corso è Giuseppe Crispino, alla guida del Servizio territoriale di diabetologia, endocrinologia, malattie metaboliche e disturbi alimentari del Distretto unico dellAsp di Vibo Valentia. 

«Dopo un secolo dalla scoperta dellinsulina – ha  dichiarato Crispino – stiamo vivendo un altro cambiamento epocale legato alla cura e alla gestione della malattia diabetica. Le principali novità riguardano la disponibilità di nuove soluzioni farmacologiche e straordinari device tecnologici diagnostico-terapeutici che di fatto stanno rivoluzionando lapproccio clinico e lintera presa in carico delle persone con diabete».

Per questo, durante il corso si discuterà di farmaci innovativi che hanno dimostrato, nei numerosi studi clinici mirati, di fornire protezione e prevenire le invalidanti complicanze croniche del diabete come infarto, ictus, declino funzionale del rene senza dare ipoglicemia. Poi, i nuovi sensori capaci di monitorare il glucosio 24 ore su 24 e di comunicare con i moderni microinfusori di insulina, sono in grado di bloccare lipo e liperglicemia.

«Lobiettivo del corso – ha concluso Crispino – è che si apra uno schietto confronto interdisciplinare con scambio di esperienze, tra la classe medica e professionisti della diabetologia che quotidianamente e con passione vera vivono le problematiche dei pazienti diabetici e cercano, con competenza e complicità empatica, di superare antiche barriere e nuove difficoltà». (rvv)

I parlamentari calabresi chiedono che il ministro Roberto Speranza venga in Calabria

I senatori e i deputati del Movimento 5 StelleForza ItaliaItalia VivaPartito DemocraticoLega Salvini PremierLiberi e Uguali hanno chiesto al ministro della Salute, Roberto Speranza, di venire in Calabria «per prendere direttamente visione dello stato drammatico delle cose così da individuare, insieme, le migliori soluzioni per uscirne fuori».

«La sanità calabrese – hanno scritto in una nota – versa in uno stato di difficoltà, ormai cronica, nonostante si siano avvicendati negli ultimi anni più commissari ad acta e la materia sia stata recentemente normata da due decreti legge. Questo dato di fatto, purtroppo, si è ulteriormente aggravato a causa della fase emergenziale e non passa giorno che l’argomento non sia oggetto di interventi sulla stampa che denunciano con forza la situazione a dir poco preoccupante in cui versa il comparto».

«In questo contesto – continua la nota – nella città di Cosenza sono state occupate le sedi della direzione dell’Azienda Sanitaria Provinciale e di quella Ospedaliera da parte di alcuni ‘comitati di lotta’ che intendono così rappresentare l’esasperazione conseguente alle notizie non confortanti sulla carenza di vaccini disponibili e la saturazione dei posti letto dei reparti Covid e non Covid. Si teme che tale forma di disagio e protesta possa estendersi al resto della regione, con il rischio dell’esplosione di gravi tensioni sociali».

«Stando così le cose – concludono – chiediamo un incontro urgente al ministro Speranza alla presenza del Commissario ad acta Guido Longo, nonché del presidente f.f. Antonino Spirlì e del capo dipartimento della Sanità regionale Giacomino Brancati, affinché, insieme, ci si possa assumere di fronte ai calabresi le dovute responsabilità con impegni precisi e puntuali su ogni criticità in modo che la Calabria possa essere riallineata a livello di servizi essenziali, e non solo, con il resto del Paese». (rrm)

Sapia (Alternativa c’è): Il decreto sugli standard ospedalieri sarà modificato

Il deputato di Alternativa c’èFrancesco Sapia, ha reso noto che il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato che «modificherà il decreto ministeriale numero 70 sugli standard ospedalieri, che risale addirittura al 2015. Era ora».

«Ininterrottamente – ha detto il parlamentare – avevo chiesto a Roberto Speranza la modifica di questo decreto, ormai inadeguato, con particolare riferimento alla rete ospedaliera della Calabria, rifatta dai commissari Massimo Scura e Andrea Urbani senza tenere conto delle specificità territoriali e dunque con grave penalizzazione degli ospedali montani, degli ospedali di Zona disagiata, dalla popolazione della fascia ionica e tirrenica e dell’ospedale di Cariati, che va e può essere riaperto se ci saranno capacità e volontà politica di approfittare dell’occasione nell’interesse dei cittadini».

«Sul piano politico si tratta – ha spiegato il deputato di Alternativa c’è – di imporre modifiche precise, sulla scorta dalle specificità e dai bisogni territoriali. Nel merito si devono muovere anzitutto le forze della nuova maggioranza trasversale. Per troppo tempo, il decreto in questione era stato considerato un totem intoccabile, basato sui numeri dell’utenza ospedaliera e non sui dati epidemiologici e nemmeno sulla geografia, il clima e la viabilità dei singoli territori, elementi che invece sono essenziali per una buona riorganizzazione delle rete dell’assistenza ospedaliera a tutela dei malati».

«Porto a casa – ha concluso Sapia – un primo importante risultato, con l’auspicio che i partiti della maggioranza di governo non si tirino indietro e convergano sul lavoro politico da fare a riguardo, se vogliamo portare a compimento l’opera di rilancio effettivo degli ospedali calabresi». (rp)

FALERNA: LA SECONDA EDIZIONE DI NUTRAZIONE

3 luglio – Prende il via oggi, a Falerna, alle 9.00, presso Villa Ventura, la seconda edizione di “Nutrazione. Conoscere e combattere l’obesità infantile”.
La manifestazione è stata organizzata dalla SOC di Pediatria con il patrocinio dell’APS di Catanzaro, e realizzato dal comitato scientifico composto da Mimma Caloiero, Monica Aloe e Francesca Graziano per l’Asp e dal chirurgo Nicola Perrotta.
L’incontro sarà introdotto da Mimma Caloiero, responsabile dell’Unità Operativa di Pediatria dell’Ospedale di Lamezia Terme, a cui seguiranno gli interventi di Giuseppe Perri, direttore generale dell’Ospedale di Lamezia, e di Massimo Scura, commissario ad acta per il piano di rientro.
A seguire, interverranno esperti del settore che parleranno delle malattie di natura metabolica, come l’obesità, diabete, e displipidemia, che sono la principale causa di morbilità e mortalità nell’età adulta.
Nella seconda parte della giornata, è previsto un talk show condotto dalla giornalista Rosaria Giovannone, che metterà a confronto le varie professionalità nel campo della prevenzione dell’Asp di Catanzaro e della Regione. Nel pomeriggio, in contemporanea al convegno, si svolgeranno attività sportive a cura delle Associazioni Sportive che hanno aderito all’iniziativa offrendo, inoltre, esempi di cibi sani.

Congresso falerna

Giuseppe Perri, direttore Generale dell’Asp di Catanzaro, che prenderà parte alla manifestazione in qualità di esperto nel campo della prevenzione, ha sottolineato l’importanza dell’incontro, un connubio perfetto tra nutrizione, sport e cibi sani, che prevede stand con cibi biologici e a chilometro zero e attività sportive. (rcz)