PONTE, QUELLE CONTINUE FAKE NEWS DI
QUANTI VOGLIONO FRENARE IL MERIDIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Volano gli stracci. È bastata una dichiarazione dell’amministratore delegato della società Stretto di Messina che, nel corso di un suo  intervento a Rai Radio 1, ha affermato che non sarà possibile rispettare la scadenza prevista dal decreto, convertito in legge nel maggio 2023, che prevedeva la conclusione dell’iter della progettazione esecutiva entro il 30 luglio per scatenare una canea di commenti.

Il Fatto Quotidiano, certamente capofila tra gli oppositori all’opera, ha titolato “Ponte, disfatta di Ciucci & Salvini: “Se ne riparla a fine anno” (forse).

Mentre il pensiero che aveva espresso il presidente di Libera, che il ponte invece di unire due coste avrebbe unito due cosche, viene quantificato da Leoluca Orlando, più volte primo cittadino di Palermo che dichiara: «Il Ponte è un’opera di 14 miliardi che non si farà, perché le stesse commissioni tecniche nominate dal ministero hanno sollevato più di 200 osservazioni».

E ancora, sempre Orlando: «A cosa serve allora spendere così tante risorse? Forse per prevedere due o tre miliardi per qualche progettista amico, per qualche tangente nascosta?».

Una bella tangente addirittura da due, tre miliardi. Altro che Mose di Venezia che, ideato negli anni ’80, cominciato nel duemila, ha sofferto di un sistema di tangenti scoperto tra il 2013 e il 2014.

Secondo gli inquirenti attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false: almeno la metà – 16/17 milioni – sarebbero servite a pagare tangenti. Altre stime, invece, portano a ipotizzare quasi cento milioni di euro di mazzette. Una bazzecola rispetto all’uno, due miliardi di cui parla Orlando.

Siamo a numeri in libertà ovviamente, Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e portavoce di Europa Verde, non perde l’occasione e va a ruota libera.

La domanda che si pone riguarda il fatto che  un ponte che non può essere utilizzato per il trasporto non servirebbe a nulla.

Ed avrebbe ragione se non fossero parole in libertà assoluta, senza alcun fondamento reale. E poi che le grandi navi crociere non passerebbero sotto. E qui una polemica basata sul sesso degli angeli perché poi le informazioni corrette vanno in tutt’altra direzione.

Grazie alle sue ciminiere retrattili, la più grande nave da crociera del mondo, la Allure of the seas, è passata sotto al ponte Storaebelt, in Danimarca, proseguendo la sua rotta in uscita dal mar Baltico.

La nave, 225.282 tonnellate di stazza e 16 ponti, della compagnia statunitense Royal Caribbean, che è in grado di ospitare 5.400 passeggeri in 2.700 cabine aveva lasciato giovedì il cantiere Stx di Turku, in Finlandia, ed è diretta a Fort Lauderdale, in Florida, dove sarà inaugurata a fine novembre.

Il limite internazionale stabilito dall’Imo per il franco sul mare è di 65 mt; le grandi navi da crociera passano tranquillamente sotto i ponti sul Bosforo o tra Svezia e Danimarca, semplicemente abbassando le ciminiere retrattili. Inoltre possono anche alzare temporaneamente la linea di galleggiamento. Quindi anche in tal caso nulla di serio.

In realtà la società Stretto di Messina ha adottato un profilo di understatement e non replica quasi mai. Anche se tutte le informazioni corrette sono sul sito.

Non se l’è tenuta solo con Mario Tozzi e  replica alle critiche del geologo, che aveva parlato di pressappochismo sconcertante sul Ponte, con una dichiarazione piccata e pesantissima. Per rispondere alle «superficiali affermazioni di Tozzi – scrive l’ufficio stampa della società – è sufficiente andare sul sito della Stretto di Messina e scorrere le risposte alle domande frequenti di natura tecnica (passaggio treni, aspetti sismici, vento, allontanamento coste e molto altro).

In ogni caso non c’è nulla di “vecchio”, il progetto definitivo del Ponte rappresenta i massimi standard di ingegneria. Già negli anni passati — afferma la società — avevamo capito che a Tozzi l’opera non piace, ma un ponte aperto a treni e auto 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno è la migliore risposta alla domanda di un più efficiente e moderno sistema di collegamento tra la Sicilia, la Calabria e il resto del Continente. Resta però lo stupore con cui si continuano a fare citazioni prive di fondamento, come i dubbi sull’acciaio del Ponte, mai sentiti».

Insomma da qui alla chiusura della campagna elettorale del 9 giugno il ponte sarà un protagonista assoluto.

Intanto Pietro Ciucci manifesta sicurezza malgrado il fuoco di fila a cui è sottoposto: «Non cambia assolutamente nulla nell’evoluzione del procedimento. Il termine era stato fissato dal decreto del marzo 2023, poi convertito in legge, e ha fornito un orizzonte temporale importante, entro il quale andava riavviata l’intera complessa macchina della progettazione del collegamento stabile».

Non drammatizza sui piccoli ritardi: «Il progetto esecutivo sarà pronto entro la fine dell’anno, poi tutto dipenderà da quando si pronuncerà il Cipess sull’aggiornamento del progetto definitivo. Nessuna battuta d’arresto, nessuno stop imprevisto, si sta lavorando al massimo delle nostre competenze e professionalità», ribadisce l’amministratore delegato Pietro Ciucci.

Ma la telenovela continua tra attacchi concentrici  su notizie spesso false e reazioni molto contenute della società dello stretto che sembra dire “Addá passá a nuttata”.

La personalizzazione che ne ha fatto Matteo Salvini certamente bene al ponte non fa, anche se non bisogna dimenticare che se si è a questo punto, pronti per partire,  il merito maggiore è proprio del leader leghista.

Intanto prima ancora di essere costruito il ponte ha messo sotto i riflettori del Paese l’esigenza che il Sud venga infrastrutturato adeguatamente. Che per andare da Trapani a Ragusa non si impieghino più 12 ore, che è la litania dei benaltristi per dire che bisogna intervenire su strade e ferrovie siciliane. Anche se la domanda che sorge spontanea è dove erano tutti questi fautori della Trapani Ragusa quando di ponte non si parlava e perché non hanno manifestato allora a favore invece di scendere ora in piazza contro il collegamento stabile. Ma la risposta è semplice  se fossero scesi in piazza prima non sarebbero benaltristi. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud  – L’Altravoce dell’Italia]

Comitato Ponte subito: «Adesso ci sono anche i soldi, è un grande sogno che si realizza davvero»

«Prima dicevano che non c’era il progetto; poi dicevano che non c’erano i soldi; adesso cosa diranno, che mancano i mattoni? I “No-Ponte”, e anche gli scettici, sono per l’ennesima volta zittiti dai fatti. Il Ponte sullo Stretto è stato interamente finanziato nella Manovra di Bilancio approvata oggi dal governo, con un miliardo di euro già impegnati per il 2024 con l’avvio dei cantieri e poi quote crescenti negli anni successivi ad avanzamento lavori per un totale di 12 miliardi. I soldi, quindi, ci sono e ci sono tutti per realizzare la grande opera che rilancerà il Sud Italia».

Lo afferma, in una nota, il Comitato Ponte Subito che da oltre 15 anni si batte per la realizzazione della grande opera dello Stretto.

«E’ una notizia bellissima che accogliamo con grande giubilo. Il Ponte sullo Stretto si farà: dopo la legge approvata in parlamento e pubblicata in gazzetta ufficiale la scorsa primavera, adesso c’è anche l’intero finanziamento dell’opera che zittisce i soliti bugiardi che per mesi hanno alimentato bufale e fake news facendo disinformazione sulla grande opera dello Stretto».

«La splendida notizia di oggi – prosegue il Comitato – conferma che il Ponte si farà: ci sembra di vivere un sogno, a maggior ragione se pensiamo che ancora soltanto un anno fa l’Italia era quella di superbonus e reddito di cittadinanza, misure assistenziali volte esclusivamente a sperperare denaro pubblico senza alcun risultato in termini di crescita e sviluppo. Al contrario, il nuovo governo è stato particolarmente brillante nel riuscire, in un solo anno, a bruciare le tappe e recuperare gli 11 anni perduti dai governi di centrosinistra che tra Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi hanno bloccato il Ponte e quindi ogni prospettiva di sviluppo del Meridione. Da parte nostra va un enorme plauso al ministro Salvini, che si è battuto in prima fila per questo risultato; al ministro Giorgetti e al premier Meloni che hanno sostenuto l’iniziativa, e alle Regioni Calabria e Sicilia che con Occhiuto e Schifani sono sempre state in prima linea nel progetto del Ponte, tanto che oggi la Sicilia si è impegnata a cofinanziare l’opera con un altro miliardo. I soldi, quindi, ci sono. La volontà pure. Il progetto, anche con tanto di comitato tecnico-scientifico già al lavoro per aggiornarlo alla fase esecutiva».

«Siamo certi – conclude il Comitato – che l’impegno preso da Salvini sull’inizio lavori nel 2024 sarà realtà: inizia a concretizzarsi il grande sogno del Sud, che finalmente grazie al Ponte potrà emanciparsi da arretratezza, povertà, sottosviluppo e marginalità”. (rrc)

Saccomanno (Lega): In 10 anni spariti 400 mila giovani, Ponte sullo Stretto ultima speranza

Secondo il politico della Lega, Giacomo Saccomanno, ben 400.000 giovani sono “spariti” da queste regioni, lasciando un vuoto demografico che rappresenta una sfida per il futuro. In questo contesto, il ponte sullo Stretto di Messina viene considerato come l’ultima opportunità per invertire questa tendenza negativa.
Saccomanno sostiene che il Ponte potrebbe rappresentare una svolta per il ripopolamento demografico della Sicilia e della Calabria, offrendo nuove opportunità di lavoro e sviluppo economico. Tuttavia, Saccomanno critica coloro che si oppongono al progresso e al ponte sullo Stretto, accusandoli di volere solo il male delle proprie comunità meridionali. Secondo il politico, questa opposizione al progresso è disastrosa e antidemocratica, poiché impedisce lo sviluppo e la crescita delle regioni del Sud.
Il ministro Matteo Salvini viene elogiato per la sua visione lungimirante, in grado di comprendere l’importanza di investire nel progresso e nel collegamento tra le due regioni.
Il ponte sullo Stretto, secondo Saccomanno, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per rilanciare l’economia e attrarre nuove risorse e investimenti nelle regioni meridionali. In conclusione, il ponte sullo Stretto di Messina viene considerato come l’ultima speranza per invertire la tendenza alla diminuzione della popolazione giovanile in Calabria e Sicilia. Saccomanno sostiene che coloro che si oppongono al progresso stanno danneggiando le proprie comunità, mentre il ponte potrebbe rappresentare una svolta per il ripopolamento e lo sviluppo economico delle regioni meridionali. (rcz)

PONTE, SI RIPARTE DA MESSINA: INCONTRO
SICILIA-CALABRIA COL MINISTRO SALVINI

Di ROBERTO DI MARIA – “Si riparte”: è tutto un programma il titolo della tavola rotonda in programma oggi a Messina, al Dipartimento di Economia dell’Università. Ovviamente si parla del Ponte sullo Stretto e si discuterà dell’iter progettuale e del ruolo delle infrastrutture per la competitività al Sud, mettendo insieme non solo alte professionalità e competenze specifiche, ma anche i due governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani a confronto con il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini. È una premessa o una promessa quella del titolo? Il convegno servirà proprio a chiarire se finalmente si può passare dalle parole ai fatti, mettendo una volta per tutti a tacere presunti esperti e “abituali incompetenti” che sul Ponte hanno detto e continuano a dire tutto e il contrario di tutto.

La tavola rotonda (ore 14) sarà coordinata dal direttore di StrettoWeb, il giornalista Peppe Caridi, e vedrà la partecipazione del sottosegretario Matilde Siracusano, del vicepresidente della Regione Calabria Giusy Princi, del prof. Daniele Schilirò, dell’avv. Giuseppe Giuffrè, dei professori Michele Limosani, Claudio Borrì, Piero D’Asdia, Giuseppe Muscolino e Alberto Prestininzi, dell’ing. Fabrizio Averardi Ripari, dell’architetto Anna Carulli, del vicesindaco di Messina arch. Salvatore Mondello e dell’ing. Mimma Catalfamo. Introduce il prof. Bruno S. Sergi, concluderà i lavori il prof. Enzo Siviero, rettore dell’Università eCampus, che con l’architetto Patrizia Bernadette Berardi anticiperà l’uscita del numero speciale della rivista Galileo dedicato al Ponte.

Da questa tavola rotonda potrebbe, forse, venir fuori un protocollo programmatico che possa dare esecuzione al progetto approvato nel 2001 e, realisticamente, immediatamente cantierabile. Chiunque conosca il progetto del Ponte sullo Stretto e gli studi allegati, che occupano un volume di circa 10 metri cubi, sa che gli studi geologici in esso contenuto hanno già analizzato oltre 20 anni fa tutta l’aera dello stretto. Hanno praticamente rivoltato come un calzino tutti il territorio compreso tra Sicilia e Calabria, ricostruendo, nei minimi dettagli, i complessi movimenti reciproci fra le due sponde sin da diverse decine di milioni di anni fa. È grazie a questo studio che sono state individuate le cause del sisma del 1908, tracciando una mappa estremamente precisa delle faglie sui fondali dello Stretto e sulla terraferma. E da questi studi deriva il posizionamento dei piloni del Ponte a campata unica, individuato in due aree prive di faglie e relativamente stabili.

Ad ogni modo, come sa anche il più svogliato degli studenti di qualsiasi corso di Scienza delle costruzioni, quello del sisma, per un ponte sospeso, è un problema del tutto secondario: un ponte sospeso, normalmente, è il luogo più sicuro dove trovarsi in caso di sisma. Proprio la tipologia della struttura dell’impalcato, libera da vincoli appoggiati direttamente al terreno, la rende capace di assorbire il più distruttivo dei movimenti sismici. Per quanto concerne i piloni, una robusta fondazione ed un baricentro relativamente basso sono requisiti più che sufficienti a garantirne l’incolumità dalle scosse sismiche: per quanto concerne il Ponte sullo Stretto, la struttura è stata progettata in maniera tale da non subire alcun danno neanche se si verificasse un terremoto di magnitudo 8.5 sulla scala Richter, di gran lunga più potente di quello verificatosi nel dicembre del 1908.

D’altronde, non mancano al mondo esempi di ponti sospesi realizzati in aree ben più problematiche dello Stretto, per quanto riguarda la sismicità: si pensi al Giappone, che conta decine di ponti simili, fra cui l’Akashi-Kaikyo, lungo 3.911 metri, con campata centrale di quasi 2 km,  che ha resistito a un terremoto di intensità 6,8 della scala Richter.

Per quanto concerne l’ipotesi del ponte a tre campate, tirata fuori dalla Commissione di esperti nominata nell’agosto del 2021 dall’allora ministra alle Infrastrutture De Micheli, che ha giustificato la scelta affermando che “costerebbe presumibilmente meno”, verrebbe da sorridere, se non ci fossero in ballo diversi miliardi di euro ed il futuro di una parte consistente d’Italia.

Ancor più ridicolo è il riferimento alle “antenne” da piantare in pieno Stretto di Messina: non si sono mai viste “antenne” in mare con fondazioni grandi come un campo di calcio, e per giunta a 150 metri di profondità. Queste sarebbero, infatti, le caratteristiche dei piloni in mare di un eventuale ponte a più campate, improvvidamente chiamati “antenne”.

Se consideriamo che le fondazioni in alveo più profonde ad oggi realizzate sono quelle del ponte Rion Antirion in Grecia, possiamo comprendere come queste “antenne” siano del tutto particolari… E come l’affermazione della commissione De Micheli sui costi di un ponte a più campate debba “presumibilmente” essere riconsiderata.

L’ultima precisazione riguarda il “un nuovo studio di fattibilità” che sarebbe stato affidato alle Ferrovie dello Stato. Uno studio non soltanto inesistente, ma che, a quanto sembra, non è mai stato affidato a chicchessia. Smentendo clamorosamente una fonte piuttosto autorevole: l’ex ministro Giovannini. Fu proprio lui ad affermare l’intenzione di affidare lo studio ad FS lo scorso anno, garantendone la presentazione entro la primavera del corrente 2022, come riporta la Gazzetta del sud del 5 agosto 2021. Tutto saltato, a quanto pare, a causa delle lungaggini burocratiche che non hanno consentito neanche la formalizzazione del finanziamento dello “studio” per la modica cifra di 50 milioni di euro.

Poco male, potremmo dire. Il nuovo governo, senza dover revocare alcun atto, avrà modo di sgomberare finalmente il campo dall’idea, a dir poco balzana, di allungare con un altro inutile studio di fattibilità la lunga serie di atti relativi al Ponte sullo Stretto. Il quale, anche se molti sembrano esserselo dimenticato, è dotato di un progetto definitivo: un corposissimo ed esaustivo elaborato, frutto di una scelta già fatta nei primi anni Novanta, proprio a favore del ponte a campata unica.

 

PONTE, CALABRIA E SICILIA ASPETTANO
E INVIDIANO QUELLO CROATO (2,4 KM)

di ROBERTO DI MARIA – Pochi giorni fa abbiamo assistito all’inaugurazione del ponte di Sabbioncello, un’infrastruttura che elimina la cesura che separava Dubrovnik e le splendide spiagge del Peljašac dal resto della Croazia.

Adesso, grazie a un ponte strallato di 2,4km costruito da imprese cinesi e pagato all’85% dall’Ue, poche decine di migliaia di cittadini croati e centinaia di migliaia di turisti non dovranno più prendere il traghetto o superare la frontiera bosniaca.
Un corridoio che nulla ha a che vedere con la Rete TEN-T europea ma che è stato fortemente voluto da tutti i governi di un Paese di soli 4 milioni di abitanti (meno della sola Sicilia) per ragioni di continuità territoriale.

Vengono alla mente altre infrastrutture che, pur essendo previste all’interno della rete Europea AV/AC, interessando molti milioni tra cittadini e turisti e un’economia (quella siciliana) che, per quanto debole, è pur sempre del 25% maggiore di quella dell’intera Croazia, non appaiono tra i programmi elettorali dei partiti italiani.
Al di là dell’Adriatico, un ponte si fa senza polemiche, al di qua non si fa. E non si dica che i benefici che il “nostro” ponte non sono stati evidenziati infinite volte all’opinione pubblica e ai tanti governi che si sono succeduti alla guida dell’ex Bel Paese. O che la stessa Ue non ci ha ripetutamente chiesto di mettere fine a questa marginalizzazione che non è più solo sociale ed economica ma è diventata strategica ai fini del controllo del Mediterraneo centrale. Arrivando a darci risorse sufficienti (PNRR) per costruire una cinquantina di Ponti sullo Stretto. Raccomandandoci di spenderle per il 70% nel Mezzogiorno.
L’Italia, da quest’orecchio non ci sente e inventa penose scuse per rimandare l’opera che le farebbe recuperare il prestigio perso nel mondo. Scuse cadute una dopo l’altra ma sufficienti a ricoprire di bronzo le facce degli imbarazzanti Ministri dei Trasporti che si sono succeduti negli ultimi decenni. Né sono mancate, in passato, proposte da parte (guarda caso) di gruppi cinesi interessati alla costruzione, riscuotendone il pedaggio per un periodo congruo. E, come abbiamo visto, i cinesi fanno sul serio. Nulla da fare.
Conosciamo bene le resistenze alla realizzazione di quest’opera da parte di diverse formazioni politiche, ma persino quella che più delle altre si era opposta all’opera (il M5S) si è in larga parte convertita alla necessità di iniziare a compensare il Sud per la valanga di voti presi nel 2018.
Qualche disinformato dirà che, finalmente, l’opera è stata riavviata dal governo Draghi, ma le modalità scelte rimettono ottusamente in discussione tutto quello che era stato fatto negli ultimi 30 anni e che avevano portato persino all’aggiudicazione dell’appalto. Una presa in giro in quanto la soluzione a tre campate, rispolverata dal governo uscente, comporta tali difficoltà tecnico-costruttive da somigliare a un accantonamento a tempo indeterminato; magari per aprire la strada a quell’Opzione Zero tanto cara al Ministro Giovannini.
A proposito dei partiti, dopo l’indizione delle elezioni del 25 Settembre, sul Ponte è sceso un silenzio assordante. Non soltanto da parte del centro-sinistra da sempre contrario ma anche da parte del centro-destra.
Chi non ricorda il famoso plastico e il contratto sottoscritto da Berlusconi alla presenza del “notaio” Vespa in prima serata TV? Ebbene, nella sua prima intervista televisiva il cavaliere, tra tante promesse, il Ponte non l’ha neanche nominato. Meloni non ne parla da mesi, forse anni e Salvini sembra più interessato al destino degli immigrati clandestini che alle sorti dei siciliani e dei calabresi.
Tornare a parlare di quest’infrastruttura, magari con la serietà che l’argomento richiede, sarebbe un segno di maturità, fosse soltanto per essere intellettualmente onesti con gli elettori. Un primo, fondamentale passo per affrontare l’insostenibile disparità di condizioni tra nord e sud. O, forse, il tema è secondario e “de minimis non curat praetor”? (rdm)

La Regione avvia Bacino dell’Area dello Stretto per la continuità territoriale marittima e aerea

È stato ufficializzato, dalla Regione Calabria, l’avvio del Bacino Area dello Stretto, in sinergia con la Sicilia, per la continuità territoriale marittima e aerea che rappresenterebbe il «primo esempio, in Italia, di bacino che coinvolge i territori di più regioni e che, nelle ambizioni degli enti coinvolti, punta anche a ottenere importanti deleghe dallo Stato in materia di continuità territoriale marittima e aerea» ha spiegato l’assessore regionale alle Infrastrutture, Domenica Catalfamo.

«Il percorso – ha sottolineato l’assessore – è stato pienamente condiviso con la Regione Siciliana ed è frutto di una stretta collaborazione con l’assessore ai Trasporti, Marco Falcone. C’è piena condivisione anche con le Città metropolitane di Messina e Reggio Calabria e, quindi, ci sono tutti i presupposti per concertare le successive fasi, che consentiranno l’effettiva operatività del soggetto unico a cui spetta il governo dei trasporti nell’area dello Stretto».

«In considerazione del previsto impiego di personale interno e della valorizzazione del ruolo della Conferenza per il coordinamento delle politiche nell’Area dello Stretto – ha aggiunto – è prevedibile che tale soggetto possa funzionare senza ulteriori oneri finanziari, trasferendo una quota parte di risorse a oggi destinate all’ente di governo regionale, in proporzione ai servizi di competenza».

«Anche per l’eventuale costituzione dell’Agenzia – ha concluso Catalfamo –, sarà opportuno procedere secondo la stessa direttrice, valorizzando prioritariamente il patrimonio di competenze già disponibile presso le società partecipate pubbliche, a partire dall’Atam, l’azienda di trasporti per l’Area metropolitana reggina e dall’Atm messinese. Su questi temi sarà necessario avviare, fin da subito, un confronto e un approfondimento».
Per quanto riguarda la Calabria, è interessato il territorio costiero che si estende da Bagnara a Motta San Giovanni, inclusi i Comuni dell’entroterra, fino a Santo Stefano d’Aspromonte.
La deliberazione costituisce una fase dell’attuazione delle disposizioni dell’articolo 14 della legge regionale 31 dicembre 2015, n. 35, che prevedono, quale eccezione al bacino unico regionale del trasporto pubblico locale, la possibilità di istituire un bacino per l’Area integrata dello Stretto.
Si potrà così sviluppare un’offerta di trasporto unitaria, con un’unica programmazione e un unico sistema tariffario, al fine di porre le condizioni per un sistema di mobilità integrato, con caratteristiche urbane, tra le due città metropolitane dello Stretto.La concreta attuazione della norma è stata avviata l’1 marzo 2019, con la sottoscrizione di un accordo tra la Regione Siciliana, la Regione Calabria, le Città metropolitane di Messina e Reggio Calabria e la Conferenza permanente interregionale per il coordinamento delle politiche nell’Area dello Stretto, ratificato con legge regionale 7 maggio 2019, n. 12.
L’intesa raggiunta prevede la sottoscrizione di una convenzione tra tutti gli enti coinvolti e attribuisce la presidenza dell’ente di governo, con alternanza biennale, ai rappresentanti degli enti siciliani e calabresi.
Sulla programmazione dei servizi locali si esprimono assemblee territoriali presiedute dai sindaci metropolitani, cui partecipano tutti i Comuni coinvolti. È stata, anche, prevista l’eventuale costituzione di una Agenzia per curare l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di servizio e la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. (rcz)

Vertice dei presidenti delle Regioni del Sud uniti per equa distribuzione dei fondi del Recovery Plan

Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo e Sicilia uniti per «avanzare proposte e richieste in materia di Recovery Plan». Lo ha annunciato il presidente f.f. della Regione Calabria, Nino Spirlì, al termine del vertice con i presidenti Vincenzo De Luca (Campania), Vito Bardi (Basilicata), Michele Emiliano (Puglia), Donato Toma (Molise), Marco Marsilio (Abruzzo) e Nello Musumeci (Sicilia).

«C’è la necessità – ha spiegato – di suddividere in modo equo le quote relative agli interventi, tenendo in considerazione il fatto che le regioni del Mezzogiorno hanno urgenze che non rimangono all’interno dei loro confini, ma riguardano l’organizzazione dell’intero continente, dal momento che si tratta di progetti strategici che interessano l’Europa, come, ad esempio, il Ponte sullo Stretto».

Durante l’incontro, i presidenti delle Regioni meridionali hanno anche parlato del raddoppio della linea ferroviaria Reggio Calabria-Bari e dell’alta velocità Reggio Calabria-Salerno, «due progetti  ha commentato Spirlì – che, insieme, consentirebbero la libera circolazione, in chiave moderna, delle persone in Europa».Attenzione anche sul porto di Gioia Tauro, «che è stato – dice ancora il presidente calabrese – completamente dimenticato dal ministro Paola De Micheli, malgrado non sia lo scalo di un piccolo comune della Calabria, ma il porto più importante del Mediterraneo e tra i più strategici d’Europa».

«Le proposte della Calabria, unite a quelle degli altri presidenti – ha concluso Spirlì –, andranno a formare un pacchetto di richieste precise al Governo nazionale, il quale, troppo spesso, così come quelli che lo hanno preceduto, dimentica le regioni del Sud privilegiando, a volte, nessuno». (rcz)

Per la Calabria tre studenti dell’Alberghiero brillano al concorso “Il piatto del de-confinamento”

Sono Christian Falvo Angela Campirano, dell’Ipsssar “L. Einaudi” di Lamezia Terme e Francesco Pio Golia dell’Ipssar “E. Aletti” di Trebisacce i vincitori, per la Calabria, del concorso online Il piatto del de-confinamento, che ha visto protagonisti 17 studenti calabresi e siciliani.

Organizzato dall’Institut Français di Palermo in collaborazione con l’Unione Regionale Cuochi Calabria, l’Associazione Provinciale Cuochi Catanzaresi e l’Unione Regionale Cuochi Sicilia, tutti appartenenti alla Federazione Italiana Cuochi, il concorso ha visto gli studenti dell’Alberghiero realizzare un video, della durata di 5 minuti, in cui venivano proposti piatti che si possono mangiare ovunque, tenendo conto delle restrizioni alimentari vigenti nelle culture e nelle diverse religioni, che valorizzi i prodotti del territorio di riferimento.

Una prova non facile, dato che i giovani hanno dovuto dare un nome in italiano o in francese al proprio piatto, utilizzando giochi di parole, semplicemente modificate, diventate ormai familiari negli ultimi mesi, tipo: quarantena, confinamento, distanziamento sociale, ecc.; scrivere la ricetta (in francese e in italiano); realizzare la ricetta e presentarne gli ingredienti e le fasi salienti della preparazione attraverso un video (in francese e poi in italiano per la valutazione cucina); descrivere il contesto nel quale si immagina di condividere questo piatto emblematico del de-confinamento; preparare la ricetta indossando la divisa da cuoco completa e rispettando le norme igieniche.

Per la gara Immagina il piatto del de-confinamento, Christian Falvo ha vinto il primo posto con Un Raggio di Speranza, di pari merito con Salvatore Austero dell’Ipsia “F. Ferrara” di Mazara del Vallo (TP) con Cuisintena, L’oeuf de la vie; Angela Campisano, invece, ha conquistato il secondo posto con Espoir tricolore, di pari merito con  Laura Marisa Leto dell’Ipssar “P. Piazza” di Palermo con L’oeuf évasion. Terzo posto per Francesco Pio Golia con Cuori di fave fresche con ricongiungimento di riso Venere e legame di crema al pecorino insieme a Federica Torre, dell’Is “R. Guttuso” di Milazzo (ME) con Lègumes conjoints.

 I video sono stati giudicati da una qualificata giuria internazionale.

Per la Calabria, la giuria tecnica era composta da: Carmelo Fabbricatore, chef e presidente Unione Regionale Cuochi Calabria; Gustavo Congi, chef e presidente Associazione Cuochi San Giovanni in Fiore; Rocky Mazzaferro, chef e presidente Associazione Provinciale Cuochi Reggini. Per la SiciliaCalogero Matina, docente di gastrofia; Sara Cucchiara, pastry chef; Giovanni Butticè, chef/ristoratore.

Per l’ambasciata francese, lo chef della sede di rappresentanza in Italia dello Stato d’OltralpeHubert Malidor.

La giuria scientifica linguistica del concorso è stata diretta da Valerie Le Galcher Baron, addetta alla cooperazione linguistica per l’Ambasciata di Francia.

I complimenti a tutti i partecipanti per l’ottima riuscita del concorso sono stati espressi dal coordinatore Domenico Origlia, presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Catanzaresi(rrm)

 

Pesca del tonno rosso, l’assessore Gallo: criteri da cambiare urgentemente

Per gli assessori regionali all’Agricoltura di Calabria e Sicilia, Gianluca GalloEdgardo Bandiera, «in Calabria e Sicilia la pesca del tonno rosso è consentita ad un numero sparuto di operatori, perché il sistema delle quote penalizza le marinerie locali, per criteri che vanno urgentemente cambiati».

In una nota a firma congiunta indirizzata al ministro delle Politiche Agroalimentari, Teresa Bellanova, Gallo e Bandiera fanno il punto sul Decreto direttoriale emanato il 20 Aprile per disciplinare la campagna del tonno rosso per l’anno in corso.

«Questo provvedimento – si legge nella missiva – continua ad assegnare le nuove quote disponibili ad imbarcazioni già in possesso di altre quote, impedendo di fatto l’accesso a nuove imprese. L’aumento delle quote tonno per il Mediterraneo, dopo anni di misure restrittive, è stato uno dei più importanti successi della politica degli stock ittici dell’Unione europea, ma il rischio reale è che questo pur importante risultato non sia di beneficio per un’ampia parte delle marinerie italiane».

«La questione, che era stata posta nei giorni scorsi già dal consigliere regionale Pietro Molinaro – ha dichiarato l’assessore regionale Gallo – è fondata. Per questo abbiamo deciso di avviare, insieme alla Regione Sicilia, un confronto col Governo. Le nostre marinerie vantano un’importante tradizione, ma essendo costituite prevalentemente da imbarcazioni di Pesca costiera artigianale, anche per una scarsa capacità di coesione tra le loro varie componenti, non sono state in grado di accedere all’assegnazione significativa delle quote, finendo con l’essere ulteriormente penalizzate da un sistema basato sui parametri delle dotazioni storiche, che avvantaggia chi sia già presente nel settore, mentre rende difficoltosi i nuovi ingressi».

Da qui la proposta adesso sottoposta al vaglio del Governo: «Sarebbe opportuno – ha suggerito l’assessore regionale Gallo – procedere ad una ripartizione articolata delle quote, così da valorizzare la Pesca costiera artigianale, mediante bandi pubblici che favoriscano l’ingresso di nuove imbarcazioni. Sarebbe altresì auspicabile che, già nell’immediato, fosse incrementata la quota da assegnare sul ‘Sistema della quota indivisa’, attraverso modifiche idonee a semplificare le misure di sbarco del prodotto nei porti designati. Correttivi essenziali per tutelare il comparto: ci adopereremo per ottenere i cambiamenti normativi ed amministrativi necessari». (rcz)