Un team dell’Unical premiato in Canada per una ricerca sull’intelligenza artificiale

Prestigioso riconoscimento per un team dell’Università della Calabria, formato dal dottorando Giuseppe Mazzotta e dai docenti Carmine Dodaro e Francesco Ricca, del Dipartimento di Matematica e informatica, il cui lavoro, dal titolo Compilation of Aggregates in ASP Systems, è stato premiato nel corso della conferenza internazionale sull’intelligenza artificiale AAAI-22.

La ricerca fa parte di una rosa di 12 lavori, selezionati fra gli oltre 9200 articoli scientifici valutati dal comitato di programma, di cui meno del 15% è stato accettato per la presentazione alla conferenza. In particolare, la ricerca di Dodaro, Mazzotta e Ricca è stata insignita dell'”Outstanding Student Paper Honorable Mention AAAI-22″.

Il lavoro premiato, dal titolo “Compilation of Aggregates in ASP Systems”, descrive una nuova tecnica di Intelligenza artificiale che consente di realizzare sistemi per il ragionamento automatico capaci di aggregare e dedurre conoscenza, per consentire alle macchine di risolvere problemi complessi anche per gli esseri umani.

«Il nostro lavoro  – ha spiegato Giuseppe Mazzotta, 25 anni, al secondo anno di dottorato in Informatica – consente di convertire, automaticamente, una descrizione di un problema complesso in un sistema di AI capace di risolverlo. In particolare, abbiamo testato l’approccio sull’assegnazione del personale di una grande azienda alle proprie mansioni, garantendo che numerosi vincoli e preferenze fossero rispettate».

«I sistemi preesistenti – ha proseguito – non riuscivano a calcolare una soluzione valida all’aumentare del personale e delle mansioni, mantenendo gli stessi vincoli, ad esempio, quelli dei costi. La nostra ricerca, invece, consente di superare questa limitazione e di applicare la risoluzione automatica di problemi anche in casi dove prima non era pensabile. Ovviamente le applicazioni possono spaziare in moltissimi campi. I risultati ottenuti supportano fortemente il nostro lavoro e questo è per noi motivo di tanto orgoglio».

«Ricevere una menzione d’onore – ha concluso Mazzotta – solitamente assegnata a circa uno su mille, ha ripagato tutti gli sforzi e i sacrifici fatti durante questo mio primo anno di dottorato, ma cosa ancora più importante mi ha insegnato che nulla è impossibile». (rrc)

L’università della Calabria presenta il nuovo portale: Servizi più chiari e accessibili e grande spazio alle news

L’Unical rinnova il look del portale d’ateneo, con una veste grafica più moderna, semplice da navigare, ricca di contenuti informativi, da esplorare agevolmente anche da cellulare.

Il varo del nuovo portale di ateneo è un altro obiettivo raggiunto tra i punti del programma del Rettore Nicola Leone, nel quadro più ampio dei servizi alla comunità accademica e alle famiglie degli studenti. Il sito è stato ristrutturato per offrire una diffusione più agevole delle informazioni, con una maggiore funzionalità, con un’attenzione particolare alla veste grafica, per rendere immediatamente accessibili tutti i servizi.

Ma il target va oltre i confini dell’Unical, offrendo la possibilità di condividere le attività dell’ateneo anche con il territorio, nell’ottica di far conoscere a tutti le grandi opportunità di formazione, ricerca e innovazione che offre il campus, nonché il trasferimento tecnologico, il public engagement e i benefici che ricadono sulla società.

«Sono molto soddisfatto di questa nuova versione del portale – ha dichiarato il rettore Nicola Leone – che rappresenta la prima forma di comunicazione diretta con i nostri studenti e le loro famiglie. L’esigenza di realizzare una nuova interfaccia nasce dalla volontà di offrire maggiore semplicità nel trovare le aree di interesse e migliorare la trasparenza nelle attività dell’ateneo».

«Ci tengo a ringraziare l’area dell’ICT – ha aggiunto – per l’impegno profuso in questi mesi, gli uffici responsabili dei servizi per l’intenso lavoro di riorganizzazione dei contenuti e tutti coloro che hanno contribuito e ancora contribuiranno al progetto. Certo ci saranno ancora settimane di assestamento e un periodo di rodaggio in cui calibrare meglio le diverse sezioni, siamo consapevoli che ci sono tanti aspetti che possiamo migliorare; ma oggi offriamo uno strumento molto più attuale e meglio organizzato, che via via si perfezionerà sempre più col contributo della comunità accademica».

Il nuovo portale è caratterizzato da un profondo restyling del progetto grafico, dalla revisione della mappa di navigazione e dei contenuti, con una maggiore attenzione verso gli utenti e dunque con una più accentuata focalizzazione sui servizi e, infine, dalla valorizzazione dei dati, in particolare riguardo offerta formativa, ricerca e innovazione, organizzazione. Il nuovo portale è inoltre direttamente collegato ai sistemi informativi Unical e alle informazioni presenti nei database, garantendo che i dati siano sempre aggiornati alla situazione reale.

Sulla home page sono infatti immediatamente visibili le sezioni Campus, Didattica, Ricerca, Internazionale, Innovazione e società, Organizzazione e, in evidenza, si trovano i link per accedere a “Orienta Unical”, per gli studenti che vogliono iscriversi e “Front office on line”, per ricevere telematicamente ogni tipo di informazione direttamente dai referenti di area, anche restando a casa propria.

Ampio spazio alle Notizie, aggiornate giorno per giorno, e al Magazine, una vera e propria rivista on line di approfondimento, ricca di contenuti esclusivi, in formato testo e video, dedicata al mondo Unical e alla divulgazione scientifica.

Spazio anche all’Agenda con tutti gli eventi in programma in ateneo, una sezione Coronavirus, con le misure di sicurezza aggiornate adottate dall’ateneo, e gli Avvisi, in cui è possibile trovare bandi, disposizioni e comunicazioni dirette principalmente al personale e agli studenti. 

L’infrastruttura è stata progettata internamente dall’area Servizi informatici e tecnologici che ha congiuntamente avviato un progetto open data di ateneo per condividere dati disponibili su didattica, ricerca e organizzazione. La piattaforma è già pubblicata nel catalogo del software open source della Pubblica amministrazione. Le informazioni già disponibili includono i corsi di studio, il dettaglio dei singoli insegnamenti, attività e risultati della ricerca (ad esempio, laboratori, pubblicazioni, progetti, brevetti, spin-off) e, oltre ad essere navigabili on-line, sono accessibili anche da applicazioni software. (rcs)

 

All’Unical è nata l’Associazione IndiCa – Ingegneria di Calabria

di FRANCO BARTUCCISi è costituita all’interno dell’Università della Calabria una nuova Associazione denominata INdiCA  (Ingegneria di Calabria) che raccoglie tutti quei laureati in ingegneria che hanno acquisito tale titolo nella prima Università statale della Calabria.

A costituirla è stato un gruppo di 66 ingegneri, accomunati dall’essere stati studenti presso il campus dell’Università della Calabria (Unical) a fine anni ’70 – inizio anni ’80.  Non è un’associazione professionale, ma un soggetto collettivo di promozione sociale senza fini di lucro.

La spinta alla costituzione di questa nuova associazione  è venuta da un forte senso di appartenenza di questo gruppo di ingegneri con l’Università, dove essi “spesero miglior parte” della loro vita e che ha consentito loro l’accesso allo studio in una situazione socio-economica difficile e problematica come quella calabrese.

Nello Statuto dell’Associazione, approvato in sede costituente, si legge che il gruppo è composto da Ingegneri «accomunati da uno stesso percorso di studi presso l’Unical negli anni ‘80, da stessi valori etici, amore per la propria terra, volontà di contribuire attivamente alla crescita della regione, nello spirito della cittadinanza attiva».

INdiCA si propone di offrire alla Calabria un patrimonio straordinario di conoscenze, competenze ed esperienze tecniche, scientifiche, imprenditoriali e gestionali, in un’ottica di promozione sociale a supporto di una regione che ancora sconta tante difficoltà nella sfera economica, sociale, culturale.

Esperienze pluridecennali di Accademici, Dirigenti di azienda, Imprenditori, Dirigenti della Pubblica Amministrazione, Liberi Professionisti e Docenti che esplicano la loro azione in tutti i campi dell’Ingegneria, della Scienza e della Tecnica. Si punta a costituire un polo di riferimento culturale per l’intera popolazione della nostra regione, in grado di proporre progetti, suggerimenti, iniziative, opinioni autorevoli e costruttive nel proprio ampio campo di competenze.  

A integrare questo gruppo di soci fondatori, che operano in Calabria, ma anche in altre regioni d’Italia, sarà un’altra potenziale platea di 60 ingegneri laureati all’Unical, che hanno già manifestato l’interesse a farne parte. L’Associazione conta di estendere la partecipazione attiva agli ingegneri calabresi delle generazioni successive, compresi i più giovani, in una prospettiva di continuità e comunità disinteressata.

Proprio per gli scopi che sono stati individuati, INdiCA è comunque aperta a tutti gli ingegneri laureati  nelle università calabresi o calabresi laureati in qualunque altra facoltà di Ingegneria del mondo.

A costituire il primo Consiglio Direttivo di INdiCA sono stati chiamati, nello spirito del rispetto della parità di genere, della rappresentanza territoriale, delle specifiche competenze, dei ruoli nel mondo del lavoro e con espressione unanime dell’Assemblea Costituente, gli Ingegneri: Domenico Gattuso (Presidente), Francesca Accardo (Vice Presidente), Vincenzo D’Agostino (tesoriere), Anna Maria Baudille, Fabrizio Bellezza, Vincenza Calabró, Francesco Antonio Fagà, Giovanna Ferrari, Francesco Malara, Patrizia Piro e Domenico Sodaro. Sindaco revisore esterno è stato nominato il dott. Domenico Dodaro.

L’Associazione, nello spirito di Comunità di donne e uomini liberi, è già al lavoro per strutturare la propria organizzazione interna, anche in rapporto ai grandi temi e alle sfide che aspettano la Calabria. (fb)

L’Unical ricorda il 40° anniversario della visita di Pertini al Campus

Era il 3° marzo del 1982 quando il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, fece visita al campus dell’Università della Calabria. A 40 anni di distanza, il Comitato direttivo dell’Associazione “Amici dell’Università”, ha ricordato questo importante anniversario con un incontro svoltosi nella sala riunione del Centro Residenziale, ricordando la figura del presidente, «uomo di pace».

Quel pomeriggio del 3 marzo 1982 nei pressi del primo complesso residenziale dell’Università della Calabria c’era un fermento incredibile ed  un entusiasmo delle persone collocate lungo le strade di accesso e sotto l’aula “Umberto Caldora” ad accogliere,  nei suoi primi dieci anni di esistenza, per la prima volta una figura illustre del nostro Paese, come il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che pur aveva partecipato alla nascita dell’Università della Calabria, quando il 17 aprile 1966 accompagnava a Cosenza e  Rende il Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e fu trattato l’argomento relativo alla nascita in Calabria  della sua prima Università, già all’epoca individuata in forma innovativa e residenziale rispetto al sistema universitario italiano. 

Al seguito del presidente Pertini c’erano tanti giornalisti, inviati da tutte le testate nazionali e su quella presenza nell’aula Caldora, così descrive l’incontro il giorno dopo, 4 marzo 1982, il Corriere della Sera: «Novanta secondi di applausi ininterrotti: così gli studenti che avevano trovato posto nell’aula “Caldora” dell’Università di Arcavacata hanno salutato Pertini. Un lungo battimani e il solo coro “Sandro Sandro”. C’erano tutti ad aspettarlo: assiepati lungo le strade, dietro le transenne, sulle terrazze, in ogni spazio possibile dell’ateneo. Sorrisi, strette di mano, entusiasmo: ormai il capo dello Stato dovrebbe essere abituato all’affetto che gli viene tributato dovunque egli vada. E invece ogni volta Pertini, commosso, ringrazia salutando con quel suo modo cordiale che conosciamo».

Sul palco predisposto per accogliere degnamente il presidente Pertini, oltre al Rettore Pietro Bucci e presidi delle Facoltà, componenti del Senato Accademico, c’erano varie autorità politiche, civili e militari della Regione con il presidente della Giunta Dominjanni ed il sindaco di Rende, Sandro Principe, che porge il primo saluto di benvenuto al Presidente, ricordando l’impegno profuso dall’amministrazione comunale rendese per lo sviluppo e il potenziamento dell’Università; mentre, preso dall’ emozione e lo dice, il Rettore Pietro Bucci prende la parola per rinnovare e fotografare al Capo dello Stato l’immagine reale dell’Università e la sua collocazione nell’ambito territoriale complesso e difficile come la Calabria.

Pertini venne appositamente all’Università della Calabria, a completamento di un giro istituzionale nella nostra Regione, iniziato il giorno prima con tappe a Reggio Calabria, Catanzaro ed infine Cosenza, per sostenerla in un momento particolare e complesso della sua esistenza, così giovane le cui attività didattiche e scientifiche ebbero inizio dieci anni prima con l’apertura dell’anno accademico 1972/73. C’era da sostenerla per la ben nota vicenda del blitz degli uomini del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa effettuato nella nottata del 28 giugno 1979 alla ricerca di presunte presenze terroristiche nel campus universitario, che la vedevano in una campagna denigratoria sulle varie testate giornalistiche  locali e nazionali; come anche  la delusione dei mancati finanziamenti per la realizzazione delle strutture universitarie ed infine la questione del DPR 19 giugno 1978 n° 632 che riconosceva l’istituzione del centro residenziale  e la sua organizzazione gestionale non nelle forme previste e indicate dalla legge istitutiva del 1968 e del suo Statuto del 1971.

Argomenti trattati dal Rettore Pietro Bucci nel suo intervento e poi a sorpresa dallo studente Riccardo Barberi, quale delegato del Comitato di lotta studentesca per i diritti dell’Università. In particolare il Rettore Bucci puntualizzò al presidente Pertini che:  «Noi Università della Calabria siamo forse oggi l’unico punto di luce in una regione schiacciata e degradata da secoli di emarginazione e di sfruttamento. Abbiamo retto sinora, con uno sforzo di volontà e di ottimismo che ci ha consentito di sopportare disagi e sacrifici pesanti, che ci ha resi capaci di pagare prezzi anche ingenti, ma siamo giunti al limite di rottura. Se non si consentirà a questa Università di svilupparsi e quindi di vivere essa morrà culturalmente e con la sua morte dieci anni di impegno e di sacrifici saranno vanificati. Ella può, Signor Presidente, con l’autorità che le deriva dalla Sua eccezionale statura morale, prima ancora che dall’altissima carica che ricopre, dare una mano a questa nostra creatura: lo faccia e sarà una delle tante cose di cui la Calabria e l’Italia tutta Le saranno grate».

Altrettanto forte fu l’intervento dello studente Riccardo Barberi, che oggi dirige il dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria. Dopo aver fortemente criticato la classe politica calabrese ed in particolare il governo regionale per non aver sostenuto il percorso di sviluppo dell’Ateneo di Arcavacata, così anche quelli del centro siderurgico di Gioia Tauro, della Liquichimica di Saline, delle industrie tessili di Castrovillari, della Sir di Lamezia, portando al fallimento totale del programma industriale calabrese, ebbe a dire ancora: «Il fatto è che manca a tutti i livelli la volontà politica e l’intelligenza scientifica di gestire e programmare lo sviluppo della Regione secondo la logica che non sia meramente clientelare e che non produca solo puro assistenzialismo».

«Non può essere spiegato altrimenti la nascita delle nuove sedi universitarie di Reggio Calabria e Catanzaro che appaiono certo collegate fra loro e rispetto ad una seria programmazione di base regionale. Si finisce così con il non offrire una seria risposta alla domanda di istruzione che sale dalla Regione costruendo tre mega-licei laddove serve almeno una Università. I politici calabresi sono pronti nei loro ragionamenti a fare bellissimi discorsi sulla crisi in cui versa la Calabria sostenendo che la nostra regione è trascurata dal governo nazionale. Dentro la Calabria sono i nemici della Calabria e la rodano dall’interno».

Il risultato di quell’intervento dello studente Riccardo Barberi fu che alla fine il presidente Sandro Pertini lo abbracciò affettuosamente scambiando con lui riservatamente delle impressioni tanto da incuriosire il pubblico presente in aula, interessato a conoscere il  contenuto del loro ragionamento.

«Non ci stiamo confessando – disse il presidente Pertini, rivolto al pubblico – non dico io i miei peccati a lui e lui i suoi peccati a me». In sostanza era successo che il Presidente Pertini invitava lo studente ad un nuovo incontro presso il Quirinale a Roma per discutere a fondo delle problematiche denunciate sia dal Rettore che dallo studente. «Se venite a Roma da me sarete accolti a braccia aperte e io vi ascolterò», furono queste le parole conclusive di quell’incontro nell’ aula “Umberto Caldora” pronunciate dal Capo dello Stato Sandro Pertini. (rcs)

Tre Papi riconoscono all’Unical una funzione educativa e formativa rilevante

di FRANCO BARTUCCICiò che colpisce del messaggio di Papa Francesco inviato per le manifestazioni celebrative della Cattedrale di Cosenza, la quale il prossimo 25 giugno 2022 sarà elevata al titolo di Basilica Minore, sono le parole usate per sensibilizzare soprattutto i giovani verso la pastorale universitaria guardando alla presenza ed al ruolo dell’Università della Calabria. 

«Fiera del tesoro d’arte e di storia che possiede nella sua antica Cattedrale – ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio – Cosenza rende grazie a Dio per il bene che dal Tempio si è irradiato nel corso dei secoli e si sente al tempo stesso incoraggiata a rinnovare, a partire dal centro propulsore della vita diocesana, il desiderio della missione e della testimonianza di Gesù all’uomo di oggi, in ogni ambiente in cui vive, con un’attenzione particolare per le periferie esistenziali. In questa prospettiva, auspico che sempre più numerosi giovani si pongono al servizio del Vangelo, per offrire a tanti l’opportunità di scoprire in Cristo le risposte a cui anela il loro cuore. (…) Auspico che la straordinaria sintesi di fede e di vita che traspare dalla storia e dalla bellezza dell’edificio, ravvivi in quanti lo frequentano e lo visitano il desiderio di Dio, il legame con le proprie radici e la coesione tra i membri della comunità. (…) Possiate tutti insieme, Vescovo, sacerdoti, consacrati e fedeli laici, sentirvi incoraggiati nell’impegno di diffondere nella società, con mitezza e audacia, il fermento dell’annuncio evangelico».

«In questa prospettiva, considerato che Cosenza è sede di un importante Ateneo, invito anche a prendere sempre più coscienza del valore della pastorale universitaria e della necessaria alleanza tra evangelizzazione e cultura, affinché da tale sinergia scaturiscano itinerari educativi che favoriscano il bene comune, la promozione della giustizia sociale e della legalità, a dignità della persona umana. Vi accompagni nel cammino la Vergine Maria Assunta in Cielo, a cui è dedicata la Cattedrale. Seguendola fedelmente ed imitandone l’esempio, potrete diventare tessere splendenti del mosaico d’amore del Padre, testimoniando la bellezza di vivere il Vangelo. Con tali sentimenti, imparto la mia Benedizione, a tutti chiedendo di pregare per me».

Un pensiero e un appello di Papa Francesco che ci riporta indietro nel tempo a parole pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita pastorale fatta in Calabria ed in particolare nella giornata del 6 ottobre 1984, quando nello stadio San Vito di Cosenza incontrava la cittadinanza e i tanti fedeli provenienti dalle varie parrocchie della diocesi cosentina-bisignanese. 

Come Papa Francesco ha rivolto parole importanti alla comunità universitaria dell’Università della Calabria stimolandola a prendere coscienza del valore della pastorale  universitaria per creare sinergia nel cercare il bene comune e dare dignità alla persona umana, anche Papa Giovanni Paolo II non fu di meno affidando all’Ateneo  un compito importante per la valorizzazione e promozione della società calabrese, come si può riscontrare dalla lettura di quel messaggio pronunciato a viva voce nello stadio: «Cosenza è sempre stata centro di cultura e di pensiero, che ha conosciuto nei secoli esponenti illustri. Oggi questa città ospita l’Università di Calabria, di recente istituzione. Molti giovani della Regione preparano qui il loro futuro, qui si addestrano alla ricerca scientifica, maturano il loro pensiero. Esser sede universitaria è un impegno che valorizza la città, ma è anche una grande responsabilità, poiché richiede da parte di tutte le componenti cittadine attenzione e dedizione per una formazione non solo accademica, ma umana e cristiana di tanti giovani».

«Auspico vivamente che l’Università, fucina del pensiero e dell’uomo, gareggi con le altre istituzioni sorelle per contribuire alla promozione culturale di questa diletta Regione, offrendo un servizio alla scienza degno della Calabria erudita del passato. L’Università di Calabria sia il punto più alto dell’interesse degli amministratori di questo capoluogo, poiché con uno studio serio che avvii ad una professionalità qualificante si crei quella classe dirigente di cui la Calabria ha bisogno per risolvere i suoi problemi.  La ricomposizione del tessuto sociale passa attraverso lo studio e l’impegno culturale, volti all’affermazione della dignità della persona umana: la Calabria tutta attende fiduciosa questo contributo di pace e di progresso sociale. Un pensiero infine rivolgo ai cittadini più bisognosi, agli ammalati, ai carcerati, ai piccoli, agli emarginati perché possano trovare sempre in Cristo conforto e speranza; possano essere loro, carichi di sofferenze e di umanità, il ponte per un mondo ed una società più giusta e più buona».

Non si possono ancora oggi dimenticare le parole usate per la benedizione finale: «A tutti imparto la mia Benedizione, invocando dal Signore su questa città e i suoi abitanti prosperità, concordia operosa, pace. Da oggi la Calabria ha un calabrese in più».

Dalla luce di Santità che sprigiona, celebrata e riconosciuta dalla Chiesa, scaturisce oggi  per noi tutti un pensiero ed un auspicio di vedere Papa Francesco in Calabria, dopo quelli effettuati da San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ci sono delle motivazioni molto forti legati agli anniversari ed alla proclamazione dell’anno giubilare, sia per la Basilica minore della chiesa del Santuario di San Francesco di Paola nel suo centesimo anno di riconoscimento, che per la Cattedrale di Cosenza, la quale il prossimo 25 giugno sarà elevata a Basilica minore.

In tutto questo cade pure il 50° anniversario della nascita dell’Università della Calabria verso la quale per una pastorale universitaria da praticare sono stati espressi da Papa Francesco e San Giovanni Paolo II, come sopra riportato, parole e pensieri stimolanti verso un impegno concreto a realizzare, come previsto dalla legge istitutiva, un campus universitario con una comunità residente animata da sentimenti e valori umani edificanti in grado di creare una civiltà dell’amore.

Un progetto che trovò fin dalla sua fase di partenza iniziale una particolare sensibilità ed attenzione da parte di Sua Santità Paolo VI, oggi anch’esso Santo della Chiesa, che nel mese di settembre 1971 invio quale nuovo Arcivescovo della Diocesi di Cosenza, che aveva come sindaco, il dottor Fausto Lio, Monsignor Enea Selis, in quanto  presule sensibile con una ricca esperienza in ambito universitario avendo ricoperto l’incarico di Vescovo assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica di Milano e anche assistente spirituale della Fuci e del Movimento dei Laureati di Azione Cattolica. Un mondo da cui usciva anche la figura del primo Rettore dell’Università della Calabria, prof. Beniamino Andreatta, eletto con tale funzione dal corpo accademico nel mese di maggio di quello stesso anno,  non trascurando il legame che avevano pure con il  Presidente del Consiglio Aldo Moro e con il Ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi

Una presenza quella di Monsignor Enea Selis a Cosenza che si adoperò fin da subito ad attuare quella pastorale universitaria auspicata da Papa Francesco, coinvolgendo docenti, non docenti e studenti a dare vita a tale importante missione fino ad arrivare a creare la Parrocchia universitaria San Paolo Apostolo, fatto unico in Italia, affidata ai Padri Dehoniani; mentre l’Università creava al suo interno il Centro interdipartimentale di Studi Religiosi a tutela e conoscenza dell’universalismo religioso mondiale guardando alle specificità internazionali dell’Ateneo.

Con il 50° anniversario della sua nascita è tempo di trarre un bilancio sulle cose fatte e non fatte, sulle positività e negatività, in modo da prepararsi a vivere un futuro certo di valori che assicurino quel bene comune, la promozione della giustizia sociale e della legalità, a dignità della persona umana, come indicato da Papa Francesco; senza peraltro dimenticare che la ricomposizione del tessuto sociale, come ci ha detto San Giovanni Paolo II, passa attraverso lo studio e l’impegno culturale, volti all’affermazione della dignità della persona umana, e la Calabria tutta attende fiduciosa questo contributo di pace e di progresso sociale.

Un ritorno di Papa Francesco in Calabria, dopo quell’esperienza vissuta sulla Piana di Sibari nel mese di giugno del 2014, avrebbe, per le motivazioni indicati in questo servizio, le ragioni di un viaggio apostolico pieno di sentimenti umani e religiosi di forte impatto sociale e culturale da rinnovare, di cui la comunità del cosentino e calabrese, con riferimenti alle figure della Madonna del Pilerio e di  San Francesco di Paola, ne portano devozione e fede eterna, che ha nel valore della “Carità”  il “sole” della vita. (fb)

L’interessante lezione di Lucio Caracciolo sul conflitto in Ucraina al Master sull’Intelligence all’Unical

di FRANCO BARTUCCI «Il conflitto in Ucraina è possibile, ma nello stesso tempo poco probabile», lo ha dichiarato Lucio Caracciolo, direttore di Limes, intervenendo al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri.

Lucio Caracciolo ha esordito ponendo la domanda retorica «se la Grande guerra sia possibile», suddividendo la sua lezione in tre blocchi: la crisi interna degli Stati Uniti, il punto di vista russo e come questa crisi si rifletta sul nostro spazio geopolitico Mediterraneo e in Italia.

In merito alla crisi interna degli Stati Uniti, Caracciolo ha evidenziato come gli Stati Uniti, sin dalla loro nascita, si siano considerati una nazione di natura provvidenziale eletta per una missione di redenzione del mondo. Questo si trova già tra i primi colonizzatori di formazione evangelica e radicale e in qualche modo percorre tutta la storia americana.

«Gli Stati Uniti – ha spiegato – non si considerano il numero uno, ma un numero assoluto». Nella storia degli Stati Uniti i riferimenti alla Roma antica sono costanti. 

La supremazia globale gli Usa intendono esercitarla su tutti i domini: terra, mare, aria, spazio e cyberspazio. L’estensione di tale dominio globale è però molto vasta e necessita di numerose risorse per poter essere mantenuta. In tale ambito, «gli Stati Uniti -ha precisato – hanno ereditato, nel secolo scorso, dalla Gran Bretagna la dimensione talassocratica del dominio marittimo».

 Successivamente, il direttore di Limes ha poi spiegato come gli Stati Uniti siano una nazione divisa in due al proprio interno, non in due partiti ma in due visioni del mondo differenti. In tal modo, «l’America – ha proseguito – è la più grande avversaria di sé stessa». Tale frattura è emersa in tutta la sua profondità con l’assalto a Capitol Hill rubricato, con pochi dissensi interni, dal Consiglio del Partito Repubblicano come normale dialettica politica. 

Il direttore di “Limes” ha quindi esaminato come tale crisi interna si riversi sul fronte che divide la Nato dalla Russia. Rispetto alla Cortina di ferro del 1946 che, da Stettino sul Baltico a Trieste nell’Adriatico, divideva l’Europa in due, si assiste a una nuova Cortina di ferro dovuta anche al progressivo allargamento della Nato verso est. 

Proseguendo il suo intervento ha ricordato che nel 2008 avvenne l’intervento armato russo in Georgia con la creazione di due Repubbliche filo russe. In Ucraina nel 2014 con un colpo di Stato si verificò invece la destituzione del presidente filorusso con rivolte di piazza sostenute da statunitensi e britannici. Dal punto di vista russo la perdita di Kiev, percepita dai russi come la matrice dell’Impero russo e non come la capitale dell’Ucraina, ha avuto un notevole impatto sull’opinione pubblica. 

Caracciolo ha quindi spiegato che all’interno della Nato vi siano diverse anime, una delle quali, composta in particolare dai Paesi baltici, percepisce maggiormente la Russia come una minaccia rispetto ai Paesi dell’Ovest della Nato. La Nato tramite il progetto “Trimarium”, nato su impulso di Polonia; Finlandia e Croazia, intende collegare i tre mari, il Baltico, l’Adriatico e il Mar Nero con l’intento di concentrare le difese contro potenziali attacchi russi. Tutto questo ha generato reazioni da parte russa. 

«Storicamente infatti – ha precisato – i russi hanno sempre avvertito un sentimento di accerchiamento che si materializzano attraverso tre linee di crisi: la Nato, una pressione islamista da Sud e la pressione cinese sulla Siberia che seppur disabitata è molto ricca di risorse». In tal modo, Caracciolo ha sottolineato come la Russia abbia riscoperto il fronte orientale avvicinandosi alla Cina, costituendo “una strana coppia” in contrapposizione alla pressione statunitense. 

Tale avvicinamento è visto con sospetto dagli Stati Uniti, che temono  l’effetto “tenaglia” che si potrebbe ribaltare sugli interessi statunitensi nel mondo. La crisi ucraina, infatti, potrebbe consolidare la convergenza tra la Cina e la Russia che, sebbene siano diversi per cultura e tradizioni e diffidenti l’uno nei confronti dell’altro, hanno bisogno del sostegno reciproco.

Per Caracciolo l’obiettivo russo in Ucraina sarebbe quello di mantenerla instabile e non di conquistarla in quanto poi si porrebbe il tema dei costi del mantenimento militare. La situazione ucraina, secondo Caracciolo, potrebbe rappresentare anche il momento propizio da parte cinese per agire su Taiwan. «Nelle equazioni strategiche del Pentagono – ha affermato il direttore di “Limes” –questo scenario è tenuto in considerazione». 

Successivamente, Caracciolo ha esaminato il Mediterraneo dove si incrociano le influenze americana, russa e cinese, precisando come negli Stati Uniti l’attenzione strategica rivolta verso questo bacino si sia progressivamente ridotta, lasciando in parte un vuoto che è stato colmato non solo dalla Russia ma anche dalla Cina, con il progetto della “nuova via della seta”. 

Il progressivo disinteressamento statunitense, testimoniato dalla riduzione della VI flotta, nei confronti del Mare Nostrum potrebbe rappresentare una deriva pericolosa per l’Italia, in quanto il controllo esercitato dal nostro referente strategico avveniva in un mare conteso attraversato da conflitti come quello israelo-palestinese e dai riflessi della crisi ucraina. In tale scenario sono emersi nuovi attori regionali come la Turchia, che da un anno ha aumentato il proprio interesse verso la Libia. «Con Ankara – ha commentato – l’Italia dovrà in futuro necessariamente relazionarsi di più».

Chiudendo la sua lezione, il direttore di “Limes” è tornato alla domanda iniziale, evidenziando le possibili conseguenze di un conflitto in Ucraina. Queste sarebbero di natura energetica e umanitaria. In quest’ultimo caso, si potrebbe assistere a un esodo di profughi ucraini che potrebbero giungere in Italia dove vi è una consistente comunità di immigrati. Inoltre, in caso di scontro, Caracciolo ha sottolineato che potrebbe essere compromessa l’esistenza stessa dello Stato ucraino. 

In conclusione, il conflitto in Ucraina è possibile in quanto la Russia potrebbe sentirsi con le spalle al muro, ma nello stesso tempo è poco probabile, in quanto le dinamiche sono troppo complesse per essere facilmente controllabili. (fb)

 

Al Master sull’Intelligence dell’Unical la lezione di Antonio Nicaso sulle organizzazioni criminali

di FRANCO BARTUCCI – «Le mafie globali sono un attore economico e politico a livello globale. Occorre studiare la capacità di intelligence delle organizzazioni criminali», lo ha sostenuto Antonio Nicaso, docente di storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University di Kingston (Canada), al Master sull’Intelligence dell’Università della Calabria,coordinato dal prof. Mario Caligiuri.

Nicaso ha evidenziato come la criminalità mafiosa si sia ormai organizzata a livello globale. A riguardo ha ricordato un aneddoto su Lucky Luciano, il quale pare abbia affermato che non esistono il denaro sporco e il denaro pulito, ma soltanto il denaro. Ha poi ricordato che le mafie nazionali, internazionali e transnazionali hanno enormi quantità di denaro da riciclare e da reinvestire e come recita la “legge di Gresham” la moneta cattiva, quando arriva sul mercato, scaccia via quella buona.  

Nicaso ha quindi proseguito sostenendo che «le mafie, soprattutto in Italia, nella prima metà del XIX secolo sono nate come fenomeni di controllo sociale da parte delle classi dirigenti, e quindi erano utilizzate da professionisti, proprietari terrieri, imprenditori. È per questo motivo che sono state legittimate dal sistema politico, economico e sociale nel quale si sono pesantemente radicate». 

«Internazionalizzandosi e diventando transazionali – ha ribadito – hanno mantenuto tale caratteristica, poiché non operano all’estero soltanto per riciclare e investire ma soprattutto per controllare il territorio e infiltrarsi nell’economia locale e quindi nella gestione di attività economiche e finanziarie. Allo stesso tempo, tentano di condizionare la pubblica amministrazione, sia a livello burocratico che politico, utilizzando le normative che in tanti altri Stati, come per esempio Germania, Olanda, Belgio, Austria non sono severe ed efficaci nel contrasto della criminalità mafiosa come in Italia».

«Le mafie – ha spiegato – si sono spinte anche verso l’Est europeo e questo perché l’Unione Europea, finanziando lo sviluppo di tali Paesi, ha generato ingenti flussi di denaro che le mafie hanno puntualmente cercato di intercettare. Inoltre, nell’altro lato dell’Atlantico, ci sono Stati, come Delaware, Nevada, Wyoming  che sono fortemente attrattivi per capitali e investimenti, tassazioni societarie con maglie normative molto larghe che consentono alle mafie di infiltrarsi pesantemente, nonostante le attività di contrasto del governo locale». 

Per il docente universitario di origine calabrese, autore di diversi libri sul fenomeno mafioso e della criminalità, «bisogna storicamente interpretare le mafie come fenomeni riconducibili non alle classi marginali ed emarginate, bensì alle classi dirigenti. Infatti, le loro caratteristiche più importanti sono sempre state la capacità di adattamento e di relazione. Capacità di adattamento ai nuovi scenari politici, economici e sociali: si veda, per esempio, a livello storico il mito del fascismo che sosteneva di avere sconfitto la mafia. In realtà la mafia siciliana, derubricata dal fascismo per motivi di propaganda a livello di semplice banditismo, ha avuto la capacità di adattarsi e di farsi legittimare anche dallo stesso regime».

«Capacità di relazione – ha aggiunto – per usufruire di condotte agevolatrici, di concorso esterno, di contatti con la politica, con il mondo dell’economia e della finanza, con le classi dirigenti infiltrandosi nelle istituzioni dello Stato. Le mafie hanno infatti sempre avuto la capacità di essere parte integrante del sistema sociale, politico ed economico e rappresentano un potere che ha sempre potuto contare su legittimazioni, complicità e connivenze in alto e di consenso popolare in basso».

 Altra caratteristica significativa per Nicaso è rappresentata dalla managerialità dei mafiosi. Infatti le organizzazione criminali sono spesso unitarie, come la ’Ndrangheta lo è, che riescono a radicarsi nel territorio, facendo sistema e utilizzando le professionalità dell’area grigia.

«Oggi la mafia – ha spiegato – comincia a esplorare le opportunità offerte anche dal cyberspazio, utilizzando hacker, ingegneri informatici e programmatori per sviluppare alcuni propri traffici illeciti. Inoltre, nuovi campi di interesse criminale mafioso sono diventati il gioco d’azzardo online e le truffe informatiche. Non c’è invece ancora nessun riscontro giudiziario della presenza strutturale delle mafie italiane nel settore delle criptovalute, esistendo soltanto qualche intercettazione investigativa e poco altro».

«Esistono, invece, riscontri giudiziari – ha evidenziato – sul fatto che le mafie si siano dotate di strumenti di cybercomunicazione crittografata sicura. Utilizzare tali strumenti tecnologici non costituisce di per sé un reato poiché vengono utilizzati anche dalle aziende per proteggere i loro segreti industriali. I reati si verificano quando tali tecnologie informatiche si utilizzano per commettere crimini».

«A riguardo, ha illustrato l’esempio dell’FBI che ha utilizzato una applicazione (ANOM) servendosi diagenti sotto copertura, per carpire preziose informazioni legate al mondo del narcotraffico e di altre attività illecite».

«La criminalità mafiosa – ha concluso il professore – sta diventando sempre più intelligente anche nel campo della geolocalizzazione. Infatti, i mafiosi non hanno soltanto la capacità di saper leggere e sfruttare a loro esclusivo vantaggio il territorio, ma fanno anche attività illecita di intelligence. Si infiltrano per esempio all’interno degli organi dello Stato – grazie a infedeli servitori dello Stato – per sapere se ci sono indagini in corso contro di loro, oppure riescono a modificare le rotte del narcotraffico in base alle informazioni che hanno a loro disposizione. Sono però ancora pochissimi coloro che si occupano di studiare la capacità di intelligence delle mafie nazionali, internazionali e transnazionali». (fb)

Sabrina Martucci (UniBari): La deradicalizzazione dei terroristi islamici è un processo prima di tutto culturale

di FRANCO BARTUCCI – «La deradicalizzazione dei terroristi islamici è un processo prima di tutto culturale».  Ne ha parlato la prof.ssa Sabrina Martucci, dell’Università “Aldo Moro” di Bari, al Master sulla Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri, trattando il tema: Teorie e tecniche della deradicalizzazione in Italia.

La prof.ssa Martucci, che ricopre pure la funzione di direttrice  del Master su Terrorismo, prevenzione della radicalizzazione eversiva, sicurezza e e cybersecurity. Processi di integrazione interreligiosa, interculturale e di deradicalizzione, presso la stessa Università barese, ha evidenziato nella sua lezione come l’azione di deradicalizzazione dei terroristi islamici richieda un apporto di diverse discipline, tra le quali pedagogia, psicologia, diritto e sociologia.

«Un approccio multidisciplinare consente con meno improvvisazione – ha detto la docente universitaria –  di affrontare un problema che coinvolgerà sempre di più gli operatori delle forze dell’ordine come i docenti e i familiari delle persone radicalizzate».

«In un solo anno – ha ribadito – lo scenario della radicalizzione e delle narrative è totalmente cambiato, ponendo il problema di capire le tecniche per la deradicalizzazione da adottare per le persone che hanno partecipato ad attività eversive e terroristiche e che necessitano di percorsi, orientati secondo strategie gender-generazionali e specifici per il reinserimento nella società. È essenziale – ha detto ancora – capire che vi è la necessità di affrontare efficacemente il tema della deradicalizzazione, considerando che occorre una più precisa normativa che regoli i programmi di intervento sul fenomeno».

Per la docente, occorre soprattutto precisare il significato delle parole. Per esempio, secondo la definizione dell’OCSE, con il termine “radicalizzazione” si identifica «un processo dinamico in base al quale un individuo arriva ad accettare la violenza terroristica come legittimo corso d’azione. “Risulta quindi indispensabile – secondo Martucci – comprendere che le dinamiche della deradicalizzazione seguono lo sviluppo della società e della tecnologia». 

Ha poi proseguito identificando i possibili contesti nei quali avvengono i processi di radicalizzazione.

«Uno di questi – ha sottolineato – è sicuramente quello del carcere, dove urgono di programmi rieducativi e/o di deradicalizzazione. Il nostro obbiettivo – ha ribadito – è capire come lavorare con le persone radicalizzate in funzione sempre della garanzia dei diritti inalienabili della persona,  per come tutelati nei sistemi democratici. Appunto per questo, l’adeguamento normativo e i relativi strumenti giudiziari devono sempre fare riferimento ai diritti senza farsi affascinare dal “modello cinese” di deprogrammazione mentale e religiosa come quello adottato sugli Uiguri ad esempio».

«Occorre, infatti – ha detto ancora – un bilanciamento tra garanzie e interventi securitari di deradicalizzazione che muova secondo il principio supremo di laicità dello Stato, perché la radicalizzazione non è solo religiosa ma piuttosto veicolata con  metodologia religiosa». 

La prof.ssa Sabrina Martucci ha poi affrontato l’analisi della matrice radicale islamista che in Europa risulta avere due tratti principali, essendo destrutturata e autonoma.

«Molto spesso – ha ricordato – non siamo in presenza di persone organizzate e inquadrate in vere e proprie organizzazioni terroristiche ma, al contrario, si tratta di persone che operano molto spesso in modo autonomo e privo di legami con i gruppi terroristi anche se da essi ispirati. In tale quadro, la propaganda è il più importante mezzo di guerra ed è il più difficile su cui intervenire».

Per la docente universitaria «l’operatore civile e militare che interviene nei processi della deradicalizzazione dovrà quindi essere sempre aggiornato sugli scenari geopolitici e sociali internazionali e avere consapevolezza ad ampio spettro del fenomeno. E questo per evitare che una persona condivida idee violente prima ancora di diventare un terrorista e compiere attentati. Occorre quindi disinnescare i meccanismi dell’ideologia eversiva e depotenziare la minaccia, attraverso le regole dello Stato di diritto “ecco l’essenza della mia idea di deradicalizzazione». 

La docente ha concluso evidenziando che ogni situazione è specifica e che occorrono empatia e mediazione nell’applicazione delle tecniche di deradicalizzazione, senza pensare di violare la sfera religiosa e i diritti della persona. Questa può essere la strada giusta per monitorare e affrontare  in Occidente un fenomeno ancora inquietante. (fb)

Il ricordo di quando Monica Vitti nel lontano 1997 venne all’Università della Calabria

di FRANCO BARTUCCITutto accadde nella giornata del 4 giugno 1997, su iniziativa del corso di laurea in Dams della Facoltà di Lettere e Filosofia, nonché del Comune di Rende, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e dell’Agiscuola Anec di Cosenza guidata da Pino Citrigno.

Fu un giorno indimenticabile in cui Monica Vitti, accompagnata dal marito, fu portata inizialmente nell’antica sede comunale del centro storico di Rende, dove fu accolta dal sindaco Franco Casciaro, da componenti della giunta e cittadini del posto, felici di vederla passeggiare sul corso dell’antico borgo rendese. 

Ma il suo riferimento quel giorno era l’incontro con gli studenti dell’Università della Calabria, nell’aula magna “Beniamino Andreatta”, per presentare loro i suoi libri: Sette sottane e Il letto è una rosa, pubblicati dalla Sperling& Kupfer e dalla Mondadori.

Furono in tanti a seguire quell’incontro che videro sul palco insieme a Monica Vitti, il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Franco Crispini; il Presidente del corso di laurea in Dams, Pier Augusto Bertacchini; il presidente del Cams, Gino Crisci; nonché la sociologa e docente presso la Facoltà di Economia, Renate Siebert, ed il docente di filmologia Ilario Principe.

Fu un dibattito molto puntuale e ricco di contenuti da parte dei relatori sulla vita artistica di Monica Vitti  e le storie dei due suoi libri. Ci furono molte domande poste dagli studenti all’attrice pronta a dare delle risposte sincere ed accattivanti sui film che l’hanno vista protagonista, come sui registi che l’hanno diretta, grandi “maestri” della cinematografia italiana.

«Adesso – disse quel giorno nella conversazione con gli studenti – vivo la fase più bella della mia vita artistica: quella della libertà. Mi dedico alla scrittura che è un veicolo di assoluta libertà comunicativa. Nei miei libri rivelo i dubbi, le ansie e le gioie del quotidiano».

Di ciò ne ho avuto prova quel giorno stando con lei insieme al marito nei vari momenti di spostamento da un posto all’altro fino alla serata di gala che si svolse nelle sale del cinema Garden di Rende con la proiezione del film “Polvere di stelle” con la partecipazione del balletto di Isabella Sisca. Una presenza che fa parte anch’essa della storia dell’Università della Calabria per aver lasciato una sua intensa testimonianza di donna ed attrice ai tanti giovani che in quelle ore affollarono l’aula magna, oggi intitolata alla memoria del suo primo Rettore Beniamino Andreatta(fb)

L’Università della Calabria premia 198 studenti meritevoli

di FRANCO BARTUCCIPer il 2020 l’Università della Calabria ha ricevuto la somma di 54. 547 euro per i fiondi derivanti dalle donazioni dei contribuenti del 5×1000  con la dichiarazione dei redditi.

È stato deciso  di raddoppiare questa cifra, così da avere risorse sufficienti per poter destinare il premio allo studente più meritevole per ogni anno di ciascun corso di laurea, triennale, magistrale o a ciclo unico. In tutto  ne sono stati individuati 198 e ciascuno avrà un premio di 500 euro. L’ateneo ha premiato, così, gli iscritti con il miglior curriculum universitario, in termini di esami sostenuti e voti conseguiti, predisponendo una graduatoria già pubblicata.

Per i laureati, la graduatoria ha tenuto conto della durata degli studi e del voto finale: ed in ben 60, dei 75 corsi di studio, il vincitore non solo ha concluso gli studi in corso (entro il mese di ottobre dell’ultimo anno di iscrizione); ma ha conseguito il massimo dei voti, 110 e lode. Per tutti gli altri studenti si è tenuto conto degli esami superati, almeno due terzi di quelli previsti dal piano di studi, e della media dei voti, che da bando doveva essere superiore al 27, ma che è stata ampiamente superata tanto che nella graduatoria la media complessiva è stata del 29.

«È giusto premiare l’impegno – ha dichiarato il Rettore Nicola Leone – che ogni giorno i nostri studenti profondono nello studio, lavorando con passione per costruire il loro futuro e per diventare un’importante risorsa anche per il territorio in cui vivono. Sappiamo che si tratta di un riconoscimento simbolico, che va ad un solo studente per corso e ci sarebbe piaciuto riuscire a coinvolgere ancora moltissimi altri giovani meritevoli».

«Ma per quanto piccolo – ha concluso – abbiamo tenuto particolarmente a dare questo premio, perché possa essere un ulteriore stimolo a fare sempre di più e meglio. Ai 198 premiati, che rappresentano una vera e propria eccellenza del nostro ateneo, va tutto il mio apprezzamento e l’augurio per un brillante futuro negli studi e nella vita professionale». (fb)