Università, la proposta di Anastasi (Iric): azzerare le tasse per gli studenti fuorisede

Il consigliere regionale di Io Resto in CalabriaMarcello Anastasi, ha lanciato un appello alla Regione Calabria, affinché adotti misure straordinarie per sostenere i fuori sede di ritorno e le loro famiglie: «si può seguire – ha suggerito il consigliere – l’esempio di altre Regioni del Sud, come Puglia e Sicilia, che stanno azzerando le tasse universitarie e stanno concedendo incentivi a quanti, una volta rientrati, decidano di trasferirsi da un ateneo fuori regione per iscriversi a un’università della loro terra».

Per Anastasi, infatti, «la Regione può risollevare la nostra economia e contrastare lo spopolamento aiutando a restare qui a costruire il loro futuro gli studenti e le studentesse calabresi fuorisede che sono tornati in Calabria a causa dell’emergenza Coronavirus».

«Si tratterebbe – ha spiegato il consigliere di Io Resto in Calabria – di un intervento grazie al quale studenti e studentesse iscritti fuori regione nell’anno accademico 2019-20 godrebbero di un contributo o dell’azzeramento delle tasse per iscriversi a una università calabrese per l’anno accademico 2020-21. Un’iniziativa che, ovviamente, dovrebbe essere affiancata, se non preceduta, da ulteriori investimenti mirati a garantire sostegno economico a ogni studente che si trovi in condizioni di fragilità economica».

«Già una settimana fa – ha rilanciato Anastasi – essendo la questione al centro di un dibattito nazionale, avevo lanciato questa idea ma la Regione Calabria finora non si è mossa su questo fronte. Eppure, è evidente che i vantaggi di provvedimenti simili – prosegue il consigliere regionale di Iric – sarebbero immediati per tantissime famiglie come per le Università calabresi e andrebbero anche a contrastare un male atavico della Calabria quale quello dello spopolamento».

«Vanno poi considerate – ha sottolineato il consigliere di Io Resto in Calabria – le notevoli ricadute positive che ci sarebbero per moltissime attività economiche che, evidentemente, potrebbero beneficiare della permanenza nella regione di tantissimi fuorisede per i quali la crisi si tramuterebbe in un’opportunità irripetibile per tornare e restare nella loro terra». 

«È chiaro – ha concluso il consigliere Anastasi – che ognuno deve avere la possibilità di spostarsi e realizzare altrove i propri obiettivi, ma è comunque doveroso – conclude Anastasi – che la Regione sia in prima linea per fermare l’emorragia dei cervelli e che adoperi ogni risorsa disponibile per consentire ai nostri ragazzi di rimanere qui a mettere a frutto le loro capacità e concretizzare i loro sogni». (rrm)

SVIMEZ, IL SUD RINUNCIA ALL’UNIVERSITÀ
MA ALL’UNICAL CRESCONO LE DOMANDE

di SANTO STRATI – La grande fuga dall’Università: la Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, lancia l’allarme sulla rinuncia di troppi giovani agli studi universitari, anche a causa della crisi economica conseguente al Covid. Almeno 10mila quest’anno e di questi due terzi (6300) appartengono a regioni del Sud. Per fortuna, la Calabria è in controtendenza: all’Unical ci sono già 785 domande di ammissione in più rispetto al 2019 (+ 15%) e c’è ottimismo anche alla Mediterranea di Reggio e alla Magna Graecia di Catanzaro. Un segnale importante di come i giovani calabresi abbiano in grande considerazione i percorsi formativi e di specializzazione. L’Unical, peraltro, continua a segnare incrementi di posizione nel rank di valutazione delle università più importanti al mondo e sarebbe opportuno che fossero ulteriormente allargati gli impegni della Regione nei confronti dei tre atenei calabresi. Abbiamo tre università che sfiorano l’eccellenza e rappresentano una significativa attrazione per i giovani: non ci sarebbe da stupirsi se venisse invertita la tendenza che ha caratterizzato gli anni del secondo Novecento: i giovani calabresi andavano a studiare fuori (non c’era l’università in Calabria), da Reggio a Messina, da Cosenza e Catanzaro a Napoli, Roma, Pavia, Bologna. Purtroppo, diventava spesso un biglietto di sola andata: le capacità dei nostri ragazzi venivano valorizzate e apprezzate, diventava facile farli restare. Risorse giovani, fresche capacità, che hanno fatto la fortuna del Centro-Nord. Non a caso, molti dei più apprezzati professionisti nel campo della medicina, della scienza, della giurisprudenza che occupano oggi posti di grande rilievo in tutt’Italia appartengono a quella schiera di universitari “in trasferta”, orgoglio di una Calabria matrigna che li ha lasciati andare senza mai offrire un minimo di opportunità

I tempi sono cambiati, molte problematiche rimangono: i nostri laureati sono presi di mira da multinazionali, grandi aziende, imprese europee, che intuiscono il potenziale rappresentato da competenza, capacità e voglia di arrivare. Lo ripetiamo spesso, negli ultimi trent’anni è stato rubato il futuro ai nostri ragazzi, costretti ad andar via (240mila) lasciando famiglie, affetti, qualità della vita che Milano, Roma, Londra o New York non riescono a dare. E allora occorre investire sull’università, sulla formazione, sulla specializzazione, costruendo opportunità di crescita in casa propria. Il settore è ampio: innovazione, biotecnologie, turismo, agricoltura biologica, cultura, ambiente. In ognuno di questi campi c’è bisogno di menti pensanti, di giovani capaci che sarebbero felici di mettere le proprie risorse e le loro competenze al servizio della loro terra.

L’Italia, di per sé, non brilla per immatricolazioni universitarie: secondo l’Ocse siamo al 54% contro il 73% della Spagna, il 68% delle Germania, il 66% delle Francia. Questi dati fanno emergere un basso grado di istruzione terziaria fra i 30-34enni che nel 2018 si è fermato al 34% contro una media europea del 45,8%. E nel Mezzogiorno, il dato, come fa rilevare la Svimez, scende al 26,8%, 12 punti in meno rispetto al 38,2 del Centro Nord.

La Svimez ha fatto notare che «la crisi economica 2008-2009 che si è trascinata fino al 2013 ha determinato un impoverimento delle famiglie che, non adeguatamente supportate dalle politiche pubbliche, ha provocato un crollo delle iscrizioni alle Università, soprattutto nel Mezzogiorno. Tra il 2008 e il 2013 il tasso di passaggio Scuola-Università nel Mezzogiorno è crollato di 8,3 punti percentuali, quattro volte la diminuzione del Centro-Nord (1,6 punti). In un quinquennio gli iscritti si sono ridotti di oltre 20 mila unità nelle regioni del Mezzogiorno. Anche nel Centro-Nord, la crisi aveva determinato un calo del tasso di proseguimento degli studi (-2 punti circa) ma per effetto della crescita dei diplomati non si è determinato una flessione del numero complessivo degli iscritti. La ripresa degli immatricolati e del tasso di passaggio nel periodo di debole ripresa (2013-19) ha consentito solo un parziale recupero per il Mezzogiorno, ancora lontano dai valori del 2008, a differenza del Centro-Nord che è ritornato sui valori precrisi. Secondo il dato più recente, 2019, il Mezzogiorno ha ancora 12.000 immatricolati in meno rispetto al 2008 e un tasso di passaggio di oltre 5 punti percentuali più basso. Viceversa, il Centro-Nord ha registrato per l’intero periodo un incremento di 30.000 immatricolati circa e un aumento di oltre un punto percentuale del suo tasso di passaggio».

La Svimez, alla luce di queste proiezioni, ha elaborato una serie di proposte che non dovranno essere trascurate, perché significativamente di grande impatto: «Rendere sistematica la proposta strutturale del Ministero dell’Università di estendere la no tax area da 13.000 a 20.000 in tutto il Paese, prevedendo innalzamento a 30.000.

«Prevedere, in conseguenza della crisi, una borsa di studio statale che copra l’intera retta 2020 nelle Università pubbliche, vincolata al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano di studi nel primo anno di corso.

«Considerare l’Università come fondamentale infrastruttura pubblica dello sviluppo destinando risorse specifiche del piano europeo Next Generation per rafforzare il diritto allo studio nelle regioni a più basso livello di reddito così da evitare che la crisi anche questa volta finisca per aumentare le diseguaglianze.

«Valorizzare le infrastrutture della ricerca, sostenendo le esperienze positive esistenti nel Mezzogiorno attraverso il rafforzamento di 4-5 poli di formazione, ricerca e innovazione che possano diventare attrattori di capitale umano qualificato e imprese innovative.

«Garantire un investimento sulle infrastrutture digitali che colmi il divario esistenti tra Atenei del Nord e Atenei del Sud. La crisi ha dimostrato l’utilità degli strumenti digitali e il Mezzogiorno deve farsi trovare pronto per evitare un ulteriore acuirsi del fenomeno della fuga dei cervelli in versione digitale.

«Definire un piano organico di interventi per l’Università che coinvolga anche altri livelli istituzionali. Regioni o altri Ministeri, possono fare la loro parte prevedendo ulteriori misure a sostegno dei giovani che intendono intraprendere la carriera universitaria. Non solo in termini di tasse universitarie ma anche di servizi agli studenti, trasporti pubblici, diritto allo studio. La Campania, la Sicilia, la Puglia hanno già dato ottimi segnali in questo senso».

Nel 2020 la stima sugli studenti “maturi” è di 292mila unità al Centro-Nord e circa 197mila nel Mezzogiorno. Di questi ultimi, il 3,6% potrebbe rinunciare a proseguire gli studi (percentuale che scende all’1,5 nel Centro-Nord). Ci sono, però, questi segnali positivi che arrivano dagli atenei calabresi: la voglia di crescere culturalmente con una formazione universitaria è forte e l’incremento delle domande (rispetto alla contrazione degli anni passati) lascia ben sperare. I nostri ragazzi mostrano una grande capacità, sono il nostro futuro, facciamoli studiare, ma non costringiamoli, poi, ad andar via. (s)

20.000 IN CALABRIA, L’INSOLITA MATURITÀ.
QUALE FUTURO SOGNANO I NOSTRI RAGAZZI

di SANTO STRATI – Fra circa dieci anni, i ragazzi calabresi che stamattina alle 8.30 affronteranno un insolito quanto inaspettato esame di maturità si troveranno forse a ripensare al 17 giugno del 2020, quello del post-covid, e qualcuno si troverà sicuramente a tracciare il bilancio del dopo-maturità: studi universitari, anni di speranze, di sogni, di aspettative. Molti saranno laureati da un po’, qualcuno già con famiglia e figli, forse occupati o forse no nella propria terra. Ricorderanno quest’esame senza scritti, e la speranza di copiare dal più bravo, senza la notte d’incubi prima della prova che ha accompagnato la generazione dei loro genitori o dei loro nonni. Un solo colloquio, per guardare poi al futuro. Con la consapevolezza che la scuola, nel nostro Paese, non è tenuta nella considerazione che meriterebbe. Nel post-covid si sono riaperte palestre, discoteche, club, spiagge, ma nulla è stato fatto per le università. Atenei sbarrati come fossero pericolosi serbatoi di “cultura virale”, quella che i nostri ragazzi mettono al centro del proprio avvenire. Capacità e competenza sono frutto di cultura e conoscenza: studiare è un obiettivo di futuro, non una pigra obbligazione contratta con la propria famiglia. C’è voglia di crescere soprattutto culturalmente, di sperimentare, di confrontarsi, di condividere esperienze e progetti. Sono questi i ragazzi che stamattina affrontano quest’insolita prova dove non prevale solo il più bravo, ma anche chi ha già dentro di sé un progetto di futuro. La nostra generazione di padri e di madri ha un debito nei confronti dei figli: ha offerto loro ampie possibilità di studiare, di specializzarsi all’estero, di formarsi, ma non ha saputo mettere insieme una classe politica che ponesse al primo posto il lavoro, l’occupazione e il futuro dei giovani. I nostri politicanti hanno rubato il futuro delle generazioni intermedie, non possiamo più permettere che lo rubino anche alla generazione nata in questo millennio.

Dunque, è lecito domandarsi quale futuro attende i ragazzi di Calabria del 2020. Dieci anni è il tempo che il Piano per il Sud del ministro Peppe Provenzano richiede per la sua attuazione completa: 100 miliardi che dovranno trasformare tutto il Mezzogiorno e, a maggior ragione, la Calabria in un’isola se non felice quanto meno vivibile e ricca di opportunità per i nostri laureati che, forse, potranno smettere di abbandonare famiglie, amici, affetti per cercare lavoro all’estero o nelle ricche regioni del Nord. Che si sono fatte d’oro grazie al lavoro dei nostri emigrati prima, e dei nostri cervelli poi. Cosa chiedono questi ragazzi e quali prospettive può offrire loro questa terra che è sempre a un passo dalla crescita, dallo sviluppo possibile, ma poi, immancabilmente, si ferma, offrendo in cambio amarezza e delusioni. Bisognerà vedere se i progetti di questo ambizioso disegno strategico, fatto da un meridionalista convinto (Provenzano era vice direttore della Svimez prima di diventare ministro) si scontrerà con l’ottusa burocrazia di un dirigismo regionale che deve solo scomparire.

Il Consorzio AlmaLaurea – come riferisce Il Quotidiano del Sud – nel suo XXII rapporto sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati fa emergere un dato sorprendente: il 91,6% dei laureati degli atenei calabresi è molto soddisfatto dell’esperienza complessiva maturata e quasi l’80% si riscriverebbe nello stesso ateneo.

«Facendo riferimento ai laureati nelle università calabresi, – si legge nel Quotidiano del Sud – l’indagine AlmaLaurea fornisce importanti dettagli sulla loro esperienza formativa. A tale scopo si fa riferimento ai 6.819 laureati che hanno conseguito il titolo nel 2019 (3.923 di primo livello, 1.626 magistrali biennali, 1220 a ciclo unico, i restanti corsi sono pre-riforma). Il 43,4% dei laureati termina l’Università in corso. L’età media al traguardo è di 26.2 anni. È un dato che risente del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario, poiché non tutti i diplomati si immatricolano subito all’Università. Il voto medio è 100,1 su 110.  Il 53,4% dei laureati ha svolto attività di tirocinio e il 5,9% ha compiuto un’esperienza di studio all’estero (Erasmus in primo luogo).

«Il 47,4% dei laureati ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi universitari, contro una media nazionale del 65,2%. Questo gap occupazionale segnala le più difficili condizioni che i giovani calabresi incontrano sul mercato del lavoro locale e viene confermato anche dopo gli anni dell’università. Una delle caratteristiche più interessanti dell’indagine Almalaurea è, infatti, quella di fornire un quadro abbastanza aggiornato della condizione occupazionale dei laureati ad uno e a cinque anni dal conseguimento della laurea. Il tasso di occupazione ad un anno dalla laurea per i laureati “triennali” è del 60%. Il tasso di occupazione per i laureati di secondo livello a cinque anni dalla laurea è di circa il 76% con un incremento di circa il 2% rispetto agli intervistati dell’anno precedente».

I risultati dell’ultimo Rapporto AlmaLaurea confermano che i laureati calabresi, pur essendo altamente specializzati, hanno difficoltà di entrare nel mercato del lavoro regionale a causa della debolezza dell’economia calabrese. «Si tratta – scrive il Quotidiano del Sud – di un fenomeno che, evidentemente, genera elevati costi sia per gli individui sia per la collettività. L’unica soluzione è accettare anche in piena crisi Covid la sfida della modernizzazione e specializzarsi nella produzione di beni e servizi ad elevato contenuto tecnologico che, in quanto tali, richiedono forza lavoro altamente qualificata. È in questa direzione che occorre intervenire oggi per pensare di avere tra 5-10 anni un sistema di imprese in grado di offrire serie prospettive occupazionali ai laureati che desiderano lavorare e vivere in Calabria».

Come interpretare questi numeri? Non è poi così difficile: i giovani laureati calabresi chiedono formazione e specializzazione nella propria terra, oltre naturalmente a un’occupazione che valorizzi la competenza acquisita. Le capacità dei nostri ragazzi è fuori discussione: chiedono di restare nella propria terra (fatta salva qualche esperienza “estera” che sicuramente non guasta) e di vivere mettendo a profitto per la “loro” Calabria le competenze acquisite. Fermare l’emorragia dei giovani laureati non può essere soltanto un’enunciazione di buoni propositi: occorre rivedere, da subito, le politiche della formazione, dell’istruzione, della ricerca. Le tre Università calabresi sono una invidiabilissima fucina di eccellenze, con docenti preparati e capaci, e giovani desiderosi di crescere e costruire il proprio avvenire, respirando l’aria (pulita) di casa. Non per nostalgia, ma con l’orgoglio di essere protagonisti della crescita e dello sviluppo che non ci possiamo più permettere di vedere svanire in un mare di promesse. Oggi quasi 20mila ragazzi calabresi fanno il loro esame della vita, certamente indimenticabile per le circostanze dell’emergenza, ma i nostri governanti hanno un esame ben più gravoso che li attende. È quello della loro maturità politica, che i nostri ragazzi sono pronti bocciare, da oggi ai prossimi dieci anni. E nessun potrà scusarsi di non essersi preparato bene… (s)

REGGIO: ALLA MEDITERRANEA IL RAPPORTO SULL’ ECONOMIA DELLA CALABRIA

Il Rapporto di Bankitalia sulla Calabria.

1° luglio – Presentato a Reggio, presso l’Aula Magna “A. Quistelli” dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, il rapporto su “L’Economia della Calabria” della Banca d’Italia.
Ai lavori hanno preso parte Pasquale Catanoso, Rettore dell’Università Mediterranea, da Francesco Manganaro, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane, da Massimiliano Ferrara, coordinatore del corso di Laurea Magistrale in “Economics”, da Elda Sprizzi, direttore della Filiale di Reggio Calabria della Banca d’Italia, e da Antonino Tramontana, presidente della Camera Di Commercio Reggio Calabria.
Il Rapporto è stato illustrato da Giuseppe Albanese, coordinatore del Rapporto. Sono intervenuti, coordinati da Massimo Finocchiaro Castro, docente di Economia Pubblica presso l’Università Mediterranea, Vittorio Caminiti, presidente Federalberghi Calabria, Paolo Chirico, amministratore Agrumaria Reggina. Conclude Sergio Magarelli, direttore della Filiale di Catanzaro della Banca d’Italia. (rrc)

La locandina dell’evento all’Università Mediterranea di Reggio Calabria