di PINO NANO – In tema di lotta alla mafia, nella prefazione che il sottosegretario agli Interni Wanda Ferro fa al saggio di Franco Napoli – l’Economia Legale, saggio che sarà presentato il prossimo 20 giugno a Roma alle 17.30 a Piazza del Parlamento a Palazzo Teodoli per iniziativa di Gemma Gesualdi Presidente del Circolo Brutium – non lascia spazio a false illusioni.
«Le difficoltà del tessuto economico legate prima alla pandemia, poi alla crisi energetica e all’aumento dei costi delle materie prime dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina, hanno offerto – scrive Wanda Ferro – ancora più ampie opportunità alle mafie, in particolare alla ‘ndrangheta calabrese, che di fronte ad imprenditori in crisi di liquidità possono mettere in campo enormi risorse provenienti dalle attività illecite, offrendo forme di sostegno finanziario con l’obiettivo finale di impossessarsi delle aziende».
Una strategia – riflette la donna di Governo – «che consente alle organizzazioni criminali di impadronirsi del mercato inquinando l’economia legale e di riciclare i capitali di provenienza illecita. Senza contare la capacità delle cosche, come evidenziato nell’ultimo rapporto della Dia, di intercettare i finanziamenti pubblici, in particolare quelli previsti dal Pnrr”.
Usa di proposito, Wanda Ferro, i dati della Dia per dare maggiore forza alla sua tesi.
«Nella sua relazione la Dia, con riferimento alla ‘ndrangheta, ha evidenziato la straordinaria abilità dei sodalizi criminali nell’adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo strategie di sommersione in linea con il progresso e la globalizzazione. Le cosche si sono evolute e si sono adattate alle moderne logiche di mercato: tendono ad evitare le manifestazioni di violenza, privilegiando invece una silente infiltrazione economica, che mettono in atto potendo contare sulla capacità di relazione con professionisti, imprenditori, funzionari infedeli, quell’area grigia che si fa partner delle cosche e ne agevola l’infiltrazione nel contesto economico, favorendo l’immissione di capitali illeciti nell’economia sana e il condizionamento del mercato e del sistema degli appalti pubblici».
È la tesi storica del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri che da anni avverte il Paese «di una Ndrangheta fortemente pervasiva nelle regioni industrializzate del Nord».
«Un sistema malavitoso – scrive Wanda Ferro – che emerge tanto nelle regioni del Sud quanto, e forse anche più, nelle più ricche regioni del Centro-Nord, ed evidenzia da un lato le connivenze, le complicità interessate di chi punta ad ottenere appalti, lavori, guadagni – o semplicemente teme per la tenuta della propria impresa – dall’altro una sorta di incapacità delle forze sociali di fare scattare l’allarme rispetto alla pervasività delle organizzazioni criminali, che attraverso il condizionamento delle dinamiche economiche consolidano il dominio sul territorio. L’infiltrazione avviene anche perché “il cane non ha abbaiato”, per utilizzare una espressione particolarmente efficace».
Ma come è possibile che sia accaduto tutto questo?
Per Wanda Ferro «Il “consenso sociale” è probabilmente la chiave con cui le organizzazioni criminali riescono a penetrare fino ai gangli più profondi il sistema economico e sociale dei diversi territori. Anche recenti inchieste giornalistiche hanno fatto emergere come spesso l’immissione di liquidità da parte delle organizzazioni mafiose viene recepita dalla gente come positiva. Nella realtà la distorsione del mercato, le dinamiche corruttive, l’accaparramento degli appalti a scapito di imprese rispettose delle regole, nel tempo si rivelano fattori di progressivo e inesorabile indebolimento del tessuto produttivo e imprenditoriale sano, finendo per impoverire il territorio».
Come se ne esce?
Lucidissima l’analisi che ne fa il Sottosegretario Ferro: «È un tema culturale a cui prestare grande attenzione: occorre evitare che la percezione della cittadinanza sia quella di una mafia che crea ricchezza e lavoro, al contrario di uno Stato che con gli interventi di prevenzione e repressione lascia sui territori miseria e disoccupazione. Ciò avviene ad esempio in materia di imprese confiscate, in cui la sfida è quella di consentire a quelle realtà che non costituiscono delle semplici scatole vuote o semplici società cartiere, di avere una prospettiva economica superando il cosiddetto shock di legalità. Non è facile dal punto di vista gestionale riportare nell’alveo della legalità aziende che fino al momento del sequestro avevano operato in difformità dalla legge, ad esempio in materia di retribuzione e di contributi ai lavoratori. Senza contare che con il sequestro spesso si perdono le commesse che venivano garantite dalla presenza del soggetto criminale».
Ma cosa fa lo Stato per evitare il peggio?
«L’obiettivo che, come Ministero dell’Interno, puntiamo a perseguire attraverso l’Agenzia nazionale per i Beni confiscati -precisa la Ferro– è quello di affiancare queste aziende in modo che possano restare sul mercato in maniera legale. Anche sul tema delle interdittive antimafia dobbiamo essere capaci di rafforzare i valori della legalità e del corretto svolgimento delle dinamiche imprenditoriali e della libera concorrenza, senza frenare quello dello sviluppo soprattutto nella fase attuativa del Pnrr, che necessita di rapidità ed efficienza degli interventi ma anche di messa in sicurezza delle risorse su cui incombono gli appetiti criminali. Un tema sul quale c’è anche l’attenzione del Comitato coordinamento e alta sorveglianza delle infrastrutture che ha sottoscritto con le prefetture dei protocolli di legalità in materia di prevenzione antimafia e mantiene un monitoraggio sulle opere prioritarie e strategiche».
Una sola parola d’ordine, dunque, nella prefazione che la Ferro fa al saggio di Franco Napoli.
«Sul contrasto all’illegalità bisogna fare fronte comune, istituzioni, cittadini, imprese. In quest’ottica di rete muovono i Protocolli di Legalità con cui il Ministero dell’Interno punta a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche, e che coinvolgono anche le associazioni di categoria con l’obiettivo di estendere il sistema delle verifiche antimafia anche ai rapporti economici tra privati. La documentazione antimafia costituisce uno strumento imprescindibile per arginare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nell’economia. Lo strumento della “White List”, in particolare, consente di accertare il grado di affidabilità e di integrità delle imprese, ma richiede un continuo aggiornamento e rafforzamento, anche per far fronte alle difficoltà operative legate all’elevato numero di richieste che pervengono alle Prefetture e alla necessità di effettuare accurate verifiche in breve tempo. Servono interventi normativi per rendere più efficaci le procedure – ad esempio intervenendo sul criterio di individuazione della Prefettura competente – ma anche potenziare le risorse umane e strumentali degli uffici antimafia delle Prefetture e degli organi investigativi che ne supportano il lavoro».
Ma soprattutto – conclude nella sua prefazione Wanda Ferro – è importante – «come bene emerge delle riflessioni di Francesco Napoli – potenziare la comunicazione tra gli apparati dello Stato e la condivisione delle informazioni tra pubblico e privato, per consentire alle imprese di alzare i livelli di legalità e di sicurezza aziendale».
«Ciò anche attraverso il coinvolgimento di specifiche figure professionali in grado di valutare e prevenire le situazioni di rischio, in un contesto in cui è spesso molto labile il confine tra le attività illegali e quelle legali, e in cui assume particolare rilievo l’attività di intelligence e una capillare attività̀ di monitoraggio della realtà territoriale e dei mutevoli contesti economici. L’obiettivo è quello di valorizzare l’imprenditoria sana, che opera nel rispetto delle regole, attraverso una pubblica amministrazione capace di garantire efficienza, semplificazione, trasparenza. Ma anche attraverso un interscambio di informazioni che possa consentire alle imprese di limitare i rischi esterni e concentrarsi sulle proprie risorse per essere competitive, senza dover temere le ingerenze criminali, e senza dover ricercare supporti esterni».
Insomma, un quadro di legalità che diventa virtuoso anche per la Pubblica amministrazione, perché sbarra le porte al malaffare e ai fenomeni corruttivi, mettendo al sicuro le risorse destinate allo sviluppo dei territori. (pn)