LA ZES, LO STRUMENTO PER RILANCIARE
IL SUD CHE STA DIVENTANDO INEFFICACE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Tra il 2003 e il 2017 le Regioni meridionali, dove risiede il 4 per cento della popolazione europea, hanno attratto solo l’1 per cento dell’afflusso di investimenti diretti in Europa. In termini pro capite, gli investimenti diretti alle Regioni meridionali sono stati poco più di un terzo di quelli giunti alle aree arretrate della Spagna e un quarto di quelli affluiti alla Germania orientale». Così nella relazione di Panetta nell’incontro di Catania dell’altro ieri.

In Italia non si è mai posta troppa attenzione in realtà all’attrazione di investimenti all’esterno dell’area, che sono stati ritenuti, soprattutto dalla sinistra, forme di colonizzazione. E invece in tutta Europa si compete perché gli investimenti cosiddetti “greenfield”, cioè quelli che  portano a costruzioni di stabilimenti, con relativa assunzione di dipendenti, magari con la creazione di centri di ricerca, sono molto ambiti, come si è visto peraltro con la vicenda Intel e la localizzazione degli stabilimenti relativi di tale multinazionale a Dresda. 

Cosa diversa sono gli investimenti finanziari che portano al passaggio di proprietà da una realtà nazionale a una realtà multinazionale e certamente impoveriscono i paesi che ne sono vittima.  Come si è visto nella relazione di Panetta, che peraltro riporta dati risalenti a un lavoro del 2020 della Commissione Europea, ma la situazione non è molto cambiata da allora, di Comotti, R. Crescenzi e S. lammarino, intitolato Foreign direct investment, global value chains and regional economic development in Europe, il ruolo del Mezzogiorno nell’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area è assolutamente risibile. 

Le motivazioni sono piuttosto ampie ma certamente la presenza di criminalità organizzata in tutte le aree meridionali, dalla mafia alla camorra, dalla ‘ndrangheta alla sacra corona unita, spesso scoraggia gli investitori che hanno a disposizione aree più sicure in tutta Europa, a cominciare da quelle tedesche per finire a quelle spagnole. Risulta spesso più conveniente localizzarsi in Polonia o in Ungheria piuttosto che in Campania o in Sicilia. 

L’altro elemento che gioca a sfavore del Mezzogiorno è la sua dotazione infrastrutturale, assolutamente carente come é stato riconosciuto, peraltro, unanimemente da tutta la politica nazionale, tanto che il Ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, sta lavorando alacremente per superare un gap che risale all’Unità D’Italia. 

 Ma vi sono altri due elementi che incidono pesantemente nell’escludere il Mezzogiorno dalle aree prescelte dagli investitori internazionali: il costo del lavoro e la tassazione degli utili di impresa eventuali. Mentre la ciliegina sulla torta, che fa ritenere velleitari coloro che decidono di investire al Sud, è la mole di autorizzazioni, di permessi, di passaggi infiniti che fanno sì che alla fine in molti rinuncino. 

 Con le Zes si volevano risolvere tali problemi e poiché era impensabile farlo in tutto il territorio meridionale si era pensato di limitare i provvedimenti ad alcune aree che, per esempio, potevano diventare “criminal free”, con controlli anche elettronici, certamente costosi, e un utilizzo più rilevante delle forze dell’ordine. 

Anche per quanto atteneva al problema dell’infrastrutturazione, avere delle aree limitate vicino ai porti significava poterle collegare facilmente, magari costruendo quell’ultimo miglio che in genere manca sempre, limitando l’impegno e accelerando i tempi, per esempio lavorando notte e giorno, cosa impossibile da fare, per un’area che rappresenta il 40% del territorio nazionale. 

   Per completare anche il costo del lavoro poteva essere ridotto con l’annullamento del cuneo fiscale, cosa che si sta  portando avanti con costi incredibili, ma se tale provvedimento invece che riguardare una realtà ampia si poteva limitare ai nuovi insediamenti e alle zone prescelte. 

Infine la tassazione diminuirla per tutto il sistema imprenditoriale meridionale costituisce un costo che nel tempo è difficile da sopportare. Limitarla per i primi 10 anni di insediamento e per le aree prescelte poteva essere una soluzione auspicabile. 

Infine” last but not least”, immaginatevi una semplificazione amministrativa che riguardi tutte le pratiche che si presentano provenienti da tutto il territorio meridionale, magari accentrate in un unico ministero, come è previsto con la Zes unica. Per quanto Giosy Romano ha dimostrato di essere una eccellenza l’insuccesso non è prevedibile ma sicuro. 

In realtà purtroppo Raffaele Fitto non ha ben compreso il significato profondo delle Zes, che in ogni parte del mondo, vedi caso, riguardano aree limitate. Ha voluto rifare una nuova Cassa Del Mezzogiorno, senza peraltro averne le risorse, inventandosi una Zes unica, che ha tradito gli obiettivi veri dello strumento, perché in realtà invece che attrarre investimenti all’esterno dell’area ha permesso di scegliere centralmente, come forse è giusto, gli investimenti semi pubblici da incoraggiare. 

Ma  le risorse per quanto importanti a disposizione del Governo sono sempre estremamente limitate e le Zes volevano essere la soluzione per condurre lo sviluppo del Sud attraverso capitali privati internazionali. 

Quello che ha fatto in modo determinato la Germania occidentale nei confronti della ex Ddr. Tanto che, come afferma Panetta, sono un quarto  gli importi che riguardano il  Mezzogiorno, pur avendo la ex Ddr un territorio più limitato ed una popolazione che non arriva a 17 milioni contro i 20 del Meridione. 

E allora sarebbe opportuno che il nuovo ministro, se si eviterà lo spezzatino di cui si parla, distribuendo le deleghe del ministero del Mezzogiorno a tutti gli altri ministeri, faccia  un esercizio di umiltà, cercando di capire, magari visitando le Zes  europee o quelle cinesi, il significato profondo dello strumento, per poter poi fare un passo indietro rispetto ad una decisione assolutamente superficiale, demagogica e  populista, che ha fatto tutti Caballeros. Si è accontentata la struttura produttiva esistente, che vota, e che infatti è felice del cambiamento, alla quale si continuano a dare mancette senza, invece, perseguire il vero obiettivo che é  l’aumento della capacità produttiva complessiva e non l’assistenza di quella esistente, magari consentendo ad attività ormai decotte di continuare a rimanere sul mercato. 

E scaricando sul bilancio dello Stato costi impropri, come il cuneo fiscale generalizzato, inopinatamente introdotto dal Ministro Provenzano,  che serve solo ad aumentare il consenso. Come si vede quando si fanno interventi che tendono a far crescere il consenso a breve, senza puntare agli obiettivi veri, destra e sinistra si ritrovano. 

Che i passi indietro sono sempre complicati è risaputo ma  anche  una soluzione potrebbe essere quella che si individuino le aree come era stato stato fatto anche senza plateali ritorni al passato estremamente complicati politicamente. Ma ritorniamo a far funzionare lo strumento che oggi é diventato inefficace, al di là dei proclami. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

AL SUD NON BASTA VIVERE DI TURISMO: SI
PUNTI SU AGRICOLTURA E MANIFATTURIERO

di PIETRO MASSIMO BUSETTASembra che dobbiamo metterci anche noi a sparare ai turisti con le pistole ad acqua, per convincerli a non venire più. Come hanno fatto a Barcellona o vorrebbero prendere l’abitudine  a fare i veneziani. Parlo di Napoli, Palermo, Bari, Catania, Reggio di Calabria e tutto il Sud.

Sono in molti a ritenere “pericolosa” l’evoluzione positiva del turismo nel Mezzogiorno. A costoro si contrappone chi ritiene di aver trovato la soluzione ai problemi di occupazione dell’area: sono in tanti ad affermare che si potrebbe vivere di agricoltura e turismo, senza canne fumarie inquinanti, senza petrolchimico che porta malattie tumorali, senza siderurgia di base con uno scambio lavoro/salute ormai non più non solo accettabile, ma nemmeno tollerabile. Dobbiamo deludere tutti questi e non con una altrettanta vigoria ideologica ma con la forza dei numeri.  

Assodato che l’agricoltura è una attività da Paesi in via di sviluppo e che l’agroalimentare potrà rappresentare ancora una piccola valvola che andrà a recuperare gli addetti che si perderanno nel settore primario, rimane il tema del turismo, che dopo il Covid sta vivendo una stagione vivace ed interessante. 

Bene un aumento consistente delle presenze turistiche può rappresentare una via per la soluzione dei problemi occupazionali di questa area? Bene la risposta è no, in maniera decisa e senza alcuna possibilità di essere smentiti. Intanto bisogna dire che oggi il turismo nel Sud è sottodimensionato: ha un numero di presenze, in tutto il Sud più le Isole, pari a quelle del solo Veneto e ci fa capire che strada da fare ce ne può essere ancora tanta.  

Ma anche che se si raddoppiassero in cinque anni le presenze, missione impossibile visto che siamo fermi a 80 milioni da parecchi anni, anche se questo avvenisse,  il contributo all’occupazione sarebbe nell’ordine dei 300.000 occupati in più.  Dato importante ma ben lontano dalle esigenze di un Sud che per raggiungere il rapporto popolazione occupati delle realtà a sviluppo compiuto avrebbe bisogno di creare oltre 3 milioni di nuovi posti di lavoro. 

Quindi settore importante che può contribuire in modo decisivo alla messa a regime della realtà, poiché prevede che si aumenti la mobilità, la gradevolezza delle nostre coste e dei nostri borghi, la dotazione importante delle utilities come energia e acqua, l’offerta di attività culturale, ma anche l’offerta di servizi sanitari. Ma che deve trovare nella attività logistica e nel manifatturiero pulito e di qualità il completamento per una adeguata dimensione della domanda di lavoro. 

Ma il problema del settore turistico non è solo quello della quantità di occupazione che può creare, ma anche del tipo di occupazione. Se vogliamo che si interrompa il flusso emigratorio, che porta 100.000 persone a lasciare il Sud, con un costo per le casse regionali meridionali di oltre 20 miliardi ogni anno, è necessario creare sì lavoro nel settore turistico, ma anche nella ricerca, nell’high tech, nel farmaceutico, nell’automotive, nel settore aeronautico.  

Perché dobbiamo consentire ai nostri giovani ingegneri, ricercatori, chimici, geologi, di trovare opportunità lavorative senza per forza fuggire. Bisogna fare chiarezza perché spesso il manifatturiero viene confuso con il petrolchimico, con la chimica di base o con le acciaierie tipo Ilva, che tanto danno hanno fatto ai territori dove si sono insediati, anche se nel periodo della localizzazione hanno consentito un lavoro per molti. 

Bisognerebbe cominciare a capire che esiste anche il manifatturiero buono, quello per il quale il Veneto va in conflitto con il Piemonte, in una lotta che prevede che alla fine gli ingegneri occupati devono emigrare dal Sud. Quello che porta Giorgetti fin negli Stati Uniti d’America per cercare inutilmente di convincere la Intel a localizzarsi a Vigasio, a pochi chilometri da Verona. E tale manifatturiero, che rappresenta la polpa che tutti vogliono, non porta tumori o le devastazioni di Bagnoli o Gela. Ma può essere ecologico e senza fumi, come ci insegnano tante localizzazioni importanti nel mondo. 

Quindi il futuro del Sud non può fare a meno dell’agricoltura perché consente la protezione dei suoli ed evita lo spopolamento delle campagne,  dell’agroalimentare, che valorizza le produzioni e dà una identità forte ai luoghi: cosa sarebbe la Campania senza la sua mozzarella; ma non può fare a meno, con una popolazione di oltre venti milioni di abitanti, se non si vuole lo spopolamento, della logistica con una valorizzazione seria dei suoi porti, naturalmente vocati, per posizione e conformità dei luoghi, come Gioia Tauro e Augusta, ad accogliere i grandi traffici. Mentre invece si continua con una forzatura costosissima per il Paese, a puntare su Genova con progetti, questi faraonici, che renderanno fruibile un porto che non ha né una baia adeguata né spazi per un retroporto. 

Ma ha bisogno anche di un manifatturiero adeguato, che con le Zes doveva trovare la possibilità di aumentare con l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area e che con la Zes unica rischia di far perdere quell’appeal ai territori coinvolti, estendendo l’area a tutto un Sud, che non può avere improvvisamente le caratteristiche per attrarli ( sicurezza, collegamenti, cuneo fiscale generalizzato, tassazione degli utili contenuta, semplificazione amministrativa).  

Non si distribuiscono pasti gratis si dice in economia e certamente i prati verdi e le mucche al pascolo con i campanacci sono bellissimi fin quando consentono alla popolazione di avere un progetto di futuro. Se ciò non avviene allora sarebbe bene fare i conti con la realtà e i numeri collegati. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Zes Unica, Irto (PD): Il centrodestra continua a penalizzare il Sud

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha annunciato una interrogazione per conoscere «l’esatta portata dei disagi e le iniziative, se esistono, per ridurli» in merito alla Zes Unica.

«Imposta alla cieca dal governo Meloni, la Zes centralizzata sta producendo un caos da Inferno dantesco e gravi ritardi, come conferma la sospensione sino al prossimo marzo dei termini di chiusura dei procedimenti di autorizzazione unica non ancora conclusi», ha ricordato il senatore, sottolineando come «ancora una volta, il Governo ha agito senza programmazione e organizzazione, cancellando di colpo le Zes esistenti e sottovalutandone le conseguenze per le imprese: dalle lungaggini alle complicazioni burocratiche, dalle perdite di tempo ai possibili ripensamenti».

«Peraltro, ad oggi non vi è certezza – ha rincarato la dose Irto – sul credito d’imposta. Questo succede quando nelle decisioni pubbliche prevalgono la bulimia del potere e le logiche della propaganda; quando si opera con prepotenza politica e senza confronto parlamentare; quando per il Mezzogiorno si ignorano, come nel caso dell’ex Zes della Calabria, le esperienze e le esigenze dei territori e, soprattutto, quando manca la pianificazione dello sviluppo del Sud, che il centrodestra continua a colpire e a penalizzare». (rp)

INDUSTRIALI ALLARMATI PER IL RINVIO ZES
SE VINCE LA BUROCRAZIA NON C’È SVILUPPO

di ALDO FERRARALa transizione dalle otto Zes al nuovo modello Zes per il Mezzogiorno ha subito uno slittamento dell’ultimo momento proprio nella fase di scadenza di tutti i Commissari. Il mancato trasferimento di compiti e funzioni dagli otto Commissari straordinari alla nuova Struttura di missione centralizzata ha richiesto quindi un urgente provvedimento di proroga fino al 1° marzo degli attuali Commissari straordinari. I tempi per il perfezionamento del provvedimento di proroga hanno tuttavia provocato una sensibile discontinuità nei tempi di svolgimento delle conferenze dei servizi e nel rilascio delle autorizzazioni agli investimenti. Una circostanza che basta da sola ad evidenziare la complessità della materia e ad alimentare incertezze riguardo la fluidità della transizione e la messa a regime del nuovo modello.

Da mesi ribadiamo di come sia necessario un ordinato e graduale passaggio delle consegne affrontando per tempo alcune potenziali criticità del nuovo modello di Zes che rischiano di depotenziare la validità dello strumento e la sua utilità, soprattutto in Calabria. Il Mezzogiorno viaggia a una velocità ridotta rispetto al resto del Paese. La Zes calabrese, con il suo valore aggiunto determinato dalla semplificazione burocratica per l’avvio degli insediamenti produttivi, grazie ai poteri assegnati al Commissario, e dal sistema di incentivi fiscali, stava dimostrandosi uno strumento utile a rendere la nostra regione attrattiva per investimenti interni ed esterni.

La preoccupazione forte, adesso, è che il nuovo modello renda più sfumati i vantaggi, soprattutto in termini di semplificazione e fluidità delle autorizzazioni, tanto da rendere poco attrattiva la Zes a causa di sistema di gestione che centralizza i rapporti e riduce il legame con il territorio. E in questo senso, preoccupa anche il limite minimo di 200mila euro posto all’ammontare degli investimenti nell’area Zes: il tessuto imprenditoriale, soprattutto quello locale, è formato prevalentemente da piccole imprese che sarebbero disposte a investire nella Zes, ma quel limite le tiene fuori da un’opportunità concreta, limitandone così le potenzialità di crescita e di sviluppo. Ciò anche in considerazione del venir meno del credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.

C’è poi una criticità non secondaria sollevata dagli amministratori locali: come si concilieranno gli strumenti urbanistici pianificati dai Comuni se tutto il Mezzogiorno sarà area Zes? Le deroghe urbanistiche saranno concedibili ovunque? Anche qui, è necessaria chiarezza. Così com’è necessaria chiarezza sulle risorse per la Zes unica, che attualmente appaiono inadeguate a coprire le esigenze dei territori. Non solo, mentre si prevede di erogarle “a rubinetto”, mancano ancora i moduli per le richieste e il termine ultimo di presentazione delle istanze scade il 15 novembre prossimo: in queste condizioni è impossibile programmare investimenti e pianificare nuovi insediamenti».

L’attrattività della Zes in Calabria è, poi, funzione degli investimenti in interoperabilità, servizi, ambiente, raccolta dei rifiuti e soprattutto sicurezza nelle aree industriali: senza un ecosistema accogliente, le imprese, a parità di vantaggi ottenuti dalla Zes, non sceglieranno certo la nostra regione per nuovi insediamenti produttivi. A tal fine, auspichiamo la pronta nascita dell’Agenzia regionale che sostituirà il Corap e l’immediato avvio della riqualificazione delle aree industriali».

Infine, il precedente modello aveva iniziato a dare frutti anche grazie alla stretta sinergia tra Commissario Zes e parti sociali. Il nuovo modello non prevede il coinvolgimento nella cabina di regia della Zes né delle associazioni datoriali, né dei sindacati, allargando lo scollamento tra imprese, territorio e lavoratori. Auspichiamo si ponga rimedio a questa che è una vera e propria stortura nel modello di management della nuova Zes unica, attraverso il coinvolgimento formale e sostanziale delle parti sociali. Ne va del futuro della nostra regione. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]

Perciaccante (Confindustria CS): Ridefinire nuovo piano strategico per Zes Unica coinvolgendo le imprese

«Sollecitiamo, con forza, la rapida definizione del nuovo piano strategico per la Zes Unica con il pieno, urgente ed attivo coinvolgimento del sistema di rappresentanza delle imprese». È quanto ha dichiarato Giovan Battista Perciaccante, presidente di Confindustria Cosenza nel corso della prima riunione del Consiglio direttivo dopo la sua elezione di fine settembre.

Un appello che arriva dopo «le incertezze e le indeterminatezze legate all’istituzione della cosiddetta Zes Unica per l’intero Mezzogiorno che dovrebbe rappresentare la nuova strategia di sostegno al Sud immaginata dal Governo che per il 2024 prevede un limite massimo di spesa in 1,8 miliardi di euro che appaiono assolutamente insufficienti e contraddittori rispetto alle finalità esposte in sede di presentazione della misura».

Prima di affrontare gli argomenti di natura economica alla base della manovra finanziaria che il Governo si appresta a portare nelle aule parlamentari, il presidente degli industriali cosentini ha inteso porre l’attenzione sulla recrudescenza delle azioni intimidatorie messe in atto dalla criminalità organizzata su tutto il territorio contro imprese, amministratori pubblici e perfino contro i giornalisti.

«La piena solidarietà e la nostra sentita vicinanza – ha detto il presidente di Confindustria Cosenza Perciaccante – va a tutti i soggetti impegnati ogni giorno a vario titolo nella doverosa battaglia in difesa dei principi della legalità, intesa come condizione fondamentale di libertà di fare impresa, così come di poter svolgere la propria professione, di civiltà e di rispetto per chi lavora con l’obiettivo di favorire l’affermazione del bene comune e la crescita economica e sociale del territorio».

«Agli imprenditori ed a quanti a vario titolo dovessero trovarsi nelle condizioni di subire minacce o vessazioni – ha aggiunto il leader degli industriali cosentini – l’esortazione a denunciare senza indugio sapendo di poter contare sul nostro pieno sostegno ed affiancamento all’attività delle forze dell’ordine. Nella stessa misura ed in maniera prioritaria, chiediamo allo Stato di assicurare una presenza decisa e tangibile a presidio del territorio aumentando la dotazione di uomini e mezzi indispensabili tanto per una efficace azione di prevenzione che per lo svolgimento delle indagini e le conseguenti azioni di repressione».

Registrata la piena condivisione da parte dei colleghi del Consiglio Direttivo, il presidente Giovan Battista Perciaccante è passato ad analizzare i principali contenuti del Disegno di Legge di Bilancio che, se un lato appare una manovra ragionevole nella misura in cui concentra le poche risorse disponibili sulla riduzione, seppure per il solo 2024, del cuneo contributivo; dall’altro presenta importanti e significative carenze, in particolare sul versante degli investimenti e, più in generale, per una insufficiente visione strategica in direzione della crescita e della competitività. 

«Risultano assenti infatti – ha argomentato il presidente di Confindustria Cosenza – interventi di respiro lungo dal lato dell’offerta necessari a sostenere la competitività delle imprese nel quadro dei nuovi paradigmi europei, dal Piano Industria 5.0 al sostegno della struttura finanziaria per la necessaria patrimonializzazione delle imprese». (rcs)

 

L’OPINIONE / Santo Biondo: Sulla Zes manca una visione strategica

di SANTO BIONDO – Sulla Zona Economica Speciale, il Governo procede a rilento e senza una visione strategica per il rilancio produttivo del Mezzogiorno. La Legge di bilancio, su questa specifica tematica, ha il fiato corto e non assegna la giusta strategicità a uno strumento che rappresenta una via di sviluppo importante per il Mezzogiorno e per il Paese.

Si continua a depotenziare la Zes e con l’accentramento delle competenze a Roma si profila il rischio di una paralisi inaccettabile della sua stessa operatività, ingolfando quella struttura unica che dovrà controllare lo sviluppo dei progetti. Continuiamo a pensare che aver realizzato una Zes unica, a carattere generalista, non sia stata una scelta giusta da parte del Governo, dato che noi consideriamo la Zona Economica Speciale un’importante leva di politica industriale per il Mezzogiorno, se specializzata in alcuni settori strategici e legata al sistema portuale delle regioni del Sud del Paese. Il binomio Zes-porti, infatti, può rappresentare un forte attrattore per gli investimenti privati nelle aree retroportuali.
Il rischio che vediamo profilarsi è quello di un ritorno al passato, quando errori imperdonabili di gestione hanno disseminato le aree portuali e retroportuali di capannoni industriali rimasti vuoti e inoperosi. Oggi più che mai, invece, è necessaria una politica industriale chiara e obiettivi di sviluppo precisi.
L’unico modo per non rendere inefficace la Zes è assicurare continuità agli strumenti di incentivazione e semplificazione esistenti e dare strutturalità ai finanziamenti.
Non vorremmo che si stesse operando per perseguire un progressivo svuotamento del progetto Zes. Sarebbe l’ennesimo errore che il Governo, dopo aver pensato ad un regionalismo asimmetrico a perequazione zero, compirebbe ai danni della voglia di riscatto di una parte del Paese.
Siamo convinti, infine, del fatto che sia necessario procedere all’istituzione di un osservatorio strategico, legato ai territori, che si occupi di verificare la qualità delle imprese che andranno a godere dei benefici fiscali previsti dalla Zes, che sia in grado di accertare gli impatti occupazionali dei progetti che verranno presentati, che sia capace di verificare l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro e che non dimentichi di vigilare sul rispetto delle norme sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. (sb)
[Santo Biondo è segretario generale Uil Calabria]

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: L’idea di creare tavoli tecnici per valorizzare i territori

di VINCENZO CASTELLANO – Nel tessuto di ogni nazione, i suoi territori e le comunità che li abitano rappresentano un patrimonio inestimabile. Ogni regione, città, villaggio e borgo, porta con sé una ricchezza unica di risorse, storia, cultura e potenzialità. Per sfruttare appieno questa ricchezza e realizzare il massimo delle opportunità, occorrerebbe creare un gruppo di consulenti esperti dedicati a valorizzare i territori

Questo gruppo multidisciplinare dovrebbe avere come obiettivo principale quello di trasformare le istanze dei territori in progetti concreti e sostenibili. Questa iniziativa non solo contribuirebbe a costruire un futuro migliore per tutti, ma darebbe lustro anche all’importanza di riconoscere i territori come beni comuni con un valore intrinseco.

Le comunità locali rappresentano il cuore pulsante dei territori e coinvolgere attivamente le persone che vivono in un luogo è fondamentale per identificare le esigenze reali e le opportunità latenti.

Da qui parte la riflessione che faccio e l’idea di formare un gruppo di consulenti esperti capace di interpretare le esigenze ma anche le potenzialità dei territori. Questo gruppo non deve essere visto come un qualcosa di estraneo o esterno, ma come un partner che lavora in sinergia con i residenti, ascoltando le loro storie, le loro preoccupazioni e i loro sogni.

Le amministrazioni locali, qui, giocano un ruolo cruciale in questo processo. Ed è proprio a loro che mi vorrei rivolgere in modo che questa idea possa partire da chi si interessa del benessere di una comunità in un determinato contesto territoriale. È necessaria la stretta collaborazione tra il gruppo di consulenti esperti e le istituzioni locali in modo da assicurare che i progetti siano allineati con le politiche pubbliche e le leggi locali. Inoltre, è necessario anche coinvolgere la società civile, compresi rappresentanti di organizzazioni non profit, associazioni e imprenditori locali, così da garantire una prospettiva più ampia e inclusiva.

L’obiettivo fondamentale di questo gruppo multidisciplinare sarebbe quello di trasformare le istanze dei territori in soluzioni concrete. Questo potrebbe ricomprendere progetti di sviluppo economico, turismo sostenibile, conservazione del patrimonio culturale, miglioramento delle infrastrutture o iniziative sociali. L’approccio olistico e innovativo assicura che le soluzioni siano comprensive ed efficaci.

Per valorizzare un territorio in modo completo, è essenziale pensare a progetti a lungo termine. E questo gruppo di consulenti esperti non dovrebbe concentrarsi solo su interventi a breve termine, ma dovrebbe pianificare progetti che siano sostenibili e che abbiano un impatto duraturo. Questo garantirebbe i benefici sia all’attuale generazione che a quelle future.

L’importanza, ma anche l’esigenza, di costituire un gruppo di consulenti esperti dedicati a valorizzare i territori sarebbe un passo verso la costruzione di un futuro in cui ogni territorio esprimerebbe appieno il suo potenziale, arricchendo le nostre vite e contribuendo al bene comune globale.

LAMEZIA – Comune e Lamezia Europa: Bene pubblicazione bando sicurezza aree industriali Zes

Il sindaco del Comune di Lamezia, Paolo Mascaro, che il presidente ed il dirigente della Lameziaeuropa Leopoldo Chieffallo e Tullio Rispoli, hanno espresso apprezzamento per pubblicazione, da parte del Commissario Zes Calabria Giuseppe Romano, del bando sicurezza aree industriali Zes Calabria.

Il bando prevede risorse finanziarie pari a 19,8 mld di euro già stanziate dal ministero dell’Interno a maggio 2023, su proposta del Sottosegretario Wanda Ferro, in stretta condivisione col presidente della Regione, Roberto Occhiuto, per l’appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori riguardanti la realizzazione delle infrastrutture per la sicurezza nelle aree industriali della ZES Calabria tra cui rientra con 351 ettari l’area industriale di Lamezia Terme.

Un plauso particolare al Commissario Romano ed alla struttura operativa della Zes Calabria coordinata da Fabrizio D’Agostino che anche in questa occasione hanno dimostrato grande capacità operativa che permetterà entro novembre 2024 di “mettere a terra” concretamente le risorse finanziarie stanziate e realizzare moderni impianti di sorveglianza e monitoraggio ambientale delle aree industriali calabresi collegati, per un efficace controllo ed intervento, direttamente con le forze dell’ordine che operano sul territorio. Infrastrutture per garantire maggiore sicurezza per le imprese insediate che insieme a quelle digitali e telematiche rappresentano un prerequisito fondamentale per migliorare la competitività delle imprese già insediate e per attrarre anche attraverso gli incentivi previsti, quali il credito d’imposta, nuovi investimenti produttivi nel Sud.

La realizzazione nei tempi previsti di questo importante intervento infrastrutturale rappresenta un ulteriore tassello positivo per la piena operatività della Zes Calabria, che riguarda 351 ettari ricadenti nell’area industriale di Lamezia Terme, frutto del qualificato lavoro svolto a partire da settembre 2022 dal Commissario Zes Giuseppe Romano, che ha portato, nel gennaio 2023, al rilascio, in 5 giorni lavorativi, della prima autorizzazione unica mediante protocollo digitale in area ZES proprio a Lamezia alla società del gruppo Callipo già insediata nell’area industriale ed allo stato attuale al rilascio di oltre 30 autorizzazioni ed alla concreta erogazione, alle imprese che stanno investendo, di oltre 20 crediti d’imposta Zes. (rcz)

Zes, pubblicato il bando sicurezza

È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale (dopo la pubblicazione in Gazzetta europea) il bando per l’appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori previsti dal progetto “Infrastrutture per la sicurezza nelle aree industriali della Zes della Calabria”. A maggio scorso il progetto, che stanzia risorse per 19,8 milioni di euro, aveva avuto il via libera dal Ministero dell’Interno che lo aveva selezionato nell’ambito del Poc-Pon legalità 2014-2020.

La pubblicazione del bando di gara avviene in perfetta linea con i tempi previsti e consentirà di eseguire le opere in meno di un anno con il progetto esecutivo a carico dei partecipanti. Si sono così prevenute eventuali richieste di varianti e dilatazione dei tempi. «Abbiamo profuso ogni sforzo per garantire che le aree industriali della Calabria potessero beneficiare di una infrastruttura fondamentale come la sicurezza», commenta il commissario della Zes Giosy Romano. «Queste opere saranno determinanti per aumentare l’attrattività di nuovi investimenti. Ancora grato all’onorevole Wanda Ferro ed al Presidente Occhiuto e alla sua Giunta per la sinergia massima messa in campo per ottenere il finanziamento che non è rimasta fine a sé stesso ma ha permesso alla struttura Zes di dare risposte concrete in tempi finora inimmaginabili».

«L’impegno del presidente Meloni e del ministro Piantedosi – commenta il sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno Wanda Ferro – è quello di assicurare condizioni di piena sicurezza all’interno degli insediamenti industriali e in particolare delle aree Zes, presupposto necessario per garantire la competitività delle iniziative imprenditoriali, soprattutto al Sud. Dopo il decreto del Viminale del maggio scorso di ammissione al finanziamento, abbiamo pubblicato in tempi record il bando per il progetto presentato dal commissario Romano, che prevede la realizzazione di moderni impianti di sorveglianza entro novembre 2024 a sostegno delle attività imprenditoriali poste all’interno delle aree Zes della Calabria».

Molto soddisfatto si dichiara l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Rosario Varì: «Il progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione tra il Ministero dell’Interno, il Commissario Zes e la Regione Calabria, a dimostrazione che la sinergia tra Enti produce significativi e tangibili risultati. Saranno garantiti un sistema di video sorveglianza, il controllo degli accessi e il monitoraggio ambientale nelle aree industriali calabresi facenti parti della Zes, tutti elementi di fondamentale importanza tanto per le imprese presenti che per quelle che vorranno insediarsi. La sicurezza delle aree industriali costituisce infatti un presupposto ineludibile per favorire l’attrazione degli investimenti e la conseguente crescita del tessuto produttivo nel territorio regionale».

L’OPINIONE / Giuseppe Neri: il Sud ha un ruolo strategico per l’Italia, per l’Europa e il governo Meloni,

di GIUSEPPE NERI – Il Sud ha un ruolo strategico per l’Italia, per l’Europa e il governo Meloni, in questi 10 mesi, ha dimostrato massima attenzione  al Meridione.

La Zes (zona economica speciale) è la dimostrazione di ciò e per la nostra Regione è sicuramente, una grande opportunità di crescita in quanto può attrarre nuovi investitori, anche esteri.

La Calabria, terra che vanta una storia millenaria, ricca di risorse naturali, un inestimabile patrimonio architettonico, talentuose professionalità da impegnare in questa difficile ma possibile crescita economica, culturale, sociale e tutto il Sud, possono avviare una nuova stagione di investimenti con ricadute rilevanti sull’occupazione. Tra le priorità della giunta Occhiuto in piena sinergia con il governo Meloni, rientrano i trasporti, le infrastrutture, un masterplan per la SS106 Jonica, la riprogettazione per la statale 18, occupazione, sanità, servizi, Pnrr.

E ancora, l’alta velocità fino a Reggio Calabria che, assieme al rilancio dell’aeroporto “Tito Minniti”, costituiscono le infrastrutture connesse alla realizzazione del ponte sullo Stretto. Peraltro, la completa valorizzazione delle enormi potenzialità dei porti di Gioia Tauro e il potenziamento di quello di Reggio e di Saline Joniche, possono costituire uno strumento di sviluppo e crescita. In tale contesto proseguiremo l’attività istituzionale nell’ambito dell’Area dello Stretto, che rappresenta la vera sfida per il futuro di Reggio. Sfide che dobbiamo portare a termine per dare finalmente, un futuro più stabile ai nostri cittadini. Non sono ammessi errori, andiamo avanti con impegno e idee progettuali da realizzare in tempi brevi.

Per Fratelli d’Italia e per tutto il centro destra regionale e nazionale, gli obiettivi da raggiungere sono tanti e volontà del partito è di organizzare su tutto il territorio calabrese, giornate di studio e confronto con la comunità, le istituzioni, il mondo associazionistico, i giovani, gli ordini professionali per avviare un dialogo costruttivo. Insieme possiamo creare sviluppo non solo per il Mezzogiorno, ma per l’intero Paese. (gn)

[Giuseppe Neri è consigliere regionale di Fdi]