ZES 6 ANNI DOPO SARÀ UNICA PER IL SUD
I DUBBI SUL SUO REALE FUNZIONAMENTO

di ERCOLE INCALZA – Negli ultimi giorni è sempre più cresciuta una critica nei confronti della cosiddetta Zes Unica e, forse sarebbe opportuno affrontare una simile nuova scelta dell’attuale Governo seguendo questo approccio metodologico: prima analizzare in modo asettico la vecchia norma che istitutiva le Zes nell’intero Mezzogiorno.

dopo esporre i motivi che hanno portato alla scelta della Zes Unica e le logiche da seguire per raggiungere davvero quei risultati che finora non si sino raggiunti con l’impostazione precedente.

Sinteticamente riporto di seguito le mie critiche alle Zes istituite con il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91. Intanto faccio una premessa: il lavoro svolto dai vari Commissari è stato encomiabile e le mie critiche non sono assolutamente rivolte al loro operato. Tuttavia il primo dato negativo, da addebitare essenzialmente ai Governi che si sono succeduti ed alle otto Regioni, è legato al fatto che dopo oltre sei anni non si è fatto nulla o pochissimo e sicuramente quanto prima potremo disporre di un altro provvedimento magari prodotto da un condominio o da più condomini di palazzi ubicati o nella città di Napoli o di Palermo.

Scherzo ma mi sembra davvero assurdo che si continui a parlare di una iniziativa che, per come è stata concepita e per come è stata gestita, ormai è solo da dimenticare ed è una eredità che la ex Ministra per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna avrebbe fatto bene a non cercare di apportare ulteriori modifiche. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito ripeto sei anni fa e cercare intanto di capirne innanzitutto il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè:

Dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (Tent-T).

Dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; Dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali.

Dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

Invece, solo in Sicilia ci sono le seguenti ZES: ZES Sicilia occidentale con i comuni di Caltavuturo, Palma di Montechiaro, Misilmeri, Salemi, Campofelice di Roccella, Custonaci, Ravanusa, Calatafimi, Cinisi, Gibellina e Serradifalco; ZES Sicilia orientale con i comuni di Avola, Militello in Val di Catania, Carlentini, Vittoria, Francofonte, Solarino, Scordia, Floridia, Vizzini, Acireale, Rosolini, Pachino, Troina, Lentini, Palazzolo Acreide, Ragusa, Niscemi, Gela, Mineo e Messina; altre aree individuate sono tre portuali (Porto Empedocle. Porto dell’Arenella di Palermo, Porto di Augusta) e due aree industriali (ASI di Caltagirone e la zona di San Cataldo Scalo insieme alla zona industriale di Calderaro nel Comune di Caltanissetta).

Cioè nella sola Sicilia ci sono 36 aree elette a Zes, in tutta la Ue le aree elette a Zes sono 91. Questo dato dimostra la deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zes e rende davvero priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento.

Questo fallimento di una scelta nata per rilanciare il Sud purtroppo non rappresenta una sorpresa perché rientra in un preciso codice comportamentale che si caratterizza come “pura clientela programmatoria” o in modo più chiaro come “la gratuita soddisfazione dell’organo politico nella elencazione delle risorse ottenute, nella elencazione degli impegni assunti”; sì anche di quelle ridicole come per l’Area industriale di Taranto (solo 8,1 milioni di €), Area industriale di Potenza (solo 20 milioni di €), Area industriale di Matera (solo 30 milioni di €).

Però tutto è rimasto, purtroppo, pura elencazione di procedure e di atti, una elencazione che avrebbe continuato ad illudere il Mezzogiorno per poi concludersi nel nulla.

Per essere concreti riporto esempi di notizie rassicuranti fornite fino a pochi mesi fa dagli organi locali:

Allo sportello unico digitale della Zes Campania sono state presentate 78 domande per diversi settori merceologici: oltre a logistica e farmaceutica, spiccano metalmeccanica, tessile e automotive, quelli autorizzati sono 16 con investimenti per complessivi 120 milioni ed un migliaio di posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della ZES Adriatica (una ZES a cavallo delle Regioni Molise e Puglia) sono arrivati 71 progetti e le autorizzazioni rilasciate sono 18 per un valore globale degli investimenti di 450 milioni di euro e circa 2.000 unità di nuovi posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della Zes Jonica (una Zes a cavallo delle Regioni Puglia e Basilicata) sono finora arrivate 22 domande per complessivi 40 milioni con una ricaduta occupazionale di 250 unità. In Calabria sono arrivate quattro domande e forse sono state autorizzate 2. Strano se si tiene conto della presenza di un HUB portuale come quello di Gioia Tauro. In Abruzzo su sei domande sono state rilasciate tre autorizzazioni con una ipotesi di investimenti pari a 32 milioni di euro ed una ricaduta occupazionale di 150 posti.

Nella Sicilia occidentale su 18 domande presentate è stato concluso l’iter autorizzativo per tre progetti. Nella Sicilia orientale su 37 domande ne sono state autorizzate attualmente un numero di 8.

Alla Zes Sardegna sono pervenute 4 domande e ne sono rilasciate 2. A questa serie di notizie se ne aggiunge una che fa davvero paura, mi riferisco alla seguente dichiarazione del Commissario delle Zes Campania e Basilicata e coordinatore delle otto aree Giuseppe Romano: «Temiamo che questo processo possa fermarsi alla fine del 2023 infatti la cessazione del credito di imposta al prossimo 31 dicembre rappresenta una criticità. Crediamo che questa agevolazione vada legata al periodo di vigenza delle Zone Economiche Speciali, sette anni, per consentire alle imprese che i investono di ragionare sul lungo periodo senza essere costrette ad effettuare l’intero esborso di capitale entro il 2023».

Oltre a questa clausola non possiamo dimenticarne un’altra prevista sempre nel Decreto Legge istitutivo delle ZES n.91 del giugno 2017, convertito nella Legge 3 agosto 2017 n.123 e che precisa: «le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno sette anni   dopo   il   completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti».

Appare evidente che sono passati ormai quasi sei anni e siamo praticamente fermi ai gratuiti ed ottimistici comunicati stampa; mi sembra di essere tornato indietro di mezzo secolo quando nel 1967 furono definite con apposita Legge, sempre nel Mezzogiorno, 46 Aree di Sviluppo Industriale (Asi) e di queste oggi ne esistono forse realmente operative appena 6.

Veniamo ora alla Zes Unica e ritengo che questa scelta genererà una riforma organica dell’intero “Sistema Mezzogiorno”, dell’intero sistema formato da otto Regioni. Perché ritengo che questa scelta possa essere motore di una vera riforma? Perché, finalmente, scopriamo le omogeneità che legano le otto Regioni e forse una simile scoperta spero possa diventare la base di una rivisitazione profonda dei comportamenti le singole realtà regionali.

Cerco di elencare tali omogeneità: Sono tutte otto all’interno dell’obiettivo uno, cioè tutte hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea. Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del PIL nazionale

Il Pil pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22 mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17 mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26 mila euro per arrivare addirittura a 40 mila euro.

I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili; per la offerta di servizi socio – assistenziali si passa da 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro. Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro all’anno

La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni. Ebbene, questa omogeneità deve portare ad un’azione congiunta delle otto Regioni verso scelte non localistiche, verso proposte che non perseguano vantaggi per determinati ambiti territoriali in danno di altre realtà.

La Zes Unica, quindi, produce automaticamente quello che Claudio Signorile definisce giustamente un assetto federativo e forse questo nuovo impianto istituzionale potrebbe portare alla istituzione di una sede in cui le otto Regioni possano: Identificare congiuntamente le sedi da promuovere come ambiti ottimali da incentivare. Equilibrare congiuntamente i nodi logistici che esaltano le funzioni di determinare realtà.

Definire ed approvare insieme l’accesso e l’uso delle risorse. Potrebbe nascere come primo atto concreto un Comitato Interregionale per l’attuazione della Zes Unica ed un simile strumento dovrebbe avere al suo interno oltre alle otto Regioni, il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministro delle Imprese e del Made in Italy

Per raggiungere la organicità del processo sarà necessario costruire un organismo catalizzatore, sì qualcosa di simile alla Cassa del Mezzogiorno, cioè una sede in cui: Evitare la creazione di aree forti e di aree deboli; Evitare la mancata attivazione della spesa; Evitare errori nella gestione delle aree produttive; Evitare una sudditanza delle realtà produttive del Sud nei confronti di quelle del Nord specialmente per quanto concerne i sistemi logistici. (ei)

LA MACROREGIONE DEL MEDITERRANEO
UN’OPPORTUNITÀ PER LA CALABRIA E IL SUD

di ENRICO CATERINI ed ETTORE JORIO – Due pezzi in più per dare alle politiche UE un maggiore respiro per il Sud del Paese e del Mediterraneo intero, proiettato quest’ultimo su quaranta regioni subnazionali (11 italiane, ovviamente rivierasche ma non comprendenti il Molise e la Basilicata), delle quali tantissime extra europee. Il tutto funzionale a generare, in una prospettiva non di lungo periodo, una macroregione mediterranea avente l’obiettivo di proporre alle rispettive comunità sociali una sorta di cittadinanza mediterranea.

Una iniziativa domestica e un’altra internazionale organiche ad un diverso sviluppo delle politiche unionali

Sul piano interno la Zes Unica, che – se ben collaborata dagli interventi del PNRR e dei fondi ordinari UE – costituirà un strumento attuativo di politiche di crescita che rintraccino e realizzino iniziative di successo nelle regioni del Mezzogiorno.

Sul piano dell’UE, la Intermediterranean Commission (IMC), rappresentativa di uno dei sei ambiti di intervento della Conference of Peripheral Maritime Regions (CRPM), è finalizzata ad occuparsi dello sviluppo del dialogo euromediterraneo sui temi della cooperazione territoriale. Più esattamente, dei trasporti, della politica marittima integrata, della coesione socio-economica, dell’acqua ed energia, fattori determinanti per le economie e l’occupazione delle regioni coinvolte.

Un assist importante per le Regioni italiane, messe così in condizione di sviluppare le loro politiche territoriali di trasporto e di movimentazione dei loro porti, con un serio ingigantimento dell’indotto in favore anche degli enti locali, specie se messo direttamente in relazione con iniziative favorite dalla Zes Unica.

Gli atti negoziali dei quali non potere fare a meno

Quanto alla coesione – in linea con il regolamento interno di funzionamento, implementato di recente – essa la si potrà concretizzare attraverso una carta convenzionale dei diritti, dei doveri e delle libertà fondamentali.  Insomma, un trattato internazionale vero e proprio con cessioni di parziale sovranità nelle materie attribuite.

Relativamente alla cooperazione sono, invece, da distinguere:

quella per l’acqua e l’energia, da disciplinare verosimilmente attraverso un accordo che assicuri ai cittadini del Mediterraneo il minimo vitale pro-capite (equivalente ad un LEP) di acqua e di fonti energetiche;

quella afferente ai trasporti, attraverso l’individuazione di una area libera di circolazione (di capitali, merci, servizi e lavoratori) circummediterranea, di investimenti infrastrutturali stradali e portuali, di reti digitali e informative a gestione comune.

I migranti circolanti come risorsa

Tra le legittime aspettative dell’IMC c’è, ovviamente quella di incidere positivamente nelle politiche migratorie, promuovendo e monitorando le iniziative più utili a favore di una crescita strutturale – del tipo il progetto geo-politico Mattei – intese ad incidere direttamente sui tessuti di vita, produzione e consumo delle regioni più povere.

In un siffatto particolare momento, l’iniziativa istituzionale comprende anche l’analisi della contingenza e di rimozione dello stato di disagio di genere che caratterizza e penalizza il quotidiano femminile nell’esigere i diritti fondamentali, spesso segnatamente negati in una parte di quest’area geo-demografica.

Una guida che riconosce al Mezzogiorno un corretto protagonismo

A presiedere l’Assemblea Generale è stato chiamato il numero uno della Regione Calabria, il presidente Roberto Occhiuto, un modo per pretendere dall’estremo sud dell’Italia continentale la svolta di una geografia che metta insieme, l’una di fronte alle altre, Nazioni diverse, di sovente confliggenti in termini culturali, religiosi, di produttività e di ricchezza. In quanto tali, alcune di esse afflitte da gravi gap di uguaglianza sociale e di democrazia praticata. Difficile, quindi, il ruolo di dirigere i lavori e di mediare le decisioni, impossibili da assumere se non a seguito di percorsi formativi e di approfondimento delle politiche attive, da progettare e attuare, compatibilmente con le regole internazionali che dovranno stimolare cambiamenti regolativi interni dei singoli Paesi di appartenenza delle anzidette quaranta regioni.

Insomma, il «conoscere per deliberare» è il primo traguardo da raggiungere ovunque per divenire simili percettori dei diritti, così come a monte sarà difficile effettuare preventivamente il percorso correttamente ricognitivo dei singoli fabbisogni, perché estremamente differenziati.

Lo sviluppo delle politiche di crescita unitaria dovranno, pertanto, passare gradatamente dalla condizione di miraggio a quella di realtà seppure differita.

Una mission istituzionale da spendere in favore della pace

Guardando bene la circoscrizione geografica di competenza della Commissione Intermediterranea, identificativa del perimetro marittimo del Mare Nostrum, si arguisce un possibile interessante intervento “diplomatico”, invero, sino ad oggi trascurato.

Considerata l’estensione della condizione geofisica del Mediterraneo, tale da fare rientrare la competenza di esercizio anche entro le dodici miglia del Mare Nero (con rivieraschi Turchia, Iran e Iraq), l’IMC potrebbe proporsi come strumento di sviluppo esteso alla Crimea (Russia) e al territorio di Odessa (Ucraina), entrambe impegnate sul tema dei trasporti per mare. In quanto tali, destinatari di politiche di crescita di un Mediterraneo unitario, funzionale all’esercizio di politiche di pace reale. (ec-ej)

Vedi il documento finale dell’Assemblea della Commissione Intermediterranea votato lo scorso giugno a Villa San Giovanni

 

CON ZES UNICA, UN MEZZOGIORNO DIVERSO
NON INTERVENTI SPARSI, MA COORDINATI

di ETTORE JORIO – Il Mezzogiorno espunto dalla Costituzione revisionata nel 2001 è rientrato dalla porta principale delle politiche solidaristiche e agevolative del Governo. Lo ha fatto con il DL per il Sud n. 124/2023, divenuto da poco legge dello Stato (legge n. 162 del 13 novembre scorso).

Un Mezzogiorno diverso dal solito

Tuttavia, il Mezzogiorno è stato (ri)concretizzato in una composizione geografica monca di quella parte del Lazio a sud di Frosinone, che godette più che altrove dei benefici erogati dalla allora Cassa del Mezzogiorno.

Insomma, un Mezzogiorno ad otto che comprende Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, sotto l’effigia di Zes Unica.

Una ratio, quella di costituire una Zes unica nazionale, che dà un ampio riconoscimento alle ragioni che imposero ai Padri costituenti di renderlo elemento interiorizzato della Carta costituzionale. Ciò nella logica di volere dare attuazione ai valori della solidarietà e di una rinnovata attenzione a favorire una tangibile unità economica nazionale attraverso il ricorso ad una programmazione di risorse comunemente destinate dall’UE alle regioni in ritardo.

Una regola ripristinata che, da una parte, consentirebbe uno sviluppo comune alle anzidette Regioni costrette così ad esercitare politiche favorevolmente aggressive contro le cause dei ritardi che ne hanno rallentato la crescita e, dall’altra, alleggerirebbe attraverso il conseguimento, nel tempo, dello sviluppo il peso della perequazione gravante sull’imposizione generale a compensazione della attuale povertà di gettito fiscale territoriale.

Una occasione per accelerare, ma non in curva

Una condizione teoricamente ideale che impone, finalmente, investimenti, caratterizzati da una unicità progettuale e una crescita unitaria, difficile da conseguire ma più possibile rispetto a ieri.

Le domande da porsi sono diverse.

Prioritariamente cosa significhi Zes Unica e cosa comporti. Zes Unica per il Mezzogiorno, oltre che recuperare l’errore di averle istituite per dividere di più quanto negativamente differenziato, è funzionale a generare un sistema di governance monolitico, basato su una struttura unica nazionale funzionale a semplificare e razionalizzare gli interventi, attraverso politiche di coordinamento. Ciò senza alterare minimamente l’autonomia delle Regioni e degli enti locali. Questi infatti rimarranno sempre i protagonisti delle opportunità di investimento. Un ruolo difficile a comprendersi se non si tiene nel debito conto di che cosa sia nel concreto lo strumento operativo denominato Piano strategico di sviluppo della Zes che reca, a valle, consistenti benefici fiscali e semplificazioni procedurali per le imprese che decideranno di insediarsi ivi e per quelle già esistenti. Alla luce di siffatte agevolazioni, la Zes Unica si rende garante di politiche coordinate che specializzino i singoli territori regionali, sulla base delle loro peculiarità territoriali e delle infrastrutture liberamente programmate attraverso anche il ricorso alle risorse del Pnrr.

Dubbi comuni

Vengono pertanto a porsi degli interrogativi più specifici ai quali fornire le risposte adeguate. Essi riguardano: le modalità di sviluppo del progetto industriale della ZES Unica; la sua direzione affidata ad una Cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio con funzioni di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio, cui competerà al suo esordio la redazione del regolamento di organizzazione dei lavori; la sua durata; i settori, eventualmente privilegiati, di intervento produttivo e quelli esclusi; l’entità e il percorso, infine, di godimento delle agevolazioni incentivanti e delle semplificazioni amministrative.

Il piano industriale è dimostrativo della visione strategica di somma, nel senso di riassunzione delle linee delle Regioni tradotte in una azione unitaria e coordinata della durata di un triennio, a partire dall’1 gennaio 2024. I settori di intervento strategico sono tutti quelli capaci di sviluppare e rafforzare, in modo organico, la capacità produttiva del Mezzogiorno, rendendolo massimamente attrattivo per  le nuove iniziative, specie di grande portata, determinanti un sensibile incremento del patrimonio produttivo, culturale e naturale. Gli incentivi e le facilitazioni sono segnatamente interessanti, atteso che riguardano importanti crediti di imposta godibili a seguito degli investimenti realizzati e sostegni finanziari ai relativi progetti avviati dalle imprese finalizzati a generare incremento nell’area della ZES Unica.

Tra le semplificazioni amministrative presiede l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e il riconoscimento, a tutto il 2026, dell’anzidetto credito di imposta, previsto nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 notificata all’UE (di gran lunga più consistenti di quella scaduta 2014-2020), operante a fronte dell’acquisizione di beni nuovi strumentali alla produzione. Tali benefit erariali saranno differenziati, maggiori per Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, medi per Basilicata, Molise e Sardegna, più bassi per l’Abruzzo

Autonomia nella programmazione e condizioni diseguali tra Regioni ordinarie e a statuto speciale

La costituzione della Zes Unica pone tuttavia la necessità di una considerazione, che è primaria per il suo buon esito. Essa riguarda le attività che ciascuna Regione dovrà svolgere in termini di definizione delle proprie politiche, garanti della rispettiva autonomia e – per quanto riguarda la Sardegna e la Sicilia – della loro specialità statutaria, e dei limiti che imporrà il progetto di sviluppo unitario della Zes Unica alla loro programmazione ordinaria. Un evento che, così come se ne discute di sovente, sembra assumere sempre di più la previsione di un acconto alla costituzione di una macro-Regione del Mezzogiorno. Una osservazione che assume però una maggiore preoccupante importanza per la velocità del suo esordio, prevista per l’inizio del prossimo anno, e la brevità del godimento relativo, peraltro in netta coincidenza con gli interventi del Pnrr, dei quali invero si sa poco o nulla. Al riguardo, un problema sarà quello di affrontare il tema delle gare già in via di perfezionamento da parte delle vecchie Zes regionali o comunque di loro interessamento (si veda NT+Enti Locali&Edilizia del 16 novembre scorso).

Un altro tema da affrontare, e presto, sarà quello di riconsiderare la previsione applicativa della Zes Unica con quella attuativa del regionalismo differenziato, che potrebbe offrire l’occasione alle anzidette Regioni ordinarie di ragionare su una rivendicazione comune delle materie soggette a differenziazione in modo da raggiungere una sorta di omogeneità legislativa con quelle a statuto speciale. Una necessità, questa, per dare più legittimazione al Ponte sullo Stretto da parte della Regione Calabria.

Quanto alle previsioni occupazionali ad hoc risultano interessanti: circa 2.500 unità, di cui 71 al Dipartimento per le politiche di coesione di Palazzo Chigi e 266 a tempo determinato, a fronte delle quali insorge qualche sospetto sulla idoneità delle procedure assunzionali. (ej)

(Ettore Jonio è avvocato, professore all’Unical, editorialista de Il Sole 24 Ore)
[Courtesy Il Sole 24 ore – Norme e Tributi]

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: Il ruolo della Zes unica, infrastrutture e alta velocità

di VINCENZO CASTELLANOLa recente pubblicazione della legge di conversione del decreto Sud in Gazzetta Ufficiale segna un’epoca di grandi aspettative e speranze per il Mezzogiorno. Con l’istituzione di una zona economica speciale (Zes) unica, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, si apre un nuovo capitolo nello sviluppo economico di quest’area storica del Paese. Questa legge, numero 162 del 13 novembre 2023, rappresenta un passaggio chiave per rilanciare le regioni del Mezzogiorno, offrendo una struttura più unificata e semplificata per le attività economiche e imprenditoriali.

La nuova legge si concentra sulle misure di semplificazione amministrativa, cruciali per attrarre investimenti e stimolare l’attività economica. L’autorizzazione unica per l’avvio di attività economiche, industriali, produttive e logistiche è un cambiamento significativo, destinato a ridurre la burocrazia e a rendere il Mezzogiorno una meta più allettante per gli imprenditori.

Il credito d’imposta previsto dalla legge per le imprese che investono nella Zes unica è un altro pilastro fondamentale. Coprendo regioni come Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e le zone assistite dell’Abruzzo, questa iniziativa incentiva gli investimenti in beni strumentali nuovi, cruciale per la crescita e l’innovazione.

Il Piano strategico triennale per la Zes Unica, in allineamento con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), definirà i settori prioritari e le linee d’azione per lo sviluppo della zona. Questo aspetto assicura che gli sforzi siano coerenti con gli obiettivi nazionali più ampi, garantendo un impatto duraturo.

L’istituzione della Zes unica è solo una parte di un disegno più ampio che comprende anche il potenziamento delle infrastrutture, come la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria e del ponte sullo stretto di Messina. Questi progetti infrastrutturali sono essenziali per migliorare la connettività del Mezzogiorno con il resto dell’Italia e dell’Europa, facilitando gli scambi commerciali e attirando ulteriori investimenti.

L’alta velocità e il ponte sullo stretto non sono solo simboli di modernizzazione, ma strumenti attivi per ridurre il divario economico e sociale tra il nord e il sud del paese. La loro realizzazione potrebbe trasformare significativamente il panorama economico del Mezzogiorno, rendendolo più accessibile e integrato nel contesto nazionale e internazionale.

In questo scenario, la Zes unica funge da catalizzatore per gli investimenti e per la semplificazione del tessuto imprenditoriale. L’obiettivo è creare un ambiente in cui le imprese possano prosperare, sostenute da politiche fiscali favorevoli e da un quadro normativo semplificato.

Diciamolo con convinzione: il Mezzogiorno si trova di fronte a un’opportunità storica di riscatto economico e sociale. La combinazione di infrastrutture avanzate, politiche di incentivazione come il credito d’imposta e la semplificazione amministrativa offerta dalla Zes unica, può effettivamente essere la chiave per sbloccare il potenziale a lungo latente di questo straordinario territorio. È un percorso che richiede impegno, visione e coordinamento, ma le premesse per una rinascita economica del Sud Italia sono più solide che mai(vc)

[Vincenzo Castellano è dottore commercialista e Founder di Sud Zes Consulting]

ZES UNICA, VEDI IL MODELLO CALABRIA
TRA PERPLESSITÀ E UN PO’ DI OTTIMISMO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Per la Calabria possiamo fare un bilancio che è estremamente positivo»: è quanto ha dichiarato Giosy Romano, commissario straordinario della Zes Calabria e Campania, nel corso della presentazione dello studio sulle esperienze italiane, nel più ampio contesto delle Zes in Europa, di The European House – Ambrosetti.

Calabria e Campania, infatti, si sono piazzate al primo posto tra le otto Zes italiane per la distribuzione degli investimenti del Pnrr. Dati importanti, che confermano l’importanza, il ruolo e l’impatto delle Zes sull’economia italiana. Se tutte le Zes del Sud Italia performassero come quella campana, «complessivamente sarebbero in grado di attivare – in via diretta, indiretta e indotta – circa 83 miliardi di Euro, pari al 23% del Valore Aggiunto complessivo del Sud Italia».

«Bisogna tener conto, in questa valutazione del Bilancio – ha aggiunto Romano – di qual era lo stadio di partenza e qual è lo stadio di arrivo perché considero quello che oggi andiamo a certificare una sorta di arrivo rispetto ad un percorso che era stato intrapreso. Con una missione strategica dello sviluppo della regione che muove dalla presa d’atto e dalla coscienza di quello che era lo stato dell’arte quindi un impianto industriale per certi versi un po’ abbandonato a sé stesso».

Assieme a Romano, alla tavola rotonda La Zona Economica Speciale (ZES). Campania e Calabria, risultati raggiunti e sfide aperte hanno partecipato anche il Coordinatore della Segreteria Tecnica, CAIE – Comitato Attrazione Investimenti Esteri, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Amedeo Teti, del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, Tommaso Miele, dell’Head of Corporate Italy di Unicredit, Luisella Altare, dell’Executive Director Sales & Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, Anna Roscio, del Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale e Vice Presidente di Confindustria Vito Grassi, del Componente di Giunta di Presidenza con delega sulle ZES di Confapi, Raffaele Marrone, della Responsabile Affari Istituzionali, Baker Hughes, Barbara del Sala e del CEO & Founder Tea Tek, Felice Granisso.

La Tavola Rotonda ha consentito di stimolare un confronto di rilievo nazionale sull’efficacia della Zes come strumento di attrattività per gli investimenti in tutto il Sud Italia, e di favorire una consapevolezza sugli indirizzi di policy che è opportuno prevedere per il futuro, soprattutto in vista della nascita – dal 1° gennaio 2024 – della Zes Unica per il Mezzogiorno, che ingloberà Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

In Calabria, l’attenzione e le azioni del Commissario Zes sono state indirizzate, invece, alla rapida implementazione delle opere infrastrutturali e alla messa in sicurezza delle aree industriali, con l’impiego di fondi e investimenti per 19,9 milioni di euro. In particolare, è stato perseguito l’obiettivo di rafforzare le condizioni di legalità mediante il programma operativo “Legalità” FESR/SE 2014/2020, con interventi di miglioramento del sistema di trasporto delle merci, l’attivazione di sistemi di videosorveglianza e controllo accessi, l’implementazione di sistemi di monitoraggio dei siti industriali, infrastrutture per monitoraggio dei dati e un centro di controllo e sala crisi. 

La Zes Campania, invece, dal suo avvio è riuscita ad attrarre investimenti per circa 900 milioni tramite l’autorizzazione Unica e 1,1 miliardi con lo strumenti del credito di imposta. Somme di cui hanno beneficiato in particolare i settori dei servizi di logistica e della farmaceutica e ha generato una ricaduta positiva sull’occupazione locale stimata di oltre 8.000 persone. Ancora più rilevanti, gli effetti positivi generati dalle attività delle filiere in totale (sommando effetto diretto, indiretto e indotto). Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, gli investimenti attratti dalla Zes Campania attiveranno 23 miliardi di euro in termini di Valore Aggiunto e oltre 20.000 posti di lavoro.

I dati di Campania e Calabria, per Cetti Lauteta, head of scenario Sud di The European House – Ambrosetti, non lasciano dubbi: la Zes è uno strumento di attrazione degli investimenti.

«Su questo, l’esperienza della Campania non lascia dubbi: nonostante le numerose complessità che caratterizzano il Sud e il poco tempo di effettiva operatività, lo strumento della Zes dimostra la sua validità per sostenere la crescita economica di questa parte importante di Paese, che merita strumenti e risposte dedicate», ha detto Lauteta, sottolineando come «il passaggio alla Zes Unica dovrà essere affrontato garantendo che non ci siano discontinuità nei trend positivi che stiamo registrando, con un perfetto coordinamento tra centro e periferie».

Per il commissario Romano, i dati sono «straordinariamente significativi e fonte di grande soddisfazione: 2 miliardi di euro e 73 autorizzazioni uniche in poco più di un anno in Campania, con una previsione di circa 20 mila nuovi posti di lavoro, sono numeri da record. Se si aggiunge la Calabria, le autorizzazioni uniche salgono a 84. Scegliere di fungere direttamente, nel rispetto della previsione normativa, da stazione appaltante ha consentito di aggiudicare tutte le gare affidateci quale soggetto attuatore».

Tornando all’esperienza in Calabria, Romano ha ricordato come «in ragione delle lunghe vicissitudini degli enti preposti al governo del territorio per le aree produttive.  E così siamo riusciti a determinare in un arco temporale assolutamente risicato, che è di circa un anno dal mio insediamento, gli strumenti operativi per poter addivenire ai risultati e, quindi muovo dalle infrastrutture e siamo partiti in questa visione strategica di politica industriale nel realizzare dapprima le infrastrutture immateriali. Penso allo sportello del commissario di governo che ha, comunque, permesso di sviluppare e di sveltire una serie di autorizzazioni che erano in qualche modo incancrenati in cui si è trattato, in prima battuta, di tenere conto degli investimenti che volevano essere realizzati ma che non trovavano lo strumento per realizzarsi. E penso ai casi di Callipo e Baker Hughes che cito come emblematici nello sviluppo del territorio, ma si è pensato anche a realizzare le infrastrutture materiali che potessero recepire gli ulteriori insediamenti produttivi così da rimettere in pista il tessuto produttivo della regione almeno in termini uguali a quello delle altre regioni».

«Perciò abbiamo con forza – ha rimarcato – con caparbia ricercato un finanziamento comunitario che permettesse la realizzazione di infrastrutture nelle aree industriali a muovere da quella della realizzazione delle opere di vigilanza sulle aree industriali stesse anche sotto il profilo ambientale e abbiamo bandito la procedura di evidenza pubblica che troverà a giorni la sua attuazione con questa realizzazione di un impianto di videosorveglianza che cuba circa venti milioni di euro e che permetterà a quelle aree della Calabria di riuscire a recepire ulteriori insediamenti con una peculiarità che sono poste le basi per riuscire a sveltire i processi anche in un’epoca successiva».

«Faccio un esempio banale che è quella che nei primi giorni dall’introduzione dello strumento dello sportello digitale coloro che davano credito a questo strumento erano davvero pochi, si contavano sul palmo di una mano. Ad oggi è continuo l’accedere allo sportello da parte delle imprese – ha spiegato – e abbiamo in corso almeno una trentina di conferenze di servizi che genereranno altrettante nuove autorizzazioni. Insomma si è finalmente compreso quanto lo strumento potesse riuscire a rendere sotto il profilo operativo».

Per quanto riguarda la Zes Unica, The European House – Ambrosetti ha elaborato tre direzioni su cui ci si dovrà concentrare. 

Prima di tutto, «la nuova direzione di governance della ZES Unica dovrà mantenere un approccio radicato al territorio, fungendo da cabina di regia per identificare una strategia di sviluppo armonica in tutto il Sud. A questo fine, si suggerisce di mantenere attive le strutture operative regionali, che avranno il compito di relazionarsi con investitori, erogare le autorizzazioni uniche e laddove possibile – garantire l’attuazione degli investimenti del Pnrr, delegando l’azione strategica alla nuova struttura di missione Zes presso la Presidenza del Consiglio dei ministri».

«Le diverse revisioni ai meccanismi di incentivazione fiscale – viene rilevato – generano un elevato livello di incertezza che scoraggia gli investimenti. Per questo motivo, ad oggi una linea di intervento dovrebbe riguardare l’allineamento degli incentivi fiscali al valore massimo ammissibile dalla normativa sugli Aiuti di Stato europea».

«Ad oggi – ha rilevato The European House – Ambrosetti – la nuova Zes unica ha una connotazione «generalista», in quanto ricadente su tutto il territorio meridionale e senza alcun indirizzamento sulle specializzazioni produttive (spesso complementari) che connotano le singole Regioni. Questo – unitamente alle oggettive difficoltà a mappare le aree effettivamente disponibili per gli investimenti – può ridurre l’incisività delle Istituzioni nazionali e regionali nelle attività di promozione. Si popone, dunque, di destinare alcune aree delle regioni meridionali allo sviluppo di filiere a maggior potenziale industriale/manufatturiero, promuovendo la creazione di cluster e l’insediamento di aziende riconducibili ad alcuni settori e ambiti ad altro potenziale di crescita».

Infine, Ambrosetti propone di realizzare, in seno alla Cabina di Regia centrale, «un team dedicato all’attività di monitoraggio volta a: analizzare le tempistiche di rilascio delle Autorizzazioni Uniche e identificare eventuali colli di bottiglia; mappare progettualità e investimenti di rilievo nella ZES Unica; stimare gli impatti generati dai nuovi investimenti, al fine di indentificare quelli a maggior contributo prospettico e indirizzare la programmazione di attrazione degli investimenti di medio e lungo periodo».

Una proposta nata in quanto, ad oggi, «gli investimenti autorizzati, con le relative specifiche, dalle Zes italiane non sono sistematizzati all’interno di un unico database, a causa dell’assenza di un’attività di monitoraggio centralizzato. Questo rende difficile, anche in ottica di creazione della Zes Unica, la condivisione di best practice e l’accountability nella gestione della richiesta degli investimenti e di rilascio delle autorizzazioni». (ams)

 

I DUBBI DI OCCHIUTO

Il Presidente della Regione ha evidenziato come «estendere la Zes a tutto il Mezzogiorno è un’opportunità» ma «sono preoccupato un po’ per la governance».

Occhiuto, dicendosi soddisfatto «del lavoro svolto dalle Zes Calabria», ha ricordato come «abbiamo dato autorizzazioni in pochissimo tempo ma le ma le Zes restano comunque uno strumento, poi ci vogliono sempre le persone giuste per far funzionare gli strumenti».

Da qui la perplessità sulla governance della Zes unica, in cui Occhiuto auspica che «il governo trovi un meccanismo di equilibrio di queste aree che consenta di ottenere la stessa efficacia dei risultati finora ottenuti. L’attrazione degli investimenti è utile a generare un tessuto di opportunità che consente alle regioni del Sud di crescere».

Alla domanda sul futuro e le sfide aperte Occhiuto ha aggiunto: «io sono un sognatore. Credo che le regioni del Sud, a ridosso del Mediterraneo, possano vivere oggi quello che le regioni del nord vicine al polo manifatturiero europeo hanno vissuto in passato, quando consolidarono il loro sviluppo».

«Il Mediterraneo in questo periodo – ha sostenuto il presidente della Regione Calabria – vive un momento di grande complessità per il conflitto recente ma i Paesi che si affacciano sulla sponda sud del bacino dovranno essere stabilizzati, e sicuramente cresceranno con un tasso superiore a quello europeo. Rispetto a questo quadro Calabria e Sicilia, tutto il Sud, possono essere un hub per garantire l’attrazione di maggiori investimenti». (rrm)

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: L’opportunità della Zes unica attraverso la politica concreta

di VINCENZO CASTELLANO – Il Mezzogiorno, con la sua ricca storia, la cultura vibrante e le risorse naturali straordinarie, è un territorio che da tempo ha cercato di superare le sfide economiche e sociali che l’hanno afflitta per decenni. In questo contesto, la recente istituzione della Zona economica speciale (ZES) del si presenta come un’opportunità unica per dare nuova vita all’intera regione meridionale. Tuttavia, per riuscire in questo ambizioso obiettivo, è essenziale che la politica a livello nazionale e locale faccia la sua parte in modo concreto e coerente.

La Zes Unica può rappresentare un’arma potentissima per il rilancio economico del Sud Italia. Questa area geografica designata offre incentivi fiscali, agevolazioni per gli investimenti, semplificazioni burocratiche e infrastrutture moderne, il che può davvero rendere il Sud estremamente attraente per le imprese. Tuttavia, per sfruttare appieno questo potenziale, è cruciale che la politica sostenga attivamente questo progetto, sia a livello nazionale che locale.

A livello nazionale, il governo italiano dovrà adottare politiche che incentivino gli investimenti nella Zes Unica del Sud. Ciò include la semplificazione delle procedure amministrative per le imprese, la riduzione della burocrazia e l’offerta di incentivi finanziari per attirare capitali. Inoltre, è fondamentale garantire una connessione efficiente tra la Zes Unica e i mercati nazionali ed internazionali attraverso infrastrutture moderne, come porti e aeroporti.

A livello locale, i sindaci e le amministrazioni comunali dovranno svolgere un ruolo attivo nella promozione e nello sviluppo della Zes Unica nei loro territori. Tuttavia, per farlo in modo efficace, dovranno essere in grado di operare in deroga ai piani urbanistici regionali. Questa flessibilità è essenziale per adattare le aree della ZES Unica alle esigenze specifiche delle imprese e per garantire che possano competere efficacemente a livello globale. Senza questa deroga, i territori potrebbero non essere mai così attrattivi come dovrebbero essere.

Inoltre, è importante sottolineare che la Zes Unica non è solo un’opportunità per le imprese ma anche per la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo delle competenze locali e la crescita dell’economia locale. Pertanto, è fondamentale che la politica locale si concentri anche sul sostegno all’istruzione e alla formazione professionale per garantire che la forza lavoro locale sia adeguatamente preparata per le opportunità che si presenteranno.

La Zes Unica del Mezzogiorno potrà offrire un’opportunità senza precedenti per il rilancio economico del Sud e per sfruttare appieno questo potenziale, sarà indispensabile che la politica faccia la sua parte in modo concreto e coerente, sia a livello nazionale che locale. È solo con un impegno deciso e una collaborazione tra i vari attori, che si potrà trasformare il Sud Italia in una destinazione ideale per gli investimenti e una fonte di crescita economica sostenibile. (rrc)

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: La Zes unica al Sud al servizio delle Comunità

di VINCENZO CASTELLANO – In un momento cruciale per lo sviluppo del Mezzogiorno, vogliamo mettere in risalto un principio fondamentale: mettere al centro i territori e le comunità. Il benessere dei cittadini deve precedere il profitto delle imprese. Questa è la rivoluzione che vogliamo realizzare con la nostro progetto.

La Zona Economica Speciale (Zes) unica del Sud rappresenta un’opportunità senza precedenti per ridefinire il futuro del nostro Meridione. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare il motivo per cui stiamo cercando di raggiungere questo sviluppo economico: il benessere delle persone che chiamano il Sud la loro casa.
La Zes deve, quindi, diventare il motore di una trasformazione che vede al centro le comunità locali. Questo significa ascoltare attentamente le esigenze delle persone, coinvolgerle attivamente nel processo decisionale e garantire che tutti beneficino di questo progresso.
È una visione che abbraccia l’agricoltura sostenibile, il turismo responsabile e la valorizzazione delle nostre risorse naturali. È una visione che promuove l’istruzione e la formazione professionale, preparando le nuove generazioni a opportunità di lavoro in settori emergenti.
Ma soprattutto, è una visione che non sacrifica il benessere delle persone sull’altare del profitto. La solidarietà sociale è al centro di questa rivoluzione: ridurre le disuguaglianze, garantire l’accesso a servizi essenziali come la sanità e l’istruzione di qualità, sono obiettivi non negoziabili.
Oggi, con determinazione, dichiariamo che la Zes unica del Sud rappresenta non solo un’opportunità economica, ma un’opportunità per una profonda trasformazione sociale. È un impegno a costruire un Mezzogiorno in cui il benessere dei cittadini è la nostra priorità assoluta.
Per chi condivide il progetto e le sue finalità, può’ unirsi a noi in questa rivoluzione. Insieme, possiamo creare un Mezzogiorno più prospero, equo e sostenibile, dove le comunità sono al centro di tutto ciò che facciamo. (vc)
[Vincenzo Castellano è founder di Sud Zes Consulting]

ASSIEME ALLA ZES UNICA VANNO ISTITUITE
LE AREE ECOLOGICHE DELL’ARCO JONICO

di DOMENICO MAZZA – Nei giorni scorsi il Governo ha deliberato sulla istituzione della Zeu (Zona economica unica) per il Mezzogiorno. Non più 8 Zes (Zone economiche speciali) a carattere regionale ed interregionale, ma una sola Zeu con cabina di regia nella Capitale.

Del resto, ad oggi, almeno nella nostra Regione, i buoni propositi messi in campo in atto istituzione della Zes Calabria, non hanno portato i frutti sperati. Sull’area jonica, poi, — considerati gli oltre 800 ettari distribuiti tra le aree portuali, retroportuali, aeroportuali ed industriali di Crotone e Corigliano-Rossano — ancora meno.

È risaputo, infatti, che una delle prerogative principali delle aree ZES risieda nella ottimale connettività (materiale ed immateriale) del territorio d’allocazione. E, oltre ogni ragionevole dubbio, non si può sostenere che l’Arco Jonico calabrese sia un ambito “connesso”. Certamente, non connesso secondo i dettami richiesti e raccomandati dall’Europa.

Le cabine di regia che si sono succedute sin all’istituzione della Zes Calabria, invero, sono sembrate poco attente alla non trascurabile problematica illustrata. Probabilmente perché le linee d’indirizzo adottate nel tempo, fedeli a dinamiche di tipo centralista, si sono concentrate sul circoscritto contesto della portualità  taurense. Versante tirrenico, quindi, dove Gioia Tauro insieme a Lamezia, Vibo e Reggio copre i rimanenti 2/3 dell’intera superficie Zes Calabria. Sicché, l’area jonica è apparsa quasi estranea ad un appeal derivante dall’inclusione di porzioni territoriali nel perimetro Zes.

Adesso, però, la rinnovata geografia della zona economica speciale, dovrebbe condurre i territori e soprattutto i Comuni a ragionare per vocazioni d’ambito. Bisognerebbe investire, quindi, nella creazione di sinergie istituzionali utili a concretizzare i progetti, capitalizzando gli auspicabili risultati che potrebbero derivarne.

Inquadramento degli ambiti per interessi comuni

Il territorio che si estende da Taranto a Crotone, da questo punto di vista, offre spazi di manovra molto interessanti. Tuttavia, i richiamati spazi, andrebbero inseriti in una strategia più complessa coinvolgendo i principali Players che insistono ancora su questo territorio (Eni, Enel, A2A, ArcelorMittal) nonché i settori macroeconomici che potrebbero rappresentare concretamente il decollo di un auspicato rilancio industriale: agricoltura, turismo, approvvigionamento energetico e rigenerazione industriale green.

Mettendo da parte inutili personalismi civici ed ininfluenti prese di posizione singole, andrebbe concertata l’azione di 4 ambiti urbani dislocati lungo l’Arco Jonico. Contesti demografici che già dispongono nei propri perimetri municipali di tutti quegli asset su menzionati.

La condizione delle aree industriali, agricole, turistiche e produttive che da Crotone, passando per Corigliano-Rossano e Pisticci raggiungono Taranto, sono investite da perimetrazioni Zes. Le richiamate Comunità, dispongono altresì di aree industriali da rigenerare e di siti Sin da bonificare. Si verificano quindi, complice la centralità della rinnovata cabina unica di regia Zes, tutti i presupposti per iniziare una politica corale e comune. Una nuova linea d’indirizzo ecosistemico, pertanto, basata su principi di sussidiarietà e finalizzata al rilancio di tutto l’ambiente jonico.

A tal riguardo, basterebbe dare un’occhiata a quanto già fatto in Emilia per comprendere la necessaria messa in campo ed attuazione degli ambiti Apea – Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate, utili al rilancio ed alla rigenerazione di quei siti produttivi ancora in attività, dismessi o parzialmente tali.

Le Apea sono aree d’attuazione e rendimento di tipo industriale, artigianale, commerciale, direzionale, turistico ed agricole, caratterizzate da una concentrazione di aziende. Nel loro compimento prevedono la gestione unitaria e integrata delle infrastrutture e dei servizi idonei a garantire gli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo a livello locale. Al contempo, contribuiscono ad aumentare il livello di competitività delle imprese in esse insediate.

Chiaramente, processi di siffatta natura dovrebbero prevedere il diretto ed unanime coinvolgimento  dei Sindaci delle richiamate Comunità. In tal senso, un lavoro di squadra tra Amministratori potrebbe accrescere il potere politico territoriale. Si trasformerebbe, quindi, il flebile richiamo di una sola voce in un dirompente urlo corale.

È palese che un procedimento di tale impatto, oggi avvalorato dalla nuova cabina di regia unica per le aree Zes, dovrebbe partire dall’elevazione del corridoio Ten-T Comprehensive (secondario) a Ten-T Core (primario), su tutti i 250 km che distanziano Crotone da Taranto. Tale operazione, consentirebbe di cantierare le opere ferro-stradali ed aero-portuali entro il 2030. Vieppiù, la rinnovata categorizzazione Ten permetterebbe all’Europa di poter intevenire direttamente, surclassando lo Stato membro, qualora quest’ultimo non velocizzasse il processo di modernizzazione delle opere di connettività entro la data su richiamata.

Sapere già oggi di avere a disposizione su quella fascia di territorio ben 3 scali portuali, 2 aeroporti, un’aviosuperficie e 3 nodi ferroviari, pone l’area in una condizione propizia per avviare un ragionamento basato su comuni interessi. Ancor più, un procedimento di siffatta rilevanza  aumenterebbe notevolmente l’appeal delle aree produttive che ricadono nei perimetri di quei Comuni adagiati lungo la linea di costa. L’illustrato, invero, riconoscerebbe un esponenziale incremento di attività produttive legate ai macrocontesti economici citati nel secondo capoverso, concretizzando un aumento dell’offerta di lavoro che andrebbe incontro all’elevata domanda, oggi inevasa.

Inoltre — richiamando le raccomandazioni dell’Europa circa la coesione territoriale — la rimodulazione dei fondi Pnrr (al varo del Governo) potrebbe garantire investimenti importanti e mirati alla crescita, alla produttività ed alla sostenibilità di tutto il comparto macroeconomico dell’Arco Jonico.

Gli effetti dell’adozione della Zona Economica Speciale unica per il Sud Italia potrebbero rappresentare un processo sfidante se accompagnati da una profonda riforma sistemica dei macrocontesti produttivi territoriali. In questo caso, formalizzare ed istituire  le Apea potrebbe significare un’occasione importante per la rigenerazione economica e vitale di quegli ambiti perimetrati nella Zes.

In caso contrario, assisteremo ad un ulteriore centralismo che finirà per rendere ancora più aride aree dalle innate potenzialità, ma spesso dimenticate. E l’Arco Jonico è decisamente una di queste.

Se non ora, quando? (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

“STRAPPARE” LA ZES UNICA ALLA POLITICA
E RIPARTIRE POI CON UN PROGETTO SERIO

di PIETRO MASSIMO BUSETTAAlcuni dicono che è un ritorno alla vecchia Cassa del Mezzogiorno. Altri sostengono che era l’unico modo per correggere gli errori della vecchia impostazione. 

In realtà dipenderà tutto da come sarà gestito il cambiamento. Parlo della Zes unica, che a breve riguarderà tutto il Sud. I limiti che riguardavano le otto Zes previste finora derivavano dal fatto che la politica aveva voluto piegarle alle proprie esigenze. Esse nascevano, come per esempio in Polonia, per avere dimensioni territoriali limitate e formare delle enclave, molto concentrate di aziende provenienti dall’esterno dell’area, che dovevano in tali territori trovare alcune condizioni particolari, quali un collegamento privilegiato con la infrastrutturazione del Paese, il controllo della criminalità organizzata estremamente deciso, e poi delle condizioni di vantaggio circa un cuneo fiscale favorevole e differenziato, e una possibilità di esenzione degli utili eventuali, per qualche anno, dawll’imposizione fiscale.

La realtà invece è stata che le Zes erano state ideate e cucite addosso agli interessi politici di chi aveva avuto il pallino in mano per delimitare le aree. Per cui aveva individuato come aree Zes quelle dove erano localizzate le aziende dei propri clientes, in modo che fossero destinatari dei vantaggi che esse fornivano. Tradendo il vero obiettivo che era quello di attrarre investimenti dall’esterno dell’area.

E i commissari erano diventati spesso, invece che “venditori “ di territorio,  gestori di risorse per riqualificazioni di strutture esistenti o per opere pubbliche anche necessarie, ma lontani dalla mission per la quale le Zes erano state costituite. Il fatto poi che le nomine dei commissari erano state fatte dal precedente  Governo è stato un elemento ulteriore per rimettere in discussione l’impianto costituito. 

Azzerare tutto, salvando l’idea dell’attrazione degli investimenti, se attuata in maniera virtuosa ed evitando gli errori possibili, può diventare un modo per far ripartire l’idea originaria che sta alla base delle Zone Economiche Speciali. La costituzione di una task force che possa andare in giro per il mondo per cercare investitori interessati a localizzarsi nelle aree del Mezzogiorno è il punto focale che non bisognerà perdere. 

Evidentemente la condizione primaria che bisognerà offrire territori ben collegati all’infrastrutturazione complessiva potrà facilmente essere soddisfatta. Invece bisognerà stare molto attenti a garantire a coloro che vorranno impiantare una grande o piccola impresa nel Mezzogiorno la condizione che nel territorio prescelto vi sia un controllo adeguato della criminalità organizzata.

La mancata concentrazione, che sarà conseguente ad una Zes unica, potrebbe far diventare complessa l’attuazione di una simile condizione. Anche l’elemento di vantaggio, che riguarda un costo del lavoro più basso per incoraggiare la localizzazione delle imprese, potrebbe diventare complesso una volta esteso a un territorio così ampio. Ma considerato che il ministro Provenzano aveva già esteso un cuneo fiscale più vantaggioso a tutto il territorio meridionale l’estensione della Zes, per tale aspetto, non provocherà alcun cambiamento.

L’ultimo aspetto riguarda la favorevole tassazione degli utili che dovrebbe avvenire tramite un credito d’imposta che si sta attuando per i prossimi tre anni. Una gestione centralizzata, che come è stato assicurato in termini di struttura amministrativa costerà meno di quanto non era previsto con le otto organizzazioni territoriali, potrà essere indirizzata molto più facilmente ai grandi investimenti necessari per ampliare la base manifatturiera necessaria per creare quel numero di posti di lavoro indispensabili perché si potenzi la branca, che nel Mezzogiorno è assolutamente sotto dimensionata e che dovrebbe occupare perlomeno due, tre milioni di addetti, obiettivo estremamente complicato partendo dalle condizioni attuali. 

Rischi di questa nuova impostazione riguardano il fatto che si riparte con una nuova struttura che per andare a regime avrà bisogno del suo tempo, il pericolo che le iniziative già programmate dal lavoro degli otto commissari possano bloccarsi, il timore che una serie di condizioni favorevoli, estese a tutto un’area così ampia, possano nel tempo non essere più sostenibili da una finanza del Paese, che sta dimostrando tutti i limiti che conosciamo.

Bisognerà vedere poi se l’approvazione generale che è stata data dall’Unione circa i vantaggi estesi ad un territorio così ampio, al momento dell’articolazione delle norme, possa essere in qualche modo negata nel momento dell’adozione effettiva. Ma la centralizzazione di un settore così importante riguardante l’industria manifatturiera fa capire che il Governo ha messo mano ai nodi cruciali del mancato sviluppo del Sud. 

Essere poi intervenuto sul settore cruciale della formazione e collegata dispersione scolastica, facendo diventare l’abbandono scolastico un reato punibile con due anni di carcere, per i genitori che se ne sono colpevoli, dimostra quella sensibilità necessaria per l’altro corno importante che riguarda il cambiamento necessario nel Sud. 

La creazione di posti di lavoro da un lato ma, contemporaneamente, investimenti importanti nel settore scolastico, che devono riguardare la presenza di asili nido, il tempo pieno a scuola e la lotta senza quartiere alla dispersione scolastica, in maniera da provare a formare buoni cittadini, che invece di scegliere una classe dominante estrattiva come propria classe dirigente provino ad individuare, al momento delle votazioni, coloro che si candidano per conseguire il bene comune e non per ottenere vantaggi per i propri parrocciani é fondamentale per un Paese.

Per far capire anche a coloro che si candidano che i voti non possono più raccogliergli, come spesso hanno fatto, con le reti ma che devono provare ad imparare a pescare il consenso convincendo l’elettore. Manca ancora una sensibilità più particolare verso il settore turistico, che certo non può raggiungere perlomeno i livelli fisiologici che dovrebbe avere nel Mezzogiorno, senza un adeguato progetto. Adesso certo la Zes unica potrebbe essere estesa al settore turistico in maniera che possano arrivare grandi investimenti di operatori importanti del settore. Vedremo  presto quali saranno i frutti di un cambiamento importante. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

PERCHÉ AL SUD SERVE IL CENTRALISMO
PER MIGLIORARE LA GESTIONE DEL PAESE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA  – Centralismo o federalismo. Vi sono nel Governo due forze che spingono in direzioni opposte. Da un lato la Lega che, con la proposta di autonomia differenziata di Calderoli,  porta avanti un progetto che vorrebbe che le Regioni diventassero piccoli Staterelli, e che i Governatori assumessero il ruolo di Presidenti del Consiglio della loro realtà.

Dall’altra parte quello che sta accadendo con Raffaele Fitto che sta spingendo, con l’accordo di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, verso forme sempre più accentuate di centralismo. Gli episodi più recenti riguardano l’unica Zes per tutto il Mezzogiorno e la centralizzazione del fondo di coesione. 

Il mancato funzionamento nei tempi previsti dei fondi strutturali che sono stati assegnati al Mezzogiorno dall’Unione Europea è dipeso fondamentalmente da due fattori: il primo la struttura carente delle organizzazioni regionali che hanno avuto difficoltà a mettere a terra risorse importanti. La seconda il conflitto tra le  varie forze politiche che spesso preferiscono che le risorse non vengano spese, piuttosto che vengano utilizzate in modo che favoriscano elettoralmente la parte avversaria. 

L’operazione che sta avvenendo è una forma di commissariamento per evitare le problematiche accennate. Ma non dimenticando che alcune volte i commissariamenti, se non virtuosi, producono risultati peggiori di quelli che si volevano evitare. L’esempio più eclatante è quello della sanità calabrese, nella quale si nominarono commissari improbabili e una disattenzione ai motivi dell’origine del commissariamento che ha prodotto risultati pessimi, tanto che oggi in Calabria hanno avuto bisogno dei medici cubani. 

Il rischio che si corre però é che i fondi diventino il bancomat utile per tutte le esigenze di risorse per fatti eccezionali, che poi si presentano molto frequentemente: dalle alluvioni, ai terremoti. L’altro elemento di centralizzazione é l’istituzione della Zes unica, che fa decadere gli attuali commissari, nominati dal Governo precedente. Anche qui i rischi esistono e bisognerà vedere come verrà gestita centralmente la Zes unica. I problemi delle otto precedenti non sono stati pochi, se la Zes unica riesce a superarli sarà un passo in avanti. 

Tale strumento è importantissimo perché dovrebbe consentire l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area. Per avere quella occupazione nel manifatturiero che tanto manca nell’economia meridionale. Il funzionamento della Zes, unica adesso, é un passaggio fondamentale del piano di sviluppo del Sud. Se fallisce lo strumento sarà un tassello importante del piano che viene meno. 

Dal 1° gennaio 2024, l’istituzione della Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno, che dipenderà da una cabina di regia di Palazzo Chigi e da una struttura di missione che subentrerà agli attuali commissari (i cui incarichi scadranno a marzo 2024), potrebbe finalmente portare grandi investimenti. Che arrivano soltanto se tutto il Paese lo vuole. L’interlocutore per la Intel é evidente che non può che essere che il Governo. 

Poter poi usufruire delle procedure semplificate non soltanto per «progetti infrastrutturali», ma per «progetti inerenti alle attività economiche ovvero all’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche» da licenziare con autorizzazione unica, il tutto da gestire attraverso uno sportello unico digitale, è un passaggio fondamentale. 

Mentre quello strumento che è il credito d’imposta che serve ad avere la detassazione degli utili per i primi anni, nel nostro caso per tre anni, fino al 2026, riguarderà tutti i settori produttivi con l’esclusione di trasporti ed energia.

Vi é  poi una decisione virtuosa quella del via libera ad un piano di assunzioni straordinario che permetterà di assegnare 2.200 funzionari anche alle Regioni e ai Comuni meridionali. 

È noto che la mancanza di professionalità adeguate é stato un limite notevole a tutte le azioni, comprese quelle relative al PNRR, che riguardano il Sud. Capire che senza risorse umane adeguate qualunque piano non può funzionare é un passaggio importante.  

Non cambia  il vincolo di destinare l’80% delle risorse al Mezzogiorno. Risorse che però non transiteranno tutte dalle Regioni. Ma soprattutto l’utilizzo dei fondi dovrà essere concordato con il ministero, che avrà sempre l’ultima parola. Il meccanismo del fondo di rotazione, peraltro, verrà applicato anche ai fondi dell’attuale ciclo 2014-2020 su cui , aveva detto Fitto negli scorsi mesi, le Regioni non hanno brillato.  

Dietro questo decreto vi è una dichiarazione di sfiducia nei confronti delle Regioni, che da molti sono state ritenute una moltiplicazione di passaggi, un appesantimento dei costi complessivi, che ha portato ad un ritardo, soprattutto nelle regioni meridionali, del processo della spesa, che è venuto fuori in maniera evidente con il Pnrr, che ha dato scadenze precise per incassare le varie rate e che quindi ha evidenziato tutti i punti carenti del processo decisionale, che poi porta a mettere a terra le risorse. 

Sono venuti fuori i limiti di una classe dominante estrattiva che invece di pensare al bene comune pensa ad alimentare le proprie clientele.  Limite che riguarda, trasversalmente, sia la destra che la sinistra, visto che nelle regioni meridionali vi sono amministrazione di entrambi gli schieramenti. 

Tale esigenza di centralismo, probabilmente, si presenta meno pressante nelle regioni settentrionali, nelle quali il controllo della società civile è più presente e che presentano invece esigenze opposte, anche se la gestione della sanità nel periodo del covid ha dimostrato che molte attività, come la sanità, vanno gestite in maniera centralistica. 

Certamente le decisioni prese dal Ministro Fitto devono far riflettere su quale deve essere la governance migliore per arrivare ad una gestione più avvertita di tutto il Paese. 

Forse è necessario un ripensamento globale sul ruolo e sui poteri delle Regioni, nonché sulla loro utilità se rimangono organizzate come lo sono state. 

L’esperienza della Regione Siciliana, che ha dimostrato come maggiore autonomia possa risultare uno strumento per amplificare gli sprechi e i privilegi deve essere illuminante sul percorso da seguire. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]