IL PROF. GIUSEPPE DE BARTOLO ANALIZZA I DATI EMERSI DAL RAPPORTO MIGRANTES - ITALIANI NEL MONDO;
Partivano i bastimenti...

TANTE COMUNITÀ CALABRESI ALL’ESTERO
A PARTIRE SONO SOPRATTUTTO I GIOVANI

di GIUSEPPE DE BARTOLO –  L’Italia, a partire dall’Unità, ha conosciuto due grandi periodi di emigrazione. Il primo è stato caratterizzato per l’alta intensità degli espatri e per gli spostamenti in prevalenza oltre oceano.

Il secondo, a partire dalla metà degli anni ’50, si è distinto invece per una più contenuta intensità degli espatri e con prevalenza dei flussi verso l’Europa. Agli inizi degli anni ’70, l’Italia, per la prima volta nella sua storia, registra un saldo migratorio positivo che aumenta nel tempo, trasformandosi così da paese di emigrazione in paese di accoglienza, anche se i trasferimenti di residenza degli italiani all’estero non si esauriscono del tutto, anzi crescono via via superando le 100 mila unità annue dal 2015 al 2020 e oggi le 82mila unità.

Nello stesso tempo però si osservano importanti cambiamenti nel profilo di coloro che trasferiscono la loro residenza all’estero. I nuovi emigranti hanno infatti un livello d’istruzione sempre più elevato e compaiono nuove tipologie di emigrazione, come per esempio la mobilità previdenziale. La pandemia che aveva azzerato la mobilità dei pensionati, in quest’ultimo anno – rivela il Report-  registra una ripresa: infatti, nel 2023 le iscrizioni all’AIRE degli over 65, per la sola motivazione di espatrio, sono state 4.300 per coloro che hanno 65-74 anni, con un incremento rispetto al 2022 del 17,8%; l’incremento è stato di +15,1% per coloro che hanno 75-84 anni e di +5,3% per gli over 85. Tra le motivazioni ricordiamo ragioni climatiche e la preferenza per i paesi con politiche di defiscalizzazione. Ma la motivazione più importante è che gli anziani vanno dove si sono trasferiti figli e nipoti, un vero e proprio processo di ricongiungimento familiare.

È ripreso anche il flusso dei rientri: dopo il blocco della mobilità internazionale imposto dal Covid, il 2021 è stato l’anno in cui sono aumentati i rientri grazie alle agevolazioni fiscali per l’attrazione del capitale umano a seguito del Dl 34/2019. Infatti, il numero dei rientri da 2000-3000 annuo è salito a 6.500 e oltre. Il Report evidenzia l’aumento relativo della quota dei rientri nelle regioni meridionali a scapito di quelle del Nord. La leva fiscale per i lavoratori che si trasferiscono nelle regioni del Sud è stata determinante per Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata. Il successo in termini numerici dei rientri di molti lavoratori è da attribuire anche alla possibilità di poter tornare nelle regioni di origine utilizzando il lavoro da remoto. Com’è noto, molte aree interne del nostro Paese si caratterizzano ormai da tempo lo spopolamento e declino economico.

In queste aree negli ultimi anni si registrano fenomeni di “restanza” (termine coniato dall’antropologo Vito Teti), ovvero la decisione di individui e famiglie di rimanere o tornare nella loro comunità di origine. Questa scelta, motivata da un forte legame con il territorio, si sta traducendo in molti casi in iniziative imprenditoriali e progetti culturali e sociali che se sostenute da adeguate politiche pubbliche possono trasformarsi in volano di sviluppo di territori fino ad oggi caratterizzati da forte malessere demografico e economico. Un’altra tipologia di rientro molto interessante è quella degli italo discendenti o oriundi italiani che rientrano per conoscere i luoghi di partenza dei loro genitori o avi, tema che si lega al turismo delle radici che verrà celebrato nel prossimo anno.

Tutti questi processi migratori ci hanno consegnato uno stock di italiani residenti all’estero importante dal punto di vista numerico, sociale ed economico, la cui conoscenza però resta ancora parziale perché le fonti statistiche e amministrative di riferimento sono lacunose e disomogenee fra di loro. Ricordiamo quelle principali: l’Archivio delle Anagrafi consolari (titolarità Ministero Affari Esteri); la rivelazione degli italiani all’estero (titolarità Ministero Affari Esteri); l’Archivio centrale dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero- AIRE (titolarità Ministero dell’interno). Quest’ultima è la fonte statistica a cui hanno fatto riferimento  tutti i Rapporti Italiani nel Mondo elaborati dalla Fondazione Migrantes, l’ultimo dei quali, il XVIII, è stato presentato al pubblico proprio in questo mese di novembre.

Il Rapporto 2023 mette in evidenza che alla data di oggi gli italiani residenti all’estero iscritti all’Aire sono 5 milioni 933 (10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia), valore in costante crescita (+ 91%) dal 2006 (Figura1). 

Il dato interessante è che nello stesso intervallo di tempo i nati all’estero sono aumentati del 175% e le acquisizioni di cittadinanza del 144%, a dimostrazione del rafforzamento del legame con l’Italia degli emigrati di vecchia e nuova generazione. Un altro dato che si coglie dal Report è che le partenze per espatrio sono aumentate del 44,9%. Il 46,5% degli italiani residenti all’estero iscritti all’Aire è di origine meridionale, il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro Italia. Negli ultimi 20 anni – sottolinea ancora il  Report – si è osservato un drastico cambiamento delle provenienze. Oggi la mobilità degli italiani ha origine dal Centro–Nord, anche se in molti casi dopo un periodo più o meno lungo di mobilità interna Sud-Nord, a dimostrazione che in fondo non cambia il dato storico che a emigrare in definitiva sono sempre i meridionali.

L’Italia che risiede fuori dai confini, colta dagli iscritti all’Aire, è sempre più giovane: il 23,% (oltre 1,3 milioni) ha tra 35-49 anni, il 21,7% (+ di 1,2 milioni) tra i 50 e i 64 anni, mentre gli over 65 sono il 21,1%. Il 51% è all’estero da più di 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Vivono in Europa 3,2 milioni di italiani iscritti all’Aire, 2,3 milioni nel continente americano (40,1%). Le comunità più numerose sono in Argentina (oltre 921 mila, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila), seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Le regioni da dove vi sono state più partenze nell’ultimo anno (nel 2022 sono state registrate 82.014 partenze) sono state Lombardia (18,8%), Veneto (11,4%), seguono Sicilia (8,9%), Emilia – Romagna (8,2%), Piemonte (7,4%) e Calabria (4%).

Nel corso del 2022 il 75,63% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio è andato in Europa, il 17,1% nelle Americhe (il 10,5% in America latina) mentre il restante 7,4% si è diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania. Il 16,4% delle iscrizioni per espatrio ha riguardato il Regno Unito, il 13,8% la Germania, il 10,4% la Francia e il 9,1% la Svizzera. Questi quattro paesi raccolgono il 50% del totale delle partenze.

Se l’esame ora si sposta a livello regionale (Tavola 1) constatiamo che la Calabria è una tra le regioni con un’importante comunità di residenti all’estero (441.209 iscritti all’AIRE al 31/12/2022) e, anche se ciò deriva in parte dalla sua storia migratoria, su questo dato ha inciso anche la nuova mobilità che è cresciuta nel tempo, interessando soprattutto la fascia giovanile. Confrontando le strutture delle popolazioni regionali residenti all’estero si osserva che quella calabrese è la più matura per i flussi emigratori avvenuti dopo la fine della Seconda guerra mondiale, mentre non è trascurabile il peso dei giovani. La Calabria, inoltre, occupa il terzo posto nella graduatoria delle regioni per incidenza del fenomeno (24,0%, rapporto tra gli iscritti all’AIRE e la popolazione residente) preceduta solo da Basilicata (26,4%) e Molise (33,0%). (gdb)