Qual è la città più turistica della Calabria? Secondo il report di analisi turistico-territoriale della Calabria, realizzato sulla base degli ecosistemi digitali creati da Isnart e Unioncamere Italiana, a supporto dell’Osservatorio sull’Economia del Turismo delle Camere di Commercio, è Cosenza, che ha la maggiore presenza turistica nella regione, con il 40% del totale.
Seguono Reggio Calabria (24%) e Catanzaro (18%). Chiudono Crotone e Vibo Valentia che, insieme, contano 3200 imprese, costituendo il 20% dell’offerta turistica regionale.
Il Report, a cura di Flavia Maria Coccia, è stato presentato nel corso dell’incontro di approfondimento sui fenomeni turistici per supportare le imprese ad orientarsi tra i tanti elementi di incertezza determinati dalla crisi economica e sociale. L’importanza dei dati al servizio del turismo”, organizzato da Unioncamere Calabria, in collaborazione con le Camere di Commercio di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia, e con il supporto operativo di ISNART.
In particolare, sono stati esposti i principali dati che riguardano analisi dell’offerta turistica regionale, tra cui trend e caratteristiche della filiera, andamento delle performance, analisi del mercato alternativo, passando per il Sentiment dei turisti per chiudere sugli scenari previsivi.
La Calabria, infatti, ospita una filiera turistica di oltre 18 mila imprese registrate al quarto trimestre del 2021 (quasi il 3% dell’offerta complessiva del comparto nazionale), per un totale di circa 56 mila addetti impiegati in regione. L’offerta turistica in regione è dominata dalle attività ristorative, le cui imprese compongono il 69% dell’intera filiera regionale; media superata dalle province di Crotone e Reggio Calabria laddove le imprese di ristorazione sono oltre il 72%.
Scarna, invece, la presenza di imprese di trasporto, il cui dato è al 5% (inferiore a quello nazionale, che è del 9%) e, per il rapporto, «è un sintomo di tangibile di criticità relativa alla mancanza di una struttura integrata d’offerta turistica in regione».
La Calabria registra l’1,7% degli arrivi turistici sul totale dell’incoming Italia. I rapporti sono diversi se si calcola il peso specifico sul mercato domestico italiano (2,3%) e sul mercato turistico internazionale (0,4%) denotando un indice di bassa specializzazione internazionale 0,22%.
La distribuzione dei flussi turistici all’interno della regione vede il sistema ricettivo della provincia di Cosenza accogliere più del 40% degli arrivi in regione, in prevalenza turismo domestico, seguita poi dalle presenze nella provincia Vibo Valentia al 23%, Catanzaro al 16% e a seguire Reggio Calabria e Crotone rispettivamente con 10% e 8% delle presenze regionali.
Vibo Valentia denota una particolare incidenza delle proprie presenze dal mercato estero (43%), dato che più che raddoppia il dato domestico stabile al 21%.
Dall’indagine diretta svolta da Isnart circa la provenienza dei turisti giunti in regione, la Calabria viene fuori come regione ad elevato tasso di specializzazione turistica nazionale, con il 60% dei turisti provenienti da altre regioni italiane, il 21% proveniente dalla stessa Calabria ed il restante 19% di arrivi dall’estero.
Si tratta di turismo di prossimità, fenomeno che ha permesso alla Calabria di far fronte alla crisi degli anni 2020 e 2021 poiché la regione è raggiungibile con l’automobile, evitando quindi i rischi da mezzi di trasporto e, allo stesso tempo, perché le imprese hanno indetto politiche di acquisto/ri-acquisto attraverso la disintermediazione (31% dei flussi) recuperando ricavi riducendo le commissioni d’agenzia.
L’andamento dei flussi turistici: mercato registrato e mercato parallelo
Nel 2020 in Calabria si sono registrate flessioni del 50% negli arrivi turistici e dell’86% nelle presenze complessive; a diminuire in misura significativa è la componente domestica: il turismo italiano in regione infatti è calato per l’83% circa degli arrivi, oltre media nazionale che vede gli arrivi domestici collocarsi ad un -74% rispetto all’anno precedente.
La domanda straniera ha registrato una flessione perfettamente in media con l’andamento nazionale ed interamente dipendente dalle restrizioni alla mobilità internazionale occorse nell’intero 2020.
Il mercato parallelo, rappresentato dagli appartamenti e dalle stanze non censite dalle Camere di Commercio poiché non iscritte al registro delle imprese, ammontano a 14 mila strutture in Calabria. L’andamento dei flussi in questo mercato sommerso riflette la forte stagionalità presente in regione tra maggio e ottobre con un’estate 2021 che chiude in leggera ripresa sul 2020 ma ancora lontana, -22%, dai livelli 2019.
Il dato sensibilmente positivo da far emergere si riferisce alla crescita della destagionalizzazione, un incremento nelle stagioni spalla 2021 rispetto al 2019 che, seppur contenuto in termini di volumi, è stimabile in percentuale con un +25%. Questo fenomeno va senza dubbio ricondotto alla delocalizzazione del lavoro staycation in cui si ricerca una maggiore qualità della vita e la Calabria è riuscita ad accogliere questo nuovo segmento clienti nato post-pandemia.
Turismo balneare e vacanza tradizionale: quali opportunità?
L’indagine svolta sui turisti nel pieno della loro vacanza in regione, conferma che il driver principale nella scelta della Calabria come destinazione turistica sia il mare ed il suo turismo balneare (45%). Segue a ruota una grossa fetta di turisti che ha scelto la Calabria per i luoghi e le sue bellezze naturali (28%).
L’intervista condotta sulle attività svolte dai turisti in vacanza mette in rilievo la netta linea di confine tra le dominanti attività relative alla natura del mare e dei suoi paesaggi (balneare 87% + escursioni70%) e le attrazioni accessorie legate ad acquisti (14%), eventi (10%), prodotti (9%), fattori motivazionali questi ultimi che rappresentano nelle priorità del turista posizioni marginali.
Ciò deve essere interpretato come tema di opportunità per l’intera visione turistica della Calabria, integrando all’aspetto naturale e già vincente di un mare ed entroterra che ne caratterizza l’aspetto tradizionale, con una filiera integrata di prodotto che va dall’artigianato locale all’enogastronomia e che necessita di strutturarsi definitivamente per puntare a bacini d’utenza che oggi prediligono altre regioni. (rrm)