di SANTO STRATI – C’era una volta la politica, con il parlamentare che curava il suo collegio, conosceva quasi tutti i suoi elettori, elargiva promesse, favoriva sogni, qualche volta esaudiva anche qualche desiderio. Non c’è più nulla di tutto questo, nonostante le legittime perplessità sulle disinvolte manovre elettorali che caratterizzarono le campagne elettorali passate di democristiani, socialisti, comunisti, etc, risulta, invece, evidente il distacco totale della politica dal territorio.
A guardare le candidature di questi nuovi “turisti” in cerca di un posto blindato e sicuro, la gente non può trattenere rabbia e indignazione: c’è la sfacciata arroganza del potere delle segreterie politiche e dei leader che si sono guardati bene dal modificare (come era stato promesso per far digerire la modifica costituzionale che tagliava 345 parlamentari) il Rosatellum, ovvero la legge elettorale-truffa con cui si andrà a votare il 25 settembre.
Troppo comoda la posizione di chi può determinare la certezza di un’elezione, infischiandosene del territorio e degli elettori, quasi il voto fosse una fastidiosa incombenza per dare qualche prebenda ai peones, ai portatori d’acqua – pardon, di voti – pronti al “sacrificio” in cambio di una vaga promessa di riconoscenza. Da parte di chi, non è chiaro, ma quelli che figurano al terzo e quarto posto nei listini plurinominali, ovvero dove vale il voto maggioritario che premia i “prescelti” (non i votati), sanno già che sarà fatica inutile. Apparire piuttosto che non esserci e poi si vedrà.
Ma nella benedetta incapacità dimostrata da parte di quasi tutti i leader, a nessuno è venuto in mente che il popolo chiamato al voto oltre che disertare le urne si potrebbe anche veramente incazzare? E andare a votare per punire arroganza e superficialità?
È stato compiuto con queste liste uno sgarbo alla coscienza civile della società, mostrando ancora una volta che, con questa norma, la politica che apparentemente premia i suoi sodali più importanti, in realtà ha perso, posizionando amici e (a vario titolo) “irrinunciabili” personaggi nei posti giusti .
E con eguale strafottenza, i nominati hanno preso di corsa il paracadute offerto loro dai vari Letta, Berlusconi, Meloni, Conte, etc, e fatta la valigia virtuale sono andati da “turisti” a prendersi il seggio. Con buona pace dei candidati locali che, qualche volta, in uno scatto d’orgoglio hanno graziosamente ringraziato declinando soluzioni e posizioni impossibili.
Certo, il taglio – irresponsabile, oggi lo dicono anche i sostenitori della riforma – di 345 parlamentari ha complicato ulteriormente le cose, per cui gli scenari si sono dovuti adeguare con posti limitati, contingentati e riservati, Coperti i seggi blindati dal maggioritario che rappresentano il 61% di quelli disponibili, resta sempre un 37% di eletti con il voto nominale (ossia di chi prende più voti). Ma anche qui le scelte sembrano dettate più da irrinunciabili opportunismi piuttosto che da reali esigenze del territorio. L’obiettivo, del resto, alla faccia di chi ancora crede nell’esercizio del voto, è quello di raccogliere il risultato, poi si vedrà. E siccome la sfacciataggine e la sfrontatezza di numerosi politici di mestiere (c’è chi non ha mai fatto altro nella vita, ricordiamocelo) non sono mai troppi, viene fuori, scorrendo le liste, una pluripresenza di diversi protagonsti della scena politica in diversi collegi uninominati: tanto, anche se dovesse andar male, c’è il paracadute del seggio sicuro garantito dal meccanismo maggioritario.
Qui, però, è opportuno fare una considerazione: si dà per scontato che le varie formazioni politiche, alle quali “appartengono” i seggi cosiddetti blindati, sono ultrasicure del risultato. Per i “nominati” (dai partiti, non eletti dal popolo) ci sarebbe di che stare tranquilli, senza nemmeno bisogno di fare qualche telefonata di cortesia. Cosa succederebbe se una grande massa di elettori incazzati andasse a votare e sovvertisse le previsioni? Ovvero decidesse di punire i partiti e i candidati che hanno mostrato di infischiarsene del territorio e dei suoi abitatori? Una piccola (?) rivoluzione, ma, nonostante l’ottimismo, tutto ciò appare un miraggio lontano.
E allora rassegniamoci a vedere un Paese di nuovo in preda all’ingovernabilità, pur di fronte a serie emergenze: l’inflazione sta devastando le fasce medie e il rialzo insostenibile delle bollette costringerà molte aziende a chiudere. Ammesso che la pandemia si riesca a tenerla sotto controllo, è l’economia del Paese quella che deve preoccupare non poco: aziende che chiudono equivalgono a nuovi disoccupati e niente nuovi posti di lavoro. Sarà un inverno gelido, sotto tutti i punti di vista non solo figurativamente, e il ricshio di avere un esecutivo di scarsa considerazione in Europa è piuttosto elevato.
In Calabria i futuri parlamentari (tra “nominati” ed eletti) dovranno mostrare (smentendo la facile via della “nomina”) di avere gli attributi per fronteggiare l’insidia neanche tanto nascosta dell’autonomia differenziata e difendere l’idea di una crescita non più rinviabile sui tempi più caldi: sanità, infrastrutture, mobilità e trasporti. Questa regione rischia di vedere vanificate le promesse sia sull’alta velocità ferroviaria (che dev’essere però anche alta capacità, se no si viaggia al rallentatore) sia sulla famigerata statale 106. Per non dimenticarsi del Ponte sullo Stretto che diventa sempre più un traguardo impossibile da raggiungere per l’inettitudine della classe politica non solo calabrese e siciliana, ma anche di tutto il Mezzogiorno e dell’intero Paese. È un’opera che l’Europa ci chiede e che darebbe sbocchi occupazionali importantissimi in questi anni di crisi, senza contare all’indotto per tutte le attività del territorio. E invece si continua a prendere e perdere tempo discutendo di aria fritta.
Saranno capaci i futuri parlamentari (calabresi e siciliani se solo facessero fronte comune) a liberare le energie necessarie e determinanti per il Ponte? Nei programmi presentati in queste elezioni (farlocche, è quasi già tutto previsto), di Ponte si parla troppo poco. Come si parla pochissimo di Sud e di Mezzogiorno e men che meno di Calabria.
Una regione dimenticata e trascurata, dove prevale la regola della polemica ad ogni costo: oggi sono di scena i medici cubani (che, sia ben chiaro non vanno a “rubare” il posto ad alcun calabrese o italiano, ma sopperiscono a un deficit di personale che è davvero insostenibile). Fino a ieri di parlava dei Bronzi che Sgarbi (aspirante ministro alla Cultura) vorrebbe portar via dal Museo di Reggio (gli serviva fare campagna elettorale gratis), e prim’ancora di mille altre inezie, buone solo a dare un po’ di visibilità ad amministratori e politici che mostrano solo incapacità e, molto spesso, assoluta incompetenza di una classe politica che dovrebbe ricominciare a studiare.
Ci sono decine di dossier sul tavolo del Presidente Occhiuto di cui dovrebbero far tesoro i futuri parlamentari del 25 settembre: quelli che sono rimasti fuori potranno solo interrogarsi su quanto non fatto in oltre quattro anni di legislatura e quelli che ci speravano (senza successo) dovranno far sentire il peso del territorio che – dicono – avrebbero voluto arricchire con il proprio contributo politico.
Tra gli esclusi ci sono nomi eccellenti, sia tra le mancate riconferme nel PD (Viscomi) e la pressoché impossibile elezione (Guccione), ma c’è anche qualche ritorno: Nino Foti, già parlamentare di Forza Italia che si presenta dopo lo stop del 2018 con i colori di Noi Moderati e l’ex sottosegretario Dorina Bianchi, già campione di cambio di casacca, oggi candidata con +Europa. Ci sono 23 simboli elettorali presenti nella scheda ma solo 19 posti in totale a rappresentanza della Calabria. Capirete che sarà molto difficile per tutti.
Tra gli esclusi, Marco Siclari, senatore forzista al centro di una kafkiana vicenda giudiziaria (condannato in primo grado per voto di scambio senza un briciolo di prove) e gran parte del drappello del Movimento 5 Stelle che, invece, candida due “stranieri”: il procuratore Federico Cafiero De Raho (da Roma) e il giudice Roberto Spampinato (da Palermo) e “pesca” dal Pd Maria Saladino “convertita” al grillismo.
Gli elettori all’estero sono 4.871.731, di cui 2.645.030 in Europa, 1.535.804 nell’America Meridionale e 437.802 nell’America Settentrionale e Centrale; nella circoscrizione Africa, Asia, Oceania e Antartide sono 253.095. Rispetto al 2018 sono da eleggere 12 parlamentari (erano 18), 8 alla Camera, 4 al Senato. Nella circoscrizione Estero viene riproposto il calabresi Nicola Carè per il Partito democratico. (s)