Sta diventando insopportabile la polemica, sterile e priva di fondamento, a proposito della scelta del Presidente Roberto Occhiuto di “reclutare” 497 medici cubani a supporto della disastrata sanità calabrese. Va subito chiarito che i deficit di personale vanno colmati il più presto possibile: i medici impegnati negli ospedali calabresi sono allo stremo e non ci sono meedici, in Calabria, o in altre parti d’Italia disponibili.
«I cubani – ha detto il presidente della Regione e Commissario ad acta per la Sanità calabrese in un’intervista a Radio 24 – non toglieranno un solo posto di lavoro ai medici italiani e calabresi.
«Si è arrivati al reclutamento dei medici di Cuba perché la sanità calabrese è al collasso, ma il problema del reclutamento dei medici è un problema che hanno anche tutte le altre Regioni italiane. Ancor di più ce l’ha Calabria, che ha un sistema sanitario poco attrattivo, in cui molti concorsi a tempo indeterminato – e ne stiamo bandendo tanti – sono andati deserti.
«Abbiamo assunto tutti gli specializzandi in nostro potere, ma non bastano, per cui rischiavo di dover chiudere presidi ospedalieri e reparti di pronto soccorso.
Io non posso stare con le mani in mano: una sola vita salvata grazie a qualche medico in più in ospedale vale più di mille polemiche.
Faremo altri concorsi a tempo indeterminato, e cercheremo di inserite inventivi affinchè questi possano essere più attrattivi. Il nostro obiettivo è quello assumere il più possibile medici italiani e calabresi: i cubani non toglieranno un solo posto di lavoro ai nostri camici bianchi.
Ma nel frattempo c’è da governare l’emergenza, e c’è da garantire il diritto alla salute ai cittadini.
E vorrei dire che questi medici di Cuba non guadagneranno più dei loro colleghi italiani: anzi, il costo aziendale medio per un medico nel nostro Paese è di 6700 euro al mese, assai maggiore di quello che pagheremo noi alla società statale del governo cubano.
L’alternativa sarebbe stata quella che stanno praticando tante Regioni, e purtroppo anche la Calabria negli ultimi mesi, vale a dire quella di far ricorso a società di lavoro interinale che forniscono medici al costo a volte anche di 1000 euro al giorno, quindi 30mila euro al mese.
È una situazione inaccettabile. Ho deciso che gli ospedali debbano rimanere aperti comunque, e sono contento di aver stipulato questo accordo.
Alcuni medici sostengono di aver fatto domanda e che questa non sia stata accettata. Non è così: molti di questi sono medici che non hanno la specializzazione. Quelli che devono lavorare in ospedale ad esempio nei reparti di anestesia, chirurgia o piuttosto radiologia, devono essere specializzati. Io ho fatto approvare dal Consiglio regionale una legge per avere la possibilità di inserire in corsia anche medici senza la specializzazione, perché è meglio avere medici senza la specializzazione che non averne affatto, ma questa legge è stata impugnata dal governo nazionale.
E allora che dovevo fare: chiudere gli ospedali? Le nostre aziende sanitarie hanno fatto tantissimi concorsi per le più svariate categorie mediche, e a tempo indeterminato, ma sono andati quasi sempre deserti.
Tra l’altro, un’altra cosa che sta avvenendo in Italia è che molti professionisti della sanità scappano dal sistema pubblico per andare in quello privato, oppure in talune cooperative.
Pensiamo a un giovane anestesista: se viene assunto nel servizio pubblico guadagna circa 2.300 euro al mese, se invece va nel privato 2.300 euro li guadagna in appena due giorni.
È chiaro che in questa situazione è impossibile tenere aperti gli ospedali, ancor di più in Calabria.
Io i miei ospedali non li chiudo, non privo i cittadini calabresi del loro diritto alla cura.
Quello sottoscritto con Cuba è un accordo approfondito che personalmente ho esplorato in ogni suo aspetto. C’è una norma nazionale, approvata all’inizio dell’emergenza Covid, che dà la possibilità di utilizzare medici extracomunitari. È evidente che l’emergenza nella mia Regione purtroppo è strutturale.
Ho raccolto il governo della sanità calabrese come commissario da novembre, ma per 12 anni questa sanità era stata commissariata da commissari che non avevano avuto la capacità né di accertare il debito, né di migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie.
Commissari nominati dai governi nazionali senza che gli stessi governi assegnassero grande importanza al loro lavoro. Io adesso ho il dovere di agire».