di FRANCO CIMINO – No, non è una giornata di tensione, oggi (mercoledì ndr) alla Camera e al Senato, come titolano i giornali. È stata una giornata drammatica. Di dolore per il Parlamento, leso nella sua più profonda dignità. Di lutto per la Democrazia, colpita al cuore da cento coltellate. Non è la prima volta che accade una rissa violenta tra gli scranni delle due aule alte. Tante volte si è manifestata la più brutta espressione di persone elette dai cittadini al più alto onore, qual è quello di parlamentare della Repubblica. Tante volte sono volati pugni e schiaffi, urla e insulti, che neppure negli stadi più incivili abbiamo udito e visto.
E tutte quelle volte da quel luogo sacro, la Chiesa laica delle Democrazia, è stata impartita la peggiore lezione che i giovani, in buona parte, hanno appreso molto più rapidamente che quelle dei programmi scolastici. È la lezione della violenza come metodo per la soluzione dei conflitti e dell’aggressività come valvola di scarico delle tensioni e delle frustrazioni personali accumulate nel viaggio breve tra casa, scuola, piazza reale e virtuale, schermo luminoso del telefonino o tablet. Ma oggi, la stessa identica scena, per quelle scarne immagini che le televisioni di “Stato” , tutte quelle al servizio del potere, hanno trasmesso, è più grave. Dolorosa e drammatica. I motivi sono tanti e diversi e, nel dramma, convergenti.
Ne sottolineo solo alcuni, e neppure i più importanti. Ma quelli che mi vengono mentre ci penso e scrivo sulla poltrona dove tento di riposare una pesante stanchezza. La rissa alla Camera, le aggressioni verbali, con abbandono dell’aula dei senatori della maggioranza( atto gravissimo, l’aula non si deve mai abbandonare!) al Senato, avvengono il giorno dopo tre giorni importanti, e in quello, lunghissimo ormai tanti anni, della progressiva perdita di peso e di autorità del Parlamento. Il Parlamento, il nostro più democratico di quelli democratici, perché nato dalla cacciata della Monarchia, dalla condanna del Fascismo, dalla lotta dei partigiani, nato dal sangue versato nella più folle guerra e nella lotta della Resistenza.
Sangue dell’inchiostro rosso con cui è stata scritta la Costituzione più bella, proprio perché fondata, lo ripeto fino alla noia, su quattro pilastri fondamentali, la Libertà, la Persona in cui essa alberga, la Pace, con gli elementi di cui essa si costituisce, la pluralità delle istituzioni, di cui il Parlamento rappresenta l’aspetto più emblematico. Grave, doloroso e drammatico, il giorno funesto odierno, perché di questa fragilità del Parlamento si cerca di approfittare per imporre la più brutta riforma istituzionale, proprio ieri approvata da una delle due aule per il momento. La riforma denominata in gergo popolare del premierato, che, lungi dal rafforzare il potere decisionale del governo, di fatto riduce quello del Parlamento e ne svuota quello del presidente della Repubblica. Il giorno dopo. Quello delle elezioni del Parlamento europeo, la più grande delle vittorie della Democrazia italiana, che sull’Europa, ideata dai grandi della nostra Repubblica, ha fondato la sua più accesa speranza per un Continente che operi per il Progresso e la Pace nel mondo.
Il giorno dopo il centenario della morte di Giacomo Matteotti. Morte causata non, come ancora viene detto, da un manipolo di fascisti indisciplinati, non da una di quelle squadracce nere con il teschio nel cappello e nella bandiera, ambedue di nero colore. Ma trucidato vigliaccamente e orribilmente dal fascismo per ordine del suo despota dittatore. Matteotti, va ricordato, fu sequestrato all’uscita della Camera, dopo aver tenuto uno dei suoi discorsi più belli e significativi. Un discorso vibrante, che dovrebbe essere letto nelle scuole affinché i ragazzi, attraverso quelle parole poetiche comprendano meglio il valore altissimo del Parlamento e la bellezza della Democrazia, luogo privilegiato della Libertà.
In questo discorso Matteotti attacca, con decisione e forza dialettica, Mussolini e ne dimostra il suo aspetto dittatoriale nel progetto, ormai non più segreto, di costruire un regime dittatoriale. La prova che egli porta all’attenzione del Paese è proprio nella concezione fascista del Parlamento. Un ruolo tutto da modificare, in modo che esso diventasse, come poi è diventato, uno strumento del suo potere, il megafono della sua voce recitante, il “bivacco” di cui Mussolini stesso si è vantato, rivendicando con cinismo lo stesso atto barbaro consumato contro il leader socialista. Infine, il giorno dopo(questo odierno tragico), il discorso solenne, bello e pulito, del solito Mattarella, il presidente di tutti gli italiani, che, alle fatiche ordinarie, aggiunge quella immane della difesa della Costituzione, il Parlamento. Bastano, sì che bastano, solo questi motivi per dire della bruttezza di ciò che è accaduta alla Camera oggi.
Una pagina orribile. Non da stracciare. Deve restare aperta. Finché non l’avranno letta gli italiani. Tutti. Anche quelli che votano e sostengono i “forzuti” della politica, che hanno i muscoli ma non la ragione. Che hanno il potere piccolo, quanto il loro cervello, ma non il cuore. (fc)