di ERCOLE INCALZA – Per evitare di commettere errori interpretativi su cosa sia il Sistema Trans European Network (noto come Reti Ten – T); per evitare che si dimentichi come è nato e perché è nato un simile atto programmatico, per evitare che a livello mediatico si formulino notizie poco approfondite, mi riferisco soprattutto ad alcuni giornali volutamente disinformati, per evitare di sottovalutare il ruolo di tale strumento nella pianificazione della Unione Europea ed in quella dell’Italia, cerco, in modo sintetico, di ricordare la serie di eventi, la serie di passaggi che ha reso possibile dare vita ad una griglia infrastrutturale su cui poggia l’intero impianto comunitario.
Nel lontano 1985, durante i lavori del Piano Generale dei Trasporti italiano, i vari esperti che collaboravano alla redazione del Piano, tra cui il Premio Nobel all’economia Vassily Leontief, proposero all’allora Ministro dei Trasporti Claudio Signorile di sottoporre alla Commissione Europea la redazione di un “Master Plan dei Trasporti”.
In particolare il documento consegnato al Ministro conteneva le reti stradali e ferroviarie che consentivano una interazione funzionale tra i vari Stati della Unione Europea (allora solo 15) e, al tempo stesso, veniva riposta grande attenzione: alla sicurezza nei trasporti; alla difesa dell’ambiente; alla identificazione di un apposito fondo destinato al supporto delle attività legate alla realizzazione degli anelli mancanti in modo particolare ai valichi al rilancio della offerta portuale ed interportuale alla identificazione degli Hub portuali, interportuali ed aeroportuali dell’intero sistema comunitario
La proposta fu portata in Consiglio della Unione Europea nel 1986 e nel 1987 il Parlamento europeo prese visione ed approvò l’intero impianto programmatico.
Questo documento diventò, quindi la base, di quella proposta organica che il Commissario Christophersen nel 1994 propose al Consiglio della Unione Europea e che “prendendo come riferimento di base il Master Plan approvato dal Parlamento europeo” conteneva i primi Corridoi ed i primi Hub logistici. Il nostro Paese disponeva di due Corridoi e due Hub: asse ferroviario Verona – Monaco; asse ferroviario Trieste – Kief; Hub aeroportuale di Malpensa; Hub aeroportuale di Roma.
Per questi interventi era previsto anche un impegno di risorse comunitarie e si precisava nel documento che tali interventi erano solo i primi segmenti di ciò che in un prossimo futuro sarebbero diventati i Corridoi comunitari e, sempre nella proposta di Christophersen, si precisava che il collegamento tra Trieste con Kief era una prima anticipazione dell’allargamento della Unione Europea verso l’Est.
Dal 1994 fino al 2002 si rimase praticamente fermi nell’approfondimento delle possibili ipotesi programmatiche e progettuali. Nel 2002 la Unione Europea dette l’incarico al Commissario europeo Van Miert di redigere, con il coinvolgimento dei Paesi della Unione Europea, il Sistema delle Reti Trans European Network (Ten – T). Ogni Paese delegò un proprio rappresentante (il Governo italiano delegò la mia persona) e dopo due anni venne approvato il primo impianto delle Reti Ten – T.
Devo ricordare che la istruttoria finale avvenne anche durante il semestre di Presidenza italiana della Unione Europea e il referente chiave fu l’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi. I lavori del gruppo, coordinato da Van Miert, furono supportati per quanto concerne la validità tecnica economica dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI). La Commissaria ai Trasporti della Unione Europea Loyola De Palacio fece approvare dal Parlamento la proposta. In quella proposta l’Italia disponeva di tre Corridoi:
Il Corridoio Lisbona – Lione – Torino – Milano – Trieste – Kief; Il Corridoio Rotterdam – Genova; Il Corridoio Berlino – Brennero – Verona – Bologna – Roma – Reggio Calabria – Ponte sullo Stretto – Palermo.
Ritengo opportuno precisare che nel Corridoio Berlino – Palermo il Ponte sullo Stretto era indicato come opera singola autonoma e quindi come segmento chiave in grado di superare “un anello mancante” nella continuità territoriale.
Nel 2009 si riaprirono i lavori relativi all’aggiornamento delle Reti Ten – T e nel 2013, grazie sempre al lavoro del nostro Paese all’interno di una Unione ormai a 28 Stati, si ottenne un altro grande risultato: su nove Corridoi, che caratterizzavano l’intero impianto, quattro interessavano direttamente il nostro Paese: Il Corridoio Lisbona – Lione – Torino – Milano – Trieste – Kief; Il Corridoio Rotterdam – Genova; Il Corridoio Baltico – Adriatico; Il Corridoio Berlino – Brennero – Verona – Bologna – Roma – Reggio Calabria – Ponte sullo Stretto – Palermo.
Ricordo che, anche con la decisione del Governo Monti di sospendere la realizzazione del Ponte, la Unione Europea aveva mantenuto inalterata la validità dell’opera legata al Ponte sullo Stretto
Ho fatto questa lunga precisazione storica per due distinti motivi: dimostrare il ruolo chiave svolto sin dall’inizio (cioè già da quaranta anni fa) nella definizione e nella concreta attuazione del Sistema Trans European Network (TEN – T), evidenziando anche il ruolo svolto dalla BEI nella istruttoria delle varie proposte evitare che a livello mediatico si dica: “Finora il Ponte sullo Stretto non figurava nella lista delle opere previste nelle Reti Ten – T e per questo al massimo l’Italia poteva chiedere di accedere solo a un co – finanziamento fino al 50% degli studi di preparazione e di aggiornamento del progetto e per la sola parte ferroviaria.
Nei giorni scorsi il Ministro Matteo Salvini ha presentato la richiesta di inserimento dell’opera nell’ambito della Connecting Europe Facility (Cef) che è il cuore delle Reti Ten – T con uno stanziamento di 26 miliardi di euro e quindi se passasse tale proposta le Reti Ten – T potrebbero assicurare una quota anche alla realizzazione dell’opera” La volontà della Unione Europea sulla realizzazione del Ponte non è legata in nessun modo a nuovi esami e a nuove verifiche. Ed è davvero scorretto raccontare, sempre a livello mediatico che: “Il ponte ritornerà così nella Rete Ten – T dalla quale era stato escluso come “priorità” nell’autunno del 2011 dal Governo Monti”. Preciso la decisione di “non priorità” era stata presa dal Governo Monti e non dalla Unione Europea.
Mi spiace questa interpretazione gratuita del mondo dell’informazione e mi spiace ancor di più che due europarlamentari europei del Movimento 5 Stelle dichiarino: “Il rischio è che l’Unione Europea finanzi progetti al buio solo per compiacere la propaganda di Governo. Finanziare il Ponte sullo Stretto distrarrà fondi da altre infrastrutture necessarie al Paese”.
Cioè mi spiace che degli europarlamentari italiani parlino di “progetti al buio” riferiti ad un’opera che dispone invece di approfondimenti progettuali ed economici effettuati da esperti e da società di ingegneria al massimo livello. (ei)