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A Stalettì alla scoperta di Giuseppe Gangale

A Stalettì alla scoperta di Giuseppe Gangale

Ha riscosso curiosità e interesse l’evento svoltosi a Stalettì e dedicato a Giuseppe Gangale, glottologo, filosofo, massone, uno dei maggiori studiosi della cultura arbëreshë.

Ha introdotto i lavori il giornalista Luigi Stanizzi, che ha catturato l’attenzione del pubblico accennando alla ricca biografia di Gangale, che fu anche Maestro della Loggia Massonica “Tommaso Campanella” di Catanzaro. Subito dopo il sindaco di Stalettì, prof. Mario Gentile, ha parlato di Gangale dal punto di vista storico e sociale. Poi, è subito partita la proiezione di  “Gangale” il fortunato film documentario di Eugenio Attanasio che riscuote, fin dalla prima uscita, un inarrestabile successo di critica e di pubblico.

Dopo la proiezione Attanasio ha spiegato in ogni dettaglio il suo lavoro e il rapporto con le comunità degli albanesi di Calabria, fra tradizione e innovazione. A seguire l’intervento del dott. Domenico Levato, personalità culturale storicamente ai vertici della Cineteca regionale, che ha narrato episodi inediti e gustosi sulle minoranze linguistiche della nostra terra, ancora da scoprire, le cui tradizioni vanno salvaguardate per evitare che scompaiano del tutto. Numerose le domande poste al sindaco Gentile, al regista Attanasio, al dott. Levato. Alcune anche provocatorie per animare il dibattito.

La cultura arbëreshë rischia di sparire ma, al contempo, rischia di sparire anche la cultura popolare calabrese, dalla lingua agli usi e consuetudini. I relatori di sono soffermati sulla necessità dell’accoglienza dei popoli che solcano il mare per arrivare in Calabria. A questo punto il moderatore Luigi Stanizzi ha fatto osservare che qualche secolo addietro, le incursioni turchesche mettevano a ferro e fuoco tanti centri calabresi, terrorizzando le popolazioni, facendo razzie, portando via donne come schiave, incendiando chiese, come per esempio avvenuto più volte nell’antica Cropani. Continue incursioni nefaste, tanto da realizzare la costruzione di torri di avvistamento su tutto il litorale calabrese.

Il sindaco Gentile, attingendo alla sua cultura storica, sociologica e politica in una visione globale, ha ribadito che l’accoglienza deve essere garantita senza tentennamenti. Sulla stessa linea Attanasio. L’iniziativa si è tenuta nell’Anfiteatro di Palazzo Aracri, per volontà  dell’intera amministrazione comunale, che ha organizzato un fitto e variegato  programma di prestigiose iniziative culturali, con il fattivo contributo di tutti, in particolare dell’assessore Salvatore Bocchino.

Nel dibattito con il pubblico la dottoressa Vatrella, prendendo spunto dalle immagini del film con costumi tradizionali, ha ricordato la necessità di custodire e valorizzazione le tradizioni popolari, e le istituzioni devono fare la loro parte altrimenti andranno perdute per sempre. Il sig. Calabretta, invece, ha focalizzato l’attenzione su una parola che purtroppo sembra desueta, in via di estinzione: onestà. Da applicare ad ogni comportamento.

Giuseppe Gangale nacque a Cirò,  completati gli studi secondari presso il Collegio liceo italo-albanese di San Demetrio Corone, lo stesso in cui si recava per studiare l’intellighenzia arbëreshe e albanese, dal 1916 al 1918, prese parte al primo conflitto mondiale. Finita la guerra, frequenta la facoltà di Filosofia di Firenze, e si laurea con una tesi sui Pensieri di Pascal. A Firenze diviene saggista ed editore, affrontando grossi intralci, a causa anche della sua fede, essendo in una fase storica in cui la libertà di pensiero era sottoposta a dure censure. Ritorna in Calabria, dopo un lungo pellegrinaggio fisico per tutta l’Europa e quello spirituale tra riforma protestante e filosofia.

A Crotone, dove si trasferisce nel 1978, dopo aver sposato la sua collaboratrice Margherita Huffer, frequenta la Chiesa Adi e il pastore Francesco Rauti.
Il professore Gangale, nel film interpretato dall’attore Mario Marascio, scelse di iniziare la ricerca da Marcedusa, perché lo considerava il più antico insediamento albanese in Calabria, e anche perché si parlava una lingua che aveva subito meno contaminazione. Con la passione dello studioso e la pazienza di un certosino, dedicò molto tempo alla registrazione di vocaboli, espressioni, modi di dire, racconti, favole e poesie.