Roberto Andò, Marta Barone, Jonathan Bazzi, Giorgio Fontana, Paolo Jedlowski, Melania G. Mazzuco, Elena G. Mirabelli, Remo Rapino, Igiaba Scego e Gennario Serio sono i dieci finalisti dell’edizione 2020 del Premio Sila ’49, promosso dall’omonima Fondazione guidata da Enzo Paolini.
«Siamo contenti di quello che sia riusciti a fare – ha dichiarato Amedeo Di Maio, presidente della giuria nel corso della conferenza stampa in cui sono stati annunciati i finalisti – il primo istinto, in queste situazioni, è sempre quello di fermarsi, sospendere le attività. Ma abbiamo voluto essere presenti, esserci nonostante tutto e abbiamo avuto grandi soddisfazioni dalle candidature».
«La cultura è uno dei motori di crescita di una comunità – ha dichiarato il presidente Enzo Paolini–. Per questo abbiamo deciso di forzare un po’ la mano ai giurati per arrivare (nello stesso tempo degli altri anni) alla presentazione della decina».
A presentare i titoli, il giurato e scrittore Emanuele Trevi che, in collegamento dalla Toscana, è partitolo dal titolo di Paolo Jedlowski, Intanto, «che davvero rappresenta il tempo che abbiamo trascorso» ha spiegato Trevi, specificando come la parola intanto potrebbe essere il manifesto di questa edizione: «intanto, le persone leggevano libri, intanto, anche nei giorni più duri, si preparavano le manifestazioni, i festival, le iniziative culturali. Perché intanto il mondo non si è davvero fermato, l’istinto iniziale è stato quello di fermarsi, eppure le cose hanno continuato a germinare».
Poi, è stata la volta di Configurazione Tundra della calabrese Elena Giorgiana Mirabelli, «un romanzo distopico originalissimo – ha spiegato Trevi – che stupisce da un’autrice così giovane». Poi, è stata la volta di Febbre di Jonathan Bazzi, un romanzo distopico contemporaneo «che prende vita a Rozzano, periferia milanese; una storia privata il sui innesco narrativa è la febbre del titolo, passa per una diagnosi di sieropositività e arriva a parlare, fondamentalmente, della diversità».
«Dalla Rozzano contemporanea – ha proseguito il giurato – facciamo un salto nella Roma di Caravaggio. Il luogo e il tempo de L’Architettrice di Melania Mazzuco, quella Plautilla che fu la prima donna architetto», per poi passare a Prima di noi di Giorgio Fontana, «il grande romanzo familiare italiano» che «dura da quattro generazioni, da Caporetto ai giorni nostri».
Poi, è stata la volta de La linea del colore di Igiaba Scego, che il giurato ha definito «il miglior romanzo di un’ottima scrittrice»; Città sommersa di Marta Barone è «un libro significativo dal punto di vista della dinamica psicologica. Un volume che merita tutta l’attenzione possibile»; il Notturno di Gibilterra, di Gennario Serio, è stato definito da Trevi «un raffinatissimo gioco letterario, davvero riuscito».
Il bambino nascosto di Roberto Andò, «narra l’amicizia insolita tra un bambino e un professore di pianoforte» e, rivela Trevi, «già si parla di un film tratto dalla trama di questo libro». L’ultimo libro è, infine, Vita, more e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino «che viene da un’altra tradizione letteraria che è stata fonte straordinaria per la narrativa italiana: il monologo del pazzo». (rcs)