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Alfonso Samengo: «Oggi vorrei parlarvi di mio padre, Francesco»

Alfonso Samengo: «Oggi vorrei parlarvi di mio padre, Francesco»

di PINO NANOUn Parco per Bambini a Cittanova porterà il nome di Francesco Samengo, già presidente Unicef, morto a causa del Covid nel novembre 2020. 

La cerimonia di intitolazione avverrà il 31 agosto prossimo. Il Parco, già corredato di giochi, sarà arricchito di una giostra per bambini con disabilità, al fine di consentire una migliore forma di inclusione. Alla manifestazione, promossa dall’Amministrazione Comunale di Cittanova, saranno presenti il sindaco Domenico Antico, il Presidente del Consiglio Comunale Francesco Rao, ma anche rappresentati dell’Unicef nazionale Patrizia Surace e Michele Affidato, il presidente di Unicef Calabria Giuseppe Raiola, nonché il figlio del compianto presidente Samengo, il collega giornalista Alfonso, oggi vicedirettore del Tg2, che ha accettato di rilasciare al nostro giornale un ricordo di suo padre. 

-Alfonso, che sentimento hai provato alla notizia dell’intitolazione di un parco per bambini alla figura di tuo padre?

«La decisione dell’Amministrazione comunale di Cittanova mi ha commosso. Confesso proprio che si tratta di un sentimento di commozione, perché parlo da figlio che ha sempre considerato il proprio padre come modello di intraprendenza e di generosità». 

-Posso chiederti di raccontarmi tuo padre?

«Mio padre era innanzitutto un inguaribile innamorato della sua terra e della sua gente. Nonostante si fosse trasferito negli ultimi anni con la famiglia a Roma, ha sempre mantenuto un legame strettissimo con la Calabria ed ha voluto conservare fino alla fine la propria residenza a Cassano Ionio dove era nato e cresciuto».

-Diciamola tutta. Tuo padre era un personaggio illustre, molto conosciuto nella politica degli anni 80 e 90. Ha militato nella Democrazia Cristiana, al fianco di Carmelino Pujia potente assessore regionale e poi sottosegretario. Come lo ricordi in quegli anni?

«Era difficile stargli dietro. Lui era molto presente nella vita di famiglia ma sempre lontano da casa, assolutamente preso dalla passione che aveva coltivato fin da piccolo. Mai ferie, mai una giornata al mare, pochissimi viaggi di piacere. Soltanto anni di lavoro che significavano per lui grande entusiasmo e tanti sacrifici. Come molti sanno, lui ha ricoperto ruoli manageriali in aziende pubbliche, con grandi risultati e soddisfazioni ma anche accumulando delusioni, incomprensioni ed amarezze».

-Poi negli ultimi anni della sua vita si è avvicinato al mondo dell’Unicef. Come mai?

«Avvicinandosi all’età della pensione, ero certo che non si sarebbe mai arreso alle pantofole e al divano. Ha trovato la sua strada avvicinandosi al mondo del volontariato. Per rimanere in attività e contribuire a qualche buona e giusta causa. Ancora riecheggiano nella mia mente le parole di un suo intervento: “Spendere il proprio tempo e le proprie energie al servizio degli altri, per contribuire a cambiare ciò che non va, credo che sia quanto di più utile una persona possa fare nella vita. I bambini in definitiva sono tutto: sono il futuro e il presente, sono quanto di più prezioso possa esserci, la guida che orienta le nostre azioni, attività e priorità”. Credo sia stato per questo che lui ha voluto lavorare per un’importante struttura che più di altre difendesse le nuove generazioni dalla povertà, dalle ingiustizie e dalle guerre. L’Unicef, appunto. Poi, con il tempo, da presidente nazionale ha maturato la convinzione di affidarle una nuova missione».

-Quale missione?

«Quella di orientare l’Unicef verso un modello di organizzazione di “prossimità”, cioè di essere vicina a tutti i bambini compresi quelli italiani, perché anche in Italia ci sono bambini che vivono nel disagio».

-Quando è avvenuta questa trasformazione?

«Confesso di non sapere se questa trasformazione sia rimasta dopo la morte di papà. Lui ha sempre creduto che questa metamorfosi fosse assolutamente necessaria perché i bambini sono da difendere ovunque, non solo nelle aree di crisi internazionali ma anche qui da noi, in Calabria. Fin dagli anni in cui è stato Presidente dell’Unicef calabrese ha portato avanti alcune iniziative particolari, definirei inedite per l’Unicef ed altre organizzazioni umanitarie, come il sostegno attivo alla rete ‘Liberi di scegliere’». 

-Di cosa si tratta?

«La rete “Liberi di scegliere” è ormai nota a livello nazionale ed internazionale, ha anche ispirato una fiction Rai. Lo spirito che la anima è quello di aiutare minorenni provenienti da famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata. Ma anche ragazzi che siano vittime della violenza mafiosa e dei loro familiari che si dissociano dalle logiche criminali, con particolare interesse per quelle madri che intendano salvare i loro figli dal destino sicuro del carcere o della morte, sostenendole in un cammino di riscatto sociale».

-Qualche esempio concreto che ricordi?

«Ricordo, ad esempio, un’iniziativa svolta dall’Unicef al fianco del Tribunale dei minori di Reggio Calabria. In quell’occasione fu necessario salvaguardare l’incolumità di una minorenne vittima di violenza sessuale reiterata, maturata in un contesto di ‘ndrangheta. L’Unicef ebbe parte attiva nell’allontanamento dalla Calabria dell’intero nucleo familiare, collaborando nell’operazione di sistemazione logistica di quella famiglia». 

-Quali altre iniziative dell’Unicef in Calabria, in quel periodo in cui tuo papà era presidente regionale?

«Tanti atti ufficiali che erano propedeutici ad iniziative concrete, come la stipula di protocolli d’intesa con i Tribunali dei Minori di Catanzaro e di Reggio Calabria, accordi con le Prefetture per agevolare l’accoglienza e la permanenza dei minori stranieri anche dopo la maggiore età (come consente la c.d. Legge Zampa), le intese con le università della Calabria e Mediterranea di Reggio Calabria, le convenzioni stipulate con il Garante Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con vari Ordini Professionali, con l’Ufficio Scolastico regionale della Calabria e con il Coni». 

-Fin qui il periodo calabrese. Poi il 25 luglio 2018 Francesco Samengo viene eletto presidente nazionale.  

«Non è stata una sorpresa per me. Papà, nei mesi precedenti, aveva intensificato il suo impegno a favore di iniziative importanti sempre orientate da quel suo progetto di Unicef di “prossimità”. Penso, ancora, all’impegno per l’istruzione prescolare: l’accordo tra l’Associazione Culturale Pediatri e i progetti Unicef di sostegno alle azioni educative volte all’istruzione formale e informale dei minori, tra cui “Nati per Leggere”, così come il programma Unicef “Benvenuti al mondo”. Ricordo ancora la promozione della rete degli Ospedali “amici dei bambini”, con particolare attenzione non soltanto alla cura del corpo, quindi delle malattie, ma anche dell’anima, della psiche dei bambini. L’Unicef ha selezionato alcuni ospedali con queste particolari caratteristiche secondo alcuni criteri prefissati».

-Anche qui la domanda: un esempio concreto?

«L’Unicef, ad esempio, nei 30 ospedali della rete “amici dei bambini” ha promosso un programma denominato ‘Insieme per l’allattamento’ per diffondere la cultura dell’allattamento e garantire a tutti i bambini una nutrizione adeguata fino dalle prime settimane di vita. Forse non tutti sanno che Italia e Malta sono tra i paesi con la più alta prevalenza di obesità tra i bambini che non sono mai stati allattati. Occorre insomma promuovere la cultura dell’alimentazione fin dalla tenera età». 

-Altre iniziative?

«Non riesco a ricordarle tutte. Papà moltiplicava i suoi impegni ogni giorno, ogni settimana, ogni mese. Poi amava incontrare e motivare i volontari dei comitati provinciali e regionali dell’Unicef. A pochi mesi dalla sua elezione era riuscito a far visita in tutte le province italiane. In molte sedi istituzionali, nelle scuole, nelle Università si parlava di Unicef e delle sue iniziative». 

-Ci fu anche una visita al Quirinale di una delegazione ufficiale dell’Unicef….

1Prima la delegazione fu ricevuta dai Presidenti del Senato e della Camera, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico. Poi anche dal Presidente Sergio Mattarella. Fu una visita storica, era il 20 novembre 2019. L’occasione fu per il trentennale dell’approvazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu. La delegazione era composta soprattutto da bambini e da ragazzi che papà definiva i “veri protagonisti dell’evento”. Con loro c’erano gli Ambasciatori Samantha Cristoforetti e Michele Affidato, i membri del Consiglio direttivo Anna Miccoli, Patrizia Surace e Matteo De Mitri, il Direttore generale Paolo Rozera e il Portavoce Andrea Iacomini. Mattarella volle ascoltare proprio la voce dei ragazzi e invitò i rappresentanti dell’Unicef a non abbassare mai il livello di guardia nella tutela dei minori, soprattutto di quanti appartengono a minoranze, di coloro i quali necessitano di specifica protezione e sostegno per situazioni di vita o condizioni fisiche»

-Insomma, fu una giornata indimenticabile. E altri eventi significativamente importanti?

«Un grande evento fu lo spettacolo teatrale “Processo a Pinocchio” che venne portato in scena nel maggio 2019 nella solenne cornice della Aula della Camera dei Deputati. Un inedito assoluto: era la prima volta di uno spettacolo di giovanissimi attori nel tempio sacro della politica a Montecitorio. Sugli scranni dove siedono i parlamentari c’erano i bambini di alcune scuole romane, campane e calabresi. Ovviamente presenti il presidente della Camera di allora Roberto Fico e la vicepresidente Mara Carfagna, oltre a pochi deputati e autorità.  Si trattava sostanzialmente di una rilettura ben riuscita della favola di Collodi alla luce dei diritti dei bambini e degli adolescenti dei nostri tempi. L’ evento straordinario, fortemente voluto da mio padre, venne trasmesso in diretta su Rai3 a cura di Rai Parlamento». 

-Poi mi parlavi anche di importati relazioni con il mondo dell’università e altro ancora… 

«Papà mi raccontava con entusiasmo di tante iniziative, ad esempio accordi con università italiane per sollecitare iniziative a sostegno dell’infanzia, ma anche con il Ministero dell’Interno per la tutela dei minori stranieri non accompagnati e con i Vigili del Fuoco. Mi parlava di una piattaforma di dieci punti da sottoporre al Ministero dell’Interno per la creazione di una rete di tutela a favore dei minori e delle madri vittime di violenza domestica, contribuendo così alla lotta contro il dramma globale della violenza contro le donne e minori». 

-Poi è arrivato il Covid…

Maledetto Covid… Quelle settimane di distanziamento sociale e di lockdown hanno devastato le nostre coscienze. Mio padre viveva poi il profondo tormento di non poter incontrare i volontari e la gente. Il suo primo impegno, nelle prime settimane di pandemia, fu quello di collaborare ad una raccolta insieme con l’Anci per far fronte alle spese di prima necessità di quella drammatica emergenza. Contestualmente, Unicef Italia si attivò per recuperare all’estero mascherine ma anche guanti chirurgici e monouso, tute e occhiali protettivi, disinfettanti e termometri che, purtroppo lo ricordiamo tutti, erano introvabili nella prima fase di pandemia. Gli aiuti vennero consegnati alla Protezione Civile, che aveva il compito di distribuire alle strutture sanitarie delle aree con maggiori necessità di questi dispositivi sanitari. Inoltre, mio padre aveva anche avviato una collaborazione concreta con il Ministero della Salute per la salvaguardia della salute psicologica e fisica dei minorenni in Italia, in quel momento particolarmente vulnerabile a causa della pandemia e dell’aggravio delle diseguaglianze».

Purtroppo, il Covid ha stroncato i sogni e i progetti di tuo papà…

«Il Covid ha sconvolto la vita di milioni di famiglie nel mondo e tra queste anche la mia. Era il 23 ottobre di quattro anni fa: mio padre ha la febbre. Tutto da solo si reca in un laboratorio di analisi per fare il test. Positivo. Due giorni dopo viene ricoverato allo Spallanzani e il 31 ottobre finisce in terapia intensiva. Ha una grave polmonite. Per noi della famiglia diventa una terribile ed estenuante attesa di angoscia e di preghiera. Alle 21.35 del 9 novembre la telefonata che mai avrei voluto ricevere: “Suo padre è deceduto”. Anche mia madre finirà i suoi giorni proprio lì allo Spallanzani. Morta di covid anche lei. Esattamente venti giorni dopo mio padre. Quel mese di novembre del 2020 per la mia famiglia resterà per sempre il periodo peggiore della nostra esistenza. Dal quel 9 novembre tutto è cambiato e ogni giorno il pensiero è rivolto alla tragedia che abbiamo vissuto. Mio padre aveva 81 anni, ma assolutamente energico, instancabile e senza gravi patologie. Mai pause durante il weekend, viaggiava da solo in macchina per le vie dell’Italia, lavorando anche nel suo letto di ospedale prima di finire in rianimazione. E pensava a nuovi progetti e nuove iniziative per l’Unicef». 

-Lasciamo la tristezza di quel periodo… cosa resta di tuo padre?

«Resta il ricordo di un uomo buono e generoso. Di umili origini, orfano di padre a cinque anni e che si era fatto da solo, senza mai arrendersi. Ha vissuto momenti terribili ma è sempre riuscito a superare gli ostacoli della vita, realizzando i propri obiettivi con onestà e rigore. Soprattutto ha saputo dare un significato alla vita stessa, prima con l’impegno in politica e poi negli ultimi anni dedicandosi al volontariato. Ora ciò che mi sta a cuore è che questa eredità morale non vada dispersa. Per questo non finirò mai di ringraziare l’Amministrazione Comunale di Cittanova e tutti gli amici per essere sempre vicini alla mia famiglia, nel ricordare la figura di mio padre, come in questa bell’iniziativa del 31 agosto prossimo». (pn)