di SANTO STRATI – Non è una frase ad effetto, ma una proposta seria e sensata e viene da un’autorevole fonte: il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, ieri a Cosenza, con l’assemblea degli industriali cosentini ha lanciato l’idea di far diventare tutta la Calabria una ZES, ovvero una “zona economica speciale” con tutti i vantaggi che essa comporta per attrarre investimenti. Un’idea che tutte le forze politiche calabresi dovrebbero condividere e sostenere e che il Governo potrebbe tenere in seria considerazione. Attualmente in Calabria c’è la ZES di Gioia Tauro che si estende dal Porto fino a Reggio: è appena agli inizi e mostra ancora qualche criticità (soprattutto dalo punto di vista burocratico) ma promette di cambiare radicalmente l’economia di tutta l’area. Perché quindi non valutare, in maniera adeguata, di allargarla a tutta la regione?
Come ha evidenziato l’ultimo rapporto Svimez, la Calabria è l’ultima regione del Sud in tutti i sensi: quest’anno avrà una crescita negativa dello 0,3% sul Pil e dopo un triennio di pur debole ripresa (2015-2017) mostra un forte cedimento negli investimenti (-40%). Il quadro non è allarmante, è disperatamente allarmante. Occorre, dunque, fare del Mezzogiorno una questione davvero nazionale e, come abbiamo pubblicato in questi giorni, il Manifesto per l’Italia, prima, e la successiva garbata lettera di del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Quotidiano del Sud/L’AltraVoce dell’Italia, dopo, danno un segnale preciso che farebbe ben sperare in un’attenzione crescente del Governo nei confronti del Mezzogiorno. E la scelta del nuovo ministro per il Sud, Peppe Provenzano, uno studioso che conosce a fondo i problemi del Mezzogiorno, che avrà un bel po’ di dossier da analizzare ed avviare a soluzione, è un’ulteriore manifestazione di rinnovata sensibilità del Conte 2. Quella del direttore Quotidiano del Sud/L’AltraVoce dell’Italia Roberto Napoletano è una battaglia sullo “scippo” delle ricche regioni del Nord ai danni delle regioni povere del Sud, è un sipario strappato su una realtà che in molti fingono di ignorare e che, invece, il premier Giuseppe Conte, da uomo del Sud, ritiene inaccettabile. Il divario crescente nella distribuzione delle risorse: “Vogliamo – ha scritto Conte a Napoletano – realizzare un piano straordinario di intervento, approntare una cintura di protezione per le aree che soffrono di maggiori disagi dal punto di vista economico e sociale». Quale migliore premessa per prendere in considerazione l’idea di una ZES per tutta la Calabria?
Com’è nata questa proposta? Lavoro, crescita e debito sono state le parole chiave del presidente degli industriali Boccia, per sottolineare la necessità di fare del Mezzogiorno una questione nazionale. E da qui l’idea di creare le condizioni perché ripartano gli investimenti, si realizzino infrastrutture, si offrano opportunità ai giovani. Il presidente Conte ha scritto una cosa molto bella nella lettera inviata al Quotidiano del Sud: «Sono i giovani le uniche eccellenze che non vorremmo più ‘esportare’». Ecco, i giovani, le infrastrutture, un nuovo corso nella mobilità e nei trasporti, serie opportunità di occupazione (ed eventualmente formazione specialistica) per laureati e non, in una terra dove la disoccupazione giovanile segna il 55%. Basta il dato della nuova “emigrazione” intellettuale: negli ultimi dieci anni sono stati 120mila i laureati che hanno lasciato la Calabria, a chiedere il ricorso a iniziative “speciali” (come la ZES) e a una terapia d’urto in grado di fermare quest’emorragia di giovani risorse.
Il prof. Pasquale Amato, apprezzato storico e profondo studioso di cose del Sud, ha citato ieri su FB il dialogo con la nipote Giada invitata a organizzare per le sue amiche una visita al Museo dei Bronzi: «Zio – ha risposto la ragazza – ne è rimasta solo una. Le altre sono scese per le vacanze ad agosto ed ora sono tornate nelle città del Nord dove si sono trasferite». Una malinconica dichiarazione che la dice lunga sull’emorragia, inarrestabile, dei nostri giovani costretti a “fuggire” dalla propria terra in assenza di qualsiasi opportunità. La Calabria rischia di diventare come i paesi dei nostri emigrati oltreoceano degli inizi del secolo scorso: un lontano ricordo dove, con struggente nostalgia, se si può, tornare per qualche settimana e lasciare nuovamente affetti, amicizie, e soprattutto sogni irrealizzabili.
Non possiamo più tollerare che la Calabria, con l’immensa ricchezza di risorse che possiede (clima, paesaggi, tesori archeologici inestimabili, un mare da favola, montagne meravigliose e tantissimo altro) sia abbandonata a se stessa: l’opportunità di creare una ZES dove vivono due milioni di persone oltre che suggestiva è straordinariamente fattibile. E la crescita e lo sviluppo che deve passare soprattutto sulla culture e la formazione ha bisogno di contare, sugli industriali, sulla voglia di fare impresa di chi crede e scommette su questa terra. E va incoraggiato.
Fortunato Amarelli, eletto ieri presidente degli industriali cosentini, è un giovane di 47 anni, un imprenditore che tiene il timone di un’azienda famosa, conosciuta in tutto il mondo, che risale al 1731. Ha scritto su FB: «Un po’ di anni fa quando entrai per la prima volta nella sede di confindustria Cosenza, non avrei mai immaginato quanto l’associazione diventasse importante nella mia vita. Confindustria esaudisce la mia grande voglia di occuparmi di un interesse più collettivo, di poter dare il mio contributo alla società. Credo che sia una responsabilità di tutti, impegnare una parte del loro tempo per il bene comune, ancora di più in Calabria, per il suo riscatto, perché è in assoluto la regione più bella al mondo». Servono dieci, cento, mille Amarelli per questa terra. (s)