di SANTO STRATI – La ragion politica non può e, soprattutto, non deve prevalere sul buon senso: per il candidato sindaco di Reggio solo chi non vuol vedere non s’accorge del malcontento trasversale che sta attraversando la città. Non è una questione di persone (Nino Minicuci è un manager della cosa pubblica con larga esperienza e nessuno mette in discussione le sue capacità) bensì di metodo. Non è tollerabile – e del resto la Città lo sta dimostrando con il maldipancia evidente che non nasconde in alcun modo – che Matteo Salvini (che nella Metrocity conta politicamente il 9% ed è vistosamente in ribasso) debba decidere chi dovrà correre per sindaco. Già, ribadiamo il concetto della competizione: c’è un sindaco uscente, Giuseppe Falcomatà, che si ripresenta e chiede il voto ai reggini sulla scorta di quasi sei anni nei quali ha guidato la città e poi ci sono gli antagonisti, ovvero le singole e multiple espressioni di parti o partiti che – evidentemente – “sfidano” l’avversario, argomentando in maniera diversa. Il confronto, non dimentichiamolo, è il sale della democrazia e, per primo – siamo convinti – lo stesso Falcomatà intende avere un avversario da battere sul piano politico e di contenuti, ma, date le circostanze, l’antagonista della principale parte opposta non è espressione della città, È il risultato di una “prova di forza” di Salvini che, in realtà, nasconde un disegno politico ben preciso.
A Salvini, permetteteci la schiettezza, del sindaco di Reggio non può fregare di meno, l’obiettivo – ovviamente non dichiarato – è, bensì, un altro. Con Minicuci quale candidato “imposto” alla coalizione di centro-destra, il segretario della Lega vuole raggiungere un perfido risultato: sbaragliare Forza Italia che nella Metrocity, al contrario del tracollo nazionale, ha raggiunto importanti risultati grazie a Francesco Cannizzaro, e, nel contempo, “impoverire” il patrimonio locale dei fratelli di Giorgia che si sta sgretolando da solo. In buona sostanza, Salvini gioca per far perdere il centro-destra e, quindi, passare all’incasso imputando agli alleati l’incapacità politica di raggiungere il traguardo sperato. Quindi, la colpa della pressoché certa débacle reggina del centro-destra – con candidato Minicuci – andrà a ricadere non su Salvini – negromante improvvisato del voto reggino – ma sugli alleati. Con evidenti ricadute sul governo regionale, dove la Lega – per esser chiari – non ha raggiunto in alcun modo gli obiettivi di grandezza che si era prefissata e soffre di “nanismo” rappresentativo.
E allora, per sintetizzare, abbiamo un partito inesistente a Reggio che “pretende” di scegliere chi correrà per sindaco, presume di sparigliare gli alleati e disperdere il patrimonio di voti esistente, immaginando di passare poi per il nuovo “paladino” del Mezzogiorno. Se i reggini hanno gli attributi, è la volta buona che li facciano vedere: è desolante, mortificante, assolutamente indigeribile vedere una città che ha bisogno di uno scossone vero (non è detto che lo stesso Falcomatà non riesca poi a darglielo, se rieletto) anziché discutere di programmi, di progetti e di idee dia spazio alle cazzate salviniane, abbassando insofferente il capo.
Reggini, svegliatevi, l’ora della ricreazione (che non c’è mai stata) è finita, mostrate quanto siete incazzati, visto che i nostri politici non percepiscono quello che accade sul territorio. Per esempio, il sen. Marco Siclari e la deputata Maria Tripodi (entrambi di Forza Italia) si sono lanciati entrambi in lodi sperticate su Minicuci, esaltando la “bontà” della scelta di Salvini. Ma dove vivono? Prevale, purtroppo, la mai nascosta conflittualità con il coordinatore provinciale Ciccio Cannizzaro – rimasto da solo respingere le pretese della Lega – anziché la ragione e il reale interesse dei reggini. I segnali di malcontento sono chiari ed evidenti e non possono essere ignorati: Siclari e la Tripodi invocano la coesione per il rispetto dei patti e non si rendono conto che la gente non vuol essere presa in giro. I reggini il 20 settembre andranno al mare (o a Gambarie) piuttosto che andare a votare chi viene loro “imposto” da Salvini. Questo è evidente, lo hanno capito tutti, tranne i nostri politici locali, ad eccezione di Cannizzaro.
D’altra parte, il tentennamento di Cannizzaro non trova alcuna giustificazione con la cosiddetta “ragione” politica: un partito (Lega) che non ha storia sul territorio né risorse umane da spendere, basterebbe che si guardasse in giro – tra la società civile – per individuare persone perbene, slegate da logiche di partito in grado di sostenere un confronto (di destra) con il sindaco uscente. E invece non lo fa. E non lo fa nemmeno Ciccio Cannizzaro che traccheggia, promette e ritira il consenso ad eventuali papabili, e non mette in piazza una rosa di candidati su cui ascoltare la piazza. Salvo che non intenda buttare un asso spariglia tutti presentandosi in prima persona. Politicamente parlando, rinunciare a Montecitorio è difficile da digerire, considerando la costante ascesa che in ambito nazionale, ma Cannizzaro è davanti a un bivio: o ci mette la faccia, con una lista civica che troverebbe il consenso dei forzisti e dei Fratelli d’Italia (tiepidi nei confronti di Minicuci) e di qualche leghista “intelligente” oppure deve provare a individuare un candidato di area da opporre al diktat salviniano. La prima opzione è quella con maggiori chances: Cannizzaro ha il controllo dei voti forzisti, una solida base elettorale e piace ai reggini per le sanguigne battaglie che lo vedono protagonista a favore della Città. Il consenso stimato sarebbe più o meno del 30%, molto vicino a quello di Falcomatà: in caso di ballottaggio sarebbe una bella battaglia.
Nel secondo caso, non si tratta di fare primarie, basta un confronto dialettico, per far emergere chi, nella società civile, al di fuori dei partiti, potrebbe sostenere la sfida con Falcomatà. Ci sono tre magnifiche opportunità, che – premettiamo – difficilmente troveranno accoglienza perché si tratta di tre persone abituate a ragionare con la propria testa, pur confrontandosi con i sostenitori e gli avversari. Tre outsider che in assenza dell’asso Cannizzaro potrebbero riavviare il dialogo politico in città. Ricordiamo a chi di competenza che la ragione politica può vincere solo sui cretini e i reggini – se lo ricordi la nostra modesta, anzi modestissima, classe politica – sono tutt’altro che cretini. E se si incazzano (fosse la volta buona!) saranno cavoli amari alla prossima tornata elettorale. Stare sul territorio significa saper ascoltare: è l’esercizio opposto dei nostri parlamentari, consiglieri regionali, amministratori locali. I pochi illuminati (e possiamo assicurare che ci sono) sono emarginati e tenuti a debita distanza dal “potere”. Potere che – ancora non l’ha capito la nostra classe politica – non esiste più, e, comunque, non è quello di una volta.
Torniamo alle opportunità che nessuno (della coalizione di centro-destra) vuole prendere in considerazione, per proporli a Salvini dandogli la sensazione che sia lui a scegliere, tra personalità di spicco espressione della Città. Ci sono una eccellente professionista, l’avv. Giovanna Cusumano, il medico ed editore di ReggioTv Eduardo Lamberti Castronuovo, l’imprenditore Giuseppe Nucera. Hanno in comune la specchiata onestà intellettuale e una vita spesa correttamente, spesso a vantaggio della città e dei cittadini. La Cusumano, con pregresse esperienze civiche, è parte attiva dei movimenti per la difesa delle donne, è una legale stimata e molto apprezzata in città. Una sindaca per guidare Reggio alla riscossa sarebbe un grande segnale non solo di rinnovamento, ma anche di capacità strategiche di lungo respiro, con un’interlocutrice capace di tenere testa a chiunque. Lamberti Castronuovo ha creato a Reggio un laboratorio clinico-diagnostico d’avanguardia con strumenti che neanche a Milano ancora hanno, per rispondere alle esigenze dei cittadini e fermare il “turismo” sanitario che ha fatto ricche le regioni del Centro-Nord. Da assessore alla Cultura alla Provincia Lamberti ha fatto cose egregie: si vede che ama molto la sua città (anche non tutti lo amano per l’endemica invidia che ha sempre caratterizzato i reggini) e ha visione strategica e grande intuito manageriale. Con la sua guida Reggio da apatica e indifferente diventerebbe un laboratorio di idee e il centro propulsore di tutta la regione. Giuseppe Nucera, invece, è un imprenditore turistico di successo, già presidente degli industriali reggini. Ha fondato il suo movimento La Calabria che vogliamo e ha grandi capacità manageriali, con idee sensate (la reputazione è una sua fissa). e molto conosciuto e apprezzato in città e ha un buon serbatoio di voti (donati alla Santelli, alle Regionali, senza ricevere neanche un grazie). Tutti e tre sono di area di centrodestra ma non sono “partiticamente” esposti: uno dei tre potrebbe essere la risposta della città alla cazzata salviniana del “sindaco del Ponte”. Ma siccome tutt’e tre hanno a cuore – seriamente – le sorti di questa benedetta città e hanno il difetto di pensare con la propria testa, senza farsi guidare dall’alto, difficilmente troveranno spazio. Resta, dunque, l’unica alternativa di Cannizzaro aspirante sindaco, presumibilmente con una lista civica che darebbe qualche grattacapo a Falcomatà.
La città, insomma, può – e deve – farsi sentire: a cinquant’anni dai moti, sono irrisolti molti dei problemi che affliggevano e ancora strangolano Reggio. Da tutto questo, Falcomatà, al di là della chance (improbabile) degli outsider come antagonisti, può trarre i segnali giusti per affrontare un secondo mandato. Facendo tesoro degli errori commessi e, soprattutto, circondandosi, però, di un gruppo adeguato di assistenti competenti e capaci. La città ne è piena. Si rilegga Il Principe di Macchiavelli e capirà quanto conta, alfine, avere i giusti consiglieri al proprio fianco.
Non parliamo in questa sede di Klaus Davi (sagace portatore d’acqua, pardon, di voti e sincero estimatore di Reggio e della Calabria) né dei tanti altri candidati “minori” (nel senso di consenso elettorale): Fabio Foti per i CinqueStelle (pressoché inesistenti in Città), l’imprenditore Andrea Cuzzocrea con Mezzogiorno in Movimento, Saverio Pazzano per la Strada, Maria Laura Tortorella per Patto Civico, e tanti altri che cercano spazio in Consiglio comunale.
Falcomatà ha tante cose di cui vantarsi e tante altre da farsi perdonare, ma è questione che si vedrà alle urne. Quello che non va bene è che non abbia un antagonista “di peso” con cui confrontarsi e, dialetticamente, offrire spunti di riflessione alla Città. Idee contro altre idee, progetti contro altri progetti, per far emergere la differenza nel programma da una parte o dall’altra. Il suo avversario si chiamerà Ciccio? Lo scopriremo a breve. (s)