Sabat0 4 giugno, al Museo Marca di Catanzaro, s’inaugura la mostra Codex di Beatrice Gallori a cura di Luca Beatrice, promossa dalla Fondazione Rocco Guglielmo, in collaborazione con la Provincia di Catanzaro, Fabbrica eos Milano e Aria Art Gallery di Firenze.
Attraverso l’utilizzo di polimeri e di altri materiali, sintetici e non, insistendo sulla sfera come forma, le opere di Beatrice Gallori esprimono il concetto della trasformazione, della metamorfosi e, al contempo sono capaci di condensare nella materia l’essenza della natura organica delle cose. Con le sue superfici monocrome l’artista rinuncia alla figurazione interessandosi all’osservazione delle strutture primordiali del tessuto di cui è costituito l’universo, microscopico e cellulare, avvalendosi di una scelta estetica minimale, astratta eppure vivacemente pop.
«Le cellule segnate dal tempo rimangono appese infinitamente ai codici della vita», questo il fulcro del pensiero dell’artista, che trova spazio all’interno della mostra “CODEX”. Nella sua pratica artisticaBeatrice Gallori ha costruito, come scrive Luca Beatrice, curatore della mostra, «un suo personale universo fatto di un repertorio coloratissimo di micromondi da cartoon, di pianeti, costellazioni di cellule ispezionate nel suo laboratorio alchemico nel centro storico di Prato. Un universo astratto fatto di forme e colori elementari, di blob gassosi e bolle, nuclei e sezioni inglobati nella parete altrimenti bidimensionale del quadro».
Ricerca e sperimentazione caratterizzano l’intero percorso della Gallori che, come annota il curatore, «dalle opere di richiamo Nouveau Realisme (per l’inclusione di oggetti, corde, scatole, fili, maglie) è approdata all’uso consapevole del monocromo e della vernice per una versione che può dirsi rivisitazione new pop dello stile materico delle Plastiche di Alberto Burri».
La mostra al Marca propone una serie di opere inedite che sono testimoni del percorso di questa appassionata ricerca espressiva, opere realizzate utilizzando acciaio e marmo, medium mai utilizzati finora dall’artista, che trovano spazio accanto a lavori su polimero, tela e ceramica. Opere organizzate in diverse stanze cromatiche: dai colori metallici al bianco, dal rosso al blu.
L’artista sceglie materie sintetiche per costruire e ricoprire le superfici concave e convesse ottenute per colatura e sovrapposizioni di forme influenzate, in questo, dalla cultura 2.0 divisioni digitali e di una stagione cromatica plastificata e virtuale. L’effetto lucido e patinato conduce lo spazialismo di Beatrice Gallori nel mondo più contemporaneo di una cultura post-internet e della glitch art, dove la palette cromatica di Photshop detta le regole per una nuova scala pittorica.
«Rapportandosi con la storia dell’arte e con quella sociale e culturale del suo tempo Beatrice Gallori presenta una visione indipendente e centrata, un racconto aniconico di come la pittura può rinnovare linguaggio, stile e tecniche preservando l’efficacia di una narrazione che crede nell’astrazione ma non rinuncia al fascino di raccontare la vera natura del mondo sensibile». (rcz)