Il calabrese Domenico Condelli eletto nel consiglio nazionale Ingegneri

Prestigioso incarico per l’ingegnere Domenico Condelli, già Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia Reggio Calabria, che è stato eletto in seno al Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Gli Ordini calabresi di Reggio Calabria, Cosenza, Crotone e Vibo Valentia hanno condiviso la candidatura dell’ing. Condelli, nella convinzione che il binomio tra unità regionale e rappresentanza nazionale possa essere elemento di crescita per la categoria professionale e per la nostra regione.

All’interno dell’organismo nazionale di rappresentanza istituzionale l’ingegnere Condelli svolgerà un ruolo di primaria importanza nel promuovere, sviluppare e potenziare il ruolo dell’ingegnere al fine di accrescere la sua incidenza nella società in cui opera e sarà impegnato a perseguire obiettivi di crescita della professione a servizio della collettività e di un sempre maggiore riconoscimento, da parte delle forze politiche e sociali, del ruolo motore dell’ingegnere nei processi d’evoluzione e cambiamento.

Grandi sfide attendono la Calabria e grandi criticità si profilano all’orizzonte: occorre guardare al futuro con fiducia, progettando i percorsi che in ogni ambito consentano di contribuire alla valorizzazione e allo sviluppo del nostro territorio.

Addio a Giuseppe Bono, per 20 anni alla guida di Fincantieri

Addio al calabrese Giuseppe Bono, per 20 anni alla guida di Fincantieri.

Nato a Pizzoni, è stato al vertice di Fincantieri dal 2002 al 2022.

«Ci lascia un grande condottiero. Per due decenni alla guida di Fincantieri, Giuseppe Bono ha dato un contributo fondamentale per il rilancio della navalmeccanica italiana che oggi può vantare indiscusse leadership mondiali», si legge in una nota di Fincantieri.

«A nome di tutti i nostri colleghi vogliamo ricordare colui che ha rappresentato una figura di riferimento per l’industria nazionale. Giuseppe Bono ha sviluppato e portato avanti una visione coraggiosa e lungimirante, con un’attenzione costante alle persone, raccogliendo sempre le sfide più difficili e perseguendo sempre l’interesse del Paese. Il fermo rispetto del lavoro come valore primario è stata la cifra distintiva e il faro della sua azione. La sua morte addolora profondamente tutta la comunità di Fincantieri che, in un momento così triste, vuol far sentire la sua vicinanza alla famiglia», conclude la nota del presidente Claudio Graziano e dell’Amministratore delegato Pierroberto Folgiero.

«L’Italia piange la scomparsa di Giuseppe Bono, storica guida di Fincantieri e figura di riferimento dell’industria italiana. Una dolorosa perdita per tutta la Nazione. Rivolgo ai suoi familiari le più sincere condoglianze da parte mia e del Governo italiano», ha scritto il presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.

«Con la sua scomparsa l’Italia perde un manager molto competente che ha saputo portare la nostra cantieristica ai vertici mondiali. Ovunque abbia lavorato, Giuseppe Bono ha sempre dimostrato le sue capacità rendendo un servizio importante per la nostra Nazione. Alla sua famiglia e ai suoi cari giungano le mie sentite condoglianze», ha scritto il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
«Ho perso uno dei miei più grandi amici della vita – ha scritto su Facebook il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza –.  Giuseppe Bono è stato un amico con cui ho condiviso e affrontato, anche recentemente, scelte importanti per la nostra città e il nostro territorio. Il suo lungimirante impegno e la sua alta professionalità di manager pragmatico sono un patrimonio prezioso che resterà sempre in tutti coloro che hanno avuto modo di incontrarlo e di apprezzare le sue notevoli e indiscusse qualità di un uomo vero, di altro senso civico e dello Stato, che si è speso per il rilancio dell’industria italiana nel mondo».
«Giuseppe Bono – ha continuato – è stato e resterà sempre un cittadino onorario di Trieste. Ricordo ancora quel 19 dicembre del 2018 quando, nel corso di una solenne cerimonia nella sala del Consiglio comunale, gli consegnai la cittadinanza onoraria, “segno di gratitudine e apprezzamento, a nome di tutta la comunità cittadina, per le rilevanti ricadute in termini economici, di prestigio e visibilità derivanti dal costante lavoro e dalle sue capacità manageriali nella gestione del Gruppo Fincantieri”. Il suo valore è un esempio per chi ama Trieste e l’Italia e per quelle nuove generazioni di manager chiamate ora a proseguire sempre più la sua opera».
«Ci ha lasciato Giuseppe Bono – ha scritto l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando –. Quando negli anni ‘90 si teorizzava che le navi si dovevano andare a fare in Corea e si agiva di conseguenza, Bono scommise sul futuro della cantieristica in Italia.
E vinse. Oggi Fincantieri è una delle realtà più importanti nel mondo in questo settore».
«Ho avuto il piacere di lavorare con lui in questi anni – ha continuato – in particolare per l’approvazione della legge navale che ha consentito il rinnovamento di una parte importante della flotta italiana, ne ho potuto apprezzare la determinazione, l’intelligenza e il coraggio. Credo che il Paese debba essergli grato». (rrm)

Adriano Fida, l’artista, il giovane uomo riservato, «solitario ed eccentrico»

di CATERINA RESTUCCIA – «Quando sentiremo fortemente la sua mancanza fisica, guardiamo le sue opere e lo sentiremo vicino, perché le opere d’arte parlano, parlano della sua grande spiritualità», aveva concluso con queste parole la sua omelia Padre Luigi Ragione per le esequie dell’artista e Maestro rosarnese Adriano Fida

E nulla è casuale nella vita di chi sa lasciare il proprio segno, il sema marcato e la traccia perfetta di sé stessi in un mondo confuso e distratto quale oggi appare.

Padre Luigi non è stato un sacerdote qualunque, che ha celebrato occasionalmente l’estremo saluto ad Adriano, egli era la sua guida, una guida spirituale e religiosa che da sempre, nonostante le distanze lo avessero allontanato solo geograficamente dalla Calabria, lo aveva accompagnato in ogni passaggio e sosta della sua vita. Era stato il papà ad affidarlo a lui, un papà che nella fede ha costantemente cresciuto Adriano accanto ad una Chiesa non solo credente, ma anche e soprattutto buona, come buoni d’animo sono loro uomini di buona volontà.

Una nota espressione latina recita “Nomina sunt omina”, ossia “I nomi sono presagi” e, forse quanto mai altrove, in questo caso è più calzante che mai. E ciò che sgomenta è che lo è in duplice direzione.

Fida e fede sono parole che hanno la stessa radice etimologica e semantica “fides”, ed è proprio la fede (fides) che, anche a dire dalle stesse espressioni di Padre Luigi Ragione, ha plasmato Adriano Fida come artista di un mondo spirituale intenso, corposo, fino a mostrarsi “teso”. La sua tensione era tensione verso l’alto, verso Dio, verso l’Oltre. Ed in quest’Oltre che si incrocia l’altra interpretazione del presagio dello stesso nome e dell’artista, come vuole evidenziare un testo di saluto e di critica del grande personaggio Vittorio Sgarbi.

Adriano è scomparso solo poco più di un mese fa, andato via in silenzio, con quel silenzio che lo contraddistingueva da tutti, un silenzio che diventava “fabula” e narrazione nei suoi colori, nelle sue linee, in quelle figure di un Oltre, di una fantasia magica e surreale. 

Sono davvero molte le corde che potrebbero intonare a lui un canto di celebrazione e di elevazione, non mancano i grandi critici come già lo stesso Sgarbi, poc’anzi citato, che a lui attribuisce l’aggettivo “onirico”, poiché onirica è tutta la sua ispirazione, una vera combustione di fantasia e di protesa immaginazione, che, talvolta, addirittura sconcerta.

Tuttavia, il vero Adriano non è soltanto l’artista, è, piuttosto, il giovane uomo riservato, “solitario ed eccentrico” come lo ha incorniciato Sgarbi nella sua mostra a Sutri, esposto sino al 20 novembre tra altri grandi artisti da Usellini a Tornabuoni, da Vaccari a Maffesanti e tanti ancora. 

Egli, cresciuto in un piccolo centro della provincia di Reggio Calabria, Rosarno, e che si era inizialmente formato in giovanissima età presso l’Istituto d’Arte in Palmi, completato un iter artistico all’Accademia delle Belle Arti reggina, si era portato nella capitale, Roma, in quella città divenuta per lui meta di fuga e rifugio, loco di scoperta e rinnovo di sé stesso.

Il suo melodioso racconto d’arte rielaborava, inoltre, quelle tecniche e quelle tematiche visioni, anche misteriose, sulla linea del pittore torinese Silvano Gilardi, in arte Abacuc. Dagli incontri culturali nei suoi viaggi di crescita, per il suo vissuto prima, segnato da una perdita importante, quella della sua giovanissima madre, e per le sue intuizioni artistiche visionarie e misteriose dopo, nascevano le sue maestose opere.

Sogno, allucinazione, spiritualità, esaltazione della natura e del divino si rintracciano nel suo “Padre Pio Stigmatizzato”, ne “La madre degli angeli”, ne “L’occhio dell’Angelo” e in infiniti altri dipinti che, tra esplosioni e squarci di tele, teschi e allusioni di una fantasia fervida e inarrestabile, ci dicono ancora di lui per sempre immortale.

Per poterne disegnare a tutto tondo l’immagine, è il giovane e legatissimo fratello, Pasquale Fida, a risponderci, perché ad un filo di vita reciso troppo presto non facile dare risposte ai molti quesiti.

Subito per questo gli chiediamo

Qual è stato il motivo principale per cui Adriano ha scelto Roma a città adottiva?

«Adriano si trasferì a Roma nel 2010, dopo aver conosciuto Ilenia (sua ex compagna) nel 2009, lei viveva già lì da diversi anni. La scelta fu dettata non solo dal legame amoroso ma dalla necessità di vivere da vicino il fermento artistico romano che lo avrebbe portato ad entrare in contatto con le personalità artistiche contemporanee e con galleristi e curatori di arte con cui già collaborava da tempo a distanza. Entrò infatti a far parte di un circuito di artisti raffinati e onirici, quale era lui, come Roberto Ferri, Alessandro Sicioldr, con cui strinse tra l’altro una sincera amicizia».

Qual era il suo più grande sogno o/e progetto?

«Adriano aveva tanti progetti, mi piace però ricordare l’ultimo di cui mi parlò fino a qualche giorno prima di venire a mancare. Avrebbe voluto realizzare una grande pala d’altare per il Santuario di Natuzza a Paravati, avrebbe dovuto raffigurare l’incontro tra Natuzza e una persona a lei molto vicina, Luciano Regolo, che negli ultimi anni aveva stretto una forte amicizia con Adriano, tanto da essere stata l’ultima persona a voler sentire per telefono proprio chiedendogli di venire presto a trovarlo perché avrebbe dovuto parlargli del suo progetto».

Ogni qual volta si presentasse occasione sentiva il bisogno di scendere a Rosarno oppure aveva mantenuto un legame semplicemente di necessità fisiologica perché c’erano i suoi familiari e i suoi amici più cari?

«Ambo le cose. Tornava a Rosarno sia per stare con i suoi familiari e i suoi amici, sia perché era molto legato alla Calabria. Gli piaceva il contatto con la natura che qui ritrovava ogni volta e a Roma non sentiva. Uno degli ultimi regali che si fece, per il suo 44° compleanno, fu un binocolo perché mi diceva che, appena si sarebbe ripreso, avrebbe voluto improntare la sua vita immerso nella natura e a stretto con contatto con essa. Ed ora è così che mi piace immaginarlo, parte della Natura che mi circonda. Lo ritrovo in bel tramonto, nel volo di una farfalla, in un cielo pittoresco».

Quali erano le opere di cui parlava di più?

«Una delle opere a cui era più legato è sicuramente la tela “Padre Pio stigmatizzato” realizzata nel 2020 e donata al Santuario di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, dove è attualmente conservata, che fu accolta con un’ intensa cerimonia da parte dei Frati Cappuccini. La tela aveva segnato un momento particolare della sua vita, quello in cui la malattia si era arrestata tanto da farci sperare che ormai sarebbe stato solo un brutto ricordo».

Aveva intenzione di rientrare per sempre a Rosarno?

Si, aveva deciso che sarebbe ritornato a vivere in Calabria, ma per la Calabria e per tutto ciò che questa terra offre di bello mi riferisco sempre alla bellezza della Natura. Rosarno lo aveva deluso molto negli anni, non era riuscita a comprenderlo e lì non aveva trovato l’appoggio da parte delle istituzioni per realizzare i suoi progetti, come per esempio una scuola di pittura. Merita molto di più dal suo paese spero che ora che non c’è più gli sia almeno riconosciuta la sua grandezza di artista».

Era molto silenzioso lui, ma con te si raccontava?

«Adriano non era una persona particolarmente silenziosa e introversa, anche se amava condividere le sue idee e i suoi progetti solo con le persone alle quali si sentiva legato per affinità e che lo avrebbero compreso. Raccontava tutto attraverso le sue opere e poi scriveva molto, lui stesso scrive: “Ogni mio dipinto ha preso ispirazione da spicchi di vita vissuti. Sentimenti come l’amore, la delusione, nati dall’ascolto di un brano musicale o dall’esperienza di un viaggio. L’arte ti dà la possibilità di esorcizzare ogni emozione incubata, la difficoltà sta nel non cadere in un costante auto celebrarsi e di non dipingere egoisticamente o per semplice sfogo, credo che così facendo si possa essere coinvolti in un immaginario chiuso della propria esistenza. Personalmente sto cercando il giusto compromesso nella ricerca di una forma capace di comunicare il più possibile con l’osservatore, anche stravolgendo l’estetica ma senza snaturare la mia poetica. Forse questa è lezione più significativa che sto apprendendo, perché se si riesce a comunicare le proprie emozioni di conseguenza dipingere diventa una grande responsabilità nei confronti di chi interiorizza il proprio messaggio».

Questa dote artistica era stata stimolata da una figura familiare o amichevole o era una qualità innata in lui e non legata a nessun altro legame sociale?

«La sua dote era innata, come spesso accade per i grandi artisti, e la sua cara mamma Rosaria lo aveva assecondato, capendone le qualità fin da piccolo. Mi raccontava spesso dei disegni che realizzava già dalle scuole elementari, affatto inusuali per un bambino di quell’età. I soggetti erano semplici come cavalli, fiori in particolare, ricordo un iris che realizzò su uno strofinaccio da cucina, così dettagliato nella tecnica esecutiva che faceva già presagire quello che sarebbe stato. A chi gli domandava come avrebbe visto la crescita del suo processo creativo rispondeva: “Credo che la crescita sia la conseguenza nel tempo di un lavoro svolto con costanza e ambizione. Personalmente ho un obiettivo che è quello di donare purezza intellettuale ed emotiva e lo farò anche se un giorno dovessi avere la necessità di sintesi che possa portarmi a dipingere il mondo con un solo punto”».

Da Rosarno era partito con uno straordinario carico di valori umani, tramandati dalla sua famiglia e dall’ambiente parrocchiale a cui aveva persino donato ai primi anni del suo itinerario artistico due splendide tele “Crocifissione” e “Sacro Cuore di Maria”, solo qualche giorno prima di lasciare la confusa terra per il candido Cielo condivideva sulla sua pagina Facebook un post ricordo di quelle opere rimaste alla fede rosarnese e non solo.

Grazie, Adriano Fida, per la tua lezione di vita buona e di arte unica e inconfondibile.

Il mio ultimo incontro con il grande Maestro Adrano era avvenuto il 4 agosto scorso. Adriano sempre presente all’evento in ricordo della nostra cara amica Nunzia Staltari, scomparsa nel 2020. Ogni anno davamo testimonianza alla nostra cara pittrice con i nostri ricordi di lei, ed era stata proprio Nunzia a spingere e stimolare sin dai primi passi Adriano un campo artistico.

Ci eravamo dati appuntamento per coordinarci e coinvolgere lui e le sue opere e altri amici per un altro evento della Staltari. Improvvisamente è calato, però, il sipario. (cr)

 

Il prof. Rocco Zappia presidente del cda dell’Elaioteca regionale Casa degli Olii extravergini d’oliva di Calabria

Prestigioso incarico per il prof. Rocco Zappia, che è stato nominato presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Elaioteca regionale – Casa degli Oli extravergini d’oliva di Calabria.

La nomina è stata fatta dal presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso.

Rocco Zappia, Associato di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree e Delegato del Rettore alle Relazioni istituzionali per lo sviluppo rurale e delle aree interne, in servizio presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, vanta un curriculum di tutto prestigio, con attività scientifica incentrata, prevalentemente, sullo studio degli aspetti bioagronomici delle specie arboree da frutto in ambiente mediterraneo, documentata da pubblicazioni presentate in convegni  nazionali ed internazionali ed edite da riviste specializzate del settore. La nomina costituisce il “riconoscimento” degli studi condotti dal Prof. Zappia sulla valorizzazione delle produzioni olearie calabresi e della sua carriera accademica, durante la quale ha svolto attività di coordinamento scientifico di numerosi progetti di ricerca.

Vivo compiacimento per la designazione del Prof. Zappia, è stato espressa dal Prof. Giuseppe Zimbalatti, Rettore dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, «nell’auspicio che le esperienze tecnico scientifico rappresentate dalla Comunità accademica dell’Ateneo reggino, possano offrire al territorio calabrese lo strumento utile a generare i cambiamenti di cui il sistema agroforestale necessita; poiché è opinione comune, che solo attraverso il trasferimento delle conoscenze e l’applicazione tecnica di esperienze e buone pratiche, si potranno innescare i processi utili allo sviluppo del principale settore produttivo della Calabria». (rrc)

Antonio Marziale di nuovo Garante dell’Infanzia per la Regione Calabria

Il sociologo Antonio Marziale è stato nominato di nuovo Garante per l’infanzia della Regione Calabria. Il prof. Marziale è molto apprezzato per la sua attività (è stato garante per l’infanzia qualche legislatura fa) e la sua nomina ha trovato largo consenso in tutta la Calabria.

È un lustro per la regione – ha dichiarato Denis Nesci coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia –. Non esistono nel panorama nazionale un profilo ed un curriculum come quelli di Antonio Marziale, le cui battaglie a sostegno dei più piccoli e dei più indifesi, sono state riconosciute da tutti.

“«Continua un percorso intrapreso anni fa e che ha portato tanti risultati alla Calabria. Le reti istituzionali e sociali – secondo Nesci –  costruite nel suo profondo ed incessante lavoro, assicureranno alla Regione una figura in grado di dare una grossa mano al Consiglio e alla Giunta in temi delicati quali i diritti e le prerogative dei bambini calabresi». (rrm)

 

Il calabrese Joe Lappano nel Consiglio federale della Fit

Prestigioso incarico per Joe Lappano, che è il primo calabrese a essere entrato a far parte del Consiglio Federale della Fit – Federazione Italiana Tennis.

Lappano è l’attuale presidente del Comitato Regionale Calabro della Federazione Italiana Tennis. Per la verità bisogna parlare, ormai, di Fitp perché nella stessa seduta dell’assemblea nazionale, svoltasi a Firenze, è stato deliberato il cambio di denominazione: il nuovo nome sarà Federazione Italiana Tennis e Padel. La nuova nomenclatura, dopo l’approvazione della giunta Coni, andrà in vigore dal gennaio 2023.

In Consiglio Federale, Lappano prende il posto del compianto Gabriele Palpacelli, ex Presidente della FIT Sicilia, scomparso lo scorso mese di aprile.

Foto di gruppo

Un’elezione con numeri eccezionali se si pensa che il numero uno del tennis calabrese approda in Consiglio Federale, forte del 97,7% dei voti. È la prima volta che un rappresentante calabrese entra a far parte dell’organo che dirige il tennis italiano.

Lappano ha ringraziato il presidente Angelo Binaghi e l’intera assemblea per la fiducia ed ha garantito il massimo impegno per la continua crescita del tennis in un momento straordinario per l’intero movimento in Italia, sia sotto il profilo dei risultati, sia per quanto concerne la presenza e la qualità dei tornei ospitati. Un occhio di riguardo non potrà mancare, ovviamente, per la sua Calabria, che proprio grazie al suo impegno, a quello dei consiglieri della FIT Calabria, all’apporto dei circoli, degli ufficiali di gara e dei maestri ha raggiunto risultati importanti negli ultimi anni moltiplicando il numero di tesserati e di tornei.

Lappano, però, guarda avanti: «Sono due gli obiettivi principali – ha detto il neo Consigliere Federale – uno relativo all’aspetto organizzativo, un altro basato sui risultati. Il primo, più a breve termine, riguarda il ritorno di una manifestazione internazionale in Calabria. Un torneo di questo livello manca ormai da troppo tempo nella nostra regione. Il secondo, invece, è vedere un calabrese o una calabrese protagonista in tornei Atp o Wta, anche se mi rendo conto che si tratta di un obiettivo più a lungo termine e difficile da raggiungere».

«Noi, però – ha concluso Lappano – continueremo a lavorare incessantemente per la crescita del tennis e del padel in Calabria ed in Italia». (rrm)

 

 

Al calabrese Pietro Panico il Premio Giornalistico “Marco Toresini”

di NINO MALLAMACI –  La Calabria, per fortuna, non è solo quella descritta dall’attore americano Stanley Tucci, padre di Marzi (CS), madre di Cittanova (RC): corrotta e mafiosa. È anche questo, e chi la assolve in toto non fa il bene della nostra regione. Tuttavia, ogni qual volta se ne ha l’occasione, bisogna pure dare il giusto risalto a notizie e persone che ne esaltano altri aspetti, certamente positivi.

Ce ne offre l’occasione Pietro Giovanni Panico, nato a Reggio Calabria da genitori reggini nel 1990 e vissuto a Cosenza fin da piccolo per esigenze lavorative della sua famiglia. Pietro ha vinto il “Premio giornalistico nazionale Marco Toresini” con l’inchiesta La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite. La premiazione avverrà il 22.10.2022 a Orzinuovi, in provincia di Brescia. La Giuria ha motivato la scelta nei seguenti termini, davvero lusinghieri per il giovane calabrese: «Tema interessante, articolo coraggioso e rigoroso di elevato valore giornalistico; eccellente stesura giornalistica, grande valore etico e sociale del testo».

Pietro Panico è consulente legale specializzato in protezione internazionale ed in diritto dell’immigrazione, si occupa di migranti e della loro tutela. È anche giornalista freelance, con collaborazioni con Melting Pot Europa e Dossier Libia: ha scritto inchieste sui traffici di armi, sulla mafia libica, sui minori stranieri non accompagnati e sul conflitto in Yemen. Collabora con Frontiere News ed è stato coautore del “Manuale di sopravvivenza per il minore straniero non accompagnato (e il suo tutore)”, edito da Melting Pot Europa in collaborazione con Welcome to Europa. Il Manuale è molto utilizzato nel nostro Paese, ma è arrivato anche dall’altra parte del mondo, in Australia Manuale di per il minore straniero non accompagnato. Scrive per Melting Pot Europa focalizzando l’attenzione su migrazioni, minori stranieri non accompagnati e accordi tra Stati europei e africani. 

L’inchiesta per la quale riceverà il premio lo ha condotto nei porti italiani del nord Italia per sei mesi, dove ha conosciuto camalli spagnoli, toscani e soprattutto genovesi. Proprio  sulla battaglia dei portuali genovesi contro l’attracco delle navi saudite che portano armamenti da impiegare in Yemen si focalizza questo lavoro del giornalista. Un lavoro che vale la pena di conoscere più a fondo.
Nei moli di Genova transitano navi saudite cariche di armi. Ufficialmente, l’Italia ha revocato l’esportazione di armamenti verso l’Arabia Saudita, permettendo però che le navi attracchino nei propri porti.

Di fatto viene aggirato il vincolo e le armi raggiungono contesti di guerra, lo Yemen in primis. Le organizzazioni dei portuali genovesi non sono disposte a collaborare con questo traffico di morte e si stanno rifiutando di operare sui carichi di navi battenti bandiera saudita.

Il porto di Genova è il 31° al mondo per il grado di connettività alla rete logistica globale, è il più grande d’Italia e ha il maggiore traffico merci del Paese. A beneficiare del porto di Genova, come di altri porti europei col beneplacito dei Governi, c’è anche la compagnia saudita Bahri e le sue sei navi adibite al trasporto di armi, che vengono impiegate anche nello Yemen. Qui, nel solo anno 2018, gli attacchi aerei e quindi le bombe hanno causato la maggior parte delle morte dei civili: 3.820 vittime (79% delle morti totali), tra cui 952 bambini e 581 donne.

Panico afferma che la guerra comincia in Occidente: la Francia, grazie all’apporto della Bahri, nel 2020 ha venduto armi all’Arabia Saudita per circa dieci miliardi di euro. Dal Paese d’Oltralpe partono anche agenti per la “guerra chimica”, che nello stesso periodo hanno fruttato 83.245.000 euro. La Spagna nel 2019 ha venduto armamenti all’Arabia Saudita per 392.795.258 euro. “Pur di piegarsi ai principi sauditi, il governo spagnolo viola la posizione comune 2009/944/Pesc”.

In Italia, invece, si aggira il divieto di export di armi verso l’Arabia Saudita  con uno stratagemma: le armi non vengono vendute, ma le navi che le trasportano hanno libero passaggio. 

Ma il Calp (Collettivo autonomo lavoratori portuali) non ci sta. I lavoratori stanno conducendo una battaglia per sabotare gli ingranaggi, apparentemente indistruttibili, di questo mercato che collega il capoluogo ligure alla capitale saudita. Nel maggio 2020, i portuali genovesi si sono rifiutati di caricare sulla Bahri Yanbu due casse con all’interno i generatori elettrici della Defence Tecnel di Roma, talvolta utilizzati nelle operazioni belliche.

Le proteste dei portuali hanno portato ad un’inchiesta, da parte della Procura di Genova, che vede cinque indagati per “associazione per delinquere”. Addirittura, i lavoratori sono stati oggetto di perquisizioni nelle loro abitazioni da parte della Digos. Sono stati sequestrati cellulari, computer, hard disk, documenti politici; ad alcuni di loro anche caschi, bandiere e adesivi. Al porto, dove i malcapitati sono stati condotti dopo l’azione nelle loro case, «c’erano circa sessanta poliziotti, tutta la Digos di Genova, artificieri, la scientifica, la cinofila, il pm. Sembrava una maxi operazione di polizia di quelle che a Genova non si vedevano da vent’anni. Non potevamo parlare tra di noi e ci hanno sequestrato i cellulari: non potevamo neanche comunicare con i nostri avvocati. Di fatto, siamo stati in arresto otto ore», hanno testimoniato. Alla fine l’accusa della procura è stata associazione a delinquere finalizzata alla resistenza a Pubblico Ufficiale e all’attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti. Nell’inchiesta è finita anche l’accensione di fumogeni.

L’asse Roma-Riyad si è di recente addirittura rinsaldato con la firma del Memorandum of understanding firmato dal ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e quello saudita Faisal bin Farhan al-Saud. Di aziende italiane presso l’Arabia Saudita ce ne sono una cinquantina: il memorandum sembrerebbe quindi un ampliamento dei rapporti, non un ridimensionamento.

La sensazione è che ai sauditi, nonostante la pericolosità di armare un governo così belligerante, nessuno vuole rinunciare: immediatamente dopo lo stop all’export di armamenti firmato dall’allora premier Giuseppe Conte, RMW ha fatto ricorso: a maggio 2021, però, il Tar del Lazio ha confermato il blocco.

Altra questione trattata nell’inchiesta è quella della sicurezza del porto di Genova. Un lavoratore spiega che “è grande il rischio di incappare in un’esplosione come quella del porto di Beirut (il 4 agosto 2020 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio esplosero in una nave abbandonata uccidendo 214 persone e ferendone altre 7.000). Basta una distrazione, una vite messa male, senza considerare che nella Bahri ci sono dei container con una portata di trenta tonnellate con all’interno esplosivi, materiale infiammabile e proiettili. In un caso come questo basterebbe che cadendo un piedino da stiva buchi il tetto e faccia la scintilla. Altro che Beirut…”.

I portuali affiliati al Calp sono inoltre preoccupati per il progetto di rinnovo dell’area portuale, che sposterebbe la zona del petrolchimico di Pegli all’interno del porto, aumentando a livello “esponenziale” il rischio di esplosione. Pur consci del problema, «le autorità ci hanno detto che c’è un interesse sovranazionale e quindi non si può intervenire a bordo di queste navi».

E gli operai portuali? Lavorano in sicurezza? La difficoltà del lavoro è aggravata dal contesto burocratico. Il porto di Genova è gestito da tredici aziende diverse, ognuna con un suo Documento di Valutazione dei Rischi. Sarebbero necessari standard generalizzati, in modo che lo scoppio di un incendio in un terminal possa essere affrontato in maniera consapevole anche in quelli vicini.

Insomma, Pietro Panico, il nostro conterraneo, ha scavato a fondo e con coraggio con un lavoro lungo e paziente che merita di essere letto per intero, così come ampiamente testimoniato dalla motivazione per il premio che si appresta a ricevere. Sia pure sconcertati da quello che accade nei porti italiani ed europei, dalle notizie su armi che vanno ad accrescere arsenali già enormi utilizzati in aree del pianeta, è il caso di dire, esplosive, non possiamo che essere fieri dei nostri ragazzi che si fanno valere oltre i confini regionali migliorando la reputazione della Calabria e dei Calabresi. (nm)

Addio a Pasqualino Perfetti, “anima” della Dc cosentina

Cordoglio e commozione a Cosenza, ma anche in tutta la regione per la scomparsa di Pasqualino Perfetti, avvocato, ma soprattutto “anima” della Democrazia Cristiana calabrese. Storico dirigente dello Scudo Crociato è stato più volte consigliere e assessore regionale. Fu anche consigliere comunale a Cosenza e presidente del del Cpmitato di gestione dell’Usl cosentina (oggi Asp).

Cordoglio è stato espresso dal sindaco di Cosenza Franz Caruso che ha ricordato la personalità dell’avv. Perfetti «particolarmente portato per le relazioni istituzionali e per per la capacità di intrattenere, con grande cordialità, i rapporti interpersonali, caratteristiche, queste, che mise al servizio della comunità calabrese. Lascia un ottimo ricordo in chi lo ha conosciuto e la città di Cosenza oggi è particolarmente addolorata per la sua scomparsa».

Vincenzo Speziali, attuale componente del Bureau Politique dell’Internazionale Democristiana, ha così ricordato l’amico Pasqualino Perfetti: «Un altro pezzo della buona politica, delle istituzioni seriamente rappresentate, di questa grande Democrazia Cristiana (vera ed unica palestra di vita, formatrice morale ed in parte mia famiglia affettiva), scivola via come una notte che passa, inesorabilmente.
«Tra i tanti ricordi, dei momenti condivisi assieme, ho quello dei giorni cupi, tragici o dolorosi che dir si voglia, della scissione infausta del PPI, dove a contrapporsi erano le futilità numeriche di un Consiglio Nazionale (del quale ero parte come membro di diritto poiché a capo del Giovanile), ridotto a celebrare l’estrema unzione dell’organizzazione dei cristiani democratici in politica.
Con Perfetti, ricordo anche, in quei giorni, Marilina Intrieri (che poi divenne capogruppo alla regione, nell’immediata tornata successiva, di lì a due mesi, ovvero quella del 1995), oppure Mario Tassone, Nino Gemelli, Geppino Camo e soprattutto Angelo Donato e con loro io stesso, quando facemmo la scelta a favore di Buttiglione.
È un dolore, l’ennesimo dolore, di chi non c’è più ma che sempre vivrà nei nostri cuori».

Perfetti aveva cominciato a occuparsi di politica nella DC con Guglielmo Nucci, esponente dei morotei e molto vicino allo statista pugliese (a Cosenza il Centro studi intitolato a Moro è stato voluto da Perfetti), si è distinto per numerose iniziative di legge regionali

I funerali, martedì 4 ottobre a Cosenza, alle 11.30 nella Chiesa di Loreto. (rcs)

Addio a Mimmo Raffa, signore del Teatro e del Giornalismo calabrese

di CARLO PARISI – Il mondo della cultura calabrese è in lutto per la scomparsa di Mimmo Raffa, 79 anni, giornalista, attore, regista, sceneggiatore teatrale, doppiatore, tra i più noti e apprezzati di Reggio Calabria, la città che ha amato visceralmente, ma dalla quale non ha ricevuto in cambio tutto l’amore che le ha sempre dedicato.

È morto venerdì notte 30 settembre nella città dello Stretto con il conforto del fratello Tonino, storico inviato di Tutto il calcio minuto per minuto, che se ne era preso cura soprattutto dopo la scomparsa, nel maggio scorso, della moglie Angela Costantino che, con Mimmo, aveva dato vita ad una delle più famose compagnie teatrali, il “Blu Sky Cabaret”. Nel corso di quasi cinquant’anni di attività hanno calcato, insieme, il palco dei teatri di tutta Italia e sono stati protagonisti di numerose fortunate tournée all’estero.

Nato a Reggio Calabria l’11 gennaio 1943, diplomato in recitazione teatrale, cinematografica e televisiva, era giornalista pubblicista iscritto all’Ordine della Calabria dal 18 luglio 1977. Da abile funambolo, aveva sempre alternato la carriera artistica a quella da giornalista. Cronista di nera e giudiziaria, per tanti anni è stato corrispondente dell’Agenzia Giornalistica Italia e redattore della storica emittente televisiva “Telereggio Calabria” di Peppino Cassone e Rina Bova.

Famoso soprattutto in teatro, al cinema aveva recitato ne Il magnifico West (1972) e Giganti (2007).

I giornalisti calabresi, in segno di riconoscimento per la sua carriera nel mondo artistico e giornalistico, negli anni scorsi l’avevano chiamato ad affiancare uno dei più grandi artisti della canzone popolare del nostro Paese, Otello Profazio, alla guida del Gruppo Giornalisti dello Spettacolo, eleggendolo vicepresidente assieme alla giovane collega Valeria Bonacci.

Un signore, nella vita e nella professione, che con passione, talento e professionalità, è riuscito sempre a rappresentare sul palco, come nella vita di tutti i giorni, le contraddizioni di un mondo purtroppo quasi sempre avaro di riconoscimenti per le persone migliori.

Mimmo, molto più apprezzato e stimato fuori dalla propria città, a cominciare dal tempio del “Bagaglino”, per decenni ha convissuto con una brutta malattia, sempre tenuta a bada con coraggio e determinazione. Quel che non è mai riuscito a rimarginare è stata, invece, la dolorosa ferita che un prete poco lungimirante gli aveva inferto strappandogli la sua creatura più bella: il Teatro Loreto. Lo aveva creato pezzo per pezzo, con amore, facendone un gioiellino invidiato da tutti e una scuola di recitazione per tanti attori che continuano a calcare le scene di tutta Italia. (cp)

(Courtesy Giornalistitalia.it)

Marco Lombardo, neo senatore a Milano ma con Martone nel cuore

di PINO NANO – «È una candidatura che mi emoziona e che mi dà una grande responsabilità. A 41 anni essere candidato al Senato, in due collegi così importanti come Bologna e Milano, è un grande investimento politico che il Terzo Polo fa su giovane come me. Il momento è molto delicato, crisi energetica, guerra in Ucraina, tensioni sociali, e richiede il massimo dell’impegno e della serietà da parte di tutti noi». 

Alla fine Marco Lombardo ha superato se stesso e ogni previsione possibile che lo vedeva già “forte” ma non “blindato”: È diventato Senatore della Repubblica per il terzo polo di Carlo Calenda, e oggi destinato a passare alla storia della politica italiana come uno tra i più giovani senatori italiani.

«Sono nato a Locri il 2 gennaio del 1981, ma il mio vero luogo natìo è Martone, uno straordinario paesino di 500 abitanti in provincia di Reggio Calabria. Sono calabrese di nascita, bolognese di adozione, europeo per convinzione: ho vissuto e studiato a Reggio fino all’età di 18 anni per poi trasferirmi a Bologna, dove attualmente vivo e lavoro».

Nel suo percorso di formazione professionale ha sempre seguito due passioni, il diritto e l’Europa, così come i principali campi di ricerca della sua attività accademica, giovanissimo professore universitario a Bologna, sono stati: il Quadro istituzionale europeo e i processi decisionali dell’Unione europea, il Diritto dell’Energia, il Diritto ambientale e la disciplina sui cambiamenti climatici, il Diritto antitrust, i mercati, la concorrenza, gli aiuti di Stato, i ricorsi giurisdizionali e la tutela dei diritti fondamentali.

Curriculum accademico da primo della classe, senza se e senza ma. 

Laurea con 110 e lode in Giurisprudenza nel 2004, Master per Giuristi Internazionali nel 2005, Avvocato dal 2007, ha conseguito il doppio titolo di Dottore di ricerca in diritto dell’Unione europea presso l’Università di Bologna e l’Université de Strasbourg nel 2010. Dal 2007 al 2012 collabora con il Cirde – Il Centro interdipartimentale di ricerca sul diritto dell’Unione Europea – per diffondere la conoscenza e lo studio del diritto dell’Unione europea,ma in realtà ha viaggiato più lui che non un ministro degli esteri.Dal 2009 al 2012 ha insegnato alla “China University of Political Science and Law” (CUPL) ealla “China – EU law School (CESL)”. Attualmente insegna nel corso di ‘Diritto dell’Unione europea’ al Master per Relazioni Internazionali dell’Università Alma Mater di Bologna.

Del rapporto che ha con la politica è significativo quanto lui stesso racconta sul suo blog personale: “Pur nutrendo sin da piccolo la ‘vocazione‘ per la politica ho cominciato ad affacciarmi a questo mondo solo nel 2009 nella convinzione che, per essere libero e indipendente, fosse necessario prima costruirsi un autonomo percorso formativo e professionale”.

Ma dove viene?

Sono un ‘nativo del PD’- risponde a se stesso. Ho iniziato a muovere i primi passi ‘reali‘ nel circolo sotto casa, il Circolo di San Donato Centro,e ‘virtuali‘ sul web, collaborando con la community di ‘Insieme per il PD’ per la quale, il 19 giugno del 2011, ho organizzato a Bologna il meeting nazionale dal titolo: Voltiamo pagina.

Nel 2012 sono stato nominato nella segreteria provinciale del PD di Bologna, prima, come responsabile ‘Europa e Relazioni internazionali’ e, dopo, con le deleghe alla comunicazione, energia ed ambiente. Il 30 Agosto del 2012 ho fondato il primo Circolo on-line d’Italia .Nel Novembre del 2013 sono stato confermato nella Segreteria provinciale del PD di Bologna come Responsabile del Programma, responsabile ‘Europa e le Relazioni internazionali’ e responsabile della ‘Formazione’. Ho trasformato il progetto di formazione in una Scuola di Innovazione Politica (La.Bo) rivolta ai giovani Under-35: il primo laboratorio di innovazione politica, all’interno di un partito in Italia, autofinanziato attraverso il crowdfunding”.

Nominato vice-segretario del PD di Bologna da Agosto 2014 a Febbraio 2015, nel Giugno 2016 viene eletto nel Consiglio Comunale di Bologna nelle liste del Partito Democratico a sostegno della rielezione del sindaco Virginio Merola, e nel corso della consiliatura viene nominato dal Sindaco consigliere di fiducia delegato alle politiche europee ed ai rapporti con la Rete italiana per il dialogo euro-mediterraneo. Il 18 gennaio 2018 viene poi nominato dal sindaco Virginio Merola assessore del Comune di Bologna con deleghe in materia di politiche europee e relazioni internazionali, cooperazione internazionale, ONG; lavoro, attività produttive e Progetto “Insieme per il Lavoro” e politiche per il Terzo Settore. Più di così si muore.

Aggiungiamo solo che è autore di diverse pubblicazioni in italiano ed inglese sui temi dell’integrazione europea, con particolare riferimento alle questioni relative ai diritti fondamentali, alla politica energetica ed alla tutela ambientale. Il resto è ancora tutto da vivere e da raccontare, soprattutto la storia del suo futuro politico a Palazzo Madama dove già tutti sanno che da Bologna sta per arrivare un giovane genio della politica europeista, ma con tanta Calabria ancora nel cuore. (pn)