A SOPHIA LOREN IL “CRISTO DI MARATEA” DI MICHELE AFFIDATO

1° agosto – Il maestro orafo crotonese Michele Affidato continua con i suoi gioielli-premio a portare alla ribalta internazionale il nome della Calabria. Nei giorni scorsi il suo magnifico “Cristo di Maratea” che costituisce l’ambito trofeo delle Giornate del Cinema Lucano è stato consegnato a Sophia Loren e al regista americano John Landis.

Il sindaco di Maratea, Domenico Cipolla, Sophia Loren, Michele Affidato e Savino Zaba
Il sindaco di Maratea, Domenico Cipolla, Sophia Loren, Michele Affidato e Savino Zaba

L’attrice ricevendo il premio ha confidato ad Affidato di essere rimasta particolarmente colpita, un “Cristo” che l’ha sempre affascinata e che ha sempre osservato con gioia e devozione. A Sophia Loren è stata consegnata anche una creazione del maestro, il Teorema 2.0. «La bellezza e l’eleganza riescono a creare un Teorema perfetto – ha commentato Affidato – Per questo un’opera nata nella terra di Pitagora non poteva che avere una musa come Sophia Loren».
Un’altra statuetta è stata consegnata a John Landis, artista che ha contribuito a scrivere la storia del cinema mondiale, leggendario attore e regista di veri e propri cult come “Una poltrona per due”, “The Blues Brothers” e del videoclip di “Thriller”. Tra i tanti ospiti presenti durante la serata, condotta da Savino Zaba, anche Fabio Rovazzi e Achille Lauro.
«Incontrare e realizzare un premio per colei che rappresenta la Storia del cinema italiano e internazionale, ovvero Sophia Loren, è qualcosa difficile da descrivere – ha detto Michele Affidato – è stato un grande piacere ascoltare le sue parole sul premio e sapere che la mia opera verrà posta insieme a due Oscar. Infatti nel ricevere il premio – l’attrice ha detto – questo premio lo metterò in mezzo a i miei due oscar nella biblioteca dove passo tutte le mattine, lo guarderò e gli manderò un grosso bacio».
Ma l’estate del Maestro Affidato non finisce qui. Sono giorni di attesa anche in Calabria, dove è già entrato nel vivo il “Magna Graecia Film Festival” per il quale Affidato realizzerà  le ormai famosissime “Colonne d’Oro” che saranno assegnate anche quest’anno a personaggi del cinema italiano ed internazionale. Tra i premiati di quest’anno anche uno dei registi più famosi al mondo: Oliver Stone, tre volte premio Oscar. (rrm)

AL REGISTA CATANZARESE ALESSANDRO GRANDE UN PREMIO AL GIFFONI FESTIVAL

30 luglio – Il regista catanzarese Alessandro Grande, nel corso dell’edizione 2018 del Giffoni, arrivato alla 48esima edizione, ha vinto il Premio Speciale “Amnesty International Award”.
Come si legge in una nota del Giffoni 2018, il corto, che racconta il delicato tema dell’immigrazione attraverso la storia di una bambina e della sua famiglia, ha vinto il premio «Per il tema di grande attualità in questo momento storico del nostro Paese. Per la capacità di mettere in evidenza un aspetto diverso, ma molto importante del fenomeno immigrazione, in modo che gli spettatori possano immedesimarsi nelle paure dei protagonisti per i quali l’accesso alle cure, un diritto basilare, è comunque un rischio. Per la tenacia della piccola protagonista, che si fa carico, con grande coraggio, di responsabilità molto più grandi di lei».
“Bismillah”, già insignito del David di Donatello, è stato l’unico corto italiano premiato alla kermesse campana.


Dopo il Giffoni, il regista sarà ospite, il 3 agosto, al Magna Graecia Film Festival per la proiezione del suo cortometraggio, che sta raccogliendo successi su successi.(rrm)

NELLO VINCELLI (1930-1999)

Un ricordo di Nello VIncelli
Così Franco Calabrò ricordò il senatore reggino sulla Gazzetta del Sud, il giorno della sua scomparsa:

Dal ’52 la “Gazzetta” è nelle edicole, il fondatore, Uberto Bonino, col piglio del pioniere, decide che è il momento di tentare l’avventura in Calabria, secondo l’antica tradizione che vede Messina e la regione dirimpettaia impegnate in una sorta di scambio sinergico, in fatto d’informazione.
A Reggio affida la redazione, due stanzette in via Logoteta, a pochi passi da piazza Italia, al vulcanico Ciccio Liconti, assicuratore col pallino del giornalismo. Con lui lavorano alcuni giovani di belle speranze: Nello Vincelli, vicino al mondo cattolico, dirigente nazionale dei giovani Dc, Renato Turano, che in seguito sceglierà di fare il bancario, Umberto Paladino, reporter di razza, che, passato alla concorrente “Tribuna del Mezzogiorno,” abbandonerà poi anche lui la professione. Vincelli resta al giornale per un paio d’anni, ma si capisce che il suo destino è già scritto.
Grazie a uno sponsor che si chiama Amintore Fanfani, questo giovane mite, umile, che piace alla gente semplice, viene eletto, a neppure 27 anni, deputato, con più di quarantamila preferenze.
Reggio porta a Montecitorio, oltre a lui, Peppino Reale, austero professore di lettere, che vivrà anni dopo una breve parentesi da sindaco, e un chirurgo di fama, Antonino Spinelli, anche lui di Catona, il rione dove Nello Vincelli, nato in Sicilia (a Melilli, in provincia di Siracusa) ma reggino d’adozione, è venuto a vivere quando il padre, maresciallo dei carabinieri, vi si è trasferito.
Inizia per Sebastiano Vincelli, che continuerà a farsi chiamare Nello, una lunga carriera politica, ricca di soddisfazioni, ma anche costellata da qualche delusione.
Lui, nei momenti difficili, non s’è mai perso d’animo e ha continuato a vivere la sua vita per la politica, la politica come vita.
Deputato fino al ’76, poi senatore dal ’79 all’83, più volte sottosegretario, sempre presente nei vertici dello scudo crociato, amico dei più prestigiosi leader ma, sino alla fine, vicino a Fanfani, una fedeltà che in politica lo faceva apparire quasi come un marziano.
Nello Vincelli ha legato il suo nome a più di quarant’anni di vita politica in Calabria e a Reggio, la città che ha amato profondamente, il rione dove tornava sempre, nella casa a pochi passi dal mare dove ha atteso la morte con grande serenità, col conforto della Fede, l’assistenza delle due sorelle, del fratello, dei carissimi nipoti, rivolgendo per l’ultima volta lo sguardo al cielo azzurrissimo mentre davanti agli occhi calava inesorabile una nuvola nera.
Per lui la politica era tutto, ma la “Gazzetta” era il suo più grande amore. Le ultime energie le ha spese per l’associazione Anassilaos, che presiedeva, sempre prodigo di consigli, sempre disponibile al sacrificio.
Era, sin dalla costituzione dell’ente morale, consigliere della Fondazione Bonino-Pulejo. Un paio di mesi prima della morte, già provato dal male, parlammo a lungo, al telefono, aveva appena un filo di voce, ma era felice, perché poteva parlare della “sua” Gazzetta e per un attimo dimenticò l’appuntamento che la signora con in mano la falce “che pareggia tutte le erbe del prato”gli aveva fissato.
E parlammo anche di come prepararsi all’altra vita, lui che era cattolico osservante mi chiese cosa sarebbe stato opportuno leggere, oltre alle sacre Scritture, per affrontare il distacco.
Sussurrai due nomi: Manzoni e Bernanos, la conversione dell’Innominato e il “diario d’un curato di campagna”. Ho saputo che, negli ultimi tempi, erano la sua lettura preferita.
Se n’è andato così come era vissuto, in punta di piedi, al giudizio divino si è presentato con l’animo puro, di uomo sensibile e fermo nei suoi principi, politico capace e onesto, che sapeva dire le cose, senza alzare i toni.
Era ancora capace di farsi ascoltare, soprattutto dai giovani, in cui credeva, riuscendo a conservare quella freschezza di pensiero che è propria delle menti nobili.

IL CASSANESE FRANCESCO SAMENGO ALLA GUIDA DELL’UNICEF

27 luglio – Grande soddisfazione e orgoglio in Calabria per la nomina di Francesco Samengo alla guida dell’Unicef.
Nato a Cassano Jonio (CS), il dott. Samengo vive da molti anni a Roma. Laureato in Economia e Commercio, iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili, ha ricoperto importanti ruoli manageriali ed apicali in numerose aziende pubbliche.
Samengo è stato eletto Presidente della sezione Italiana dal nuovo Consiglio Direttivo riunitosi per la prima volta a Roma, alla presenza del notaio Vincenzo Lino. Nella stessa riunione Paolo Rozera è stato riconfermato Direttore generale e Carmela Pace è stata nominata Vice Presidente del Comitato. Il nuovo Consiglio Direttivo dell’UNICEF Italia, nominato dall’Assemblea lo scorso 7 giugno, è composto, oltre che dal Presidente Samengo e dalla Vice Presidente Pace, da Alberto Baban, Eleonora Baltolu, Brunello Cucinelli, Matteo De Mitri, Ginevra Elkann, Giovanni Malagò, Anna Miccoli, Carmela Pace, Claudia Sella, Patrizia Surace, Diego Vecchiato e Walter Veltroni.
«Oggi, come ogni giorno, 7.000 neonati moriranno prima di compiere il loro primo mese di vita. È a loro che va il mio primo pensiero. – ha detto il neo presidente – Come UNICEF lavoreremo affinché ogni mamma e ogni bambino, soprattutto i più vulnerabili, ricevano assistenza sanitaria di qualità a prezzi accessibili. Lavoreremo anche per aiutare i 200 milioni di bambini colpiti nel 2017 da malnutrizione cronica e acuta. Il mio impegno, inoltre, sarà rivolto ad assicurare i diritti di tutti i bambini che vivono in Italia, molti dei quali ho incontrato in decenni di appassionato impegno come volontario. Tenendo come riferimento la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, vogliamo costruire un mondo più a misura di bambina e di bambino.
Un particolare ringraziamento va a Giacomo Guerrera, che ha guidato con saggezza e lungimiranza l’organizzazione negli ultimi 6 anni, e che continuerà a servirla come Past President» ha concluso Samengo.
Volontario UNICEF da oltre venti anni, già componente del Consiglio Direttivo, Samengo dal 2001 ha ricoperto la carica di Presidente del Comitato Regionale della Calabria per l’UNICEF, riuscendo a sviluppare ed incrementare molte attività e iniziative, tra cui: stipula di protocolli d’intesa con i due Tribunali per i minorenni dei distretti di Reggio Calabria e Catanzaro, gli accordi con le Prefetture provinciali, le intese con le Università della Calabria e Mediterranea di Reggio Calabria, le convenzioni stipulate con il Garante Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con vari Ordini professionali, con l’Ufficio Scolastico regionale, con il CONI.
Il nuovo Presidente Francesco Samengo – insieme con tutti i membri del Consiglio Direttivo – rimarrà in carica per i prossimi 4 anni.  (rrm)

UN ASTEORIDE PORTA IL NOME DEL POETA CORRADO CALABRÓ

21 luglio – L’Accademia delle Scienze di Kiev ha proposto all’Unione Astronomica Internazionale di dare il nome di Corrado Calabrò, poeta e giurista calabrese di fama internazionale, a un nuovo asteroide scoperto recentemente. È una notizia che sembra incredibile e invece è la conferma dell’apprezzamento che il prof. Calabrò riscuote in ogni angolo della terra (i suoi libri sono stati tradotti in una ventina di lingue). La motivazione ufficiale è la seguente: Corrado Calabrò (nato nel 1935) è un poeta italiano che ha rigenerato la poesia contemporanea aprendola, come in sogno, alla scienza. Il suo poema Roaming, racconta di un grosso asteroide che colpisce la Luna facendo sobbalzare la Terra (13 luglio 2018)“. Roaming è stato pubblicato in Italia da Mondadori, nel libro La stella promessa, collana Lo Specchio. Erano 2000 anni, da Lucrezio in poi, che la fisica (l’astrofisica) non formava oggetto di poesia.
La stella Corrado Calabrò, figlio di una Calabria che non ha mai smesso di amare ed onorare, è adesso a brillare “ufficialmente” nel firmamento. E c’è tanta Calabria nella poetica di Calabrò, adesso anche nell’universo. (rrm)

MICHELE ALBANESE, IL CORAGGIO D’UN CRONISTA DA 4 ANNI SOTTO SCORTA

18 luglio – Michele Albanese, giornalista calabrese del Quotidiano del Sud, è un cronista sotto scorta, uno dei tanti, minacciati e nel mirino di mafia e delinquenza comune perché, in nome della sua professione ha deciso di scrivere in libertà, di denunciare, di non coprire connivenze e malaffare. La sua libertà è la nostra. Su Facebook, oggi Albanese ha postato questa riflessione sui suoi quattro anni d’inferno. È il racconto amaro, ma fiero di chi non sa e non vuole arrendersi e ci fa sentire orgogliosi del mestiere di giornalisti. Un modello per i giovani, ma anche tutti coloro che credono nella libertà. È grazie a uomini come Michele se la Calabria ha una speranza di riscatto e di crescita, contro la ‘ndrangheta, la corruzione, il malaffare. (s)
«E sono quattro anni… – scrive sul suo profilo Facebook Michele Albanese –  1460 giorni sotto scorta. Ci pensavo stamattina, cercando di fare un bilancio di questo periodo e mi sono accorto come questi giorni li ricordo tutti, senza distinzioni anche nei particolari. Ma soprattutto ricordo le notti di questi quattro anni, i momenti più brutti, quelli più duri perché non riesci a dormire e sei costretto a pensare, a fare memoria, a riannodare i fili della tua vita cercando di immaginarne un futuro. Quante cose sono cambiate, quanti volti spariti e quanti apparsi. Per mia natura guardo sempre avanti col petto e la schiena dritta, da uomo libero, nonostante chi in questi anni abbia cercato per ragioni diverse di avvelenare il mio presente. Amo la mia libertà fino in fondo e non mi fermerò davanti a nulla anche se un pezzo di essa mi è stata tolta. Amo la mia terra con tutta la mia anima e per essa sono disposto a dare la vita. Amo soprattutto la verità per la quale vale la pena vivere. Cerco di guardare al mio futuro con fiducia, perché so di avere accanto persone straordinarie, tante tantissime, uomini e donne, ragazzi e ragazze che rincorrono il sogno di vivere alla luce del sole e non nei pantani putridi dell’ipocrisia, nel puzzo delle mafie. Il mio rammarico più grande è solo quello di non poter fare il mio lavoro con la serenità giusta, con la libertà necessaria per un giornalista. Ma continuerò, nonostante tutto a gustare la bellezza della giustizia, a sentire i profumi della responsabilità, a camminare fianco a fianco con chi questo impegno lo respira a piani polmoni. So che nella vita ci sono amici ma anche nemici. I primi te li scegli, i secondi ti stanno dietro come avvoltoi pronti ad azzannare per il semplice gusto di farlo. Figli di una natura disumana. Per loro solo pietà, nonostante i loro morsi di odio. In fondo sono nati per questo. Io continuo a provare a resistere sognando il giorno in cui la mia vita tornerà normale»

Nella foto: Michele Albanese riceve dal presidente dell’Ansa Michele Anselmi il Premiolino 2016

VI RICORDATE DI LISA? HA VINTO IL TALENT RAI “ORA O MAI PIÚ”

Della cantante calabrese Lisa (al secolo Annalisa Panetta, di Siderno) da molti anni si erano perse le tracce, complice anche una brutta malattia fortunatamente sconfitta. L’aveva lanciata il Festival di Sanremo del 1998 con il brano “Sempre” e da lì era partita alla grande, alla conquista di spazi anche internazionali. Trapiantata a Torino, era tornata poi a Gioiosa Ionica, per stabilirsi definitivamente a Roma. Per una decina di anni era stata sulla cresta dell’onda, poi, come purtroppo spesso succede nel mondo dello spettacolo, la fortuna le aveva girato le spalle.
Il talent di Rai 1 “Ora o mai più”, dedicato ai cantanti caduti nel dimenticatoio, ma ancora in grado di conquistare pubblico e simpatia, l’ha premiata. È bella, è brava e ha una voce niente male.
Qualcuno a Gioiosa Ionica ricorda ancora il mitico concerto di piazza del 1998, promosso dal sindaco che offrì alla cantante le chiavi della città. E chissà che quest’estate non torni a riempire le piazze. Auguri. (rrm)

Il video del brano con cui ha vinto il talent di Amadeus “Gli uomini non cambiano”: https://www.youtube.com/watch?v=AFJrEevaeBk

 

GIUSEPPE REALE (1918-2010)

IN QUESTI GIORNI avrebbe compiuto cento anni. Originario di Maratea, l’on. Giuseppe Reale (1918-2010) è il classico esempio dell’intellettuale prestato alla politica e che alla politica offre tutto il suo bagaglio di cultura e di competenze. Pur non essendo calabrese (era nato il 12 giugno 198 a Maratea), l’on. Reale si è conquistato sul campo una cittadinanza di diritto, battendosi per la Calabria e, in particolare, per Reggio, suo collegio d’elezione. Era stato eletto a Catanzaro il 5 giugno 1958 per la Democrazia Cristiana e la sua militanza nello Scudo Crociato l’ha mantenuta fino alla VI legislatura (ossia fino al 4 luglio 1976) quando decise di non ricandidarsi, senza però rinunciare ad essere una voce critica e propositiva per tutto il Mezzogiorno.
È una persona speciale, tra i calabresi che meritano attenzione e rispetto, e che i giovani dovrebbero conoscere, ma le poche iniziative a lui dedicate non compensano la lunga attività per la crescita culturale e lo sviluppo di Reggio e di tutta la Calabria. Spicca su tutte l’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio da lui fondata nel 1984 e poi riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel 2007. Di Unistrada (l’acronimo che contraddistingue la Dante Alighieri) l’on. Reale  è stato anche Rettore e poi presidente onorario. Non si deve però dimenticare che si deve a lui anche la creazione dell’Accademia di Belle Arti di Reggio, nel 1967, che – partita solo con una scuola di pittura e una di scultura – ha raggiunto poi importanti traguardi per rilevanza e qualità della formazione: prima in Calabria e terza nel Meridione dopo Napoli e Palermo.
Giuseppe Reale fu tra gli artefici dello sviluppo dell’aeroporto reggino, trasformato da scalo militare a importante aeroporto dell’area dello Stretto: oggi soffrirebbe per il declassamento dello scalo e sarebbe stato il primo a guidare l’ondata di indignazione per l’incredibile abbandono dell’aeroporto, destinato probabilmente alla chiusura se non ci saranno immediati interventi. Reale fu anche sindaco a Reggio, per un breve periodo, nel 1993, ma molti anni prima, nel 1970, si batté strenuamente durante la rivolta per contrastare lo spostamento del capoluogo di regione a Catanzaro. Convinto europeista pubblicò a lungo la rivista Parallelo 38, una voce attenta alla cultura del Mezzogiorno, che coglieva luci ed ombre di una rinascita sempre più apparentemente lontana. Ha lasciato una bella traccia di sè, ma le istituzioni lo hanno poco onorato durante la sua lunga vita e pressoché dimenticato dopo la sua scomparsa.
Ci piace riportare quanto scrisse di lui l’editore Domenico Laruffa, ricordandolo subito dopo la scomparsa (16 maggio 2010), in un ricordo pubblicato dal blog “Editoria calabrese” a cura di Demetrio Guzzardi: “Tenacissimo, assai colto, lungimirante, e anche di non facile carattere, più volte deputato al Parlamento, parlamentare europeo, non ha pensato ad arricchirsi, anzi credo che spesso abbia impiegato le risorse personali per realizzare le sue iniziative. E sì, ciò che agli altri poteva sembrare impossibile, non lo era per lui. Aveva una fede incrollabile. Tenace, ho scritto poc’anzi. Lo ricordo in incontri casuali sui treni, stanco ma sempre attivo, oppure in tipografia, dove correggeva le bozze dei suoi lavori e poi aspettava che qualcuno lo accompagnasse a casa, infatti non guidava. Era piccolo e tozzo di statura, gli occhi chiari e sognanti, pochi capelli, un parlare lieve, misurato, e un carattere di ferro. Un vero meridionale. Lucano di nascita e calabrese di adozione.
“Lo conobbi fin da ragazzo, – scrive Laruffa – durante le sue campagne elettorali nella Democrazia Cristiana; ma il mio destino s’incontrò con lui nel 1973, quando, capo dell’ufficio sviluppo dell’editore Giuffré di Milano, ricevetti una cartolina della redazione della sua rivista Parallelo 38 con la quale mi si chiedevano alcuni libri in omaggio per recensione. Gli mandai i libri e scrissi: “Ti ricordi di me?”. Dopo meno di una settimana lo vidi arrivare nel mio ufficio di Milano: “Vuoi venire a Reggio Calabria per dirigere la casa editrice Parallelo 38?”. A quel tempo nella regione c’era solo l’editrice Pellegrini, Rubbettino faceva i primi passi come editore. Reale sosteneva che per lo sviluppo della Calabria, oltre l’università ci volessero anche le case editrici; e Reggio non ne aveva nemmeno una.
E così tornai in Calabria. Parallelo 38 in sostanza non esisteva come casa editrice di libri. C’erano ancora nell’aria i lampi della rivolta della città per la questione del capoluogo; Reale la riconosceva come “protesta”, non come “rivolta”, e aveva pubblicato il suo Reggio in fiamme e poi Buio a Reggio di Gigi Malafarina,  Franco Bruno e Santo Strati, e un saggio tradotto da un autore inglese: L’IRA, armata rivoluzionaria irlandese. L’avvio della nuova iniziativa editoriale fu durissimo, l’Onorevole non disponeva dei mezzi finanziari necessari. Ci fu un primo socio: Nicola Maiellare di Chiaravalle Centrale che aveva la più attrezzata tipografia del tempo; e poi arrivò anche il famoso chirurgo prof. Renato Caminiti, che in quegli anni si era già impegnato nel campo dell’editoria televisiva, e altri soci minori.
“Ma le cose non andarono come si sperava; comunque l’iniziativa visse per otto anni e furono pubblicate, con le sigle Parallelo 38 e Editori Meridionali Riuniti, centinaia di monografie. Dopo la messa in liquidazione della società, decisi di fondare la mia editrice “Dott. Domenico Laruffa Editore”.
L’on. Reale, intanto, teneva in vita la sua rivista Parallelo38, non solo ma iniziò a pubblicare con quella sigla anche una serie di monografie, credo una trentina, in una collana: “I grandi calabresi”: un’attività editoriale ininterrotta fino al gennaio 2010, la vigilia della malattia che poi lo avrebbe condotto alla morte.
In tutti gli anni successivi, fino a poco prima della sua scomparsa, ho mantenuto i contatti con lui. Non lesinava consigli, raccomandazioni. Tutto sommato era soddisfatto perché dal suo seme era germogliata un’iniziativa culturale che cresceva. La sua capacità di vedere le cose con una grande visuale, aperta al mondo intero, mi rimproverava, quasi, perché voleva che il respiro della mia editrice ormai divenuta una SRL, fosse più ampio, saltando letteralmente i confini regionali e nazionali. Cosa difficile, forse impossibile, che lui aveva però immaginato realizzabile.
“Con la sua rivista Parallelo 38 raggiunse e collegò tra loro molti suoi amici in tutta Italia, diede forza alle umane lettere e in particolare alla Lingua Latina, lasciandovi spazio per il mondo dei giovani, per i quali aveva fondato a Roma, negli anni ‘60, credo, un centro universitario per gli studenti calabresi, ospitando un gruppo di studenti, molti dei quali si sarebbero poi affermati nel mondo del giornalismo, dell’università, delle professioni.
“Bussando alle porte dei ministri aveva ottenuto Conservatorio di musica e Accademia di Belle arti, insieme con altri aveva gettato le basi per l’Università statale e poi per l’Università per stranieri. Una delle sue ultime “invenzioni” fu la Banca Popolare delle Province Calabre, una banca ispirata all’etica per aiutare l’economia locale. La realizzò insieme con i suoi amici e con la sua solita fede non disgiunta dalla forza della volontà. Bussò anche alla porta dei proprietari della cave di Carrara e ottenne gratis il marmo necessario per erigere il monumento al Parallelo 38, il parallelo di Atene, di Seul e S. Francisco e poi del monumento dedicato a S. Paolo, recentemente innalzato sulla collina di Pentimele.
“Pensò ai monumenti perché certo del valore delle idee, convinto del potere dei simboli: il parallelo 38 era per lui simbolo di civiltà, dal Mediterraneo e dalla Grecia al sud dell’Asia e poi alla California. Poi ha voluto che S. Paolo, vanto della città, fondatore della chiesa reggina, fosse riconosciuto e ricordato. Che quella colonna fosse vista da lontano dai naviganti.
“Giuseppe Reale ha dimostrato con la sua vita di quanto si possa riuscire a fare con la forza delle idee e della fede. Combinazione di idealismo, fede e concretezza, ha con umiltà realizzato grandi cose per la comunità specialmente nel mondo della cultura. Diceva che non poteva esserci progresso e civiltà, vera democrazia senza cultura”. (rpe)