L'ATTENTA ANALISI DEL PROF. PIETRO MASSIMO BUSETTA: TANTE PROBLEMATICHE PER UNA SCELTA DIFFICILE;
Il rendering del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

CHI SARÀ IL FUTURO MINISTRO PER IL SUD?
SERVE UNA SQUADRA SE SI VUOL FARE BENE

di PIETRO MASSIMO BUSETTABasta un Ministero per il Sud? I nomi che si stanno facendo sui possibili candidati a tale ministero fanno nascere molti interrogativi. Ma d’altra parte esperienze precedenti relative a tale Ministero e alla sua capacità di incidere sugli assetti complessivi e sulle decisioni di un Governo non é che siano state esaltanti. 

Ma anche supponendo che la professionalità che sarà scelta sia di altissimo livello ed abbia la volontà di incidere pesantemente su un progetto complessivo di eliminazione delle differenze economiche sociali e di completamento dell’acquisizione di uguali diritti di cittadinanza possiamo pensare che tutto ciò sia sufficiente? Per spiegare meglio sembra ormai assodato, ma certamente i dati ce lo confermano, che i paesi nella nostra realtà siano due. 

Per reddito pro capite, per addetti in agricoltura rispetto al totale, per insufficienza del settore manifatturiero, per numero di presenze turistiche per abitante, per povertà, per reddito di cittadinanza rispetto alla popolazione complessiva, per tasso di disoccupazione ed ancor più per tasso di occupazione, per infrastrutturazione e potremmo continuare con tutti gli indicatori caratterizzanti una realtà economica e sociale.

Ed  allora non é strano che  si chieda che le politiche necessarie per le due parti del Paese siano completamente diverse. Per esempio l’agricoltura del Nord è in una fase verticalizzata e con prodotti di altissimo livello. Necessita di procedure di difesa dei marchi, di attenzione agli inquinamenti dei suoli dovuti all’utilizzo di molta concimazione, di agevolare la penetrazione dei prodotti nei mercati mondiali.

Il Mezzogiorno si trova in una fase ancora arretrata, nella quale sono prevalenti le colture  estensive, con uno spreco di territorio enorme e col bisogno di investimenti importanti per trasformare una coltura povera, che non riesce ad acquisire il valore aggiunto dei prodotti, che vende nella fase iniziale prima della trasformazione, in produzioni  da paese industrializzato nel quale la trasformazione diventa prevalente. 

Le problematiche relative al turismo rispecchiano esattamente i temi sollevati dall’agricoltura. Da un lato realtà che hanno bisogno di contenere le presenze: parlo di Venezia, di Firenze ma anche di Roma e dall’altra parte un’area che fa solo 80 milioni di presenze quanto il solo Veneto e che avrebbe bisogno di una politica opportuna di moltiplicazione degli arrivi e di potenziamento delle strutture, con l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area.

Anche il ministero delle infrastrutture prevede due approcci differenti, perché da un lato abbiamo la esigenza di una manutenzione di un patrimonio importante esistente: il caso del ponte di Genova ne è una dimostrazione precisa. Dall’altro invece le infrastrutture non ci sono e quindi bisogna adoperarsi per fare in modo che finalmente tutto il territorio sia collegato.

E parlando di ponte, un’impresa talmente importante innovativa e complicata, che vi sia  un ministero apposito che se ne occupi non é ridondante.  Non dimenticando  i porti, che prevedono nel Sud la loro  messa a regime, vedasi Gioia Tauro e Augusta, mentre i porti di Trieste Genova hanno bisogno di reggere alla concorrenza mondiale con un potenziamento adeguato.

Ma anche il Ministero per gli affari regionali potrebbe essere suddiviso in due parti,  in maniera tale da capire perfettamente come le autonomie differenziate possano influire su una parte del territorio e sull’altra. E si potrebbe continuare con il Ministero del lavoro e quello dello Sviluppo Economico, considerato che una parte ha bisogno di attenzione rispetto ai processi di ristrutturazione e di potenziamento dell’industria 4.0. 1 o2, mentre l’altra deve crearla l’industria manifatturiera e ha bisogno di un’attenzione alle Zes particolarmente determinata. 

In realtà se i paesi sono due é naturale che avrebbero bisogno di due governi. Ed uno dei motivi per cui le divaricazioni non si ricompongano é anche dovuto al fatto che vi è una gestione unica per problematiche differenti.

E poiché la gestione del Paese è prevalentemente nordista, ovviamente il Governo si occupa delle problematiche della locomotiva, sperando che alla fine questa trascini tutto il resto, come però non è più avvenuto dall’unità d’Italia. Casi analoghi al nostro, come per esempio quello della ex Cecoslovacchia, hanno dimostrato che là dove parti distanti e  lontane per sviluppo si siano separate hanno avuto accelerazioni non indifferenti, tanto che nel caso della Slovacchia essa ha recuperato negli ultimi  anni il 30% del reddito pro capite rispetto alla Repubblica Ceca.  Se non è pensabile né auspicabile che il nostro Paese abbia una divisione che metta in discussione l’unità nazionale è certamente opportuno però che le distorsioni dei processi amministrativi vengano corrette, magari istituendo dipartimenti  separati all’interno gli stessi ministeri, che lavorino in competizione virtuosa, evitando che gli interessi di una parte sopraffacciano  quelli dell’altra.

È evidente che un Ministero per il Sud, senza portafoglio, e con le armi spuntate possa fare poco rispetto a ministeri importanti come quello dell’Economia o dello Sviluppo  Economico, se questi ultimi hanno indirizzi diversi ed obiettivi divergenti rispetto alla ricomposizione dei divari. Una divisione delle competenze con ambiti territoriali più individuati potrebbe portare ad una maggiore equità nelle decisioni. Potrebbe per esempio fare in modo che i grandi eventi non si svolgano solo in una parte, potrebbe monitorare l’informazione pubblica per evitare che essa sia strabica verso una parte.

Pur comprendendo che un tale nuovo assetto comporterebbe una rivoluzione interna ai ministeri non si può non rilevare come una situazione così complicata, come quella del mancato sviluppo del Sud, non può essere affrontata con interventi sporadici e non sistemici. 

Ma che abbia bisogno di un vera  regia complessiva che finora non c’è stata e di cui si sente un’esigenza estrema. Tranne che non si voglia dire che le parole utilizzate sulla centralità del Mezzogiorno non siano che sfoghi di vento, come peraltro ormai è accertato. E che una vera volontà di affrontare il problema e di risolverlo in realtà non ci sia. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)