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Giusy Staropoli Calafati

Chiamatemi Giusina

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Sono nata di settembre che ero di appena tre chili. Mia madre dice sempre che avevo gli occhi come due olive. Grandi e sgargiati

Sono cresciuta in fretta. Mia madre sostiene che ero in continua corsa contro il tempo. Un passo lui, dieci io.  E perbacco, lo battevo!

Sono diventata una bambina vispa e vivace in un battibaleno. E, abracadabra, mi sono ritrovata donna come, passata la sera, ci si ritrova già il mattino. Da vispa a testarda; da docile a ostinata. Resistente e resiliente contemporaneamente. 

Mi chiamo Giusy. Al paese, sono Giusina per tutti. Ho 43 anni, quattro figli e una montagna di sogni da realizzare. Ché attenzione, non è merda ma sogni.

Sono moglie, madre, zia, e da quando sono nata continuo a essere figlia e sorella. 

Sono una buona amica, almeno credo. Basta interrogare la mia amica del cuore Cetty Greco , ma non approfittate, vi potrebbe raccontare vita, morte e miracoli. 

Fino a diciassette anni ho amato molto le passerelle. Sono stata Miss Provincia Vibo Valentia nel 1998. 

Poi sono rinata. Nel senso che sono diventata grande. 

Ho intrapreso la strada verso quella vita che mi ha portata fino a qui. Alla maturità. 

Sono tante cose oggi, ma soprattutto, tra tutte, prima di tutte le altre, sono una donna. 

Una donna libera con troppe idee e forti ideali, progetti, lotte, pensieri, e anche abbastanza coraggio. A scrivere ce ne vuole tanto.

Sono una donna con le palle, dice mio padre, e quando lo contraddico: – con la testa (di cazzo) papà -,  lui sorride. 

Sono una scrittrice di provincia dico io, vivo a Briatico, in provincia di Vibo Valentia. – Ma mai provinciale –  aggiunge qualche altro. E vabbè, questa la passo. È vero. E dalle verità non si prescinde. 

Non bevo fino a ubriacarmi se non qualche buon bicchiere di vino fatto da vitigno autoctono calabrese. Non fumo, non gioco d’azzardo se non al centro scommesse della vita, dove Calabria è protagonista. Lo sono il mio, il suo, e il futuro dei calabresi. 

Ho tante passioni. Ho ballato sulle punte di gesso per tanti anni. Avvolta nei veli di un tutù, mia madre mi dice sempre, ancora adesso, che ero bellissima. Canto per non dimenticare quando me ne viene voglia, e amo con la sfrontatezza di un’adolescente il mare dentro cui mi immergo come Scilla e Cariddi. D’estate e di inverno. Quando è corrucciato e solo. Una passione e un vizio per cui potrei essere perseguibile e condannata. Come quando mi sento tremare le vene non appena mi giunge nitido il suono della tarantella. Da ovunque provenga. Dall’Aspromonte o dal Pollino.

Ho fatto tante cose, sicure 43. Una per ogni anno di vita. Alcune buone, altre pessime. Ho fatto una marea di cazzate, addirittura minchiate… Tante altre temo le farò nel corso della vita. Ma che ci volete fare, il gioco della vita stessa ha le sue regole irregolari da rispettare. O sei con lei o sei contro di lei. E, aperta e chiusa parentesi,  non sono stata né mai sarò un profeta in patria. Una strafiga certezza. 

Sono scesa in politica come una folle, senza guardami né avanti né indietro, con spirito di  servizio ed esagerato senso di responsabilità, esattamente dopo i 40, ma non ho sbarcato il lunario, anzi… Ma questo cazzo di vizio che ho a insistere e a crederci mi tormenta, e guardo ancora  comunque e costantemente alla Calabria come la super polis da salvaguardare. Il mio presepe di Natale è qui che è allestito tutto l’anno. Nel cuore di questa terra santissima.

Insomma sono io, una calabrese in un tempo sbagliato rispetto a quello consigliabile per quelli come me, che non corrisponde più  né a quello di quando ero bambina, né a quello di quando sono diventata donna. Ché io, scemunita come sono, alle soglie del 2022, rifiuto l’opportunismo e miro alle opportunità. Peccato non abbia un lanternino per cercare, in Calabria, quelle occasioni che, tutto sommato, presuntuosamente, penso mi spetterebbero. Ma va là, Giusina, sveglia!

Una lunga appendice questa, ma urgente per pregare certuni ad  astenersi dal fare apprezzamenti del cazzo sulla figura o sull’idea che hanno su di me, se non riescono a guardare oltre. Dentro.

C’è sempre qualcos’altro dietro una semplice fotografia. Una sognatrice per esempio.