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Ospedale Lamezia Terme

Curarsi in Calabria è possibile. Encomio ai medici del Reparto di Ortopedia dell’Ospedale di Lamezia

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Curarsi in Calabria è possibile. A volte salva proprio  la vita.

A voler dare testimonianza di quanto la sanità calabrese può dimostrarsi una vera eccellenza, è un paziente del reparto di ortopedia dell’Ospedale civile Giovanni Paolo II di Lamezia Terme.

Da Briatico a Lamezia il passo è breve, non però se si parla di cure mediche o di interventi di somma urgenza, vista la baraonda che incancrenisce da decenni tutta la sanità calabrese.

Per fortuna però molto spesso arrivano voci dirette e pronte a smentire i soliti luoghi comuni, riconoscendo nei presidi ospedalieri calabresi le massime eccellenze della medicina italiana. Il geometra Leonardo Zungri di Briatico, giovane padre di famiglia, ad agosto  2020, causa un incidente, comincia il suo peregrinare da e per l’ospedale lametino. Reparto di ortopedia. Tibia, perone, e malleolo. Frattura pluriframmentaria, due piastre e trenta viti con bulloni. 

«Un’operazione riuscitissima»  dice, se non fosse che a complicare la ripresa arriva lo strafilococco, un insidioso batterio che dai punti di sutura raggiunge velocemente le piastre che, i medici, in sede operatoria, hanno impiantato nella sua gamba. Da qui l’avvio di cure antibiotiche che purtroppo incontrano sempre la resistenza del batterio.

Zungri rischia l’amputazione dell’arto, ma i medici sanno che non possono permettersi un epilogo così tragico. Si movimenta un intero reparto, anzi due. Ortopedia e infettologia insieme. L’ospedale è in moto continuo. 

«Non ero stato raccomandato da nessuno – dice il geometra Zungri –. Sin dal primo momento mi sono messo nelle mani dei medici, così come quotidianamente mi metto in quelle di Dio. Le persone che ho avuto accanto durante questi mesi, non sono state semplici uomini e donne al lavoro, ma in ognuno di loro è stata sempre chiara la missione che gli è stata affidata. E la fedeltà al camice bianco, non è mai apparsa solo come un atto di fede  al giuramento fatto, ma alla vita. Ed io sin dall’inizio sono stato una vita da salvare. E non una vita anonima, ma un uomo con il suo nome». 

«Perdere una gamba a 48 anni sarebbe stata dura, per me forse anche la fine. Sono padre di due figli, e non so se sarei riuscito a sopportarlo. Per questo mi sono messo nelle mani dei medici, affidandomi completamente a loro. Ho avuto la certezza, sin dal primo giorno, di potermi fidare». 

«Al decimo mese, dall’installazione delle piastre, visti i risvolti, queste andavano tolte. L’infezione stava raggiungendo l’osso. Il primario e tutta la sua equipe, hanno ritenuto urgente l’intervento da fare. La mia gamba andava salvata. Ed ora che tutto è andato così come i medici mi hanno promesso che andasse, non posso non dare di testimonianza di quanta buona sanità esiste negli ospedali calabresi. Di quanta eccellenza  e disponibilità ho trovato in quello di Lamezia Terme. E aggiungo anche allo Jazzolino di Vibo Valentia, dove i medici del nosocomio lamentino mi hanno consigliato di appoggiarmi per le cure antibiotiche, (evitando i continui viaggi verso Lamezia Terme)le quali mi venivano somministrate in day hospital. Anche qui, tanta umanità e soprattutto professionalità. A rimostranza che in Calabria ci si può curare e non tutto è perduto come a volta capita di dire o di pensare».

«La sanità certo ha bisogno di più attenzione, è fragile, ma se dotati dei giusti mezzi, i medici che operano in Calabria, sono vere eccellenze. E le nostre vite in ottime mani. Per questo il mio ringraziamento pubblico, va a tutto lo staff medico e paramedico dei reparti di ortopedia e infettologia dell’Ospedale civile di Lamezia Terme, che mi ha seguito in questi duri e lunghi undici mesi,  in cui confesso, diverse volte, ho pensato al peggio. Allo Jazzolino di Vibo Valentia, per lo zelo e la professionalità, e quindi alla Calabria(sanitaria) che questo volta mi ha permesso di non partire, prestandomi tutte le cure possibili, e salvandomi». (gsc)