IL QUADRO SCONFORTANTE PRESENTATO DAL RAPPORTO ANNUALE SULL'ECONOMIA REGIONALE DI BANKITALIA;
Calabria: il lavoro che non c'è

ECONOMIA CALABRESE, GRAVI LE RICADUTE
NECESSARIO «VIGOROSO CAMBIO DI PASSO»

Il già delicato quanto danneggiato sistema economico calabrese, con la pandemia, ha subìto forti ripercussioni su tutti i fronti, rendendo necessario un «vigoroso cambio di passo rispetto al passato», come sottolineato dal direttore della filiale catanzarese di Banca d’Italia, Sergio Magarelli, che ha ribadito la necessità di «ripartire dai punti di forza di questa regione puntando sul capitale umano, ricchezza della diversità, patrimoni culturale».

Un quadro, quello che la Banca d’Italia ha fornito nel suo rapporto annuale sull’economia regionale della Calabria, che fa capire quanto ancora ci sia da lavorare e da recuperare in una regione che, con la crisi del covid-19, ha visto annullare, sul mercato del lavoro, «il modesto recupero dei livelli occupazionali che si era registrato a partire dal 2016» e che, come riportato da Prometeia, nel 2020 il Pil calabrese è sceso di circa 9 punti percentuali, (in linea con il resto del Paese).

«La caduta dell’attività economica è stata particolarmente ampia nel primo semestre dell’anno, in connessione anche al blocco più intenso e generalizzato della mobilità; dopo una ripresa nei mesi estivi, le nuove misure di contenimento introdotte per fronteggiare la seconda ondata pandemica avrebbero determinato una ulteriore contrazione, seppure più contenuta rispetto a quanto osservato in primavera» si legge nel rapporto, in cui viene spiegato che, tuttavia, «nel breve termine, la ripresa dell’attività economica sarà favorita dai progressi della campagna vaccinale di contrasto all’epidemia avviata in Italia a fine 202o».

«Il calo delle posizioni lavorative – si legge nel rapporto – si è concentrato soprattutto tra gli autonomi e i dipendenti a termine, mentre il calo del lavoro dipendente a tempo indeterminato è stato contrastato da un eccezionale aumento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali e dal blocco dei licenziamenti. Gli effetti negativi sono risultati più intensi per le categorie caratterizzate già in precedenza da condizioni sfavorevoli sul mercato del lavoro: i giovani, le donne e gli individui meno istruiti»: l’occupazione femminile, infatti, ha registrato una diminuzione del 6,6% contro quella maschile, del 3,3,%. Colpiti duramente, anche la fascia di lavoratori  tra i 15 e i 34 anni.

«Il calo dei redditi da lavoro – si legge ancora – è stato sensibilmente mitigato dall’introduzione di nuove misure di sostegno economico ai lavoratori e alle famiglie, che si sono aggiunte alla Cassa integrazione guadagni e al Reddito di cittadinanza. Ciononostante, la contrazione dei consumi è risultata accentuata, in connessione sia alle difficoltà nella mobilità sia a motivi precauzionali, che si sono riflessi in un netto incremento della liquidità delle famiglie».

Per quanto riguarda le imprese, il rapporto ha rilevato che ci sono state importanti «ripercussioni sull’attività delle imprese. Le nostre indagini segnalano una diminuzione del fatturato molto diffusa per le aziende operanti in regione, riflettendo essenzialmente il forte calo dei consumi, oltre che i provvedimenti di chiusura e le altre restrizioni adottate per arginare la pandemia. Nel contempo, le imprese hanno ulteriormente ridotto i propri livelli di investimento, che già negli anni precedenti erano risultati contenuti, soprattutto con riguardo agli investimenti più avanzati in risorse immateriali e tecnologie digitali».

Per la Banca d’Italia, «il settore più colpito dalla crisi pandemica è stato quello dei servizi privati non finanziari, in particolare i trasporti, il commercio al dettaglio non alimentare e il comparto alberghiero e della ristorazione, su cui ha inciso la caduta delle presenze turistiche. L’attività produttiva si è ridotta in misura più contenuta nelle costruzioni, che hanno in parte beneficiato di una lieve ripartenza del comparto delle opere pubbliche, ancora tuttavia frenata dai tempi lunghi di realizzazione degli interventi».

«Il brusco calo delle vendite – viene spiegato nel rapporto – ha accresciuto il fabbisogno di liquidità del sistema produttivo, colmato essenzialmente dai prestiti garantiti dallo Stato e dalle misure di moratoria, che in Calabria sono stati più diffusi della media nazionale. Il sostegno pubblico ha contenuto fortemente l’uscita di imprese dal mercato, anche tra quelle maggiormente indebitate e fragili, la cui condizione rimane più esposta alla velocità di uscita dalla crisi».

Per quanto riguarda, invece, il mercato del credito, nel 2020 «i prestiti al settore privato non finanziario hanno accelerato, sospinti dalla componente relativa alle imprese, a fronte invece del forte rallentamento osservato nei finanziamenti destinati alle famiglie, che avevano trainato la crescita osservata nel mercato del credito negli anni precedenti. La qualità dei prestiti concessa alla clientela calabrese è rimasta stabile, favorita dalle misure introdotte a sostegno di imprese e famiglie, in particolare dai provvedimenti legislativi sulle moratorie e sulla sospensione delle rate dei mutui per l’acquisto di abitazioni».

«La crisi ha, tuttavia – si legge ancora – determinato un incremento del rischio di insolvenza che in prospettiva potrebbe tradursi in un aumento dei prestiti deteriorati. Con riguardo alla struttura del mercato, sono proseguiti alcuni mutamenti già in essere prima dalla pandemia, relativi al processo di razionalizzazione della rete fisica degli sportelli e al rafforzamento dei canali digitali di accesso al sistema bancario».

Infine, a registrare «perdite di gettito, che sono state però compensate dai trasferimenti ricevuti dallo Stato, contenendo il rischio di un ulteriore peggioramento delle loro condizioni di bilancio, già assai fragili», sono stati gli Enti territoriali.

«Durante l’emergenza Covid-19 – è stato rilevato – sono anche aumentate le risorse a sostegno dei sistemi sanitari regionali, destinate al potenziamento della dotazione di mezzi e organico. La gestione dell’emergenza ha in parte sostituito il carico del sistema sanitario connesso alle prestazioni ordinarie, che si sono ridotte. In prospettiva, parte della domanda sanitaria potrebbe essere soddisfatta attraverso un rafforzamento dell’assistenza territoriale, che in Calabria risulta però attualmente carente sotto vari aspetti».

«In prospettiva – conclude il rapporto – l’economia regionale potrebbe trarre impulso dai programmi pubblici avviati in risposta alla crisi pandemica, tra cui in particolare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, soprattutto qualora questi riescano a incidere sui ritardi che condizionano il sistema produttivo calabrese, con riguardo ad esempio alla dotazione di infrastrutture e ai livelli di digitalizzazione». (ed)