Seconda puntata, oggi, su Repubblica dell’inchiesta di Giuseppe Smorto, già vicedirettore del quotidiano diretto da Carlo Verdelli. Smorto, giornalista reggino, da anni lontano (ma non col cuore) dalla sua Calabria analizza il senso dei tanti cambi di casacca e lo smarrimento dei giovani dell’Unical, dove «camminano le speranze di 24.467 studenti, fuori corso compresi».
Smorto ha condotto, la scorsa settimana un incontro tra Università con la presenza del rettore Nicola Leone e altri docenti e i quattro candidati: la Santelli non ha partecipato per motivi di salute, ma gli altri tre candidati hanno preso diligentemente appunti: «Così non reggiamo – scrive Smorto ripetendo su Repubblica la la richiesta precisa del Rettore –. Più di uno studente su 4 è sotto la soglia minima di reddito, servono borse di studio. Chiediamo risposte alla politica, chiediamo servizi. E qui arriviamo al punto: la Calabria ha bisogno di una vita normale, il rettore di ottenere almeno gli stessi finanziamenti di una qualunque università lombarda, avendo studenti molto più poveri che non pagano le tasse. E non è di destra né di sinistra chiedere il diritto all’istruzione, una mobilità che permetta lo scambio delle persone e delle conoscenze, una Sanità che funzioni, un patto sull’ambiente».
Nella stessa pagina figura l’intervista di Smorto all’antropologo e scrittore Vito Teti, uno dei figli migliori della Calabria che è rimasto nella sua terra, pur vedendo i due figli partire: «Ho uno slogan, ho una richiesta per i candidati alla Regione – dice Teti a Smorto –: arrestare il declino. La Calabria ha bisogno di un piano ventennale di riscatto e sviluppo, la politica pensa solo al giorno dopo. E infatti guarda all’Emilia». Smorto gli domanda cosa chiede al prossimo/a presidente della Regione: «Un rilancio dell’occupazione anche attraverso il recupero dei centri storici, la messa in sicurezza delle scuole. Spazio a cultura e turismo senza iniziative effimere, meno sagre e piccoli eventi. Forme di aiuto a quelli che restano e a quelli che vogliono tornare. Ma torneranno?». (rrm)