di ANTONIETTA MARIA STRATI – Oggi è il Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori, ma la strada per una vera sicurezza sul lavoro è ancora lunga e tortuosa.
«Quella delle morti del lavoro è una piaga che non accenna ad arrestarsi e che, nel nostro Paese ha già mietuto, in questi primi mesi, centinaia di vite, con altrettante famiglie consegnate alla disperazione», ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della sua visita a Latina all’Azienda Bsp Pharmaceutica Spa, per la Festa del Lavoro.
Quella che sta avvenendo in Calabria e in Italia, infatti, è una strage silenziosa che non può più essere ignorata: Il 2024 è passato con tre morti sul lavoro al giorno, mentre il primo bimestre del 2025 ha registrato un aumento del 16% delle vittime. Si contano già 138 decessi, 19 in più rispetto allo scorso anno. Di queste, 101 in occasione di lavoro (10 in più rispetto a febbraio 2024) e 37 in itinere (9 in più rispetto a febbraio 2024). Questi i dati dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega di Mestre, elaborati in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro, in cui emerge come la Calabria fa parte delle sette regioni con una incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 4,2 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori).
Nell’ultimo quadriennio, dal 2021 al 2024, sono 4.442 le persone hanno perso la vita sul lavoro in Italia. Il settore delle Costruzioni è quello in cui si conta il maggior numero di decessi con 564 vittime. Le zone con il rischio più alto sono al Centro e al Sud: Basilicata e Umbria sono in zona rossa da quattro anni consecutivi, seguite da Campania e Valle d’Aosta per tre.
Gli aspetti più preoccupanti: gli over 65 sono i più vulnerabili, gli stranieri registrano un tasso di mortalità doppio rispetto agli italiani, sia sul posto di lavoro sia in itinere. 418 le donne che hanno perso la vita sul lavoro.
Per Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio, si tratta di un bilancio «più che drammatico, perché le nostre indagini sono elaborate su dati ufficiali che escludono, quindi, il mercato del lavoro sommerso in cui ovviamente risulta assai difficile indagare. Ma i dati ufficiali da soli parlano di una situazione allarmante. L’incidenza di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa non accenna a diminuire. Ciò significa che il rischio di morte per i lavoratori rimane sempre elevato e pressoché invariato negli ultimi anni».
Cosa fare, allora? Il Presidente Mattarella è categorico: «non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione», ma, come evidenziato dal segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, «ogni anno ci sono più di mille morti e 500.000 incidenti: sono numeri da guerra civile».
Anche il Presidente della Repubblica ha riconosciuto – nel corso del suo intervento – come sia «evidente che l’impegno per la sicurezza nel lavoro richiede di essere rafforzato». A tal proposito, la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha annunciato che, in occasione della Festa dei Lavoratori, il Governo sta preparando un decreto proprio sulla sicurezza sul lavoro, «un lavoro – ha detto Mattarella – che non può essere quello di consegnare alla morte, ma che sia indice di sviluppo, motore di progresso, sia strumento per realizzarsi come persona, come poc’anzi ricordava il Presidente di Unindustria».
«Il lavoro non può separarsi mai dall’idea di persona, dalla unicità e dignità irriducibile di ogni donna e di ogni uomo. Nessuno deve sentirsi scartato o escluso», ha continuato il Presidente della Repubblica, ricordando che «la Repubblica è fondata sul lavoro» e che «il lavoro è radice di libertà, ha animato la nostra democrazia, ha prodotto eguaglianza e, dunque, coesione sociale».
«Il Primo Maggio non è solo festa. È memoria, responsabilità, impegno», ha detto categorica Mariaelena Senese, segretaria generale di Uil Calabria.
«Non si può più accettare che una giornata lavorativa si trasformi in una tragedia familiare – ha sottolineato – ogni morte sul lavoro è una sconfitta per lo Stato e per chiunque continui a ignorare il problema. Ogni giorno si muore cadendo dai tetti, schiacciati da macchine da cantiere, senza protezioni adeguate, senza controlli e senza formazione vera. È intollerabile che queste morti, evitabili, continuino a essere considerate un prezzo accettabile per il profitto».
«Non possiamo più accettare – ha proseguito Mariaelena Senese – un sistema ispettivo ridotto all’osso, in cui gli stessi ispettori devono controllare un’ azienda tessile, un cantiere edile o un’azienda agricola. Non si può vigilare sulla sicurezza senza specialisti nei settori più a rischio. Gli organi ispettivi vanno necessariamente specializzati. Punto!»
«Troppi lavoratori muoiono – ha spiegato – perché non hanno ricevuto una formazione adeguata o perché le certificazioni sono falsificate. Proprio per questo chiediamo un portale regionale digitale che renda tracciabile ogni attestato di formazione. Basta con i fogli di carta che non valgono nulla!».
La Uil Calabria invita tutte le cittadine e i cittadini, i delegati sindacali, le famiglie, le istituzioni a partecipare alla marcia silenziosa organizzata per questa mattina, alle 11, nella zona industriale di Lamezia, per ricordare le due vittime sul lavoro o avvenute nei primi mesi dell’anno proprio in quell’area industriale: Francesco Stella di soli 38 anni e Roberto Falbo di 53 anni.
«Ogni morte sul lavoro è una ferita che non si rimargina. Non vogliamo più piangere operai, madri, padri, giovani che escono di casa per guadagnarsi il pane e non tornano mai più», ha concluso Senese.
Ma non solo in Calabria: a livello nazionale, Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato in tre luoghi simbolici (Roma, Casteldaccia (PA) e Montemurlo (PO) una manifestazione dal titolo “Uniti per un lavoro sicuro”, perché è inaccettabile «che ogni giorno si muore sul lavoro», hanno tuonato Cgil nazionale e Inca. (ams)