ALLARME DEL CONSIGLIERE REGIONALE MOLINARO SULLE EVENTUALI MODIFICHE DI RIPARTO TRA LE REGIONI;
Coltivazioni in Calabria

FONDI UE, NUOVO SCIPPO ALLA CALABRIA
AGRICOLTURA RISCHIA DI PERDERE 30 MLN

La Calabria rischia di perdere 30 milioni di euro per l’agricoltura. È l’allarme lanciato dal consigliere regionale della Lega, Pietro Molinaro, in merito all’idea, da parte delle Regioni del Nord, di appropriarsi di parte dei fondi europei destinati allo sviluppo agricolo delle regioni meridionali.

Una manovra «che va contrastata con determinazione», sopratutto perché, se va in porto, la perdita complessiva per le Regioni meridionale sarebbe di 409 milioni di euro creando, così, un danno non solo per la Calabria, ma anche per il Sud, «e anche per tutta la filiera agroalimentare italiana» ha spiegato ancora Molinaro, che ha presentato una mozione al Consiglio regionale della Calabria «affinché si dia pieno sostegno alla Giunta Regionale nell’affermare il diritto ad ottenere che le risorse europee per le annualità 2021 e 2022 siano ripartite, applicando i criteri degli anni precedenti. Nella mozione ho evidenziato che la conferma dei criteri di riparto garantirebbe alla Calabria quanto gli spetta, e darebbe un contributo all’interesse complessivo della filiera agroalimentare italiana».

«In tutte le analisi ed in tutti i documenti strategici italiani degli ultimi anni – ha spiegato Molinaro – si afferma che lo sviluppo dell’agricoltura italiana può avvenire solo al Sud, per l’ampia disponibilità di territori con vocazione agricola e di risorse umane qualificate. Potenziare l’agricoltura nelle regioni meridionali costituisce una grande risorsa per l’Italia intera, e per l’affermazione del cibo 100% Made in Italy. Se tutto questo è vero, non si possono sottrarre risorse al Sud. Chi non lo comprende è completamente miope e non può trovare l’avallo del Governo. Per questi motivo,  va rafforzata la richiesta al Governo di confermare i criteri di ripartizione degli anni precedenti. Non si tratta solo di difendere gli interessi localistici del Sud, ma la volontà di contribuire all’affermazione del Sistema Italia fondato sul cibo di alta qualità, derivato da prodotti agricoli italiani».

Di mantenere il metodo storico di riparto per il Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale, ne ha anche parlato l’eurodeputata del Movimento 5 StelleLaura Ferrara, sottolineando che «i criteri di ripartizione delle risorse Feasr devono colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali».

La proposta mediatrice del ministro Stefano Patuanelli, infatti, non può soddisfare le esigenze di regioni storicamente in condizioni di svantaggio strutturale ed economico come, appunto, la Calabria e altre regioni del Sud e non solo. Bisogna ricercare criteri non solo oggettivi, ma soprattutto idonei a rispondere agli obiettivi generali dello sviluppo rurale, nel rispetto della logica del criterio storico seguita dalla Ue per ripartire il Fondo nel periodo 2021-2022».

«La proposta del ministro – ha spiegato la Ferrara – prevede l’introduzione nel 2021 di un 30% di questi nuovi criteri, definiti oggettivi e che comprendono ad esempio la produzione lorda vendibile, la superficie agricola utile, il numero di imprese, e il mantenimento del 70% dei parametri storici, e il ribaltamento delle percentuali nel 2022, con i criteri oggettivi a incidere per il 70% e i parametri storici per il restante 30%. L’adozione di questi nuovi criteri oggettivi non può avvenire senza un’analisi globale di tutte le risorse della Pac, senza un’adeguata rimodulazione, infatti si renderebbe ancora più ampio il divario tra regioni più sviluppate e meno sviluppate».

«Verrebbe meno, dunque – ha proseguito – l’obiettivo cardine dei fondi europei: sostenere e aiutare i territori economicamente più svantaggiati e non sottrarre risorse a vantaggio di Regioni che, storicamente, hanno standard soddisfacenti di produzione e commercializzazione».

E proprio in merito ai fondi europei per lo sviluppo rurale, gli assessori regionali di Calabria, Gianluca Gallo, Basilicata, Francesco Fanelli, Campania, Nicola Caputo, Puglia, Donato Pentassuglia, Sicilia, Toni Scilla e Umbria, Roberto Morroni hanno chiesto, al ministro Stefano Patuanelli nei giorni scorsi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Madama, a Roma, «un tavolo tecnico cui demandare la definizione della questione, entro 60 giorni, con l’individuazione di criteri coerenti allo spirito ed alle finalità del Psr. Se così sarà, noi ci saremo, forti della convinzione che anima la nostra battaglia». Quella di sempre: «Se cresce il Sud, cresce l’Italia».

Gli assessori, infatti, hanno richiamato alle proprie responsabilità Governo e Parlamento su una questione ritenuta essenziale: la ventilata revisione dei criteri di ripartizione, con lo stravolgimento dei parametri della storicità della spesa.

«Non siamo qui per alimentare guerre di campanile, o contrapposizioni tra schieramenti diversi», la precisazione del gruppo dei sei, composto da amministratori di varia estrazione in rappresentanza di Regioni diverse, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr. Del resto, le nostre posizioni hanno trovato conforto, nelle ultime settimane, anche nelle prese di posizione del Mef e della Commissione Europea, a dimostrazione della bontà di una linea oggettivamente sostenibile e nel giusto».

Nel mirino, l’atteggiamento del Mipaaf: «Da mesi – hanno ribadito gli assessori all’Agricoltura delle sei Regioni – siamo impegnati a ricercare un punto di equilibrio per garantire il raggiungimento di un accordo equo. Abbiamo, però, sempre trovato porte chiuse, specie dopo la decisione del ministero dell’Agricoltura di ignorare persino le indicazioni della Commissione europea, per sostenere invece scelte che non tengono in alcun conto un’analisi globale della totalità dei fondi Pac – I e II pilastro – destinati ai territori, ignorando non solo le tematiche legate alla quota di confinanziamento, ma anche che il Regolamento Ue 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l’attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac».

Nonostante ciò, hanno, tuttavia, sottolineato Fanelli, Gallo, Caputo, Pentassuglia, Scilla e Morroni, «con senso di responsabilità non ci sottraiamo al dialogo: ringraziamo i parlamentari che stanno sostenendo la nostra iniziativa e ribadiamo d’essere pronti ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023. Sia chiaro, però, che non accetteremo mai colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022: ciò si tradurrebbe in una penalizzazione mortificante per regioni già svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate». (rrm)